I compensi dei professionisti nel concordato: natura delle prestazioni e disciplina applicabile

Luigi Amerigo Bottai
12 Settembre 2017

Il pagamento di crediti dei professionisti nominati dall'imprenditore per la predisposizione della domanda di concordato preventivo ovvero in occasione della relativa proposta, effettuato, a seguito del deposito del ricorso ex art. 161, comma 6, l.fall., senza autorizzazione del tribunale, non comporta, necessariamente, la declaratoria di inammissibilità del concordato, ai sensi dell'art. 173 l.fall., in ragione dell'automatica classificazione di tali pagamenti tra gli atti di straordinaria amministrazione, quali crediti non prededucibili in mancanza del decreto di ammissione al concordato suddetto.
Massima

Il pagamento di crediti dei professionisti nominati dall'imprenditore per la predisposizione della domanda di concordato preventivo ovvero in occasione della relativa proposta, effettuato, a seguito del deposito del ricorso ex art. 161, comma 6, l.fall., senza autorizzazione del tribunale, non comporta, necessariamente, la declaratoria di inammissibilità del concordato, ai sensi dell'art. 173 l.fall., in ragione dell'automatica classificazione di tali pagamenti tra gli atti di straordinaria amministrazione, quali crediti non prededucibili in mancanza del decreto di ammissione al concordato suddetto. Invero, da un lato, la natura prededucibile del credito non può essere collegata al decreto ex art. 163 l.fall. (nel senso che solo il decreto di ammissione trasformerebbe i crediti maturati in capo all'imprenditore, prima o dopo la sua domanda, in pretese assistite dalla peculiare protezione di cui all'art. 111 l.fall.), e, dall'altro, costituiscono normalmente atti di ordinaria amministrazione le operazioni richieste dalla legge e ragionevolmente proprie di una prassi attinente al corredo obbligatorio della domanda di apertura della procedura concorsuale, competendo all'organo concorsuale che ne invochi l'eccedentarietà rispetto a tale scopo dimostrarne la superfluità, oltre che l'intento frodatorio.

Il credito relativo al compenso per prestazioni professionali rese anteriormente alla dichiarazione di fallimento dell'imprenditore e riguardanti l'attività difensiva inerente ad una domanda di concordato preventivo ex art. 161, comma 6, l.fall. dichiarata inammissibile per mancato deposito della proposta, del piano e della relativa documentazione non è prededucibile ai sensi della l.fall., art. 111, comma 2, sia perché, non arrecando alla procedura concorsuale alcun beneficio in termini di accrescimento dell'attivo o salvaguardia della sua integrità, non può dirsi collegato occasionalmente o funzionalmente con la stessa, sia perché, in ipotesi di rinuncia alla domanda di concordato preventivo e di richiesta di fallimento in proprio, non si configura una consecuzione di procedure concorsuali, essendo mancante non solo l'omologazione del concordato, ma anche l'ammissione da parte del tribunale della domanda di concordato preventivo (Cass. Sez. I, sent. n. 18437 del 2010), perché possa aversi una considerazione unitaria della procedura di fallimento succeduta a quella di concordato preventivo.

I due casi

Nella prima fattispecie la Corte d'appello di Ancona ha respinto il reclamo interposto avverso la sentenza del Tribunale di Pesaro che aveva dichiarato inammissibile una proposta di concordato (e quindi il fallimento della proponente), a causa dei pagamenti effettuati dalla debitrice ad alcuni professionisti incaricati di curarne la stesura durante i termini della fase “di riserva”, in quanto i relativi crediti avrebbero potuto assurgere al rango prededucibile solo a seguito dell'intervenuta ammissione della società al concordato, in concreto poi non avvenuta. In tal modo siffatti pagamenti, configurati come atti di straordinaria amministrazione, non essendo stati autorizzati dal Tribunale ai sensi dell'art. 161, comma 7, l.fall. avrebbero determinato l'insorgenza delle condizioni previste dall'art. 173 l.fall. per la non ammissione della stessa al concordato preventivo.

