Il frazionamento dei crediti da lavoro: le Sezioni Unite

01 Marzo 2017

Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi.
Massima

Le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi.

Se, tuttavia, i suddetti diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque "fondati" sul medesimo fatto costitutivo – sì da non poter essere accertati separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale –, le relative domande possono essere proposte in separati giudizi solo se risulta in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata.

Ove la necessità di siffatto interesse (e la relativa mancanza) non siano state dedotte dal convenuto, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ai sensi dell'art. 183 c.p.c. e, se del caso, riservare la decisione assegnando alle parti termine per memorie ai sensi dell'art. 101 comma 2 c.p.c.

Il caso

Un primo lavoratore, con ricorso al Giudice del Lavoro di Torino, chiedeva la condanna della società ex datrice di lavoro Fiat Auto SpA al pagamento di una somma a titolo di ricalcolo dell'indennità premio di fedeltà con inclusione dei compensi percepiti in modo continuativo.

Il Tribunale di Torino dichiarava l'improponibilità della domanda, in quanto il ricorrente aveva agito in precedenza chiedendo la rideterminazione del TFR per incidenza nella relativa base di calcolo delle voci retributive percepite in via continuativa. Secondo il Tribunale, i crediti fatti valere nelle due cause, derivando dalla cessazione del medesimo rapporto di lavoro, avrebbero potuto e dovuto essere azionati congiuntamente, alla luce dei principi enunciati nella sentenza n. 23726/2007 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Il ricorrente aveva, invece, indebitamente frazionato il credito in una pluralità di domande.

Il lavoratore impugnava la sentenza del primo giudice e la Corte di Appello accoglieva il gravame, osservando che il principio della infrazionabilità della domanda, ribadito anche da Cass. S.U., 22 dicembre 2009, n. 26961, Cass. civ., sez. III, 11 giugno 2008, n. 15476, Cass. sez. lav., 3 dicembre 2008, n. 28719, opera all'interno di un rapporto obbligatorio ritenuto unico in senso proprio, mentre dal rapporto di lavoro discende una pluralità di obbligazioni, ognuna con una propria specifica fonte, di natura legale oppure contrattuale, concernente istituti economici diversi.

Secondo la Corte territoriale l'obbligo della trattazione congiunta opera all'interno di ognuno di questi rapporti obbligatori, ma non riguarda il complesso di essi, perché non può affermarsi che alla cessazione del rapporto di lavoro si viene a costituire in capo al lavoratore un "unico credito" costituito dalla sommatoria delle voci economiche, retributive e/o risarcitorie, ancora da esso derivanti. Il divieto di frazionamento dell'azione non può, dunque, trovare applicazione quando le azioni sono diverse, perché sono diversi i titoli (causae petendi), i regimi e i presupposti, giuridici e di fatto.

La Fiat Group Automobiles SpA proponeva ricorso per Cassazione, evidenziando che entrambe le domande trovavano titolo in fatti preesistenti alla cessazione del rapporto di lavoro e relativi al ricalcolo dei compensi di fine rapporto. Richiamando i principi espressi dalle S.U., sentenza n. 23726/2007, la società datrice sosteneva che la disarticolazione dell'unità sostanziale del rapporto e la proposizione di una pluralità di azioni giudiziali si risolvono automaticamente in abuso del processo.

Una seconda lavoratrice proponeva ricorso dinanzi al Tribunale del Lavoro di Torino, chiedendo la condanna dell'ex datore Fiat Auto SpA al pagamento di una somma a titolo di ricalcolo del TFR con inclusione dei compensi percepiti in modo continuativo. In precedenza, la lavoratrice aveva agito domandando il risarcimento del danno discendente dalla sua illegittima collocazione in CIGS.

La vicenda aveva sviluppi processuali del tutto analoghi a quelli illustrati con riferimento al primo contenzioso e sfociava anch'essa nella proposizione del ricorso per Cassazione da parte della società datrice soccombente in appello.

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con ordinanze interlocutorie nn. 1251 e 1252 del 25 gennaio 2016, rimetteva la questione al Primo Presidente che, a sua volta, disponeva che la controversia fosse decisa a Sezioni Unite.

La questione

La questione sottoposta all'esame della Corte è “se, una volta cessato il rapporto di lavoro, il lavoratore debba avanzare in un unico contesto giudiziale tutte le pretese creditorie che trovano titolo nella cessazione del rapporto di lavoro e se il frazionamento di esse in giudizi diversi costituisca un abuso sanzionabile con l'improponibilità delle domande successive”.

