Le collaborazioni etero-organizzate nel Jobs Act

Marianna Russo
05 Agosto 2015

Uno dei temi su cui il D.Lgs. n. 81/2015 è intervenuto in maniera più incisiva è sicuramente la disciplina delle collaborazioni. A partire dal superamento del contratto a progetto, proseguendo con l'esame dell'applicazione della disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni etero-organizzate e concludendo con l'analisi delle ipotesi di esclusione, il presente contributo propone alcuni spunti di riflessione sulle “nuove” collaborazioni.
Premessa sul superamento del contratto a progetto

Nell'ambito dell'ampia riforma del mercato del lavoro prospettata dalla legge delega n. 183/2014, le collaborazioni coordinate e continuative, anche nella modalità a progetto, sembravano destinate a diventare una specie in via di estinzione (art. 1, comma 2, lett. b, n. 3 e art. 1, comma 7, lett. g della l. n. 183/2014).

In tale ottica, il decreto n. 81/2015, sul riordino delle tipologie contrattuali, non ha centrato in pieno l'obiettivo: è vero che l'art. 52, rubricato “superamento del contratto a progetto”, al primo comma abroga le disposizioni di cui agli artt. da 61 a 69-bis del D.lgs. n. 276/2003 (che continuano ad applicarsi solo per i contratti già in atto all'entrata in vigore del D.lgs. n. 81/2015), ma al secondo comma fa “salvo quanto disposto dall'art. 409, c.p.c.”.

Si tratta di una sorta di ritorno al passato: dato che il “progetto”, introdotto nel 2003 e regolamentato con maggior rigore nel 2012 per arginare le pratiche elusive della disciplina del lavoro subordinato attraverso il ricorso a collaborazioni fasulle, non ha raggiunto l'obiettivo fissato, il legislatore delegato “resetta” questo tentativo e ripristina lo status quo ante.

Pertanto, le collaborazioni coordinate e continuative sopravvivono alla riforma, ma con qualche “ritocco” che rischia di creare qualche incertezza di troppo.

Le collaborazioni organizzate dal committente

Il primo comma dell'art. 2 del D.lgs. n. 81/2015 individua le caratteristiche dei rapporti di collaborazione a cui, dal primo gennaio 2016, “si applica” la disciplina del lavoro subordinato.

Si tratta di prestazioni di opera continuativa “esclusivamente personali” – e non solo “prevalentemente personali” - svolte con “modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro” – e, quindi, non meramente “coordinate” dal committente. Come risulta evidente, è piuttosto arduo individuare una chiara distinzione tra la prestazione “esclusivamente” personale di cui all'art. 2 comma 1, e quella “prevalentemente” personale ex art. 409, c.p.c., nonché delineare il confine tra la “coordinazione” e l' “etero-organizzazione”. Eppure, la conseguenza è di non poco conto, visto che quando ricorrono questi requisiti a tali rapporti si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.

Di più facile soluzione sembra il primo punto: il riferimento alla prestazione “esclusivamente” personale non ammette l'eventualità che il collaboratore si avvalga del lavoro di altri, a prescindere dalla forma e dall'entità di tale apporto.

Meno agevole è l'individuazione del limite tra “organizzazione” e “coordinazione”. Già in passato dottrina e giurisprudenza si sono dovute cimentare nell'operazione di distinzione tra “direzione” – tipica del rapporto di lavoro subordinato a norma dell'art. 2094 c.c. - e “coordinazione” – propria delle collaborazioni – ma l'attuale operazione ermeneutica appare ancora più delicata e, si potrebbe dire, dai contorni sfumati.

