Il controllo sui lavoratori attraverso la geolocalizzazione e la localizzazione satellitare dei dipendenti

Alessandra Boati
06 Giugno 2017

Il nuovo art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, tra le varie novità, stabilisce che per i c.d. strumenti di lavoro (attraverso cui il lavoratore svolge la propria prestazione) il datore non è tenuto a stipulare un accordo con le rappresentanze sindacali, né a richiedere l'autorizzazione alla DTL o al Ministero del Lavoro. La diffusione delle tecnologie nella vita lavorativa, tuttavia, rende sempre più difficile la distinzione tra dispositivi necessari al lavoratore per rendere la prestazione e strumenti “aggiuntivi” non direttamente connessi all'esecuzione delle mansioni. È il caso, ad esempio, dei sistemi di localizzazione satellitare, su cui si sono recentemente espressi l'Ispettorato del Lavoro e il Garante della Privacy, per definirne la “natura”.
Introduzione

Con il D. Lgs. n. 151/2015, attuativo di una delle deleghe contenute nel Jobs Act, il legislatore ha modificato e riformulato l'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori in materia di impianti audiovisivi e degli altri strumenti di controllo.

La finalità della revisione normativa è stata quella di adeguare l'art. 4, risalente ormai a oltre quarant'anni fa, all'intervenuta evoluzione tecnologica e alle nuove esigenze organizzative e produttive delle imprese.

Nonostante siano trascorsi già due anni dall'entrata in vigore del Decreto, il tema dei controlli a distanza è ancora molto dibattuto in dottrina ed è costantemente oggetto di interventi da parte delle autorità competenti, come hanno dimostrato, di recente, la circolare n. 2 del 7 novembre 2016 dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro e il provvedimento del Garante della Privacy n. 138 del 16 marzo 2017, di cui si illustreranno qui di seguito i punti essenziali.

Alla luce dell'attualità e della costante vivacità della discussione sorta attorno a queste problematiche, nelle note che seguono si cercherà di delineare l'evoluzione che ha caratterizzato la disciplina normativa, con particolare attenzione al dibattuto tema dell'individuazione degli strumenti assegnati ai dipendenti per rendere la prestazione lavorativa e della geolocalizzazione dei medesimi attraverso il sistema GPS.

Il nuovo art. 4 St. Lav. ed il problema dell'individuazione dei cd. “strumenti di lavoro”

L'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, così come modificato dal D. Lgs. n. 151/2015, ha eliminato il concetto di divieto assoluto dell'utilizzo di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature ai fini del controllo a distanza dell'attività dei lavoratori.

Nel nuovo testo, infatti, a differenza del precedente, è prevista la possibilità di adoperare impianti audiovisivi e altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di un controllo a distanza dell'attività dei lavoratori “esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale” previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali o, in caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione o in più regioni, dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Nel caso in cui non venga raggiunto un accordo gli impianti e gli strumenti possono essere installati solo con l'autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro o del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Nel secondo e nel terzo comma della norma si incontrano le due grandi novità del nuovo testo, che costituiscono il fulcro del dibattito dottrinale e interpretativo.

L'art. 4, co. 2, stabilisce che per gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (c.d. strumenti di lavoro) non valgono gli obblighi di cui al comma precedente e, pertanto, il datore di lavoro non è tenuto né a stipulare un accordo con le rappresentanze sindacali, né a richiedere l'autorizzazione della DTL o del Ministero del Lavoro.

Il terzo comma, infine, consente di utilizzare le informazioni e i dati raccolti tramite gli impianti audiovisivi (solo previo accordo o autorizzazione) e gli strumenti di lavoro (per cui non occorre né accordo né autorizzazione) per “tutti i fini connessi al rapporto di lavoro”, con la sola condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d'uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal D. Lgs. n. 196 del 30 giugno 2003.

Proprio sul concetto di strumento di lavoro (“strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa”) sono stati spesi, e continuano a spendersi, fiumi di inchiostro, in quanto la formulazione generica della norma non individua con esattezza i dispositivi che possono essere definiti come tali e, inoltre, non indica neppure il discrimine tra uno strumento di lavoro che costituisce un “attrezzo” assegnato al lavoratore per realizzare in concreto la propria prestazione lavorativa e gli apparecchi che, invece, non sono direttamente connessi all'esecuzione delle mansioni.

Vista l'oggettiva difficoltà interpretativa, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la nota del 18 giugno 2015, è intervenuto con la finalità di fornire chiarimenti proprio riguardo all'applicazione dell'art. 4 dello Statuto, alla luce delle modifiche apportate dalla riforma del lavoro.

In particolare, proprio con riguardo alla definizione di “strumenti di lavoro”, il Dicastero ha evidenziato che “l'espressione ”per rendere la prestazione lavorativa” comporta che l'accordo o l'autorizzazione non servono se, e nella misura in cui, lo strumento viene considerato quale mezzo che “serve” al lavoratore per adempiere la prestazione: ciò significa che, nel momento in cui tale strumento viene modificato (ad esempio, con l'aggiunta di appositi software di localizzazione o filtraggio) per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall'ambito della disposizione: in tal caso, infatti, da strumento che serve al lavoratore per rendere la prestazione il pc, il tablet o il cellulare divengono strumenti che servono al datore per controllarne la prestazione; con la conseguenza che queste modifiche possono avvenire solo alle condizioni stabilite dalla norma, ossia la ricorrenza di particolari esigenze, l'accordo sindacale o l'autorizzazione”.

