L’abrogazione dell’indennità di anzianità aggiuntiva ha effetti retroattivi?
06 Agosto 2015
Massima
Il trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici, di cui al D.P.C.M. 20 dicembre 1999, ha sostituito, a decorrere dalla sua entrata in vigore (30 maggio 2000), l'indennità di anzianità prevista in favore dei dipendenti regionali dalla L.R. Lombardia n. 38 del 1981, artt. da 16 a 18 avendo entrambi gli emolumenti natura retributiva (sia pure con funzione previdenziale), e dovendo escludersi - sulla base, oltre che del generale principio di irretroattività della legge, delle esigenze di omogeneizzazione del trattamento di previdenza del personale regionale perseguite dalla legge regionale disciplinatrice dell'indennità di anzianità, in attesa della modifica delle norme che regolano l'indennità di fine servizio, nonché della coerenza sistematica con il criterio del pro rata introdotto dalla nuova disciplina in relazione ai diversi trattamenti - l'efficacia retroattiva dell'abrogazione della normativa regionale; con la conseguenza che, per il periodo successivo alla data dalla quale opera l'effetto abrogativo, i dipendenti regionali non hanno più diritto al trattamento integrativo accordato dalla citata L.R. n. 38 del 1981, mentre mantengono il diritto maturato nel periodo precedente. Il caso
La controversia trae origine dalla domanda proposta da alcuni dipendenti della Regione Lombardia, collocati a riposo nel corso dell'anno 2003, tesa ad ottenere la condanna dell'amministrazione ad erogare in loro favore l'indennità di anzianità aggiuntiva di cui all'art.16 L.R. n. 38 del 1981, per il periodo sino al 30 maggio 2000 (data di decorrenza dell'abrogazione del suddetto trattamento a seguito dell'entrata in vigore del D.P.C.M. 20 dicembre 1999 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 maggio 2000, n. 111). La questione
La questione da esaminare è se l'abrogazione dell'indennità di anzianità aggiuntiva di cui all'art.16 della Legge Regionale (Lombardia) n. 38 del 1981, per effetto dell'art.32, primo comma, della L.R. 10 marzo 1995, n. 10 e dell'art.36, comma 5, della L.R. 23 luglio 1996, n. 16, come interpretato dall'art.7, comma 12, della L.R. 3 agosto 2004, n.19, sia avvenuta con effetti retroattivi, con la conseguenza che i dipendenti regionali cessati dal servizio successivamente al 30 maggio 2000 non avrebbero più diritto allo stesso (neanche per il periodo antecedente alla cessazione del rapporto), ovvero se, al contrario, tale retroattività debba essere esclusa, con conseguente conservazione del diritto al trattamento già maturato sino alla data anzidetta. Le soluzioni giuridiche
Il punto nodale della questione in disamina è rappresentato dalla necessità di stabilire se l'abrogazione dell'indennità regionale aggiuntiva di cui all'art.16 L.R. n. 38 del 1981, avvenuta con decorrenza dal 30 maggio 2000 a seguito dell'entrata in vigore del D.P.C.M. 20 dicembre 1999 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 maggio 2000 n. 111, abbia o meno effetti retroattivi e se essa abbia o meno travolto il diritto dei dipendenti al suddetto trattamento anche per il periodo anteriore a tale abrogazione.
La vicenda necessita di una preliminare ricostruzione del quadro normativo di riferimento. Occorre prendere le mosse dall'art.16 della Legge Regionale (Lombardia) 7 luglio 1981, n. 38 (rubricato "Omogeneizzazione del trattamento di previdenza del personale regionale"), ai sensi del quale "In attesa della modifica delle norme che regolano in campo nazionale l'indennità di fine servizio per il personale regionale, la Regione assicura ai propri dipendenti, per ogni anno di servizio, un trattamento previdenziale (indennità di anzianità) pari a un dodicesimo dell'ottanta per cento dell'ultima retribuzione annua lorda, quale allo stesso fine l'ordinamento dell'INADEL - Istituto Nazionale Assistenza Dipendenti Enti Locali - prende a base per il calcolo dell'indennità premio di servizio. La Regione pone a suo carico la eventuale differenza fra la somma lorda spettante secondo quanto previsto dal comma precedente (assunta a minuendo) e quella lorda (assunta a sottraendo) corrisposta a titolo di indennità premio di servizio, di indennità di buonuscita, di indennità di anzianità, o di altro analogo titolo, dalla stessa regione e dall'ente presso il quale è instaurato il rapporto previdenziale". Tale disposizione è stata abrogata dall'art.32, primo comma, della Legge Regionale (Lombardia) 10 marzo 1995, n. 10. La portata della suddetta abrogazione, per quanto riguarda l'indennità in questione, è stata poi chiarita dall'art.36, comma 5, della Legge Regionale (Lombardia) 23 luglio 1996, n. 16, il quale ha disposto che "Gli effetti abrogativi delle disposizioni relative all'omogeneizzazione del trattamento previdenziale del personale regionale decorrono dalla data di modifica delle norme che regolano in campo nazionale l'indennità di fine servizio". Da ultimo, è intervenuto l'art.7, comma 12, della Legge Regionale (Lombardia) 3 agosto 2004, n.19, il quale ha previsto che: "la L.R. 23 luglio 1996, n. 16, art. 36, comma 5 (…), si interpreta nel senso che la modifica è riferita all'approvazione a livello nazionale della nuova disciplina del trattamento di fine servizio indipendentemente dalla istituzione dei fondi pensione e dall'esercizio delle opzioni da parte dei dipendenti regionali previsti dalla L. n. 449 del 1997. Il trattamento di previdenza di cui alla L.R. 7 luglio 1981, n. 38, artt. 16, 17 e 18 (…) è abrogato quindi a far tempo dal 30 maggio 2000, data di entrata in vigore del D.P.C.M. 20 dicembre 1999 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 maggio 2000, n. 111".
