La dichiarazione infedele è un reato tributario in materia di imposte sui redditi ed IVA previsto dall'art. 4, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, recentemente revisionato dal D.Lgs. n. 158/2015, attuativo della Delega fiscale. Rubricato al Titolo II (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74) in materia di delitti, si sostanzia nella punibilità con la reclusione da uno a tre anni del soggetto che ha presentato con dolo specifico la dichiarazione dei redditi o IVA al fine di ottenere il pagamento di minori imposte o il conseguimento di rimborsi o crediti superiori al dovuto.
Premessa
La dichiarazione infedele è un reato tributario in materia di imposte sui redditi ed IVA previsto dall'art. 4, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, recentemente revisionato dal D.Lgs. n. 158 del 2015, attuativo della Delega fiscale.
Rubricato al Titolo II (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74) in materia di delitti, si sostanzia nella punibilità con la reclusione da uno a tre anni del soggetto che ha presentato con dolo specifico la dichiarazione dei redditi o IVA al fine di ottenere il pagamento di minori imposte o il conseguimento di rimborsi o crediti superiori al dovuto.
Per l'applicazione della pena è necessario, ai sensi dell'art. 4, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che ricorrano congiuntamente due condizioni, ovvero:
l'imposta evasa in riferimento alla singola imposta deve essere di ammontare superiore ad euro 150.000,00;
il totale degli elementi attivi non indicati nella dichiarazione e/o gli elementi passivi inesistenti devono essere di ammontare superiore al 10% del totale degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, il loro importo deve superiore ad euro 3.000.000,00.
Il Legislatore, in aggiunta alle sopra citate “soglie” di punibilità sopra evidenziate, ha identificato alcune cause di non punibilità qualora gli elementi indicati in dichiarazione siano dipendenti da interpretazioni tributarie, derivanti da rilevazioni contabili abituali o dovuti a valutazioni estimative che differiscono più del 10% da quelle corrette.
A seguito della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità 2016) sono state apportate importanti modifiche all'art. 43 e 57 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, prevedendo nuovi termini per l'accertamento applicabili agli avvisi di accertamento relativi al periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi e riduzione della sanzione per la dichiarazione infedele al verificarsi di determinate condizioni.
In riferimento alla predetta Legge di Stabilità 2016 sono stati forniti ulteriori chiarimenti dall'Agenzia delle Entrate che, con la Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 20/E del 18 maggio 2016 “commento alle novità fiscali”, ha ampliato la responsabilità solidale del soggetto legittimato all'apposizione del visto di conformità che, a seguito di accertamento di dichiarazione infedele, risulti anch'esso infedele in quanto non attestante la corrispondenza dei dati contabili in esso indicati alla realtà.
Sempre in tema di responsabilità del professionista a seguito della sentenza della sezione III della Cassazione Penale n. 17418 del 28.04.2016, è stata nuovamente confermata la responsabilità del professionista che, tramite la produzione e/o l'inserimento consensuale di documentazione falsa nella contabilità del proprio cliente, concorre alla frode fiscale ai danni dell'erario.
Tuttavia il contribuente che intende regolarizzare la propria dichiarazione precedentemente inviata, potrà presentare apposita dichiarazione integrativa nei modi previsti dal legislatore che, come confermato dalla Corte di Cassazione SS.UU. del 30 giugno 2016, n. 13378 e dalla norma di comportamento n. 196 dell'AIDC, differiscono in dipendenza del momento entro il quale si intende avvalersi della predetta regolarizzazione.
L'Agenzia delle Entrate, a fine di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari e favorire l'emersione spontanea di basi imponibili in applicazione di quanto introdotto dalla Legge di Stabilità 2015, ha emesso la circolare n. 42/E del 12 ottobre 2016 ove si forniscono importanti chiarimenti in riferimento alla corretta applicazione dell'istituto del ravvedimento (ex art. 13 D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472).