La nota del Ministero, nonostante chiarisca le intenzioni del Legislatore, permette all'interprete di stabilire se un determinato dispositivo costituisca o meno strumento di lavoro solo nei casi più semplici, quelli appunto riferiti a pc, tablet o smartphone, lasciando, però, molti dubbi, rispetto ad altri apparecchi. È il caso, solo per citare qualche esempio, dei dispositivi installati su autovetture e veicoli commerciali e industriali e delle carte di credito aziendali dotate di chip di memorizzazione dei dati del possessore.

In tutti questi casi, e in molti altri ancora, le indicazioni del Ministero non risultano a tal punto esaustive da risolvere i molti dubbi che sorgono rispetto alla qualificazione degli elementi che costituiscono o meno strumenti di lavoro, in quanto, seppur in prima analisi si dovrebbe ritenere escluso l'obbligo di accordo sindacale o di autorizzazione, il tema non appare di univoca soluzione.

I recenti chiarimenti dell'INL e del Garante Privacy sulla localizzazione satellitare

Nonostante i chiarimenti del Ministero, quindi, il terreno su cui si muove l'interprete del riformato art. 4 continua a presentare insidie, soprattutto con riguardo ad alcune tecnologie che, a seconda dell'ambito lavorativo considerato, possono essere classificate, in taluni casi, come strumenti utilizzati per rendere la prestazione e, in taluni altri, come strumenti che “servono al datore di lavoro”.

È il caso della localizzazione satellitare (GPS).

Proviamo a fare qualche esempio. Sul veicolo aziendale in dotazione ad un dipendente di un'impresa di autotrasporto, viene installato un GPS che, tracciando gli spostamenti del veicolo, indirettamente, segue gli spostamenti del lavoratore.

Nel caso in esame, siamo in presenza di uno strumento utilizzato per rendere la prestazione lavorativa?

La risposta non è affatto scontata.

Il GPS, infatti, può certamente essere considerato come uno strumento che serve al datore di lavoro (ad esempio per verificare il controllo dei costi del carburante) e quindi dovrà essere soggetto alla procedura sindacale o all'autorizzazione ministeriale. Allo stesso tempo, però, il localizzatore, potrebbe benissimo essere considerato come uno strumento che aiuta il lavoratore a svolgere la sua mansione, rendendo molto più efficienti i suoi spostamenti.

Proprio in ragione della sussistenza di tali incertezze di definizione, sulla natura del GPS si sono recentemente pronunciati sia l'Ispettorato del Lavoro sia il Garante della Privacy.

Con la circolare n. 2 del 7 novembre 2016, l'Ispettorato del Lavoro ha affrontato il tema della qualificazione del localizzatore satellitare GPS installato sulle autovetture aziendali in dotazione ai dipendenti.

L'Ispettorato, in virtù del dettato dell'art. 4, co. 2, St. Lav., ha ritenuto che devono considerarsi “strumenti di lavoro” gli apparecchi e i dispositivi che costituiscono il mezzo indispensabile per il lavoratore per eseguire la prestazione lavorativa dedotta in contratto.

Partendo da tale premessa, l'istituto ha, quindi, concluso che “in termini generali, i sistemi di geolocalizzazione rappresentino un elemento “aggiunto” agli strumenti di lavoro, non utilizzati in via primaria ed essenziale per l'esecuzione dell'attività lavorativa ma per rispondere ad esigenze ulteriori di carattere assicurativo, organizzativo, produttivo o per garantire la sicurezza del lavoro”.

La circolare, inoltre, ha precisato che tali dispositivi possono essere ritenuti strumenti di lavoro solo se i sistemi di localizzazione sono installati per consentire la concreta ed effettiva attuazione della prestazione lavorativa, nel senso che la stessa non potrebbe essere resa senza ricorrere all'uso di tali strumenti, e quando l'istallazione è richiesta da specifiche normative di carattere legislativo o regolamentare.

Anche il Garante della Privacy, più recentemente, è intervenuto sul tema, fornendo indicazioni sulle procedure da osservare per l'installazione dei dispositivi di geolocalizzazione sui veicoli aziendali.

Il Garante, con la decisione del 16 marzo 2017, ha infatti esaminato il caso di un sistema di localizzazione dei veicoli di un'azienda che fornisce servizi di assistenza a impianti idrici, utilizzato per regolare gli interventi degli operatori e la programmazione delle attività, per la gestione dei sinistri e delle contravvenzioni, per la tutela del patrimonio aziendale e per la manutenzione dei veicoli.

L'autorità, pur riscontrando un interesse legittimo da parte dell'azienda e degli scopi perseguiti, legati “a finalità organizzative e produttive, nonché legate alla sicurezza del lavoro e alla tutela del patrimonio aziendale”, ha ritenuto che il GPS non possa essere considerato come uno strumento di lavoro in quando non utilizzato in via essenziale per l'esecuzione della prestazione lavorativa.

