Dimissioni on-line: le novità dopo il decreto correttivo

Daniele Bonaddio
04 Novembre 2016

Il Decreto correttivo al Jobs Act (D.Lgs. n. 185/2016), entrato in vigore l'8 ottobre scorso, ha modificato l'assetto normativo di numerosi istituti disciplinati dal Jobs Act (L. n. 183/2014), tra i quali quello delle dimissioni on-line che tanto ha fatto discutere gli operatori del settore per la sua procedura tutt'altro che semplicistica. La scelta operata dal Legislatore va nel senso di ampliare i soggetti abilitati all'invio telematico delle dimissioni dei lavoratori dipendenti privati, includendo tra questi anche i Consulenti del Lavoro. Alla luce della novella, appare necessario un attento riepilogo della disciplina contenuta all'art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015, al fine di assistere al meglio le pratiche dei lavoratori che intendono dimettersi.
Introduzione

Per contrastare il fenomeno delle c.d. “dimissioni in bianco”, l'art. 26, D.Lgs. n. 151/2015 - sulle orme di quanto già disposto dall'art. 4, co. 19, L. n. 92/2012 (Riforma Fornero) - ha ridisegnato le modalità per la cessazione del rapporto di lavoro derivante da dimissioni volontarie e risoluzione consensuale.

Il co. 3 dell'art. 26, D.Lgs. n. 151/2015 ha stabilito che entro 90 giorni dall'entrata in vigore del Decreto Legislativo in trattazione (24 settembre 2015), il Ministero del Lavoro avrebbe dovuto emanare un decreto nel quale stabilire “i dati di identificazione del rapporto di lavoro da cui si intende recedere o che si intende risolvere, i dati di identificazione del datore di lavoro e del lavoratore, le modalità di trasmissione nonché gli standard tecnici atti a definire la data certa di trasmissione”.

In attuazione di tale previsione, è stato adottato il

Decreto Ministeriali 15 dicembre 2015

(Lavoro)
, entrato in vigore il 12 gennaio 2016. Di conseguenza, per effetto dell'art. 26, co. 8, D.Lgs. n. 151/2015, che sancisce l'entrata in vigore delle nuove norme “a far data dal sessantesimo giorno successivo dalla data di entrata in vigore del decreto”, la nuova procedura è operativa dal 12 marzo 2016.

Normativa

L'art. 26, D.Lgs. n. 151/2015 obbliga ai lavoratori del settore privato – al di fuori dei casi previsti dell'art. 55, co. 4, D.Lgs. n. 151/2001 – di utilizzare specifiche procedure affinché possano essere considerate valide le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale.

Infatti, al comma 1 del menzionato articolo, il Governo esprime la volontà che dimissioni volontarie e risoluzione consensuale dovranno essere effettuate, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su apposita modulistica – resa disponibile sul sito del Ministero del Lavoro (www.lavoro.gov.it) e, successivamente, inviate alla Direzione Territoriale del Lavoro competente e al datore di lavoro.

Il modulo è valido su tutto il territorio nazionale ed è dotato delle caratteristiche di non contraffabilità e non falsificabilità. Infatti, a norma dell'art. 26, co. 5, D.Lgs. n. 151/2015 l'alterazione dei moduli ricevuti, eccezion fatta nei casi in cui si manifesti reato, è punito con una sanzione amministrativa da 5.000 a 30.000 euro irrogata dalla Direzione Territoriale del Lavoro nel caso di accertamento dell'infrazione. La violazione, in tal caso, non è sanabile e pertanto non è applicabile l'istituto della diffida obbligatoria ai sensi dell'art. 13, D.Lgs. n. 124/2004.

Dunque, soltanto con la ricezione del modello telematico il datore di lavoro potrà ritenere valide le dimissioni presentate dal lavoratore e considerare risolto il contratto di lavoro e, conseguentemente, presentare entro 5 giorni dalla data di cessazione la comunicazione al Centro per l'Impiego.

Inoltre, non bisogna dimenticare che - ai sensi dell'art. 26, co. 2, D.Lgs. n. 151/2015 - il lavoratore che rassegna le dimissioni volontarie ha a disposizione 7 giorni dalla data di trasmissione del modulo per “revocare” la scelta con le medesime modalità. Si tratta di un aspetto da non sottovalutare, poiché laddove un'impresa avesse bisogno di immediata manodopera per non interrompere per esempio la catena produttiva, e non indichi nel contratto il periodo di prova, potrebbe trovarsi con un'unità produttiva in più nell'organico aziendale.

Campo di applicazione

I lavoratori che dovranno seguire la procedura telematica saranno esclusivamente i dipendenti privati, in quanto il Ministero del Lavoro, con la Circolare n. 12 del 4 marzo 2016, ha ritenuto non applicabile la norma ai dipendenti pubblici, poiché, a suo dire, la pratica delle c.d. “dimissioni in bianco” non è presente nell'ambito dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni.