Il legislatore delegato non fornisce una definizione di “etero-organizzazione”, che appare come un livello intermedio tra le direttive impartite dal datore di lavoro nei confronti del dipendente e il collegamento funzionale tra l'attività del collaboratore e quella del committente in cui si concreta la coordinazione. Quando le modalità di svolgimento della prestazione “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro” non sono concordate tra le parti, ma vengono regolate unilateralmente dal committente, si è in presenza di etero-organizzazione, cioè di una sorta di inserimento del collaboratore nella compagine aziendale. Occorre, però, fare attenzione, perché se tale organizzazione diventa troppo stringente, rischia di sfociare nel potere direttivo vero e proprio, di cui il potere organizzativo costituisce un aspetto. Tale distinzione nella pratica risulta molto sottile, se non addirittura ambigua: la predisposizione unilaterale “anche” dei tempi e del luogo della prestazione è pericolosamente contigua al potere di modificare, in corso di rapporto, le modalità di esecuzione, che è uno dei più rilevanti indici giurisprudenziali della subordinazione.

La genericità della previsione normativa assegna inevitabilmente al giudice un ampio spazio di valutazione per accertare, di volta in volta, la sussistenza della linea di confine tra etero-organizzazione e coordinazione, nonché tra etero-organizzazione e direzione.

L'applicazione della disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni etero-organizzate

A ben vedere, l'ambiguità del primo comma dell'art. 2 non riguarda soltanto l'individuazione delle caratteristiche delle collaborazioni etero-organizzate, ma concerne anche le conseguenze vere e proprie: il “si applica” sottintende una dilatazione della nozione di subordinazione di cui all'art. 2094 c.c.? Sancisce l'introduzione di una nuova fattispecie contrattuale? O piuttosto si limita a individuare i rapporti di collaborazione che, pur essendo e restando autonomi, presentano caratteristiche tali da renderli meritevoli di un assoggettamento alle tutele del lavoro subordinato?

A stretto rigore letterale non sembra che si tratti di una conversione (quale quella prevista dall'art. 69, comma 1, D.lgs. n. 276/2003) o di una trasformazione (come l'art. 69, comma 2, D.lgs. n. 276/2003) del rapporto di lavoro da autonomo a subordinato: quell'“anche ai rapporti di collaborazione” fa escludere una volontà riqualificatoria.

Pertanto, sembra di dover propendere per l'ultima ipotesi: il rapporto di lavoro resta ontologicamente autonomo, ma al collaboratore etero-organizzato vengono estesi tutti gli istituti di legge previsti in materia di lavoro subordinato, al fine di disincentivare il ricorso alle forme di collaborazione non genuine.

In fondo, la finalità anti-elusiva è la stessa già presente nella riforma Biagi del 2003 e nella riforma Fornero del 2012, ma cambia la tecnica normativa utilizzata, che non incide sulla “natura” del rapporto, cioè sul “tipo contrattuale”, ma soltanto sugli effetti che ne scaturiscono.

Inoltre, tale previsione normativa costituisce uno sprone al ricorso alla stabilizzazione dei collaboratori coordinati e continuativi prevista dall'art. 54 del decreto delegato.

Le eccezioni

Il secondo comma dell'art. 2 individua, però, alcune eccezioni, cioè le ipotesi di collaborazione escluse a priori dalla riconduzione alla disciplina del lavoro subordinato.

Si tratta delle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore (lett. a); le collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali (lett. b); le attività prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni (lett. c); le prestazioni di lavoro rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall'art. 90 della l. n. 289/2002 (lett. d).

Anche se tali prestazioni fossero svolte in maniera esclusivamente personale, continuativa e organizzate dal committente, continuerebbero ad essere disciplinate tout court a norma dell'art. 409, c.p.c.

Risulta piuttosto arduo individuare la ratio dell'aprioristico riconoscimento di autonomia a determinate tipologie di collaborazione e non ad altre (ad es., quelle rese dai percettori di pensione di vecchiaia, come previsto dall'art. 61, comma 3, del d. lgs. n. 276/2003): si tratta, indubbiamente, di attività peculiari, ma estremamente eterogenee tra di loro, per cui non sembrano riconducibili a una precisa e determinata ragione di ordine sistematico.

