Nessuna responsabilità solidale del cessionario se il rapporto di lavoro è già cessato e non vi è continuità nell’attività aziendale

Paolo Laguzzi
04 Giugno 2015

La disciplina dell'art. 2112, comma 2 c.c., che prevede la solidarietà tra cedente e cessionario per i crediti vantati dal lavoratore al momento del trasferimento d'azienda, non trova applicazione nel caso in cui manchi la prosecuzione in continuità dell'attività aziendale e, all'atto di tale trasferimento, il rapporto di lavoro risulti esaurito in conseguenza di precedente licenziamento.
Massima

La disciplina dell'art. 2112, comma 2 c.c., che prevede la solidarietà tra cedente e cessionario per i crediti vantati dal lavoratore al momento del trasferimento d'azienda, non trova applicazione nel caso in cui manchi la prosecuzione in continuità dell'attività aziendale e, all'atto di tale trasferimento, il rapporto di lavoro risulti esaurito in conseguenza di precedente licenziamento.

Il caso

Alcuni lavoratori, prestata attività alle dipendenze della società α ed ottenuta contro di questa l'emissione di un decreto ingiuntivo per le somme dovute alla data di cessazione del rapporto, proponevano domanda giudiziale per la condanna della società β, a loro dire cessionaria dell'azienda e solidalmente responsabile per l'obbligazione in questione.

Affermavano in particolare i lavoratori che, avendo la società β ricevuto dalla società α la restituzione dell'azienda (bar ristorante) alla cessazione di un contratto di affitto, la prima società doveva considerarsi cessionaria ai sensi dell'art. 2112, comma 2 c.c. e, pertanto, obbligata in solido con la cedente per tutti i crediti che i lavoratori avevano al momento del trasferimento aziendale.

Il Tribunale rigettava la domanda dei ricorrenti. La Corte territoriale, adita in appello dai lavoratori, confermava la statuizione di prime cure.

I giudici del merito osservavano che alla fattispecie non poteva applicarsi l'art. 2112 c.c., poiché: a) non vi era stata continuità nella gestione dell'azienda, essendo stata l'attività commerciale cessata dalla società α e ripresa dalla società β dopo circa cinque mesi a seguito di lavori di ristrutturazione dei locali del bar ristorante e previa assunzione di altro personale; b) non vi era stata continuità nei rapporti di lavoro, essendo stati i lavoratori licenziati dalla società α dopo la cessazione dell'attività ma ben prima che la stessa venisse ripresa dalla società β.

I lavoratori proponevano ricorso per cassazione, con unico motivo, adducendo la violazione dell'art. 2112 c.c.

La società β resisteva con controricorso.

La questione

La Suprema Corte chiarisce i presupposti per l'applicazione, secondo la disciplina dell'art. 2112, comma 2 c.c., della solidarietà passiva tra cedente e cessionario in relazione ai crediti maturati dal lavoratore al tempo del trasferimento dell'azienda.

Le soluzioni giuridiche

L'art. 2112 c.c., rubricato Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda, disciplina la sorte dei rapporti di lavoro esistenti presso imprese o rami d'impresa oggetto di cessione prevedendo, nell'ambito della vicenda circolatoria dell'impresa, una serie di garanzie per i lavoratori.

In particolare, al comma 1 della norma è prevista la garanzia della continuazione dei rapporti di lavoro; al comma 3, la garanzia del mantenimento dei trattamenti economici e normativi applicati o applicabili ai rapporti medesimi presso il datore cedente.

Altra regola posta dall'art. 2112 c.c. è quella della solidarietà passiva tra cedente e cessionario in relazione ai crediti dei dipendenti.

Il secondo comma dell'art. 2112 c.c., infatti, nell'attuale formulazione (conseguente alle modifiche di cui all'art. 47 L. 29/12/1990, n. 428) dispone: “Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro”.

Scopo di tale norma è il rafforzamento della tutela dei crediti di lavoro attraverso l'aggiunta di un nuovo debitore, in solido, a garanzia di un'obbligazione il cui soddisfacimento potrebbe divenire più difficile in conseguenza del trasferimento di beni dal patrimonio del cedente quale effetto della cessione d'azienda.

L'oggetto principale del dibattito interpretativo è dato dall'ambito di operatività della disposizione.

In particolare, ci si è chiesti se lo speciale regime di solidarietà fissato dall'art. 2112, comma 2 c.c. operi soltanto con riferimento ai crediti maturati in favore dei lavoratori il cui rapporto sia proseguito con il soggetto acquirente o, invece, l'ambito applicativo della norma si estenda anche ai crediti maturati nel corso di rapporti di lavoro già cessati al momento del trasferimento.

La giurisprudenza si è espressa, pressoché unanimemente, per la prima delle due soluzioni.