In linea con la suddetta previsione legislativa è stato disposto, a seguito del D.L. n. 193 del 22 ottobre 2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 225/2016, in vigore dal 3 dicembre, la possibilità di definire in maniera agevolata, al rispetto di determinate condizioni, le somme a debito il cui ruolo sia stato affidato ad Equitalia tra il 2000 ed il 2016.
Inquadramento
L'infedele dichiarazione, quando sussistono determinate condizioni, si configura come un reato tributario, punibile ai sensi dell'art. 4, D.Lgs. n. 74/2000. Il recente decreto legislativo, attuativo della Delega fiscale (L. n. 23/2014), recante la revisione del sistema sanzionatorio (D.Lgs. n. 158/2015) ha modificato la disciplina dei reati fiscali dando maggior rilievo al principio di specialità caratterizzante il sistema penale.
In evidenza: Principio del favor rei
La nuova formulazione prevede una disciplina più favorevole per il soggetto reo, così nel rispetto del principio del favor rei (art. 2 c.p.), le nuove previsioni sono applicabili anche ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 158/2015 (il 22.10.2015), purché il procedimento non si sia concluso.
Un'altra novità derivante dalla Delega riguarda il raddoppio dei termini, infatti a partire dal 2 settembre 2015, per opera del D.Lgs. n. 128/2015, il raddoppio dei termini per violazioni penali opera solo se la denuncia da parte dell'Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di finanza, sia presentata o trasmessa entro il termine ordinario di decadenza per l'accertamento. Di conseguenza, affinché il raddoppio operi, la denuncia deve pervenire:
entro il quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione;
entro il quinto anno successivo a quello in cui si sarebbe dovuta presentare la dichiarazione, in caso di omessa dichiarazione.
In evidenza: Raddoppio dei termini - periodo transitorio a seguito del D.Lgs. n. 128/2015
Per taluni atti è previsto un regime transitorio, ossia per:
gli avvisi di accertamento,
gli atti di contestazione e/o irrogazioni sanzione,
gli inviti a comparire,
i Pvc,
notificati entro il 02 settembre 2015, l'Amministrazione può usufruire del raddoppio dei terminipurché il successivo atto impositivo sia notificato entro il 31 dicembre 2015.
Elementi essenziali e presupposto impositivo
Il reato di dichiarazione infedele, disciplinato dall'art. 4, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è un reato tributario rientrante tra le fattispecie collegate al momento dichiarativo.
Rubricato al Titolo II del suddetto Decreto, è previsto alternativamente agli altri due delitti “maggiori” collegati anch'essi al momento dichiarativo, ovvero:
dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (ex art. 2, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74);
dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (ex art. 3, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74).
In evidenza: Definizione di “dichiarazione” ai sensi dell'art. 1 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74
Ai fini del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 con il termine “dichiarazione” si intende anche la dichiarazione presentata in qualità di amministratore, liquidatore o rappresentante di società, enti o persone fisiche o di sostituto d'imposta.
Il Legislatore, infatti, inserendo nell'art. 4 (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74) la clausola di riserva iniziale“fuori dai casi previsti dagli artt. 2 e 3” ha voluto disciplinare i rapporti tra la dichiarazione infedele ed i sopra citati altri due delitti più gravi di dichiarazione fraudolenta, escludendo l'applicabilità della norma prevista nei casi di dichiarazione infedele quando tale delitto venga ricompreso nella sfera applicativa dei reati di dichiarazione fraudolenta.
In riferimento al presupposto impositivo l'art. 4, nel prevedere casi di punibilità per il soggetto “che evade le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti”, identifica il perfezionamento della fattispecie illecita con il momento di presentazione della dichiarazione annuale relativa alle imposte dirette ed IVA da parte di qualunque soggetto che, al fine di evadere le relative imposte, indichi elementi attivi inferiori a quelli effettivi e/o elementi passivi inesistenti.