Nel secondo procedimento il Tribunale di La Spezia, rigettando l'opposizione allo stato passivo del fallimento proposta da un avvocato, ha confermato la decisione del GD che aveva negato la prededuzione al credito vantato dal professionista per l'attività svolta ai fini della presentazione di una domanda di pre-concordato, a cui non aveva fatto seguito il deposito della proposta e del piano per rinuncia della debitrice (con richiesta di fallimento in proprio).

Le questioni giuridiche e le soluzioni

Con quattro pronunce emesse in meno di tre mesi, che si aggiungono alle numerose altre del 2016, la Suprema Corte sembra aver delineato in maniera chiara e approfondita i requisiti di occasionalità e funzionalità delle prestazioni ai sensi dell'art. 111, comma 2, l.fall. nonché il quadro disciplinare degli effetti scaturenti dal problema forse più dibattuto in tema di concordato preventivo: la qualificazione giuridica delle attività professionali (e dei relativi crediti) ovvero il regime cui sono soggetti i pagamenti dei professionisti che abbiano prestato la loro opera per la regolazione della crisi dell'impresa assistita o comunque in costanza di essa.

Nella sentenza n. 280/2017 la Corte apre l'indagine differenziando subito la questione attinente alla natura dei crediti vantati dai professionisti chiamati dal debitore a predisporre la proposta e il piano concordatari da quella afferente i pagamenti eseguiti in favore degli stessi nella fase che intercorre tra il deposito del ricorso “prenotativo” e l'apertura del concordato.

L'ordinanza n. 6523, invece, si incentra sull'ipotesi di rinuncia del debitore al ricorso ex art. 161, comma 6, e sulla sorte dei crediti professionali nel frattempo sorti [mentre la sent. n. 3317 (della 1^ Sezione) e l'ord. n. 3218 (della Sesta Sezione), entrambe rese nel febbraio 2017, si pronunciano sulla fattispecie di revoca del concordato ex art. 173 l.fall. in rapporto ai pagamenti effettuati ai professionisti].

1) La sentenza n. 280 - La prima decisione qui in commento (n. 280) cassa radicalmente il “ragionamento” seguito dalla corte territoriale (come pure da tanti tribunali di merito) in forza del quale i crediti professionali sorti nella fase cd. di riserva diverrebbero prededucibili “solo se intervenga (l')ammissione, nel presupposto che solo l'ammissione al concordato ne permetta il riconoscimento della funzionalità ex art. 111 l.fall.”, laddove “la non ammissione qualificherebbe l'eventuale pagamento comunque intervenuto come atto di straordinaria amministrazione in sé”, da autorizzare giudizialmente a pena di inammissibilità.

Il sillogismo operato da tanti giudici di merito si rivela fallace, secondo la Corte regolatrice, poiché verrebbe rimesso al decreto di apertura della procedura, quale primo atto di controllo del tribunale, il discrimine rilevante; esso fungerebbe da provvedimento autorizzatorio “generale, implicito e retroattivo” (pag. 4, punto 1. della sent. 280) delle attività fino allora svolte.

Sarebbe, quindi, il controllo giudiziale a far divenire “funzionali”, per gli effetti dell'art. 111 cpv., i crediti nascenti da prestazioni tendenti all'allestimento della documentazione prescritta dall'art. 161 l.fall., in ritenuta “equivalenza” ai crediti sorti in occasione della procedura aperta.

Altrimenti quegli atti, risultando non vantaggiosi, assumerebbero – dopo il loro compimento (?) - la natura di straordinaria gestione.

I supremi giudici osservano al riguardo che, se la premessa fosse accolta, si addiverrebbe “da un lato ad un'abrogazione parziale della norma” (il secondo comma dell'art. 111 conferisce rilievo anche ai fatti costitutivi dei crediti avvenuti prima del concorso ma ad esso funzionali) “e dall'altro ad una impropria portata” della disposizione rispetto al sistema normativo di cui al combinato disposto degli artt. 161, comma 7, 167 e 173, comma 3, l.fall. “che esige l'autorizzazione giudiziale per i diversi atti di straordinaria amministrazione”.

