Il Fondo di solidarietà del trasporto pubblico: problematiche applicative
05 Maggio 2016
Abstract
Il D.Lgs. n. 148/2015 ha modificato in modo rilevante la previgente disciplina sui Fondi di solidarietà, stabilendo tra l'altro l'obbligo dell'adeguamento alle nuove regole sia dei Fondi costituiti prima della loro entrata in vigore sia di quelli in via di costituzione.
Il Fondo per il Trasporto pubblico è uno dei fondi "in linea" con questa necessità di adeguamento.
La possibilità di fruire dei vari trattamenti di tutela in favore dei lavoratori sospesi dal lavoro o licenziati è stata progressivamente estesa da una serie di provvedimenti di legge e regolamentari che, soprattutto in questi ultimi 3/4 anni, hanno portato, di fatto, alla realizzazione di un sistema di ammortizzatori sociali per così dire di tipo "universalistico".
Due possono dirsi le caratteristiche fondamentali di questo sistema: l'estensione, come detto, della platea dei destinatari e l'introduzione di forme di tutela a totale carico degli stessi destinatari (datori di lavoro e lavoratori).
Al fine, infatti, di rendere "più efficiente, coerente ed equo l'assetto degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive in una prospettiva di universalizzazione" ( art. 1, comma 1, L. 28 giugno 20 12, n. 92 ) Governo e Parlamento prima con la legge n. 92 e poi con ildecreto legislativo 148/2015 hanno reso di fatto "obbligatoria" - per le aziende e i lavoratori che non avevano titolo a fruire della cassa integrazione e dell'indennità di mobilità in base alla legislazione ordinaria - l'istituzione di Fondi di solidarietà, di settore o di sottosettore produttivo, totalmente autofinanziati.
Ove infatti tali Fondi non fossero stati istituiti entro una certa data, via via prorogata e, da ultimo, fissata al 30 aprile 2014, le aziende e i lavoratori non aventi ancora titolo a questo sistema di tutele sarebbero stati iscritti, ope legis, al Fondo di solidarietà residuale e, a far tempo dal 1° gennaio 2016, al Fondo di integrazione salariale, ai sensi degli artt. 28 e 29 del D.Lgs. 148.
In applicazione di tali disposizioni, i Fondi di solidarietà sono diventati - da fondi di istituzione volontaria, durata temporanea e normazione prevalentemente collettiva (affidata a specifici accordi stipulati tra le parti sociali), come previsto dall' art. 2, comma 28, della legge n. 662/1996 - fondi di istituzione (indirettamente) obbligatoria, durata indeterminata e normazione prevalentemente legislativa. L'unica caratteristica rimasta invariata può dirsi quella delle modalità di finanziamento, anche oggi a totale carico dei destinatari.
Un discorso a parte è da farsi per il Fondo per il personale del settore del trasporto aereo, istituito per volontà di legge e con oneri a carico del bilancio dello Stato (v. L. 291/2004 e art. 40, comma 8 del D.Lgs. 148/2015 ) e per il Fondo residuale e il Fondo di integrazione salariale (v. in particolare
artt. 28 e 29 del D.Lgs. 148) che, pur essendo autofinanziati, hanno entrambi natura obbligatoria e regolamentazione interamente legislativa: l'iscrizione infatti avviene ope legis al (non) verificarsi di determinate situazioni pre-stabilite dal Legislatore. A questo particolare riguardo ritengo comunque che non possa essere del tutto esclusa la possibilità che anche dopo il 1° gennaio 2016 possano essere costituiti, su base volontaria, nuovi e diversi Fondi di solidarietà.
Va osservato da ultimo che gli iscritti per legge al F.I.S. non sono più soltanto i datori di lavoro con più di 15 dipendenti (come era stato stabilito per il Fondo residuale dall' art. 3, comma 19, della legge 92/2012 ), ma, come ora stabilisce l' art. 29, comma 2 del D.Lgs. 148/2015 , tutti “i datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti".