In evidenza: Definizione di “elementi attivi e passivi” ai sensi dell'art. 1, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74
Ai fini del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 il termine “elementi attivi e passivi” è utilizzato in riferimento alle componenti, espresse in cifra, che concorrono, in senso positivo o negativo, alla determinazione del reddito o delle basi imponibili rilevanti ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto e le componenti che incidono sulla determinazione dell'imposta dovuta.
In riferimento alla rilevanza penale, prevista con la reclusione da uno a tre anni del soggetto che commette il delitto, l'art. 4 (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74) prevede due “soglie” che devono sussistere congiuntamente ai fini dell'applicabilità della pena, ovvero:
l'imposta evasa in riferimento alla singola imposta deve essere di ammontare superiore ad euro 150.000,00;
il totale degli elementi attivi non indicati nella dichiarazione e/o gli elementi passivi fittizi devono essere di ammontare superiore al 10% dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, il loro importo deve essere superiore ad euro 3.000.000,00.
SOGLIE DI PUNIBILITA'
Precedenti (fino al 22.10.2015)
Attuali (dal 22.10.2015)
Imposta evasa
50.000 €
150.000 €
L'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione
> al 10% del totale dell'attivo dichiarato o comunque superiore a 2 milioni.
> al 10% del totale dell'attivo dichiarato o comunque superiore a 3 milioni.
In riferimento alla previsione della necessità della coesistenza della “soglie” minime di punibilità in riferimento alla singola imposta se da un lato tale disposizione mira a limitare l'applicazione penale in riferimento all'imposta evasa a seguito della dichiarazione fraudolenta dall'altro rende rilevante il superamento del limite anche quando questo si sia verificato in rapporto ad una soltanto delle imposte considerate.
Modalità di calcolo e di accertamento dell'imposta evasa
In evidenza: Definizione di “imposta evasa” ai sensi dell'art. 1 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74
Ai fini del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il termine “imposta evasa” è inteso come differenza tra l'imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione, ovvero l'intera imposta dovuta nel caso di omessa dichiarazione, al netto delle somme versate dal contribuente o da terzi a titolo di acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine.
Non si considera imposta evasa quella teorica e non effettivamente dovuta collegata a una rettifica in diminuzione di perdite dell'esercizio o di perdite pregresse spettanti e utilizzabili.
Con la riforma, quindi, per il calcolo dell'imposta evasa si dovrà far riferimento all'imposta al netto di eventuali perdite d'esercizio o pregresse spettanti al reo.
Il nuovo art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000 prevede che ai fini del calcolo delle soglie di punibilità e, quindi, anche dell'imposta evasanon si deve tener conto:
della non corretta valutazione e della valutazione degli elementi oggettivamente esistenti, qualora i criteri della loro valutazione siano stati indicati in uno dei documenti rilevanti ai fini fiscali;
della violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza;
della non inerenza;
della non deducibilità di elementi passivi reali.
A prescindere da quanto sopra esposto, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette. Tali importi non concorrono alla determinazione della soglia di punibilità.
In riferimento al calcolo dell'imposta evasa, utile alla verifica del superamento delle soglie di rilevanza penale previste dall'art. 4D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è necessario considerare anche l'ammontare dell'eventuale credito indebitamente indicato in dichiarazione che andrà a sommarsi a quanto eventualmente non dichiarato.
L'importo così calcolato dall'Amministrazione finanziaria sarà accertato in sede penale dal Giudice che dovrà accertare la sussistenza di un effettiva condotta dolosa posta in essere al fine di evadere le imposte nel rispetto e nella tutela del principio della buona fede del soggetto autore del delitto.
In evidenza: Smarrimento contabilità e dolo specifico (Cass. pen., 10 marzo 2014 n. 11380)
La Cassazione, con la sentenza 10 marzo 2014 n. 11380, in riferimento ad un imprenditore che aveva perso la contabilità per cause a lui non imputabili ha riconosciuto la non punibilità per dichiarazione infedele solo se il giudice dimostri l'effettivo dolo specifico nell'omessa presentazione dei documenti all'Agenzia delle Entrate.