Il passaggio successivo è essenziale per spazzare via ogni residua perplessità in tema di funzionalità, in quanto fissa – si spera definitivamente – il concetto cui ancorare la delibazione da parte degli organi della procedura: occorre, in sostanza, che gli atti o le attività dei professionisti (e di qualunque terzo) in favore del debitore “si coordinino razionalmente con il quadro operazionale da questi attivato o di imminente riconoscibile adozione, così da rientrare in una complessiva causa economico-organizzativa almeno preparatoria, per quanto sia in iniziativa del debitore stesso, di una procedura concorsuale” (cfr. pag. 5, punto 2. sent. 280).

Richiamando il dictum di Cass. n. 25589/2015, la Corte di legittimità ha cura di precisare che il carattere alternativo dei criteri di occasionalità e funzionalità (cronologico e teleologico) “non consente, peraltro, l'estensione della prededucibilità a qualsiasi obbligazione caratterizzata da un sia pur labile collegamento con la procedura concorsuale, dovendosi in ogni caso accertare il vantaggio arrecato alla massa dei creditori (…). Si tratta di un elemento oggettivo che ben può precisarsi in una nozione di funzionalità, o strumentalità, di tali crediti (rectius delle attività dalle quali essi originano) rispetto alla procedura concorsuale (Cass. 5098/2014, 7579/2016), con valutazione da operare ex ante, non potendo per un verso l'evoluzione fallimentare della vicenda concorsuale, di per sé sola e pena la frustrazione dell'obiettivo della norma, escludere il ricorso all'istituto. Ma nemmeno può affermarsi una interdipendenza assoluta tra crediti prededucibili e ammissione al concordato preventivo, almeno nel senso che unicamente il decreto ex art.163 l.fall. trasformerebbe tutti (e solo) i crediti maturati in capo all'imprenditore, prima o dopo la sua domanda, in pretese assistite dalla peculiare protezione di cui alla l.fall., art. 111”.

Al fine di individuare esattamente gli atti di ordinaria ovvero di straordinaria gestione merita sottolineatura il principio nuovamente ribadito (e da ritenersi ora consolidato), in virtù del quale non rileva tanto il costo delle prestazioni o la loro percentuale di incidenza sul passivo e sull'attivo, né il fatto che il contratto o l'eventuale pagamento sia avvenuto in pendenza di procedura può trasformare i relativi atti – obbligatori o solutori - in straordinaria amministrazione; quanto piuttosto la verifica se le spese e gli impegni assunti dal debitore rientrino in una attività non corrente dell'impresa o se siano o meno “intrinsecamente coerenti con un complessivo allestimento degli atti necessari all'instaurazione o all'ordinata evoluzione della procedura concorsuale”.

Tutti gli atti e le operazioni che non ineriscano alle attività previste dalla legge in funzione di tal contesto necessiteranno, dunque, di esplicita autorizzazione giudiziale a termini degli artt. 161, comam 7, o 167 l.fall.

Sarà, poi, l'organo concorsuale che intenda eccepire “l'eccedentarietà” della prestazione rispetto allo scopo concordatario “dimostrarne (anche solo per una eventuale parte) superfluità ovvero casualità di assunzione quanto al profilo debitorio che ne sia scaturito, oltre che l'intento frodatorio”.

2) L'ordinanza n. 6523 – La seconda pronuncia, resa in esito ad udienza camerale “non partecipata”, statuisce che nell'ipotesi di rinuncia alla domanda di concordato nella fase anteriore all'ammissione, con conseguente richiesta di fallimento in proprio, non si configura una consecuzione di procedure concorsuali, essendo mancante non solo l'omologazione ma, ancor prima, l'apertura (cfr. Cass. n. 18437/2010) “perché possa aversi una considerazione unitaria della procedura di fallimento succeduta a quella di concordato preventivo”.

Ne consegue l'impossibilità di riconoscere la prededuzione al credito relativo al compenso per attività difensiva prestata anteriormente alla rinuncia - o al mancato deposito della proposta o della documentazione di cui all'art. 161 l.fall. nel termine assegnato (così Cass. ord. n. 25589 del 2015) -, perché non arrecando alla massa “alcun beneficio in termini di accrescimento dell'attivo o salvaguardia della sua integrità, non può dirsi collegato occasionalmente o funzionalmente con la stessa” (v. penultimo capoverso ord. n. 6523).