Sia per evitare la confluenza obbligatoria in un fondo comunque di natura residuale e necessariamente intersettoriale e, prima ancora, per istituire uno specifico fondo di solidarietà di settore che potesse tener conto delle particolarità e delle necessità proprie delle aziende del trasporto pubblico e del relativo personale, le associazioni datoriali ASSTRA e ANAV e le organizzazioni sindacali Filt Cgil, Fit Cisl, Uil Trasporti, Faisa Cisal e Ugl Trasporti hanno sottoscritto in data 8 luglio 2013 un accordo collettivo per la costituzione di questo fondo, integrato in pari data da uno specifico accordo sulle procedure di accesso alle prestazioni garantite dall'istituendo fondo. Entrambi questi accordi sono stati immediatamente trasmessi al Ministero del Lavoro per l'approvazione e il recepimento costitutivo in un apposito decreto che - a causa sia di una serie di divergenze con le parti sociali, riguardanti in particolare la platea delle aziende e dei lavoratori da considerare destinatari del fondo stesso, sia di alcune modifiche legislative via via intervenute - è stato adottato soltanto il 9 gennaio 2015 e che contiene, come vedremo, una serie rilevante di modifiche all'accordo dell'8 luglio 2013.
Come accennato il decreto istitutivo del Fondo in esame è stato formalmente adottato dal Ministero del Lavoro e dal Ministero dell'Economia soltanto il 9 gennaio 2015, reca il numero 86985, è stato pubblicato sulla G.U. del 4 marzo dello stesso anno e modifica in modo rilevante il testo a suo tempo predisposto dalle parti sociali, a cominciare proprio dai datori di lavoro e dai lavoratori che devono considerarsi destinatari del Fondo stesso.L'art. 2 di questo decreto - "Finalità e campo di applicazione" - dichiara, al comma 1, come già indicato nell'Accordo dell'8.07.2013, che il nuovo Fondo "ha lo scopo di assicurare tutele in costanza di rapporto di lavoro e altre tutele".
Destinatari
Destinatari degli interventi del Fondo (stabilisce il successivo comma 2) “sono i lavoratori delle aziende, sia pubbliche che private, che occupano mediamente più di 15 dipendenti e che svolgono servizi di trasporto pubblico autofiloferrotranviari e di navigazione sulle acque interne e lagunari, con esclusione delle aziende ricomprese nel campo di applicazione di analoghi fondi di settore già costituiti e di quelle esercenti servizi ferroviari di alta velocità". Molto diverso era invece il corrispondente articolato dell'accordo iniziale, che prevedeva che "destinatari degli interventi del Fondo sono i lavoratori delle aziende di trasporto... che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro" a suo tempo sottoscritto dalle stesse parti sociali firmatarie dell'Accordo collettivo dell'8 luglio 2013.
La diversità di espressione e le sue conseguenze sulla platea dei destinatari del Fondo sono di immediata evidenza: si fa riferimento infatti non più ad un contratto collettivo di lavoro - riferimento che comunque avrebbe potuto determinare a mio avviso concreti e complessi dubbi applicativi - ma esclusivamente all'attività svolta ("servizi di trasporto pubblico") e si escludono espressamente dall'ambito di applicabilità del Fondo tutte le aziende che risultano già iscritte "a Fondi di settore analoghi già costituiti", ed è chiaro che qui si fa diretto riferimento a tutte le aziende e a tutti i lavoratori rientranti nel campo di applicazione del “Fondo di solidarietà per il personale delle Società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane" regolamentato da ultimo dal D.M. n. 86984 del 9.1.2015 .
Quanto alla seconda esclusione, quella riguardante le "aziende esercenti servizi ferroviari di alta velocità", è altrettanto chiaro lo specifico e diretto riferimento alla N.T.V. S.p.a., unica società che al momento eserciti, sul territorio italiano, "servizi ferroviari di alta velocità".
Non sembrano invece altrettanto chiare le conseguenze derivanti da questa esclusione: i dipendenti della N.T.V. non possono iscriversi né al Fondo Ferrovie dello Stato né a quello delle aziende di trasporto pubblico, questo è certo. Di conseguenza logica vorrebbe che, non applicandosi a queste persone e alla loro azienda né la legislazione ordinaria sulla cassa integrazione (e tutele similari) né quella alternativa dei Fondi di solidarietà, sia la N.T.V. sia i suoi dipendenti dovrebbero considerarsi iscritti ope legis al Fondo residuale fino al 31.12.2015 e al F.I.S. dall'1.01.2016 in poi. Ma è questo ciò che il Governo e le competenti organizzazioni datoriali e sindacali veramente vogliono? E i Ministeri del Lavoro e dell'Economia e l'Inps sono sulla stessa linea?
È questo un problema comunque delicato e complesso, meritevole della più attenta riflessione, tanto più che la modifica recentemente apportata dalla Legge di Stabilità 2016 all'art. 46, comma 1, lettera b deldecreto legislativo 148/2015 sembrerebbe avere ulteriormente complicato il tutto, facendo venir meno anche le poche certezze derivanti dall'applicazione dell'art. 46 nel suo testo originariamente in vigore.
