Lavoro subordinato domestico, quando scatta il diniego al nulla osta per l’assunzione?

04 Novembre 2014

Il Consiglio di Stato, con la pronuncia n. 5397/2014, ritorna sui presupposti per l'assunzione di uno straniero come lavoratore domestico nell'ambito del “decreto flusso”: il datore deve dimostrare la propria capacità economica per garantire che non si tratti di assunzione fittizia per eludere le norme sull'immigrazione e per assicurare il rispetto dei diritti del lavoratore sotto i profili retributivi e contributivi.

Il caso esaminato e il diniego

Un cittadino del Bangladesh regolarmente soggiornante in Italia quale lavoratore dipendente chiedeva il nulla-osta per assumere alle proprie dipendenze un connazionale quale "lavoratore domestico", con riferimento al "decreto flussi" relativo all'anno 2010 (D.P.C.M. 30 novembre 2010).

L'istanza veniva respinta con la considerazione che l'istante non possedeva il reddito minimo prescritto dalla normativa vigente per conseguire il nulla-osta all'assunzione di un lavoratore straniero.

Il T.A.R. a sua volta respingeva il ricorso, motivando la scelta con la considerazione che l'interessato aveva documentato redditi (al netto delle imposte sul reddito) pari ad euro 11.972,33 nell'anno 2010 e pari ad euro 11.599,90 nell'anno 2011, laddove il reddito minimo prescritto era pari ad euro 12.731,90; non rilevavano invece i redditi dell'anno 2012 né si potevano cumulare i redditi di parenti non di primo grado.

La duplice finalità della capacità economica

Il Consiglio di Stato, nella pronuncia n. 5397 del 30 ottobre 2014, premette che per l'assunzione di uno straniero come lavoratore domestico il datore debba dimostrare, fra l'altro, la propria capacità economica, sia per garantire che non si tratti di assunzione fittizia mirante ad eludere le norme sull'immigrazione, sia per assicurare il rispetto dei diritti del lavoratore sotto il profilo retributivo e contributivo.

Dalla normativa (art. 30-bis del regolamento approvato con D.P.R. n. 394/1998) e la prassi (circolare n. 1 del 25 gennaio 2005 e la circolare n. 7 del 7 marzo 2006) si enuclea che il requisito della capacità economica si considera soddisfatto se il datore di lavoro possiede un reddito annuo, al netto dell'imposta sul reddito, pari almeno al doppio della retribuzione minima annuale dovuta al lavoratore, aumentata degli oneri contributivi; e la retribuzione minima dovuta al lavoratore è, a sua volta, pari al minimo previsto per l'assegno sociale di cui alla legge n. 335/1995, articolo 3, comma 6.

Illogico esaminare redditi di annualità troppo distanti da quelle valutate

Quanto ai redditi dell'interessato per l'anno 2010, risultano dagli atti due modelli CUD 2011 rilasciati da altrettanti datori di lavoro. Sommando le retribuzioni lorde e sottraendo le ritenute IRPEF (erariali e addizionali regionali) si ha il risultato di euro 11.972,33. Le stesse operazioni sui due modelli CUD 2012 relativi ai redditi dell'anno 2011 danno il risultato di euro 11.599,90: in sostanza, le stesse cifre che si leggono nella sentenza del T.A.R. Il criterio seguito dall'amministrazione, di prendere in considerazione le due ultime annualità e non anche quelle anteriori, non si può ritenere illogico alla luce della ratio di tali accertamenti.

Imprescindibile l'attualità dei requisiti

Risulta preminente la considerazione che l'istanza in questione era stata presentata avvalendosi del "decreto flussi" per l'anno 2010 ed è noto che tali atti di programmazione hanno natura periodica. Ne deriva che i requisiti per usufruirne devono - per necessità logica - essere verificati nell'attualità e non possono essere conseguiti in annate successive, pena il sovvertimento della funzione programmatoria dei decreti stessi.

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