Il calcolo del danno differenziale nel sistema bipolare di risarcimento del danno

Andrea Rossi
06 Dicembre 2016

Nel sistema bipolare di risarcimento del danno, la liquidazione del danno-conseguenza in favore della vittima dell'infortunio (in precedenza indennizzato dall'INAIL) deve avvenire per poste omogenee, senza poter detrarre dalle somme liquidate in ambito civilistico per il danno non patrimoniale quanto erogato dall'assicuratore sociale per le conseguenze patrimoniali.
Massima

Nel sistema bipolare di risarcimento del danno, la liquidazione del danno-conseguenza in favore della vittima dell'infortunio (in precedenza indennizzato dall'INAIL) deve avvenire per poste omogenee, senza poter detrarre dalle somme liquidate in ambito civilistico per il danno non patrimoniale quanto erogato dall'assicuratore sociale per le conseguenze patrimoniali.

Il caso

Una lavoratrice addetta ad una macchina stiratrice, in conseguenza di un infortunio occorsole mentre stirava, subiva l'amputazione dell'avambraccio destro; ottenuto l'indennizzo da parte dell'INAIL, la stessa agiva nei confronti del datore di lavoro per ottenerne la condanna al risarcimento del danno alla persona riportato.

Il Tribunale, accertato che l'infortunio era derivato da fatto illecito commesso dal datore di lavoro, condannava quest'ultimo al risarcimento, decurtato, però, solo delle somme erogate dall'Istituto per il danno biologico.

Il responsabile civile impugnava la sentenza, dolendosi che il Tribunale non avesse tenuto conto, per il calcolo del danno differenziale, anche degli importi versati dall'INAIL alla vittima per le conseguenze patrimoniali.

La Corte di Appello accoglieva la suddetta doglianza, stabilendo, inoltre, che la detrazione andasse operata per voci di danno omogenee ovvero separatamente per il danno non patrimoniale, da un lato ed il danno patrimoniale, dall'altro.

Con ricorso per Cassazione, il datore di lavoro ha chiesto l'annullamento della sentenza, reputando che il calcolo del danno differenziale non dovesse avvenire per poste omogenee (in considerazione della natura unitaria dell'indennizzo assicurativo), ma defalcando dal risarcimento complessivo l'intero importo erogato dall'assicuratore sociale, senza alcuna distinzione.

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso per infondatezza della doglianza.

La questione

La questione in esame è la seguente: il calcolo del danno differenziale spettante alla vittima di un infortunio sul lavoro, in conseguenza del quale è derivata una menomazione all'integrità psico-fisica valutata in misura pari o superiore al 16% in ambito previdenziale, deve avvenire separatamente per il danno patrimoniale e per il danno non patrimoniale ovvero detraendo dal risarcimento complessivo, liquidato in ambito civilistico, l'intero importo erogato dall'Istituto, senza distinguere quanto liquidato per il danno biologico da quanto liquidato per le conseguenze patrimoniali?

La soluzione giuridica

La Suprema Corte ha risolto la questione, optando per la prima soluzione, confermando la sentenza di Appello impugnata dal datore di lavoro, che anelava ad un'ulteriore riduzione del risarcimento dovuto.

In particolare, la Corte, tenuto conto che l'indennizzo in forma di rendita erogato dall'INAIL per le menomazioni di grado pari o superiore al 16% “ha veste unitaria ma duplice contenuto” (Cass. civ. sez. III, 26 giugno 2015, n. 13222), giacché la vittima riceve una rendita per il danno biologico ed una rendita per le conseguenze patrimoniali derivate dalla lesione, ha ritenuto che tale distinzione dovesse permanere per la determinazione delle somme spettanti alla vittima a titolo di danno differenziale.

Dopo la rilettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., prosegue la Corte, il sistema di risarcimento del danno ha assunto una natura bipolare, in cui il danno patrimoniale - connotato da atipicità - deriva dalla lesione di un qualsiasi interesse giuridicamente rilevante (art. 2043 c.c.), e il danno non patrimoniale - pregiudizio caratterizzato da tipicità - scaturisce dalla lesione o di uno specifico diritto inviolabile della persona o di un interesse allorché è la legge a prevederne la risarcibilità (art. 2059 c.c.).

Trattandosi di un sistema avente carattere generale e non confinato solo alla disciplina dell'illecito aquiliano, conclude la Corte, non appare corretto sottrarre, ai fini del calcolo del danno differenziale, “dall'importo del danno non patrimoniale/biologico (anche) quanto indennizzato dall'INAIL alla lavoratrice per le conseguenze patrimoniali dell'infortunio”.

In estrema sintesi, il calcolo del danno differenziale, a parere della Corte, deve avvenire nel rispetto dell'art. 10, commi 6 e 7, D.P.R. n. 1124/1965 in rapporto con gli artt. 2043 e 2059 c.c., liquidandolo per poste omogenee, rispettivamente non patrimoniale e patrimoniale.

La Corte, infine, afferma, sebbene nella forma di obiter dictum, che al danno biologico, pacificamente indennizzato dall'INAIL, sia applicabile l'esonero da responsabilità civile del datore di lavoro.

