Il datore non può essere condannato a remunerare due volte la stessa prestazione

04 Settembre 2014

La Cassazione, con la sentenza n. 18561/2014 depositata il 3 settembre, torna ad affermare il principio per cui – a prescindere dal giudizio circa la natura autonoma o subordinata del rapporto – il datore non può essere comunque condannato a remunerare due volte la medesima prestazione.

Così si è espressa la Suprema Corte nella pronuncia n. 18561 pubblicata il 3 settembre 2014.

Vincolo di subordinazione od autonomia?

La Corte di Appello di Roma confermava la decisione di rigetto della domanda, proposta da un soggetto per ottenere il pagamento delle differenze retributive rese in regime di subordinazione da un cameriere. Si rilevava in particolare che dalla testimonianze emergeva una serie di prestazioni saltuarie (senza effettivo vincolo di subordinazione).

La Cassazione, con sentenza del 2009, aveva reinvestito il giudice di seconde cure per l'ulteriore esame della controversia, così da valutare l'autonomia supposta del rapporto.

Impossibile la coesistenza delle due figure

Gli Ermellini, nella sentenza in oggetto depositata ieri, prescindendo dalla circostanza che dalla documentazione riprodotta in ricorso risultava l'originario carattere di autonomia del rapporto, rimarcano come una prestazione lavorativa non possa essere compensata due volte (prima come autonoma, poi come subordinata). Il principio dell'assorbimento può essere anche applicato d'ufficio, essendo ricompreso nella domanda di quantificazione dei crediti spettanti devoluta al giudice di merito, ed essendo per altro verso evidente che il percepito dal datore corrisposto dovrà pur sempre detrarsi da quanto spettante in base all'accertata natura subordinata del rapporto.

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