Nel testo definitivo del D.lgs. n. 81/2015 è stato introdotto all'art. 2 il comma 3, che non prevede una vera e propria esclusione, ma specifica la possibilità per le parti di richiedere alle commissioni di certificazione di cui all'art. 76 del d. lgs. n. 276/2003 la certificazione dell'assenza dei requisiti di cui al comma 1, al fine di evitare l'applicazione della disciplina del lavoro subordinato. Si tratta, dunque, di una sorta di certificazione in negativis.

Il comma 4 dell'art. 2, in attesa del decreto di complessivo riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze della P.A., esclude la riconduzione al lavoro subordinato per le collaborazioni instaurate in favore delle amministrazioni pubbliche. In ogni caso, dal primo gennaio 2017 la P.A. non potrà stipulare i contratti di collaborazione di cui al primo comma, cioè le co.co.co. etero-organizzate.

In conclusione

Come in più punti rilevato, la nuova disciplina sulle collaborazioni solleva alcuni interrogativi.

Innanzitutto, la genericità della previsione della “etero-organizzazione” potrebbe alimentare il contenzioso in materia di genuinità delle collaborazioni anziché ridurlo, data la sottile linea di confine con la coordinazione e la rilevante diversità della disciplina applicata.

Un altro punto critico concerne senz'altro la regolamentazione ora prevista per le collaborazioni che non rientrano nel primo comma dell'art. 2 , cioè per le co.co.co a norma dell'art. 409 c.p.c.: con il superamento del contratto a progetto e l'abrogazione degli artt. 61- 69bis del D.lgs. n. 276/2003, quali sono le tutele per le collaborazioni genuine? Com'è stato autorevolmente rilevato, si “lascia senza presidio alcuno quello che una volta era il terreno di confine coperto dal para-subordinato, riproponendo l'alternativa secca fra lavoro autonomo e subordinato, con un ritorno all'indietro di qualche decennio” (F. Carinci, Jobs Act, atto II: la legge delega sul mercato del lavoro, in Arg. dir. lav., 2015, 1, p. 16).

Infine, le eccezioni, cioè le ipotesi di esclusione dalla riconduzione al lavoro subordinato, costituiscono un'eccezione assoluta o relativa? In altre parole, il legislatore delegato intende proteggere questi particolari rapporti di collaborazione solo dalla mera riconduzione alle tutele di cui al primo comma dell'art. 2 , operanti in presenza dell'etero-organizzazione della prestazione, nonché dell'esclusiva personalità? La presunzione di autonomia cede di fronte alla prova dell'etero-direzione (e degli altri indici di subordinazione elaborati nel corso del tempo dalla giurisprudenza)? Un'interpretazione letterale indurrebbe a propendere per una risposta affermativa, ma lo spirito della norma sembrerebbe andare in senso opposto.

Alla luce di ciò, non si può che constatare come la formulazione dell'art. 2 del d.lgs. n. 81/2015 dilati i margini di incertezza interpretativa e, di conseguenza, attribuisca uno spazio maggiore alla discrezionalità giudiziale.

* Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo del pensiero dell'autrice e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l'Amministrazione di appartenenza.

Guida all'approfondimento

F. Carinci, Jobs Act, atto II: la legge delega sul mercato del lavoro, in Arg. dir. lav., 2015, 1, p. 1;

D. Papa, Jobs Act: tipologie contrattuali autonome e lavoro accessorio, in www.optime.it;

A. Perulli, Il “falso” superamento dei cococo nel Jobs Act, in www.nelmerito.com, 6 marzo 2015;

G. Santoro-Passarelli, I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Una fattispecie in via di trasformazione?, Napoli, 2015;

G.Santoro-Passarelli, Diritto dei lavori e dell'occupazione, Torino, in corso di pubblicazione, cap. 43;

M.Tiraboschi, Prima lettura del d.lgs. n. 81/2015 recante la disciplina organica dei contratti di lavoro, in www.adaptland.it;

T.Treu, Treu spiega il decreto sulle tipologie contrattuali, in www.bollettinoadapt.it, 23 febbraio 2015.

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