A seguito di quest'ultimo intervento normativo, restavano possibili due alternative interpretative, e cioè, da un lato, la tesi secondo cui era comunque dovuta l'indennità di anzianità maturata sino al 30 maggio 2000, senza possibilità di accrescimento ulteriore, e, dall'altro, la tesi secondo cui alcun emolumento per detto titolo era dovuto ai dipendenti cessati dal servizio successivamente a tale data. Ebbene, muovendosi nell'ambito di un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale (nella sentenza in commento si richiamano le decisioni Cass., SS.UU., nn. 9133/2010; 9134/2010; 9135/2010; 4907/2010; 4906/2010; Cass., nn. 18501/2008; 18502/2008; 18503/2008; più di recente Cass. nn. 9307/2014 e 2624/2014), la decisione in disamina ha aderito alla prima delle due opzioni ermeneutiche sopra descritte, statuendo che “sulla base dei principi secondo cui il trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici, di cui al D.P.C.M. 20 dicembre 1999, ha sostituito, a decorrere dalla sua entrata in vigore (30 maggio 2000), l'indennità di anzianità prevista in favore dei dipendenti regionali dalla L.R. Lombardia n. 38 del 1981, artt. da 16 a 18 avendo entrambi gli emolumenti natura retributiva (sia pure con funzione previdenziale), e dovendo escludersi - sulla base, oltre che del generale principio di irretroattività della legge, delle esigenze di omogeneizzazione del trattamento di previdenza del personale regionale perseguite dalla legge regionale disciplinatrice dell'indennità di anzianità, in attesa della modifica delle norme che regolano l'indennità di fine servizio, nonché della coerenza sistematica con il criterio del pro rata introdotto dalla nuova disciplina in relazione ai diversi trattamenti - l'efficacia retroattiva dell'abrogazione della normativa regionale; con la conseguenza che, per il periodo successivo alla data dalla quale opera l'effetto abrogativo, i dipendenti regionali non hanno più diritto al trattamento integrativo accordato dalla citata L.R. n. 38 del 1981, mentre mantengono il diritto maturato nel periodo precedente”.
Nella giurisprudenza della Suprema Corte, anche a Sezioni Unite (cfr. Cass., SS.UU., nn. 9133/2010), era del resto già stato chiarito come la tesi dell'effetto retroattivo dell'abrogazione fosse contrastante con il principio generale di irretroattività della legge stabilito dall'art. 11 prel., secondo cui la retroattività avrebbe dovuto formare oggetto di una espressa previsione, che nel caso di esame manca. Al contrario, le Sezione Unite hanno evidenziato che l'art.7, comma 12, della Legge Regionale (Lombardia) 3 agosto 2004, n.19 non solo non contiene elementi testuali che facciano deporre per la sua retroattività, ma fornisce elementi di segno addirittura contrario, atteso che la suddetta norma interpretativa ha evidentemente inteso collegare la cessazione degli effetti delle norme in materia di trattamento integrativo al momento in cui, con l'entrata in vigore del D.P.C.M. 20 dicembre 1999 (avvenuta il 30 maggio 2000), la riforma del trattamento di fine rapporto è divenuta operante. In applicazione del principio generale di irretroattività della legge, pertanto, i dipendenti regionali non hanno più avuto accesso al trattamento integrativo accordato dalla L.R. 7 luglio 1981, n. 38, ma solo per il periodo successivo alla data dalla quale opera l'effetto abrogativo delle disposizioni relative all'omogeneizzazione del trattamento previdenziale, trattamento che hanno invece mantenuto per il periodo precedente.