In sede di accertamento dell'imposta effettivamente dovuta, il Giudice penale deve quindi:
accertare il reddito complessivo, tenendo conto del principio di inerenza delle spese al fine di determinare la corretta deduzione dei costi;
valutare i costi effettivamente sostenuti, tenendo conto anche di quelli non registrati (cosiddetti "costi neri"), qualora il contribuente fornisca idonea prova dell'effettivo sostenimento di tali spese. L'imposta evasa dovrà essere infatti quantificata prescindendo da quanto dichiarato, sulla base del reddito effettivo prodotto in senso economico.
In evidenza: Nuovi termini per l'accertamento (Legge 28 dicembre 2015, n. 208 – Legge di Stabilità 2016)
In riferimento ai termini per l'accertamento sono state introdotte importanti novità dalla Legge di Stabilità 2016. In particolare a seguito della modifica introdotta agli artt. 43 e 57 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, gli avvisi di accertamento relativi al periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2016 e ai periodi successivi devono essere notificati entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione e nei casi di omessa presentazione della dichiarazione (considerata nulla), l'avviso di accertamento deve essere notificato entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello incui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
Le suddette disposizioni normative hanno quindi allungato il periodo accertabile prevendendo un anno in più se la dichiarazione è stata regolarmente presentata e 2 anni in più qualora si sia omessa la presentazione della dichiarazione.
In ultima analisi, a seguito di annullamento del comma 3 del citato art. 43, non è più previsto il raddoppio dei termini per l'accertamento dell'iva e delle imposte sui redditi, nel caso di violazione che comporti l'obbligo di denuncia per uno dei reati tributari disciplinati dal D.Lgs. n. 74/2000.
In evidenza:
Dichiarazione infedele e conseguente visto di conformità infedele: sanzioni a carico del CAF a seguito delle novità introdotte dalla Legge Stabilità 2016 e dei relativi chiarimenti della Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 20/E del 18 maggio 2016
Direttamente collegato all'accertamento della dichiarazione infedele sono le responsabilità derivanti dell'apposizione del visto di conformità che, a seguito di verifica, risulta apposto senza aver effettuato tutti controlli di diretta competenza del soggetto legittimato all'apposizione del visto stesso.
In particolare, a seguito delle novità introdotte dal comma 957 dalla Legge Stabilità 2016 è stato modificato l'art. 39, comma 1-bis, D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, che, come anche chiarito nella Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 20/E del 18 maggio 2016, ha disposto l'ampliamento della responsabilità solidale del CAF, in qualità di soggetto legittimato all'apposizione del visto di conformità (come da chiarimenti della circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 28/E del 25 settembre 2014), qualora lo stesso rilasci il visto di conformità infedele sulla dichiarazione dei redditi del contribuente. La predetta disposizione, con efficacia dal 1° gennaio 2016, ha previsto infatti la responsabilità del centro di assistenza per il quale ha operato il responsabile dell'assistenza fiscale e la relativa responsabilità solidale, con il contribuente, al pagamento “di un importo pari alla sanzione irrogata e alle altre somme indicate nel comma 1” in caso di violazioni commesse ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 39.
Con la predetta previsione il CAF risponderà quindi non solo della somma richiesta a titolo di sanzione, ma di “una somma pari all'importo dell'imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente” escludendo la responsabilità del CAF solo qualora la colpevolezza del responsabile dell'assistenza fiscale nel rilascio del visto infedele sia stato indotto dalla condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente.
In evidenza: Documentazione falsa e responsabilità del professionista
A seguito della sentenza n. 17418 del 28 aprile 2016 della sezione III della Cassazione Penale, è stato ancora una volta riconosciuto il reato del professionista che, al fine di far conseguire al proprio cliente un indebito vantaggio d'imposta, concorre con lo stesso nel reperimento di documenti falsi e/o inserisce nella relativa dichiarazione dei redditi documenti riferiti ad operazioni inesistenti.