Le prestazioni
Anche per ciò che concerne le prestazioni, le differenze tra quelle previste nell'
Accordo dell'8 luglio 2013 e quelle stabilite dal decreto istitutivo del Fondo sono notevoli.
È opportuno però soffermarsi in questo commento solo sulle prestazioni come fissate dal decreto interministeriale.
L'art. 5 stabilisce sul punto che "il Fondo provvede all'erogazione": a) di assegni ordinari ai lavoratori sospesi totalmente o parzialmente dal lavoro; b) di assegni integrativi dell'Aspi; c) di assegni straordinari ai lavoratori dichiarati in esubero e che maturino entro un periodo massimo di 60 mesi il diritto alla pensione anticipata o a quella di vecchiaia (in pratica un vero e proprio prepensionamento fino a un massimo di 5 anni); d) di interventi formativi di riconversione o riqualificazione professionale ai lavoratori ancora in servizio (è questo un vero e proprio strumento di politica attiva del lavoro autofinanziato e finalizzato a prevenire o ridurre futuri licenziamenti).
Per la durata, gli importi e i requisiti per ottenere queste prestazioni si rinvia a quanto minutamente indicato dallo stesso art. 5.
Mi sembra però importante sottolineare come tutte le prestazioni sopra ricordate diano diritto a chi ne beneficia di fruire della c.d. "contribuzione correlata", vale a dire di una contribuzione propria dei Fondi di solidarietà e che è diversa sia dalla contribuzione figurativa tradizionale, che è quella riconosciuta per particolari periodi di "non lavoro", totale o parziale, sia dalla contribuzione effettiva che è quella che i datori di lavoro devono versare per i periodi di effettivo svolgimento della normale attività lavorativa, sia infine dalla contribuzione volontaria che è quella che, previa autorizzazione dell'Inps, può essere versata, con oneri a totale carico dell'interessato, successivamente alla cessazione della sua attività lavorativa per licenziamento o per dimissioni.
La contribuzione correlata - che di regola ha un importo uguale a quella effettiva - potrebbe addirittura considerarsi come una vera e propria prestazione autonoma, sia pure atipica e "connessa" con quella per così dire di base.
Modalità di finanziamento
Come detto il Fondo del trasporto pubblico è autofinanziato dai datori di lavoro e dai lavoratori. Le modalità sono indicate nell'art. 7, che stabilisce la corresponsione di un contributo ordinario (2/3 a carico del datore di lavoro e 1/3 del lavoratore) e di contributi addizionali, straordinari ed aggiuntivi (a totale carico dei datori di lavoro che fanno concreto ricorso ad una delle prestazioni erogabili dal Fondo).
La misura di queste contribuzioni può (anzi deve) variare ove tale modifica si renda necessaria per "mantenere in pareggio" il bilancio del Fondo.
Per assicurare questo pareggio, attuale e di prospettiva - che deve essere considerato come una priorità assoluta, secondo quanto espressamente stabilito dalla legge 92 per tutti in genere i Fondi di solidarietà - il Comitato amministratore ha il potere-dovere di fare, se necessario, specifiche proposte di variazione delle aliquote contributive e/o degli importi delle prestazioni erogabili, in mancanza delle quali il Ministero del Lavoro e quello dell'Economia sono autorizzati ad esercitare un vero e proprio potere sostitutivo (art. 3, commi 29 e 30, legge 92).
Il Comitato amministratore
Il Fondo è gestito - come tutti gli altri Fondi bilaterali istituiti presso l'Inps - da un Comitato amministratore di natura cosiddetta “paritetica” (5 esperti designati dalle associazioni datoriali e 5 dalle organizzazioni sindacali firmatarie dell'accordo istitutivo, integrati da un dirigente del Ministero del Lavoro e da un dirigente del Ministero dell'Economia) cui compete, tra l'altro, oltre all'obbligo di predisporre i bilanci preventivi e consuntivi e di controllare sistematicamente l'andamento della gestione, la concessione delle varie prestazioni e "la decisione in unica istanza sui ricorsi in ordine alle materie di competenza". La particolarità della loro natura, delle funzioni e della composizione ha consentito a questi organi di riuscire ad adeguarsi via via e abbastanza agevolmente alle mutevoli esigenze e priorità del settore o sottosettore cui sono preposti e a svolgere sistematicamente un'attività di interpretazione e di integrazione della specifica normativa, sia d'intesa sia, in qualche caso, in contraddizione con le posizioni dei Ministeri vigilanti. Un'attività, per mia esperienza diretta, rivelatasi in alcuni casi assolutamente necessaria e quasi "sostitutiva" degli accordi collettivi che hanno dato vita a ciascuno di questi fondi.