Le soluzioni giuridiche

Le Sezioni Unite prendono le mosse dall'analisi delle precedenti pronunce rese sul tema del frazionamento del credito e dell'abuso del processo (Cass. S.U., 10 aprile 2000, n. 108, Cass. S.U. n. 23726/2007, Cass. S.U., 22 dicembre 2009, n. 26961).

La Corte osserva che i precedenti arresti facevano riferimento sempre ad un credito singolo, e non ad una pluralità di crediti derivanti da un unico rapporto complesso.

Da tali premesse, il Giudice della nomofilachia ricava che il principio della infrazionabilità del singolo credito – più volte ribadito dalle S.U. – non comporta la necessità di agire nel medesimo processo per diritti di credito diversi, distinti ed autonomi, anche se riferibili ad un medesimo rapporto intercorso tra le parti.

A sostegno della soluzione, la Corte evidenzia che la facoltà di azionare separatamente crediti diversi, ma nascenti dal medesimo rapporto, risulta espressamente dalla disciplina processuale in tema di cause accessorie (art. 31 c.p.c.), di cause connesse (art. 40 c.p.c.), di condanna generica, di provvisionale (art. 278 c.p.c.) e di accertamenti incidentali (art. 34 c.p.c.).

Osserva, inoltre, che nel nostro ordinamento manca una specifica norma che autorizzi a ritenere comminabile la grave sanzione della improponibilità della domanda per il creditore che abbia in precedenza agito per il recupero di un credito diverso ma relativo allo stesso rapporto di durata.

La scelta ermeneutica operata dalla Sezioni Unite si fonda, anche, su ulteriori considerazioni di carattere logico giuridico.

Innanzitutto, l'opzione interpretativa inversa risulterebbe ingiustamente gravatoria della posizione del creditore, il quale sarebbe costretto ad avanzare nel medesimo processo tutte le pretese creditorie derivanti da un rapporto, così perdendo la possibilità di fruire di riti più snelli per recuperare i propri crediti.

Al riguardo si pensi alla possibilita di:

  • agire in via monitoria per i crediti muniti di prova scritta;
  • rivolgersi al giudice competente per valore per ciascun credito, fruendo dell'iter processuale più semplice e spedito previsto dinanzi a quell'organo giurisdizionale;
  • proporre un'istanza tempestiva di insinuazione al passivo fallimentare sul credito già determinato, riservando alle successive insinuazioni tardive la richiesta di ulteriori crediti da determinare o rispetto ai quali l'onere probatorio si rivela più gravoso per il lavoratore.

Peraltro, l'onere di agire contestualmente per crediti distinti – che potrebbero essere relativi a periodi temporali diversi nonché basati su presupposti di fatto e di diritto non omogenei – andrebbe a pregiudicare la celerità del processo, allungandone i tempi.

Sul punto, è sufficiente osservare che l'istruttoria dovrà interessare contemporaneamente fatti ontologicamente diversi ed eventualmente anche distanti nel tempo.

Da ultimo, la previsione di un processo unico, onnicomprensivo e, quindi, inevitabilmente più complesso, risulta persino in contrasto con i principi economici che oggi richiedono la scelta di regole processuali capaci di garantire l'agile soddisfazione dei crediti, per favorire la circolazione del denaro ed incentivare gli scambi e gli investimenti.

Sulla scorta di tali considerazioni, le Sezioni Unite concludono affermando il principio di diritto secondo cui le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi”.

I Giudici della Cassazione, poi, proseguono l'analisi della problematica ponendosi l'interrogativo se siano altresì proponibili separatamente le domande relative a crediti distinti ma derivanti dal medesimo rapporto, quando le questioni relative agli uni risultino inscrivibili nell'ambito del processo instaurato precedentemente rispetto agli altri, così da potersi ritenere già in esso deducibili o rilevabili.

Secondo le Sezioni Unite occorre che il creditore abbia un interesse oggettivamente valutabile alla proposizione separata di tali azioni, come risulta dal principio di diritto di seguito trascritto: “Se tuttavia i suddetti diritti di credito, oltre a far capo ad un medesimo rapporto di durata tra le stesse parti, sono anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o comunque "fondati" sul medesimo fatto costitutivo – sì da non poter essere accertati separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza di una medesima vicenda sostanziale –, le relative domande possono essere proposte in separati giudizi solo se risulta in capo al creditore agente un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata”.