Il principio esposto – si badi - non evoca il concetto di “utilità” (quale invece brandito indebitamente da talune decisioni della medesima Corte), bensì affina ulteriormente l'interpretazione del ruolo del nesso occasionale o funzionale della prestazione con una procedura, nei casi qui descritti mai apertasi.

Osservazioni

A) Sulla natura ordinaria o straordinaria delle prestazioni professionali e dei relativi pagamenti– La sentenza n. 280/2017 costituisce il più recente e nitido sforzo della Suprema Corte di delimitare i contorni di un problema che nella pratica giurisprudenziale ha assunto proporzioni notevoli ed eccessi talora obiettivamente intollerabili: la pattuizione (e il pagamento) dei compensi di certi professionisti che assistono l'impresa nel momento di manifestazione della crisi e dell'accesso agli strumenti negoziali e processuali di regolazione della stessa previsti dalla legge fallimentare. Si nota da tempo che in ogni procedura concordataria di rilievo (al pari degli accordi di ristrutturazione dei debiti e dei piani di risanamento presentati da primarie realtà societarie) la voce più rilevante dei costi definiti “prededucibili” è rappresentata dagli emolumenti stabiliti per gli advisor dedicati alla revisione della contabilità e alla stesura del piano, per i legali estensori della domanda/proposta, per l'attestatore e per i periti stimatori dei cespiti da liquidare. Talvolta siffatte spese, da corrispondere prevalentemente prima che si pervenga all'omologazione della procedura, possono arrivare ad assorbire fino al 10/15% dell'attivo disponibile (soprattutto quando compaiono grandi studi). Non si intende negare l'importanza dell'opera di detti professionisti, anche per la basilare considerazione che l'obbligo o la necessità di denunciare al mercato la propria crisi ha un costo per l'imprenditore che non può non essere traslato sui creditori (effettivi interessati). La legge (cfr. artt. 161 e 186-bis l.fall.) impone di fornire a costoro un'informazione non generica, ma certa, veritiera e completa, allo scopo di colmare le asimmetrie informative e consentire loro una genuina formazione del consenso; tali informazioni sono divenute un vero e proprio bene (recte, diritto) suscettibile di essere scambiato – i creditori “pagano” l'attestatore e i professionisti redattori di piano e proposta con moneta prededucibile -, come pure di generare responsabilità.

Ci si accorge, infatti, che se il mercato, inteso come sistema di informazioni, può fallire per l'insufficiente informazione degli agenti al momento della decisione, il ruolo della legge (del diritto fallimentare) è di ridurre quelle asimmetrie e incertezze. Così si dovrebbe pervenire all'allocazione efficiente, ma anche equa delle risorse.

Accade sovente che i tribunali sanzionino i descritti comportamenti con provvedimenti drastici di revoca/inammissibilità delle procedure, che a distanza di tempo la Corte di Cassazione non di rado riforma. Le decisioni in commento, unitamente alla sent. 3317 e alla ord. 3218 del 2017, potrebbero, tuttavia, contribuire a mettere un punto fermo A) sull'interpretazione delle norme in tema di atti di straordinaria amministrazione – classificazione da cui può scaturire il decreto ex artt. 162 o 173 l.fall. – e B) sulla corretta configurabilità della cd. prededuzione. Dati i vincoli di spazio del presente contributo, si limiterà l'esposizione alle considerazioni ritenute imprescindibili, rinviando per approfondimenti agli ultimi saggi apparsi sul tema (cfr. M. Fabiani, Il delicato ruolo del professionista del debitore in crisi fra incerta prededuzione e rischio di inadempimento, in corso di pubblicazione in Giur. Comm., 2017; G.P. Macagno, La S.C. conferma la prededucibilità de plano dei crediti dei professionisti per le attività finalizzate all'apertura del concordato, ma all'orizzonte si prospetta una nuova stretta normativa, in Fall., 4/2017; G. Meo, I crediti professionali nel concordato preventivo tra “prededuzione” e adempimento contrattuale, in Riv. ODC, 2/2016; V. Sallorenzo, I crediti prededucibili nell'ambito delle procedure concorsuali, in Dir. fall., 2016, I; M. Vitiello, La prededuzione del credito del professionista nel concordato preventivo, in questo portale, 2015).

