Portiere dello stabile «addetto al ritiro»: presunzione legale della qualità dichiarata
11 Ottobre 2017
Il caso. Una S.p.a. viene condannata in primo grado al pagamento di una somma di denaro alla Federazione Italiana dei Consorzi Agrari per la restituzione di quanto già versato dalla Federazione in sede di concordato preventivo. La Corte d'appello di Roma, alla quale ricorre la S.p.a., riforma la sentenza dei giudici di prime cure. Il liquidatore pro tempore della Federazione si rivolge dunque alla Corte di Cassazione; la S.p.a. resiste eccependo l'inammissibilità del ricorso per tardività, essendo intercorsi più di tre mesi tra la data della notificazione della sentenza e quella della notificazione del ricorso.
Consegna della notifica al portiere. Ex art. 372 c.p.c., il liquidatore della Federazione deposita la documentazione che attesta la qualifica di portiere della persona che ha ricevuto la notifica della sentenza, deducendo che non vi sia alcuna attestazione del tentativo di consegna nelle mani del destinatario e/o della ricerca infruttuosa delle persone «preferenzialmente e tassativamente abilitate a ricevere l'atto». La resistente, nella memoria ex art. 178 c.p.c., ribadisce l'eccezione del ricorso per tardività, evidenziando che il portiere, nel ricevere l'atto, si era qualificato come “addetto al ritiro”. A parere della Suprema Corte, «È assorbente la fondatezza dell'eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività. Ciò che impedisce anche di esaminarne l'ammissibilità ai sensi dell'art. 360-bis c.p.c., per essere la sentenza impugnata conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte (v. per tutte Cass. civ., sez. I, n. 12064/2013)».
Presunzione legale della qualità dichiarata. I giudici di legittimità chiariscono che, essendosi il portiere qualificato come addetto al ritiro, non specificando la propria veste di portiere, «è applicabile il principio giurisprudenziale secondo il quale nell'ipotesi in cui il portiere di un condominio riceva la notifica della copia di un atto qualificandosi come «incaricato al ritiro», senza alcun riferimento alle funzioni connesse all'incarico afferente al portierato, ricorre la presunzione legale della qualità dichiarata, la quale per essere vinta abbisogna di rigorosa prova contraria da parte del destinatario, in difetto della quale deve applicarsi il comma 2 (e non il 4) dell'art. 139 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, n. 18492/2012)».
Rapporto di portierato. La Suprema Corte si sofferma infine sulla documentazione prodotta dalla parte ricorrente inerente al rapporto di portierato ribadendo che, per vincere la presunzione legale della qualità dichiarata, è necessaria la prova che il consegnatario non sia «addetto ad alcun incarico per conto o nell'interesse del destinatario nell'ambito dello stesso stabile» (Cass. civ., sez. VI, n. 5220/2014). Non basta infatti la circostanza, come già enunciato da Cass. civ., sez. III, n. 18897/2009, che « l'addetto alla ricezione eserciti, altresì, le funzioni di portiere dello stabile, né una dichiarazione scritta resa dal destinatario della notifica di non avere conferito alcun incarico (quanto alla ricezione degli atti), trattandosi di dichiarazione proveniente dallo stesso soggetto avente interesse alla invalidazione della notifica (in questo senso, ad esempio, Cass. civ., 24 novembre 2005, n. 24798) ».
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
Fonte: ilprocessocivile.it |