La disciplina introdotta dalla legge 92 e poi ribadita e/o parzialmente modificata daldecreto 148 hanno addirittura ampliato a mio avviso questi compiti, come conseguenza se non altro del fatto che la normazione introdotta da questi due provvedimenti di legge, avendo caratteristiche di omogeneità e di generalità, necessita di un suo "adattamento" alle esigenze proprie e a volte diverse dei singoli settori e sottosettori produttivi cui deve applicarsi.
Compiti cui non potrà certo sottrarsi il Comitato del Fondo qui in esame, come dimostrato dal fatto che nelle sedute fino ad oggi tenute ha ritenuto indispensabile analizzare prioritariamente le varie problematiche di applicazione e di attuazione del decreto 86985 e della normativa di riferimento. Problematiche applicative
Come detto, la disciplina introdotta dalla Legge 92/2012 e dal decreto legislativo 148/2015 , essendo indirizzata a tutti i vari e a volte diversi fondi di solidarietà, necessita di specifici adeguamenti interpretativi ed applicativi. Eccone alcuni che riguardano questo Fondo. Datori di lavoro iscritti al Fondo : l'accordo del 2013 prevedeva l'iscrizione solo delle aziende con più di 15 dipendenti. Ma poiché l'art.
29 , del decreto 148, istitutivo del F.I.S., prevede l'obbligo di iscrizione allo stesso F.I.S. anche dei datori di lavoro con più di 5 dipendenti, il Ministero del Lavoro con nota 40/24592 dell'1.12.2015 ha "invitato" le parti firmatarie dell'accordo dell'8.07.2013 ad adeguarsi a tale estensione. Questo "invito" è stato prontamente accettato dalle parti firmatarie dell'accordo del 2013 che, in data 10.12.2015, hanno sottoscritto un "accordo integrativo" che, al punto 2, estende l'iscrizione al Fondo "ai lavoratori impiegati in aziende, pubbliche e private con più di 5 dipendenti", ferme restando le esclusioni in precedenza analizzate.L'Inps ha subito recepito questa modifica come espressamente indicato al punto 2.1. della circolare 27/2015. Resta però il fatto che, a tutt'oggi, l'accordo integrativo non risulta formalmente "accettato" dal Ministero del Lavoro. Di qui, in mancanza di questo atto formale, la necessità che il Comitato amministratore del Fondo ratifichi, espressamente o di fatto, l'estensione in parola. Determinazione della soglia dimensionale : sempre dal 1° gennaio 2016 l'organico aziendale deve essere calcolato "computando anche gli apprendisti" (art.
29 , comma 2 decreto 148). Mentre ai fini della determinazione dell'organico si deve quindi tener conto di tutti gli apprendisti - data l'espressione usata dal comma in parola - lo stesso discorso non sembra però valere ai fini della individuazione dei possibili beneficiari delle varie prestazioni.
A queste infatti dovrebbero aver titolo solo coloro che hanno sottoscritto un contratto di apprendistato professionalizzante (ex artt. 1 e 2 decreto 148/2015 ). Rimarrebbero fuori dunque gli apprendisti per così dire "storici" e, addirittura, quelli che hanno un contratto di apprendistato "di alta formazione e di ricerca". Un vero e proprio "assurdo" che sia questo Comitato sia quelli di altri Fondi dovranno necessariamente chiarire e cercare di risolvere.
Un'altra e più importante problematica che il Comitato deve affrontare e risolvere, e che ha addirittura natura pregiudiziale rispetto alla possibilità di concedere o non concedere le varie prestazioni comportanti oneri finanziari, è quella derivante dall'applicazione dei commi 1 e 2 dell'art. 35 del decreto 148 in merito all'equilibrio finanziario dei Fondi. Per assicurarlo in ogni caso il comma 1 stabilisce che "i fondi.. non possono erogare prestazioni in carenza di disponibilità" e il comma 2 dispone addirittura che gli interventi a carico dei fondi "sono concessi previa costituzione di specifiche risorse finanziarie ed entro i limiti delle risorse già acquisite”.
Ne deriva che il Comitato, per poter procedere alla concessione delle varie prestazioni, dovrà adottare preventivamente un'apposita delibera in cui dovranno essere indicate modalità e limiti di utilizzo delle disponibilità.