In ordine al primo problema, la qualificazione degli atti come di ordinaria gestione o meno assume una connotazione peculiare in dipendenza dello stato dell'impresa (a differenza di quanto previsto nel codice civile, vuoi in materia societaria vuoi nel diritto di famiglia e dei minori), posto che con il deposito della domanda di concordato, sia pur con riserva, il patrimonio del debitore è soggetto a vincolo di indisponibilità in quanto destinato ai creditori. Ne discende il principio, non troppo ponderato in dottrina e giurisprudenza, per cui “il pagamento delle spese sostenute per l'allestimento di atti necessari per avviare la procedura di concordato preventivo richiesti dalla legge stessa e pur ragionevolmente propri di una prassi attinente al corredo della relativa domanda, può anche non costituire in sé atto di straordinaria amministrazione; e tuttavia allorché l'esborso sia avvenuto dopo il deposito della domanda e senza autorizzazione giudiziale, senza distinguere prestazioni anteriori al ricorso e posteriori al suo deposito, correttamente è dichiarata la revoca dell'ammissione, ai sensi dell'art. 173 l.fall., ove sia dimostrata l'estraneità degli atti rispetto agli scopi della procedura, ovvero la superfluità o casualità, oltre che l'intento frodatorio” (Cass. 8 febbraio 2017, n. 3317). Fra le attività del tutto eccentriche la Corte include la difesa del liquidatore sociale nel processo penale, nonché i crediti del collegio sindacale, dipendenti, fornitori (al di fuori delle ipotesi contemplate dalla legge).

In altri termini, tutto ciò che esula dalle prestazioni volte alla predisposizione della proposta concordataria deve essere esplicitato e preventivato nel piano, onde fornire ai creditori votanti e agli organi vigilanti un prospetto esaustivo dei costi extra-concorso e delle fonti di copertura.

Ergo, la straordinaria amministrazione si conforma in ragione

i) sia della estraneità del contratto o del pagamento al piano (“apparendo contraddittorio assicurare a siffatti creditori una soddisfazione anticipata rispetto allo statuto solutorio previsto nella proposta per tutti gli altri”: Cass. 3317/17, cit.),

ii) sia del difetto di autorizzazione giudiziale ex artt. 161, comma 7, o 167 l.fall. a seconda delle fasi della procedura.

Pertanto, la sanzione dell'inammissibilità del ricorso o della revoca dell'ammissione si giustifica ad esito dell'accertamento che i pagamenti non siano ispirati al criterio della migliore soddisfazione dei creditori, poiché diretti a frodare le loro ragioni, pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta formulata con la domanda di concordato (così Cass. nn. 280 e 3317, cit., che richiamano Cass. 3324/2016, 7066/2016). D'altro canto, si ribadisce – in via dirimente - che “solo una preventiva indicazione in seno alla proposta concordataria del novero e dell'ammontare dei debiti della massa consente ai creditori ammessi al voto le necessarie valutazioni sulla sua convenienza, nonché di formulare una ragionevole prognosi sulle possibilità di effettivo adempimento” [Cass. 3317/17, la quale riporta Cass. 9995/2016 là dove quest'ultima enuncia che nel caso di obbligazioni assunte dal debitore prima del decreto di ammissione al concordato preventivo, “affinché i relativi crediti maturati nel corso della procedura possano godere del rango prededucibile nel successivo fallimento, la loro "funzionalità", intesa come finalizzazione ad assicurare il buon esito della procedura, deve necessariamente trovare esposizione già nel piano analitico allegato alla proposta, ai sensi dell'art. 161, comma 2, lett. e), secondo un principio generale che può ricavarsi dall'art. 182-quater, comma 2”].

E, come sopra anticipato, sarà l'organo concorsuale che intenda eccepire “l'eccedentarietà” della prestazione rispetto allo scopo concordatario a dover “dimostrarne (anche solo per una eventuale parte) superfluità ovvero casualità di assunzione quanto al profilo debitorio che ne sia scaturito, oltre che l'intento frodatorio” idoneo a fondare la revoca ex art. 173, comma 3, l.fall. (Cass. 280/2017, il cui estensore è il medesimo della sent. n. 3317/2017).