I Giudici Tributari, a seguito di un attenta analisi di tutta la documentazione costituente la prova di responsabilità del professionista incaricato, hanno infatti riconosciuto la costituzione del delitto come previsto dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74. In particolare, nelle motivazioni della predetta sentenza è stato specificato che, ove il professionista incaricato oltrepassi il proprio giudizio tecnico e professionale ed induca volontariamente ad abbassare il carico fiscale del proprio cliente tramite il reperimento e/o assenso in riferimento all'utilizzazione di documentazione falsa, lo stesso concorrerà con il proprio cliente nel reato di frode fiscale pena la dimostrazione che il parere fornito dal cliente si possa configurare prettamente “neutro” ed “asettico” ovvero privo di qualsiasi elemento che possa far emergere un dolo intenzionale. Tuttavia, non si configurerebbe reato qualora, come nel caso in oggetto, non vi sia ritrovamento presso lo studio del professionista della relativa documentazione falsa ovvero di qualsiasi altro documento che attesti il dolo intenzionale, anche di quest'ultimo, finalizzato al conseguimento di un indebito risparmio d'imposta.
Cause di non punibilità
Il D.Lgs. n. 158/2015 ha introdotto per i reati di omessa e infedele dichiarazione delle cause di non punibilità. Così, il soggetto reo non è punibile quando estingue integralmente i debiti tributari e le relative sanzioni e interessi, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo.
Affinché operi la non punibilità, è richiesto che il ravvedimento o la presentazione avvengano prima che il reo abbia formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell'inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
Altra fattispecie per la quale il Legislatore prevede una causa di non applicabilità della norma in materia di dichiarazione, è quella contenuta nell'art. 15, che nel disporre “non danno luogo a fatti punibili ai sensi del presente decreto le violazioni di norme tributarie dipendenti da obiettive condizioni di incertezza sulla loro portata e sul loro ambito di applicazione” riconosce la buona fede del contribuente che, nella fase di predisposizione della dichiarazione, abbia interpretato norme obiettivamente incerte.
In evidenza: Correzione Dichiarazione infedele tramite presentazione dichiarazione integrativa - Termini di presentazione
Il contribuente che intende correggere errori ed omissioni presenti nella dichiarazione integrativa precedentemente inviata, e per la quale è spirato il termine massimo ordinario di invio all'Agenzia delle Entrate, può far ricorso alla dichiarazione integrativa che, come anche precisato dalla recente sentenza della Corte di Cassazione SS.UU. del 30 giugno 2016, n. 13378, in linea con quanti disposto dall'art. 2, D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, è utilizzabile qualora la correzione riguardi errori a favore del contribuente, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo (exart. 8-bis, D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322), con la possibilità di utilizzare in compensazione il relativo credito scaturente dalla dichiarazione stessa; diversamente, qualora sia spirato il predetto termine, il contribuente potrà solo chiederne il rimborso tramite apposita istanza separata, ai sensi dell'art 38, D.P.R. 602/1973, in linea con quanto disposto anche dalla Norma di comportamento n. 196/2016 dell'AIDC.
Viceversa, qualora dalla mancata correzione possa scaturire un danno per l'Amministrazione, è possibile procedere alla correzione entro i termini previsti per l'accertamento come disposto dall'art. 2, co. 8, D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322.
In evidenza: Regolarizzazione delle dichiarazioni con errori o presentate in ritardo: Ravvedimento Operoso
Chiarimenti applicativi disposti a seguito della circolare dell'Agenzia delle Entrate n. n 42/E del 12 ottobre 2016
Con il documento di prassi emesso dall'Agenzia delle Entrate n 42/E del 12 ottobre 2016 sono state fornite importanti istruzioni al fine di inquadrare le corrette sanzioni applicabili dal contribuente che decide di “regolarizzare” la propria posizione fiscale nei confronti del Fisco con la possibilità di usufruire dell'istituto del ravvedimento operoso.
