La Consulta interviene sul blocco delle pensioni

La Redazione
04 Maggio 2015

La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l'art. 24, comma 25, D.L. n. 201/2011 (disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici): la norma, introdotta dal Governo Monti, aveva disposto il blocco, per il 2012 ed il 2013, della rivalutazione delle pensioni che superavano il triplo del trattamento minimo INPS, violando, tuttavia, i principi costituzionali di proporzionalità ed adeguatezza.

La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l'art. 24, comma 25, D.L. n. 201/2011 (disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici): la norma, introdotta dal Governo Monti, aveva disposto il blocco, per il 2012 ed il 2013, della rivalutazione delle pensioni che superavano il triplo del trattamento minimo INPS, violando, tuttavia, i principi costituzionali di proporzionalità ed adeguatezza.

Questa è stata la decisione della Corte Costituzionale con la sentenza n. 70 del 30 aprile 2015.

Il caso

Il Tribunale di Palermo e la Corte dei Conti di Emilia-Romagna e Liguria sollevavano una questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, comma 25, D.L. n. 201/2011 (disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), norma introdotta dal Governo Monti e convertita, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. n. 214/2011. La norma aveva imposto il blocco, per il 2012 ed il 2013, della rivalutazione delle pensioni che superavano il triplo del trattamento minimo INPS.
Due erano gli aspetti su cui si concentravano i dubbi dei giudici: da una parte, veniva contestata la presunta natura tributaria della misura (con il mancato rispetto dei principi di progressività e di capacità contributiva), dall'altra la violazione dei principi costituzionali di proporzionalità ed adeguatezza delle pensioni.

Esclusa la natura tributaria della norma

La Consulta boccia la prima questione costituzionale: secondo la Corte, la norma non riveste natura tributaria. Un tributo, infatti, «consiste in un prelievo coattivo che è finalizzato al concorso alle pubbliche spese ed è posto a carico di un soggetto passivo in base ad uno specifico indice di capacità contributiva. Tale indice deve esprimere l'idoneità di ciascun soggetto all'obbligazione tributaria». Al contrario, la norma contestata «non prevede una decurtazione o un prelievo a carico del titolare di un trattamento pensionistico»: manca il requisito che consente l'acquisizione delle risorse al bilancio dello Stato, «poiché la disposizione non fornisce, neppure in via indiretta, una copertura a pubbliche spese, ma determina esclusivamente un risparmio di spesa».

Troppa libertà del Legislatore

Invece, viene ritenuta fondata la seconda contestazione: riguardo ai principi di proporzionalità ed adeguatezza, stabiliti dagli artt. 36, comma 1 e 38, comma 2, Cost., la Consulta afferma che sono «stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività». Nel mirino della Consulta, quindi, è finita l'eccessiva discrezionalità mostrata dal Legislatore nella scelta del meccanismo di perequazione delle pensioni. Nella legge si richiamava genericamente la «contingente situazione finanziaria» come ragione di questo blocco, senza, però, alcuna dimostrazione della necessaria prevalenza delle esigenze finanziarie sui diritti oggetto di bilanciamento: «L'interesse dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio».
Perciò, l'art. 24, comma 25, D.L. n. 201/2011 viene dichiarato incostituzionale.

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