B) Sulla prededucibilità dei crediti – La questione della prededucibilità dei crediti, categoria definitivamente introdotta anche all'interno della procedura di concordato in maniera indipendente dal successivo sbocco fallimentare (v. artt. 161, comma 7, 169-bis, comma 2 e 182-quater), deriva direttamente dalla distinzione appena analizzata: l'affidamento dell'incarico professionale non può non considerarsi atto di ordinaria gestione, dal momento che i) l'attestazione è requisito di ammissibilità della proposta, ii) la difesa tecnica è necessaria e costituzionalmente garantita, iii) le stime dei cespiti sono imposte dalle disposizioni sulla cessione dei beni (artt. 160, comma 2, 182) e sulla continuità aziendale (art. 186-bis). Né può essere l'entità del compenso a mutare la natura del rapporto, sempreché non integri – insieme agli eventuali pagamenti eseguiti all'interno della procedura in misura eccessiva rispetto ai parametri tipici (tariffe regolamentari o usuali pattuizioni) – uno di quegli atti in frode rilevanti ex art. 173 al ricorrere dei sintomi indicati dalla Cassazione.

La conseguenza ineludibile è scritta nell'art. 161, comma 7, in virtù del quale “I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell'art. 111”. Prededucibili nel successivo fallimento – oltre che esentati da revocatoria ex art. 67, comma 3, lett. e) e g) -, ma anche nel medesimo concordato.

Tuttavia non qualsiasi prestazione compiuta in costanza di procedura, pure nella mera fase di “riserva”, darà luogo a crediti da collocare in prededuzione, sulla scorta della endiadi occasionalità-funzionalità di cui all'art. 111, comma 2, occorrendo bensì che sia rispettata la ratio normativa di incentivazione a stabilire rapporti negoziali con quel patrimonio segregato posto a garanzia dei creditori, al fine della sua conservazione o implementazione, giusta quanto affermato da Cass. 24 gennaio 2014, n. 1513, secondo cui il criterio di legge che fa riferimento all'elemento cronologico ("in occasione") “deve essere integrato, per avere un senso compiuto, con un implicito elemento soggettivo e cioè quello della riferibilità del credito alla attività degli organi della procedura; in difetto di una tale integrazione il criterio in questione sarebbe palesemente irragionevole in quanto porterebbe a considerare come prededucibili, per il solo fatto di essere sorti in occasione della procedura, i crediti conseguenti ad attività del debitore non funzionali ad esigenze della stessa”.

In realtà, più che funzionali (altrimenti si ricadrebbe nell'altro requisito), le attività si dovrebbero definire necessariamenteinerentialla salvaguardia del patrimonio vincolato ai creditori, a prescindere dall'intervento del commissario, che può solo segnalare eventuali abusi ai fini dell'avvio della revoca ex art. 173. Di qui l'obbligo di successivo accertamento, in sede di verifica del passivo fallimentare (art. 111-bis), proprio per recuperare quel controllo giudiziale prima mancato.

Ecco perché qualora alcuni professionisti vengano pagati in data posteriore al deposito della domanda prenotativa (a differenza di altri, evidentemente meno “fortunati”), ciò non comporta, in via automatica, la declaratoria d'inammissibilità della proposta, dovendosi pur sempre valutare se detti pagamenti costituiscano, o meno, atti di straordinaria amministrazione – nei termini sopra illustrati – “e, in ogni caso, se la violazione della regola della "par condicio" sia diretta a frodare le ragioni dei creditori, pregiudicando le possibilità di adempimento della proposta negoziale formulata con la domanda di concordato (Cass. 7066/2016). La revoca può infatti pronunciarsi, ai sensi dell'art. 173, comma 3, solo in esito ad un accertamento, da compiersi ad opera del giudice di merito, che tali pagamenti non (sono) ispirati al criterio della migliore soddisfazione dei creditori” (v. ultimo capoverso della motivazione di Cass. 280/2017).

A chiarire ulteriormente il nuovo indirizzo giova menzionare il principio sancito da Cass. 7 febbraio 2017, n. 3218, per la quale il credito del professionista che ha predisposto la documentazione necessaria per l'ammissione al concordato preventivo “non è prededucibile nel successivo fallimento ove l'ammissione alla procedura minore sia stata revocata per atti di frode dei quali il professionista stesso sia stato a conoscenza, posto che, in tale ipotesi, non solo la prestazione svolta non è stata di alcuna utilità per la procedura, ma si è rivelata addirittura potenzialmente dannosa per i creditori, tenuto conto della erosione del patrimonio a disposizione della massa per effetto della continuazione dell'attività di impresa”. Torna il concetto di inerenza alla tutela del patrimonio segregato.

