Eccezione di improcedibilità nel rito del lavoro e licenziamento disciplinare

La Redazione
04 Marzo 2015

Sono sanabili "ex tunc", con effetto retroattivo a seguito della rinnovazione disposta dal giudice tutte le nullità in genere della notificazione, derivanti da vizi che non consentono all'atto di raggiungere lo scopo a cui è destinato

Inosservanza del termine dilatorio e validità dell'atto

Sono sanabili "ex tunc", con effetto retroattivo a seguito della rinnovazione disposta dal giudice tutte le nullità in genere della notificazione, derivanti da vizi che non consentono all'atto di raggiungere lo scopo a cui è destinato (art. 156, terzo comma, c.p.c.), ossia la regolare costituzione del rapporto processuale, senza che rilevi che tali nullità trovino la loro origine in una causa imputabile all'ufficiale giudiziario o alla parte istante, in quanto nel processo del lavoro l'inosservanza, in sede di ricorso in appello, del termine dilatorio a comparire non è configurabile come vizio di forma o di contenuto-forma dell'atto introduttivo dato che essa si verifica quando l'impugnazione è stata già proposta mediante il deposito del ricorso in cancelleria, e considerato altresì che, mentre nel procedimento ordinario di cognizione il giorno dell'udienza di comparizione è fissato dalla parte (artt. 163, n. 7, e 342 c.p.c.), tale giorno è fissato, nel rito del lavoro, dal giudice col suo provvedimento (artt. 415, secondo comma, e 435, primo comma, c.p.c.). Detti principi trovano applicazione anche con il rito introdotto dalla legge n. 92/2012.

Licenziamento per ragioni disciplinari

In materia di licenziamento per ragioni disciplinari il giudice deve verificare l'effettiva gravità della condotta addebitata al lavoratore e nell'applicare la sanzione deve tener conto del principio secondo cui in detta materia, deve escludersi che, ove un determinato comportamento del lavoratore, invocato dal datore di lavoro come giusta causa di licenziamento, sia contemplato dal contratto collettivo come integrante una specifica infrazione disciplinare cui corrisponda una sanzione conservativa, essa possa formare oggetto di una autonoma e più grave valutazione da parte del giudice, a meno che non accerti che le parti avevano inteso escludere, per i casi di maggiore gravità, la possibilità della sanzione espulsiva (Cass. n. 1095/2007, Cass. n. 11846/2009).

Infine le modifiche dell'art. 18 St. lav., introdotte dalla prima parte dell'art. 1, ed in particolare dai commi 42 e ss, della legge n. 92/2012 si applicano ai licenziamenti comminati dopo l'entrata in vigore della legge.

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