Allontanamento o abbandono del posto di lavoro: il discrimine è la definitività

La Redazione
01 Giugno 2016

Assentarsi dal posto di lavoro per 10 minuti per esigenze fisiologiche, senza che ciò incida sul regolare svolgimento del servizio, non rientra nella previsione dell'abbandono del posto di lavoro prevista dal CCNL di riferimento. Così la Corte di Cassazione, con sentenza n. 10015/2016 depositata lo scorso 16 maggio.

Cass. sez. lav., 16 maggio 2016, n. 10015

A seguito di licenziamento disciplinare per abbandono del posto di lavoro senza autorizzazione, in violazione del CCNL di riferimento, il lavoratore adiva le vie legali. Il giudice della fase sommaria annullava il recesso intimato: valutazione condivisa sia dal Tribunale sia dalla Corte d'Appello che condannava la società alla reintegrazione del lavoratore, nonché al risarcimento del danno ed al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali.

La Cassazione conferma l'impostazione della Corte territoriale che, con un approfondito scrutino della fattispecie concreta, distingueva le nozioni giuridiche di allontanamento e di abbandono del posto di lavoro sulla base del concetto di definitività, concepita o dimostratasi tale, quale elemento identificativo del solo istituto dell'abbandono. Concludeva, quindi, che il fatto contestato non rientrava nella previsione contrattuale dell'abbandono del posto di lavoro, cui è ricollegata la massima sanzione disciplinare, “data l'esiguità della assenza (protrattasi per 10-13 minuti), le ragioni ad essa sottese (necessità di espletare esigenze fisiologiche), e la mancanza di concreta incidenza dell'allontanamento sul regolare svolgimento del servizio”.

Sotto il profilo processuale, la Suprema Corte si pronuncia sull'onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi sui cui si fonda il ricorso. In particolare, in considerazione della funzione nomofilattica della Cassazione, non si ritiene sufficiente la mera trascrizione delle singole disposizioni della cui violazione il ricorrente si duole, se il testo integrale del contratto collettivo non è stato prodotto nei precedenti gradi di giudizio. “Il ricorrente per cassazione, ove intenda dolersi dell'omessa o erronea valutazione di un documento ovvero di una disposizione contrattuale collettiva da parte del giudice di merito, ha il duplice onere - imposto dall'art. 366 c.p.c., co. 1, n. 6 - di produrlo agli atti e di indicarne il contenuto. Il primo onere va adempiuto indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale e in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione; il secondo deve essere adempiuto trascrivendo o riassumendo nel ricorso il contenuto del documento”.

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