Invero, valutando che la disciplina posta dall'art. 2112, comma 2 c.c. presuppone la vigenza del rapporto di lavoro, le corti costantemente affermano che la disposizione de qua non è riferibile ai crediti maturati nel corso di rapporti di lavoro cessati ed esauriti al momento del trasferimento, salva l'applicabilità nel caso concreto dell'art. 2560, comma 2 c.c.

Detto per inciso, quest'ultima disposizione contempla, in linea generale, la responsabilità del cessionario per i debiti dell'azienda ceduta; e tra questi rientrano anche i crediti dei lavoratori a prescindere dall'eventuale risoluzione del rapporto prima della cessione, ove però essi crediti risultino dai libri contabili obbligatori dell'impresa.

Quale espressione del consolidato orientamento giurisprudenziale relativo all'interpretazione del capoverso art. 2112 c.c., indichiamo tra le altre le seguenti pronunce: Cass. sez. lav. 29.3.2010, n. 7517; Cass. sez. lav. 14.2.2005, n. 2922; Cass. sez. lav. 19.12.1997, n. 12899; Cass. sez. lav. 27.02.1995, n. 2245. Tra i giudici di merito: Trib. Milano 25.10.2001, in Riv. Critica Dir. Lav., 2002, 151; Trib. Bologna 21/5/2010, in Lav. nella giur., 2010, 846; Trib. Verona 12/11/1997, in D&L 1998, 510.

Una interpretazione parzialmente differente, comunque minoritaria ed oramai risalante nel tempo, è data dalle pronunce n. 209/1995 e n. 12665/1992 della stessa Corte di Cassazione, Sezione Lavoro.

In queste ultime il Supremo Collegio ha affermato che la solidarietà in questione riguarda anche i crediti dei dipendenti cessati prima del trasferimento d'azienda sempreché, anche sulla base di elementi presuntivi, risulti provato che il cessionario sia stato al momento del trasferimento a conoscenza delle obbligazioni retributive insoddisfatte a carico del precedente datore di lavoro.

Anche in dottrina è dominante la tesi secondo la quale la responsabilità solidale si riferisce ai soli crediti, maturati anteriormente al trasferimento, dei lavoratori il cui rapporto sia continuato con il cessionario (Liebman, Trasferimento d'azienda e responsabilità dell'acquirente nel passaggio dalla vecchia alla nuova normativa, in RIDL, 1993, 840; Minervini A., Le vicende del rapporto di lavoro nella fase del trasferimento d'azienda, in DL, 1992, I, 311).

Soltanto alcuni Autori dissentono rispetto alla suddetta interpretazione: in particolare, facendosi leva sul dato letterale conseguente all'eliminazione dall'art. 2112 c.c. (ad opera della citata L. n. 428/90) dell'inciso relativo ai «crediti che trovano causa nella disdetta data dell'alienante», si è sostenuto che il suddetto principio di responsabilità solidale operi sia quando il rapporto si estingua sia quando lo stesso continui con il cessionario (Lambertucci, Profili ricostruttivi della nuova disciplina in materia di trasferimento d'azienda, in RIDL, 1992, I, 188).

La sentenza in commento si inserisce a pieno titolo nel sopra indicato filone giurisprudenziale dominante, di cui costituisce ulteriore conferma.

In particolare, richiamato l'orientamento sintetizzato nella propria precedente pronuncia n. 7517/2010, la Corte ribadisce che l'art. 2112, comma 2 c.c. presuppone la vigenza del rapporto di lavoro al momento del trasferimento d'azienda, con la conseguenza che detta norma non è applicabile ai crediti afferenti i rapporti di lavoro esauritisi o non ancora costituitisi a tale momento, salva in ogni caso l'applicabilità dell'art. 2560 c.c.

Da ciò discende, nel caso di specie, il rigetto del ricorso.

I Supremi Giudici precisano infatti che, stante la ricostruzione del fatto operata in sede di merito, “appare evidente che i crediti di lavoro […] sono ascrivibili […] solo al primo imprenditore, posto che il secondo imprenditore non solo non ha assunto i dipendenti che sono stati licenziati e che non contestano il recesso, ma non ha neppure proseguito in continuità l'originaria attività”.

Osservazioni

La sentenza commentata, nell'ambito dell'articolata disciplina dettata dall'art. 2112 c.c., affronta la specifica questione della responsabilità solidale del cessionario d'azienda verso i lavoratori impiegati nella stessa (comma 2 art. cit.).

Essa non muta il panorama interpretativo relativo alla norma in esame, inserendosi appieno - quale precisa ed autorevole conferma, in quanto tale degna di nota - nell'alveo del consolidato orientamento giurisprudenziale sul tema.

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