Il provvedimento, confermando l'orientamento già specificato nella circolare dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro sulla natura del GPS, ha ribadito che questo tipo di dispositivo può essere installato solo previo accordo sindacale o autorizzazione amministrativa.

Con il Suo intervento, inoltre, il Garante ha fornito anche una serie di raccomandazioni pratiche per il corretto trattamento dei dati raccolti con i sistemi di localizzazione satellitare.

Secondo l'authority della privacy, infatti, tali dati dovranno essere trattati dal sistema in modo non continuativo e il sistema dovrà essere configurato in modo da consentire l'accesso ai dati solo al personale preposto, debitamente autenticato. Il Garante prescrive, inoltre, che sia stabilito il tempo di conservazione dei dati e la loro “anonimizzazione” se raccolti per finalità meramente statistiche e di programmazione.

Dopo l'Ispettorato del Lavoro, quindi, anche il Garante della Privacy conferma la necessità di un accordo sindacale o, in caso di mancato raggiungimento, dell'autorizzazione dell'Ispettorato del Lavoro per l'installazione dei dispositivi di geolocalizzazione, poiché, in linea di massima e in termini generali, tali sistemi rappresentano un elemento aggiunto agli strumenti di lavoro, non direttamente connessi alla resa della prestazione lavorativa, ma rispondenti a esigenze di tipo organizzativo e produttivo, nonché all'efficientamento della gestione aziendale.

Peraltro, sul punto si registra un unico parere di segno contrario, reso dalla Direzione Interregionale di Milano, che nel maggio 2016, con la nota n. 5689, aveva ritenuto che il GPS installato nell'auto in dotazione dei dipendenti costituisse una parte dell'autovettura, che, considerata nel suo intero, rappresentava uno strumento di lavoro e, pertanto, non fosse necessaria l'autorizzazione sindacale o amministrativa.

Tale parere rimane l'unico a sostenere tale lettura, essendo stato smentito da altre autorità competenti, oltre che dal Garante. La DTL di Latina (atto n. 12519 dell'11 maggio 2016), infatti, pronunciandosi sulla richiesta di un'impresa di vigilanza, di installare sui veicoli aziendali un impianto di localizzazione satellitare, ha affermato che anche dopo il Jobs Act, tale fattispecie resta assoggettata all'accordo sindacale o alla procedura di autorizzazione ministeriale.

Conclusioni

Alla luce dei recenti chiarimenti dell'Ispettorato del Lavoro e del Garante della Privacy, sembra possibile concludere che la localizzazione satellitare, in linea di massima e in termini generali, non costituisce uno strumento di lavoro senza il quale il lavoratore non potrebbe rendere la prestazione, quanto piuttosto, un elemento aggiuntivo rispetto alle apparecchiature in dotazione.

Pertanto, secondo il dettato del nuovo art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, questi dispositivi, rispondendo ad esigenze ulteriori, non strettamente connesse all'esecuzione della mansione e vista l'indubbia potenzialità dei medesimi ai fini del controllo a distanza, possono essere installati solo previo accordo sindacale o autorizzazione amministrativa.

Tanto premesso, occorre però considerare che entrambi i pareri in commento precisano che le valutazioni circa la “natura” dei GPS, così come di qualsiasi tipo di apparecchio elettronico e non, dovranno essere effettuate “caso per caso”, mantenendo intatti diversi dubbi interpretativi sul punto.

Tale incertezza risulta ancora più evidente se si considerano due fattori che saranno sempre più determinanti nel panorama del lavoro degli anni a venire: il constante sviluppo delle tecnologie e l'introduzione delle nuove modalità lavorative.

Quanto al primo elemento, lo sviluppo e l'evoluzione tecnologica, che già negli ultimi trent'anni hanno radicalmente mutato l'approccio al lavoro, talvolta rendendo addirittura superfluo l'intervento umano nel processo produttivo, certamente porteranno alla creazione di nuovi e sempre più sofisticati device, per i quali, molto probabilmente, l'applicazione della categoria odierna della “necessarietà” all'esecuzione dell'attività lavorativa risulterà del tutto superata.

Infine, in merito al secondo elemento, non si può non rilevare che negli ultimi anni stanno emergendo nuove forme di lavoro basate sulla fornitura di servizi on demand solo ed esclusivamente attraverso le c.d. “app”, la cui diffusione è tale per cui si parla di “app economy”. Non solo, la recente approvazione del DTL sul Lavoro Autonomo ha definitivamente regolamentato il lavoro agile (o smart working), ossia quella modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, in cui la prestazione lavorativa viene eseguita in parte all'interno dei locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa per il dipendente.

Ebbene, è del tutto evidente che questi nuovi “orizzonti”, proprio per l'integrazione totale tra la prestazione lavorativa e la tecnologia, faranno sì che un numero sempre maggiore di apparecchi rientreranno nel novero dei c.d. “strumenti da lavoro”, con la conseguenza che il Garante e le altre istituzioni preposte dovranno costantemente aggiornare linee guida e parametri di riferimento.

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