In particolare, al fine di rendere più agevole la comprensione, sono state suddivise le regolarizzazioni in riferimento all'arco temporale entro le quali vengono effettuate dal contribuente ed in riferimento al tipo di errore che si vuole andare a correggere.
In riferimento alle sanzioni applicabile è quindi stato chiarito che:
Per le dichiarazioni integrative/sostitutive:
In caso di presentazione di dichiarazione integrativa/sostitutiva (presentata entro 90 giorni successivi al termine di scadenza ordinario) predisposta al fine di correggere errori non rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale, la sanzione configurabile non è quella della tardività (exart. 1 D.Lgs. 471/97) bensì quella prevista dall'art. 8 art. D.Lgs. 471/97 con la sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2000 (ravvedibile). La predetta sanzione è applicabile anche ai casi di “invito alla regolarizzazione” (comunicazione art. 1 commi 634 ss. Legge di stabilità 2015);
In caso di presentazione di dichiarazione integrativa/sostitutiva (presentata entro 90 giorni successivi al termine di scadenza ordinario) predisposta al fine di correggere errori rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale, la sanzione configurabile non è quella della tardività (ex art. 1 D.Lgs 471/97) la sanzione configurabile è solo quella per omesso versamento pari al 30% di ogni importo non versato (exart. 13 D.Lgs 472/1997) non trovando applicazione di euro 250.
Per le dichiarazioni tardive:
In caso di presentazione di dichiarazione tardiva (presentata entro 90 giorni successivi al termine di scadenza ordinario) rimane soggetta a sanzione in misura fissa pari ad euro 250 (ex art. 1 D.Lgs. n. 471/1997) ravvedibile dal contribuente.
Quanto sopra premesso, si precisa che per questa fattispecie non trova applicazione la disposizione del primo comma dell'art. 1 D.Lgs. n. 471/1997 in quanto prevista per i casi di “omessa” dichiarazione (anche se inviata entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo e comunque prima di attività di accertamento che il contribuente abbia avuto formale conoscenza, compresa nella misura tra 250 e 500 euro (non ravvedibile dal contribuente).
Per le dichiarazioni omesse:
In caso di presentazione di dichiarazione omessa (ovvero oltre i 90 giorni successivi al termine di scadenza ordinario) si applica la sanzione amministrativa dal 120% al 240% dell'ammontare delle imposte dovute con un minimo di euro 250. In caso di assenza di imposte dovute si applica la sanzione da euro 250 ed euro 1000.
Qualora la dichiarazione venga presentata oltre il termine di 90 giorni (quindi omessa), ma entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo e, comunque, prima dell'inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza si applica la sanzione amministrativa dal 60% al 120% dell'ammontare delle imposte dovute con un minimo di euro 200. In caso di assenza di imposte dovute si applica la sanzione da euro 150 ad euro 500.
In evidenza
D.L. n. 193 del 22 ottobre 2016convertito con modificazioni dalla Legge n. 225/2016: definizione agevolata cartelle Equitalia
A seguito del D.L. n 193 del 22 ottobre 2016, convertito con modificazioni dalla Legge n. 225/2016, in vigore dal 3 dicembre, è stata prevista la possibilità di definire in maniera agevolata le somme risultanti a debito in riferimento a ruoli affidati ad Equitalia tra il 2000 ed il 2016, consentendo ai contribuenti di ottenere una riduzione delle somme da pagare a quest'ultima.
Chi aderisce pagherà l'importo residuo delle somme inizialmente richieste senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora. Diversamente, per le multe stradali non pagherà gli interessi di mora e le maggiorazioni previste dalla legge.
Equitalia, entro il 28 febbraio 2017, invierà tramite posta ordinaria, al contribuente, una comunicazione sulle somme che le sono state affidate entro il 31 dicembre 2016 e che a questa data non risultano ancora notificate.
Si possono ottenere informazioni riguardo gli importi che sono stati affidati a Equitalia nel 2016 rivolgendosi agli sportelli della filiale più vicina o accedendo all'area riservata sul sito www.gruppoequitalia.it.