E qui s'inserisce la prima novità apportata dal Decreto correttivo al Jobs Act; infatti, con l'aggiunta del comma 8-bis nell'art. 26, D.Lgs. n. 151/2015, viene confermato che la procedura per le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro non si applica ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni di cui all'art. 1, co. 2, D.Lgs. n. 165/2001, come previsto dalla menzionata Circolare ministeriale.

Per quanto concerne i casi di esclusione dalla nuova procedura telematica, l'art. 26, co. 7, D.Lgs. n. 151/2015 introduce le prime due casistiche di esoneri, successivamente “allargate” dalla Circolare n. 12/2016 del Ministero del Lavoro.

Attualmente, dunque, la nuova disciplina delle dimissioni volontarie non si applica:

  • ai rapporti di lavoro domestico;
  • alle conciliazioni o procedimenti di risoluzione del rapporto di lavoro presso le commissioni di certificazione (c.d. sedi protette);
  • al recesso durante il periodo di prova di cui all'art. 2096 c.c.;
  • alle dimissioni e risoluzione consensuale prestate dalla lavoratrice nel periodo di gravidanza o dalla lavoratrice/lavoratore durante i primi 3 anni di vita del bambino (in questo caso, è operativa la convalida da effettuare presso la Direzione del Lavoro);
  • ai lavoratori del settore marittimo (in quanto il contratto di arruolamento dei lavoratori marittimi è regolato da legge speciale del Codice della Navigazione);
  • ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni, di cui all'art. 1, co. 2, D.Lgs. n. 165/2001.
Soggetti abilitati: il ruolo dei CdL

I lavoratori, oltre a presentare direttamente le dimissioni telematiche, possono tranquillamente decidere di servirsi di un soggetto abilitato, con la conseguenza di poter fare anche almeno dell'utenza ClicLavoro e del Pin INPS.

La seconda novità del Decreto correttivo riguarda proprio i soggetti in grado assistere il lavoratore che intende dimettersi dal lavoro; infatti, al co. 4, dell'art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015 dopo le parole “delle organizzazioni sindacali” sono inserite le seguenti: “dei Consulenti del Lavoro, delle sedi territoriali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro”.

Viene accolta così la richiesta avanzata nei mesi scorsi dai CdL che, pur non condividendo l'impianto normativo delle nuove dimissioni online, chiedevano appunto di essere anche loro abilitati all'esercizio di tale pratiche. Questo inserimento rappresenta una scelta del legislatore che conferma il ruolo di terzietà rivestito dalla professione, da molto tempo chiamata ad affiancare le parti del rapporto di lavoro nel corso del suo svolgimento.

Quello sulle dimissioni on-line, quindi, è solo uno dei tanti tasselli che premia il ruolo di terzietà dei CdL e la pone in linea con l'acquisizione di nuove competenze, rispetto a quelle previste dalla L. n. 12/1979 che distingue fra chi è "abilitato" all'esercizio della professione di Consulente del lavoro e chi è "autorizzato" solo ad alcune funzioni in materia di lavoro.

Riepilogando, quindi, i soggetti abilitati in grado di accogliere e lavorare le pratiche dei lavoratori, sono:

  • i patronati;
  • le organizzazioni sindacali;
  • gli enti bilaterali;
  • le commissioni di certificazione (art. 76, D.Lgs. n. 276/2003);
  • i consulenti del lavoro;
  • le sedi territoriali dell'Ispettorato nazionale del lavoro.

Sul punto, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la Nota n. 1765/2016 ha specificato che il lavoratore può rivolgersi anche alla DTL che individuerà il personale per l'assistenza.

Procedura di comunicazione e compilazione del modulo

I soggetti abilitati sono tenuti ad utilizzare la propria utenza ClicLavoro per accedere alle funzionalità e quindi assumersi la responsabilità dell'accertamento dell'identità del lavoratore che richiede la trasmissione del modulo attraverso la firma digitale del file PDF prodotto con i dati comunicati per le dimissioni/risoluzione consensuale e per la loro revoca e il salvataggio di questo nel sistema informatico SMV.

A tal proposito, il CNO dei Consulenti del Lavoro ha inviato nelle scorse settimane una comunicazione ai CPO contenente la “guida alla registrazione” sul portale di ClicLavoro e un riepilogo delle modalità operative con cui effettuare l'accreditamento. Contestualmente alla registrazione del professionista sul portale telematico, il Ministero del Lavoro farà una verifica sull'iscritto incrociando i dati dell'albo unico, che il Consiglio Nazionale ha messo a disposizione dello stesso. Superata tale verifica, saranno attribuite le credenziali per l'accesso.

Una volta ottenute le credenziali, alla pagina dedicata alle dimissioni on-line è possibile compilare telematicamente il modulo, che si compone di 5 sezioni:

  1. una relativa ai dati identificativi del lavoratore;
  2. una relativa ai dati identificativi del datore di lavoro;
  3. una relativa ai dati identificativi del rapporto di lavoro dal quale si intende recedere;
  4. una relativa ai dati identificativi della comunicazione, indicando – nel caso di dimissioni o risoluzione consensuale – la data di decorrenza delle stesse;
  5. una relativa ai dati identificativi del soggetto abilitato nonché ai dati dal sistema al fine di identificare in maniera univoca e non alterabile il modulo, e cioè:
  6. il codice identificativo del modulo;
  7. la data certa di trasmissione.