Osservazioni

La soluzione preferita dalla Suprema Corte mira a tutelare il diritto di credito del lavoratore infortunato, evitando che il risarcimento del danno non patrimoniale (liquidato in ambito civilistico) possa essere ridotto, non solo detraendo il valor capitale ed i ratei versati dall'INAIL per il danno biologico, ma anche quanto erogato per le conseguenze patrimoniali (soprattutto nelle ipotesi come quella in esame) in cui l'indennizzo assicurativo per le conseguenze patrimoniali risulti superiore a quanto liquidato per il danno patrimoniale in ambito civilistico.

La Corte era pervenuta alla medesima conclusione, questa volta accogliendo il ricorso per Cassazione del responsabile civile di un sinistro stradale, il quale si doleva della mancata decurtazione dal danno patrimoniale liquidato in ambito civilistico con quanto erogato dall'assicuratore sociale per le conseguenze patrimoniali, spiegando che il giudice di merito “avrebbe dovuto innanzitutto distinguere il valore capitale della parte di rendita destinata al ristoro del danno biologico, da quello destinato al ristoro del danno patrimoniale, e quindi sottrarre i due valori, rispettivamente, dal credito risarcitorio per danno biologico e dal credito risarcitorio per danno patrimoniale da incapacità lavorativa” (Cass. civ. sez. III, 20 aprile 2016, n. 7774).

Nel medesimo solco si collocano ancora una sentenza ed un'ordinanza, con le quali la Magistratura di legittimità, in assenza di liquidazione in ambito civilistico del danno patrimoniale, ha ritenuto che “per calcolare il c.d. “danno biologico differenziale”, spettante alla vittima nei confronti del terzo civilmente responsabile, dall'ammontare complessivo del danno biologico deve essere detratto non già il valore capitale dell'intera rendita costituita dall'INAIL, ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare il danno biologico” (Cass. civ. sez. III, 26 giugno 2015, n. 13222; Cass. civ. sez. VI, 30 agosto 2016, n. 17407).

In particolare, sostiene la Corte, il calcolo del danno differenziale per poste omogenee consente di evitare che l'azione di surrogazione, esercitabile dall'INAIL, possa pregiudicare il risarcimento di un pregiudizio riportato dalla vittima di un sinistro stradale non indennizzato dall'assicuratore sociale (art. 142, comma 4, D.Lgs. n. 209/2005), così come stabilito anche dalla Corte Costituzionale (C. Cost. 18 luglio 1991, n. 356) allorquando è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 1916 c.c. “nella parte in cui consente all'assicuratore di avvalersi, nell'esercizio del diritto di surrogazione nei confronti del terzo responsabile, anche delle somme da questo dovute all'assicurato a titolo di risarcimento del danno biologico" (Cass. civ. sez. VI, 30 agosto 2016, n. 17407).

Pertanto, secondo l'elaborazione giurisprudenziale via via consolidatasi, “il calcolo del danno differenziale deve avvenire sottraendo dal credito risarcitorio l'importo dell'indennizzo versato alla vittima dall'INAIL, quando l'uno e l'altro abbiano ad oggetto il ristoro del medesimo pregiudizio” (Cass. 9 novembre 2016, n. 22862; inoltre, sul divieto di cumulo tra risarcimento del danno e indennizzo assicurativo, cfr. Cass. civ. sez. III, 13 giugno 2014, n. 13537; Cass. civ. sez. III, 11 giugno 2014, n. 13233; Cass. civ. sez. III, 30 settembre 2014, n. 20548; Cass. civ. sez. III, 5 dicembre 2014, n. 25733).

Per la prima volta, inoltre, con la sentenza in esame, la Corte sostiene che il calcolo del danno differenziale debba avvenire per poste omogenee, in conseguenza del bipolarismo del danno, da cui deriverebbe “la necessità di una distinzione delle poste anche nella liquidazione del danno-conseguenza”.

Si tratta di una motivazione che cozza con il testo della norma di cui all'art. 10, commi 6 e 7, D.P.R. n. 1124/1965, in base al quale il calcolo del danno differenziale si opera per sommatoria, ovvero decurtando il risarcimento complessivo con l'importo totale erogato in favore della vittima da parte dell'assicuratore sociale.

E' vero che la liquidazione del danno non patrimoniale e del danno patrimoniale avviene con criteri differenti, ma ciò non impedisce che gli importi liquidati per la lesione all'integrità psico-fisica e per compensare il danno emergente e/o il lucro cessante possano poi sommarsi, onde procedere al calcolo del danno differenziale, destinando sempre alla vittima le somme destinate a risarcire la lesione di quei pregiudizi estranei alla tutela sociale.

Pur avendo affermato, infine, che la regola del parziale esonero da responsabilità civile si applichi anche al danno biologico, la Corte non spiega - anche perché esulava dal thema decidendum - se possa negarsi il risarcimento integrale della lesione all'integrità psico-fisica riportata dal lavoratore in mancanza di allegazione e prova della sussistenza di un reato perseguibile d'ufficio (art. 10, D.P.R. n. 1124/1965).

La questione rimane sub iudice, non essendo stata ancora risolta, nella vigenza dell'art. 13, D. Lgs. n. 38/2000, pur se si annovera una sentenza con cui è stata riconosciuta la liquidazione del danno biologico differenziale in favore della vittima di un infortunio che non sia derivato da un fatto illecito costituente un reato perseguibile d'ufficio, ma con una motivazione poco convincente, poiché presuppone ancora la mancata indennizzabilità da parte dell'Inail della lesione all'integrità psico-fisica (Cass. sez. lav., 19 gennaio 2015, n. 777).