Per aderire alla definizione agevolata è necessario fare una domanda utilizzando il modulo “DA1 – Dichiarazione di adesione alla Definizione agevolata” disponibile presso gli sportelli di tutte le filiali di Equitalia e sul sito www.gruppoequitalia.it. La dichiarazione deve essere presentata entro e non oltre il 31 marzo 2017, consegnando il modulo allo sportello, o inviandolo agli indirizzi di posta elettronica (e-mail o pec) citati nel modulo della dichiarazione stessa o sul sito www.gruppoequitalia.it.
Anche chi ha già presentato la dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, ma vuole integrarla con gli importi affidati a Equitalia nel 2016, può farlo. Basta presentare, entro il 31 marzo 2017, una nuova dichiarazione utilizzando il modulo classico “DA1 – Dichiarazione di adesione alla definizione agevolata”, ma indicando esclusivamente i nuovi carichi che si intende definire.
Per chi invece ha un contenzioso con Equitalia e vuole richiedere la definizione agevolata, la Legge prevede che per aderire si debba espressamente dichiarare di rinunciare a eventuali contenziosi relativi alle cartelle interessate dalla definizione agevolata.
Idem per chi ha già un piano di rateizzazione in corso, può comunque aderire alle agevolazioni previste dalla Legge, ma deve pagare le rate con scadenza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2016.
Equitalia comunicherà entro il 31 maggio 2017, l'ammontare totale della somma dovuta, la scadenza delle eventuali date, tramite l'invio di relativi bollettini di pagamento.
La somma dovuta si può pagare con i bollettini RAV inviati e precompilati da Equitalia. In caso di pagamento in un unica rata, la scadenza è fissata nel mese di luglio 2017, oppure l'importo viene suddiviso nel numero di rate richieste dal contribuente con il modello di dichiarazione (da 1 rata sino ad un massimo di 5), rispetto le date di scadenza riportare sulla comunicazione.
I metodi di pagamenti sono svariati: con la domiciliazione bancaria (previa richiesta nel modello di dichiarazione), in banca, anche con il proprio home banking, agli uffici postali, nei tabacchini, tramite i circuiti Sisal e Lottomatica, sul sito www.gruppoequitalia.it, con la App Equiclick o direttamente agli sportelli di Equitalia.
Chi non pagherà anche solo una rata, lo farà in ritardo o in misura ridotta, perderà i benefici della definizione agevolata previsti dalla legge. I versamenti eventualmente elargiti saranno comunque acquisiti a titolo di acconto dell'importo complessivamente dovuto.
Riferimenti
Normativi:
D.L. 22 ottobre 2016, n. 193 convertito con modificazioni dalla Legge n. 225/2016
Legge 28 dicembre 2015, n. 208
D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158
D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128
Art. 1 commi 634 e ss. Legge di Stabilità 2015
Legge 11 marzo 2014, n. 23
D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74
Art. 1 D.Lgs. n. 471/1997
Art. 8 D.Lgs. n. 471/1997
Art. 47 c.p.p.
Art. 43 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
Art. 57 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600
Giurisprudenza:
Cass. civ., SS.UU., 30 giugno 2016, n. 13378
Cass. pen., sez. III, 28 aprile 2016, n. 17418
Cass. pen., sez. III, 10 marzo 2014, n. 11380
Cass. pen., sez. III, 30 agosto 2012, n. 33504
Cass. pen., sez. III, 7 luglio 2011, n. 26723
Prassi:
Agenzia delle Entrate, Circolare 18 maggio 2016, n. 20/E
Agenzia delle Entrate, Circolare 25 settembre 2014 n. 28/E
Agenzia delle Entrate, Circolare 5 giugno 2012, n. 21/E
Agenzia delle Entrate, Circolare 13 gennaio 2012, n. 1/E
Agenzia delle Entrate, Circolare 21 giugno 2011, n. 28/E
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Sommario
Modalità di calcolo e di accertamento dell'imposta evasa