1° FASE (Informazioni preliminari)

Il portale, come primo passo nella compilazione di un modulo di recesso/revoca, chiederà all'utente di fornire le informazioni necessarie a risalire al rapporto di lavoro e quindi alla comunicazione obbligatoria di avvio/proroga/trasformazione/rettifica più recente.

2° FASE (Compilazione sezione 1, 2 e 3)

Il recupero della comunicazione obbligatoria permette al sistema di popolare in automatico le sezioni 1, 2 e 3, con la sola eccezione dell'indirizzo e-mail, e quindi di inibire il loro aggiornamento all'utente (*).

3° FASE (Compilazione sezione 4)

Tale sezione deve sempre essere compilata dal lavoratore.

4° FASE (Compilazione sezione 5)

Tale sezione sarà aggiornata automaticamente dal sistema, contestualmente al salvataggio nel sistema informatico SMV del Ministero.

(*) Il lavoratore avrà la possibilità di scegliere se il rapporto di lavoro è iniziato prima del 2008 o dopo il 2008 (anno di entrata in vigore del sistema delle comunicazioni obbligatorie):

  • nel primo caso bisogna compilare interamente le sezioni 2 e 3;
  • nel secondo caso occorre inserire solo il codice fiscale del datore di lavoro e il sistema gli prospetterà tutti i rapporti di lavoro attivi in modo che il lavoratore possa scegliere quello dal quale intende recedere.

Una volta salvato il modulo, saranno attribuite due informazioni identificative:

  1. la data di trasmissione (marca temporale): corrispondente alla data di sistema rilevata all'atto del salvataggio delle dimissioni/risoluzione consensuale;
  2. un codice identificativo, con formato: “aaaammgghh24missms” coerente con la data di trasmissione, dove:
  • “aaaa”: sta per anno (4 digit);
  • “mm”: sta per mese (2 digit);
  • “gg”: sta per giorno (2 digit);
  • “hh24: sta per ore, nel formato “24 ore” (2 digit);
  • “mi”: sta per minuti (2 digit);
  • “ss”: sta per secondi (2 digit);
  • “ms”: sta per millisecondi (3 digit).

Al termine della compilazione, il modulo può essere salvato in formato pdf e sarà inviato automaticamente (dal seguente indirizzo di sistema dimissionivolontarie@pec.lavoro.gov.it):

  • all'indirizzo di posta elettronica (anche certificata) del datore di lavoro implementato nell'apposita sezione 2;
  • e alla Direzione del Lavoro territorialmente competente, ovvero alle Province Autonome di Trento e Bolzano e alla Regione Sicilia.
In conclusione

Le novità introdotte sul tema delle dimissioni telematiche sono state sicuramente accolte con favore dalla categoria dei Consulenti del Lavoro, anche se questi ultimi non condividono l'impianto normativo nella sua essenza, in quanto si tratta comunque di un fenomeno residuale e di certo i modi per contrastare le dimissioni in bianco potevano e dovevano essere altri.

Inoltre, i chiarimenti che forse tutti si aspettavano purtroppo non sono arrivati. Infatti, permane ancora la problematica del lavoratore che rassegna le dimissioni ma non si attiva a seguire il nuovo iter imposto dalla legge. Qui permane ancora il nodo di quei lavoratori che improvvisamente abbandonano il posto di lavoro senza procedere alla compilazione e invio del modulo online. Cosa succede in tali casi? Come si ci deve comportare? Si tratta di un problema di non poco conto, in quanto si andrebbe incontro al licenziamento per giusta causa (art. 7, L. n. 300/1970), il che significherebbe per il datore di lavoro pagamento del ticket Naspi (che può arrivare fino a 1.500 euro per dipendente) e accesso alla nuova indennità di disoccupazione (Naspi) in favore del lavoratore. Una situazione, questa, che per certi versi incentiva il lavoratore a non attivarsi per portare a termine la nuova procedura telematica, comportando un costo non indifferente per lo Stato. Dunque, è più che mai opportuno un documento di prassi ministeriale che faccia chiarezza su tale aspetto, dove le aziende poco possono fare affinché non si inneschi il predetto meccanismo. Quanto affermato, tra l'altro, è confermato dalla FAQ n. 32 del Ministero del Lavoro, la quale specifica senza mezzi termini che la comunicazione obbligatoria di cessazione è assolutamente inefficace se non sia stata preceduta da una comunicazione del lavoratore resa con le modalità telematiche di cui al D.M. 15 dicembre 2015.

Non sarebbe, dunque, più opportuno in tal caso rifarsi alla precedente formula? In precedenza, infatti, se si verificavano situazioni del genere il datore di lavoro entro sette giorni poteva inviare una raccomandata al dipendente con l'invito a convalidare le dimissioni presso il Centro per l'impiego e, nel caso in cui il dipendente non si fosse recato presso la struttura, il rapporto si riteneva comunque risolto per dimissioni.

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