In merito sembra possibile distinguere la concessione degli assegni straordinari da quella delle altre prestazioni. Gli assegni straordinari vengono infatti messi in pagamento mensile dall'Inps soltanto previa acquisizione della specifica "provvista" per ciascun rateo e per ciascun lavoratore. Il Comitato potrebbe quindi limitarsi, per i c.d. prepensionamenti, a prendere atto di questa modalità di pagamento. Diverso e più complicato è il discorso riguardante le altre prestazioni, fatta eccezione per gli interventi formativi che non dovrebbero avere, prima facie, specifici costi o oneri a carico del Fondo.
Per le rimanenti prestazioni la delibera da adottare potrebbe stabilire che queste prestazioni possono essere concesse nei limiti delle disponibilità acquisite ed esistenti per mesi … prima della adozione delle singole delibere di concessione (ad esempio: al termine del semestre precedente).
Tali disponibilità dovrebbero anche essere suddivise tra le varie tipologie di prestazioni e, per evitare che le richieste di una o più aziende di grandi dimensioni, se accolte interamente, utilizzino la totalità (o quasi) delle somme disponibili, potrebbe stabilirsi un limite collegato alla proporzione tra il numero dei dipendenti di una determinata azienda e il numero complessivo di tutti i lavoratori aventi potenziale titolo a fruire delle prestazioni stesse.
In sede di esame e di definizione delle domande di accesso alle prestazioni il Comitato inoltre - se non altro in forza della sua composizione - non potrà anche non tener conto, almeno di fatto, dei criteri stabiliti dalle stesse parti sociali istitutrici del Fondo nell'Accordo nazionale sulle procedure di accesso alle prestazioni sottoscritto l'8 luglio 2013, anche se a questo accordo procedurale non sembra si sia fatto riferimento, nemmeno indiretto, in sede di emanazione del decreto 86985/2015. In conclusione
Molte sono le problematiche che il Comitato amministratore deve affrontare prima di poter concretamente procedere all'esame e alla definizione delle domande di prestazione.
I criteri cui conformarsi non potranno non essere sottoposti all'attenzione e alle decisioni di competenza del Ministero del Lavoro e, per la pratica attuazione delle decisioni assunte, concordati con l'Inps che, si ricordi, ha un potere di sospensione delle singole deliberazioni (art. 36, comma 7 del decreto 148 ).
Un ulteriore importante problema è quello della iscrivibilità ope legis dei dipendenti delle aziende iscritte al Fondo per il trasporto pubblico prima al Fondo residuale e, dall'1.1.2016, al F.I.S.
In proposito ASSTRA ha già richiamato le aziende alla particolare attenzione che deve essere dedicata alle richieste da parte Inps di versare le contribuzioni riguardanti i due suddetti Fondi.
A tale riguardo chi scrive ha già avuto modo di sottolineare ( Il Giuslavorista, 17 marzo 2016 ) come l'esistenza quasi solo “virtuale” del Fondo residuale abbia determinato l'impossibilità per le aziende e per i lavoratori che vi sono stati iscritti di ottenere una qualsiasi prestazione anche in presenza di regolari e tempestivi versamenti contributivi. Tale impossibilità ha fatto venir meno, a mio avviso, il necessario rapporto sinallagmatico contributi-prestazioni che è alla base dell'obbligazione previdenziale. Di qui l'illegittimità della richiesta di tali versamenti da parte dell'Inps, almeno per ciò che concerne interessi e sanzioni per ritardato versamento e l'opportunità di avanzare a Inps e Ministero del Lavoro formali richieste di rimborso e/o riduzione delle somme versate o da versare.
Come si vede tutta la problematica applicativa - attuale e futura - del Fondo in commento appare davvero meritevole di un attento e sistematico approfondimento.
- Cinelli M., Il rapporto previdenziale, Bologna, 2010.
- D'Amato A.M., I Fondi di solidarietà bilaterali e i nuovi ammortizzatori sociali, Bari, 2015.
- Liso F., I fondi bilaterali alternativi, Il Nuovo Mercato del lavoro, Torino, 2013.
- Righetti P., Al via il Fondo di solidarietà per le aziende del trasporto pubblico, in Guida al lavoro n. 42/2013.
- Righetti P., Jobs act, dal Fondo residuale al Fondo di Integrazione salariale, in Guida al lavoro, n. 47/2015.
- Righetti P., Dai fondi di solidarietà di settore al Fondo di Integrazione salariale - l'estensione della Cig, Il Giuslavorista, 17 marzo 2016.
- Spattini S., La tutela sul mercato del lavoro: il sistema dei Fondi di solidarietà, in Le nuove regole del lavoro dopo il Jobs act, ppg. 431/449, Giuffrè editore, Milano, 2016. |