Da ultimo, sul piano probatorio e della dialettica processuale, la Suprema Corte precisa che al creditore procedente deve essere consentito di provare e di argomentare le ragioni che hanno giustificato la proposizione di azioni giudiziali separate.

Da qui, l'enunciazione del principio di diritto secondo cui “ove la necessità di siffatto interesse (e la relativa mancanza) non siano state dedotte dal convenuto, il giudice che intenda farne oggetto di rilievo dovrà indicare la relativa questione ai sensi dell'art. 183 c.p.c. e, se del caso, riservare la decisione assegnando alle parti termine per memorie ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.c.”.

Osservazioni

La soluzione indicata dalle Sezioni Unite appare condivisibile ed ha il merito di chiarire l'ambito di applicazione del divieto di frazionamento giudiziale del credito, ponendo fine a talune conseguenze paradossali ed oltremodo gravose per i creditori.

Al riguardo, si pensi al pregiudizio arrecato al lavoratore laddove gli venisse negata la possibilità di agire in via monitoria per la parte di retribuzione fissa risultante documentalmente, con riserva di azione separata per il compenso aggiuntivo (lavoro straordinario, superiore inquadramento, ecc.) non suffragato da analoghe prove. Oppure, si guardi alle gravi ripercussioni economiche che potrebbero derivare all'impresa a corto di liquidità qualora le fosse impedito di agire immediatamente per il recupero della quota certa ed esigibile del suo credito.

Ebbene, da tale angolazione prospettica, va apprezzata la decisione della Corte di dare rilievo ai motivi concreti che hanno portato al frazionamento giudiziale. Difatti, solo la valutazione della meritevolezza di tale interesse può dare equilibrio al divieto di frazionamento, bilanciando i canoni del giusto processo con le esigenze di tutela del creditore.

Parimenti, si rivela corretta la distinzione tra l'ipotesi del frazionamento del singolo credito – vietata – e quella – consentita – della parcellizzazione di una pluralità di crediti che, sebbene nascenti dal medesimo rapporto, risultino distinti ed autonomi.

Invero, sarebbe illogico l'obbligo della trattazione unitaria di diritti di credito difformi quanto al petitum ed alla causa petendi.

D'altro canto, l'esame congiunto delle diverse ragioni creditorie non sempre si traduce nella attuazione dei principi del giusto processo e della ragionevole durata dei giudizi poiché le caratteristiche della fattispecie concreta (aggravio degli oneri probatori, estensione della fase istruttoria, ecc.) possono persino comportare un allungamento dei tempi della giustizia.

Guida all'approfondimento
  • Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario e del Ruolo, Rel. n. 48, Roma 31 marzo 2016
  • ALPINI, "Il frazionamento giudiziale del credito unitario nel giusto processo civile”, in Rass. dir. civile, 2010, 1, 295
  • ANSANELLI V., Rilievi minimi in tema di abuso del processo, commento a Cass. sez. un. 2000, n. 108 in Nuova giur. civ. com. 2001
  • BRUNIALTI, Abuso del processo e credito solo parzialmente certo e liquido, in Il giusto proc. civ., 2013, 1, 173
  • BRUNIALTI, La cassazione apre al frazionamento “motivato” del credito, in Foro it., 2014, I, 925
  • CAPONI, Divieto di frazionamento giudiziale del credito: applicazione del principio di proporzionalità nella giustizia civile?, in Foro it., 2008, I, 1519
  • CONSOLO C., Oggetto del giudicato e principio dispositivo, I, Dei limiti oggettivi del giudicato costitutivo in Riv.trim.dir.proc.civ. 1991
  • COSSIGNANI, Improponibilità della domanda frazionata e limiti oggettivi del giudicato, in Riv. trim dir. e proc. civ., 2009, 1496
  • DELLA MASSARA T., La domanda frazionata ed il suo contrasto con i principi di buona fede e correttezza: il «ripensamento» delle sezioni unite, in Riv. dir.civ., 2008
  • GRAZIOSI, Pluralità di azioni a tutela dello stesso diritto (frazionato) o abuso del diritto di azione?, in Corr. giur., 2009, 1133
  • MARENGO, Parcellizzazione della domanda e nullità dell'atto, in Giust. civ., 2000, I, 2265.
  • RESCIGNO P., L'abuso del diritto (una rimeditazione delle Sezioni Unite), in Giur. proc. civ. 21)
  • RATTI L., Buona fede e giusto processo: presunti limiti alla frazionabilità della domanda giudiziale, in Riv. it.dir. lav. 2009

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