In conclusione, sembra sterile perseverare in una disputa “ideologica”, bastando invece trasporre la vigilanza (prima) e la verifica (poi) da parte degli organi di procedura sull'effettivo e corretto svolgimento dell'incarico ad opera dei professionisti, i quali nell'ipotesi assunta di non ammissione o revoca ex art. 173, comma 3, l.fall. della procedura concordataria potranno aver omesso parte dell'opera oppure commesso qualche imprudenza, negligenza o addirittura un grave inadempimento; di talché l'esclusione dallo stato passivo o quantomeno la non prededucibilità del credito – per il principio di cui alle Cass. 3218 e 3317 - si dovrebbero imporre a termini del generale canone di cui all'art. 1218 c.c. I professionisti, invero, debbono fornire le “garanzie di metodo” che derivano dalla retta applicazione di standard condivisi, anche se non garanzie assolute di risultato.

In proposito la Corte Suprema, nella sua più alta composizione (Cass. S.U. 11 gennaio 2008, n. 577), ha avuto agio di statuire che la distinzione tra obbligazioni di mezzi e di risultato sia “dogmaticamente superata, quanto meno in tema di riparto dell'onere probatorio, dalla sentenza delle S.U. n. 13533/2001” (nelle obbligazioni di mezzi, essendo aleatorio il risultato, sul creditore incombeva l'onere della prova che il mancato risultato era dipeso da scarsa diligenza, laddove nelle obbligazioni di risultato il debitore doveva provare che il mancato risultato era dipeso da causa a lui non imputabile). Ora, da un canto, si asserisce che “in ogni obbligazione derivante da contratti di prestazione d'opera intellettuale si richiede la compresenza sia del comportamento del debitore che del risultato, anche se in proporzione variabile”; per altro verso si precisa come la dicotomia in parola sia stata finora “utilizzata al fine di risolvere problemi di ordine pratico, quali la distribuzione dell'onere della prova e l'individuazione del contenuto dell'obbligo, ai fini del giudizio di responsabilità, operandosi non di rado, per ampliare la responsabilità contrattuale del professionista, una sorta di metamorfosi dell'obbligazione di mezzi in quella di risultato, attraverso l'individuazione di doveri di informazione e di avviso (…), definiti accessori ma integrativi rispetto all'obbligo primario della prestazione, ed ancorati a principi di buona fede, quali obblighi di protezione, indispensabili per il corretto adempimento della prestazione professionale in senso proprio”. L'inadempimento rilevante nelle obbligazioni cd. di comportamento è comunque unicamente quello che costituisce “causa o concausa efficiente del danno”.

Ne consegue che l'allegazione del creditore deve attenere ad un inadempimento qualificato nel senso appena indicato, mentre il debitore, per andare esente da responsabilità, dovrà dimostrare l'inesistenza dell'inadempimento stante l'adeguatezza del modello di comportamento adottato ovvero il difetto di influenza sul nesso eziologico o sulla produzione del danno (cfr. Cass. S.U. n. 13533/2001, tanto nelle obbligazioni di risultato quanto in quelle di mezzi, allo scopo di contemperare le contrapposte esigenze di creditore e debitore mediante il ricorso al principio della riferibilità o vicinanza della prova, 'sì da contemporaneamente ovviare alla difficoltà per il creditore di fornire la prova di un fatto negativo (l'inesattezza della prestazione, per lo più) ed agevolare il debitore nel reperimento degli elementi utili per paralizzare la domanda, conoscendo costui le norme e le procedure tecniche seguite.

In questi termini il rapporto tra giudici e professionisti viene rimesso sul binario oggettivo dell'adempimento, lungo il quale non poche esagerazioni troveranno adeguata risposta da parte dell'ordinamento.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per chiarezza espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i principali contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate direttamente nell'esposizione delle questioni e nelle osservazioni.

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