Tale conclusione, già desumibile dai principi generali, appare ulteriormente avvalorata da considerazioni di natura sistematica, che la Cassazione non ha mancato di sottolineare. Il richiamato D.P.C.M. 20 dicembre 1999, evidenzia la Suprema Corte, è stato emanato in base alle previsioni della L. 8 agosto 1995, n. 335, il cui art. 2 ha previsto che “Per i lavoratori assunti dal 1 gennaio 1996 alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 1, i trattamenti di fine servizio, comunque denominati, sono regolati in base a quanto previsto dall'art. 2120 c.c., in materia di trattamento di fine rapporto”, demandando alla contrattazione collettiva nazionale le relative modalità attuative ead un apposito D.P.C.M. l'adozione delle necessarie norme di esecuzione. In base alla delega contenuta nella cit. L. n. 335 del 1995, l'art.2 dell'Accordo Quadro Nazionale in materia di Trattamento di Fine Rapporto e di Previdenza Complementare per i dipendenti pubblici del 29 luglio 1999 – applicabile, ai sensi l'art. 1 del medesimo accordo a "tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 art. 1, comma 2 e successive modificazioni e integrazioni", e perciò anche ai dipendenti delle Regioni - ha espressamente previsto che "1. Ai dipendenti assunti a far tempo dalla data di entrata in vigore del DPCM previsto dalla L. n. 335 del 1995, art. 2, commi 6 e 7, e richiamato dalla L. n. 448 del 1998, si applica quanto previsto dall'art. 2120 c.c., in materia di trattamento di fine rapporto”, mentre, al contrario, per i dipendenti già in servizio alla data del 31 dicembre 1995 (e per quelli assunti a far tempo dal 1^ gennaio 1996 e fino al giorno precedente alla data di entrata in vigore del suddetto DPCM) resta fermo il previgente trattamento di fine servizio (salvo che non abbiano esercitato l'opzione dalla L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 56, per la trasformazione dell'indennità di fine servizio in t.f.r.). Dall'insieme delle disposizioni richiamate si desume, quindi, che per i dipendenti assunti prima di una certa data è consentita, previa opzione, la trasformazione dell'indennità di fine servizio in t.f.r., ma che anche in tale ipotesi l'indennità già maturata resta assoggettata alle regole previgenti (c.d. principio del “pro-rata”). In caso di mancato esercizio della suddetta opzione, poi, il regime previgente si applica all'intero trattamento di fine servizio.
Ora, non vi è dubbio che l'indennità aggiuntiva riconosciuta dall'art.16 della Legge Regionale (Lombardia) 7 luglio 1981, n. 38, ha natura di trattamento di fine servizio, come si desume dalla stessa formulazione del cit. art. 16, il quale ha inteso disciplinare un trattamento, definito previdenziale, ma al tempo stesso qualificato come indennità di anzianità, "in attesa della modifica delle norme che regolano in campo nazionale l'indennità di fine servizio per il personale regionale". E' quindi evidente che l'applicazione del principio del "pro-rata" postula che tale natura, in linea con le scelte dell'autonomia collettiva, sia rimasta inalterata sino all'entrata in vigore del D.P.C.M. 20 dicembre 1999 (cioè sino al 30 maggio 2000), per cui la parte di rapporto svoltasi anteriormente a tale data è rimasta disciplinata dalle norme previgenti, con conseguente esclusione di ogni efficacia retroattiva della normativa che ne ha disposto l'abrogazione. D'altra parte - come la Suprema Corte non ha mancato di sottolineare (cfr. Cass., SS.UU., nn. 9133/2010; Cass. 18501/2008) - anticipando l'effetto abrogativo ad un momento anteriore al 30 maggio 2000, quando cioè non era ancora stata realizzata la modifica delle norme regolatrici in campo nazionale del trattamento di fine rapporto dei pubblici dipendenti, rimarrebbe frustrato proprio lo scopo di omogeneizzazione del trattamento previdenziale del personale regionale, assicurato fino a tale momento dal trattamento integrativo previsto dalla L.R. 7 luglio 1981, n. 38. Le prestazioni previdenziali riferite al periodo di lavoro svoltosi anteriormente all'entrata in vigore del D.P.C.M. del 1999, infatti, presentavano evidenti caratteristiche di disomogeneità, la cui eliminazione era perseguita proprio dalla L.R. n. 38 del 1981.
In quest'ordine di concetti, conclude la Cassazione, deve dunque “escludersi - sulla base, oltre che del generale principio di irretroattività della legge, delle esigenze di omogeneizzazione del trattamento di previdenza del personale regionale perseguite dalla legge reg. disciplinatrice dell'indennità di anzianità, in attesa della modifica delle norme che regolano l'indennità di fine servizio, nonché della coerenza con il criterio del pro-rata introdotto dalla nuova disciplina in relazione ai diversi trattamenti - che l'abrogazione delle disposizioni relative all'indennità possa operare retroattivamente" (cfr. Cass., SS.UU., n. 9133/2010). Osservazioni
La sentenza in disamina, come si è detto, si colloca nella scia di un consolidato orientamento giurisprudenziale (v., in particolare, le sentenze nn. 18501-18502-18503/2008 e, a S.U., nn. 9133-9134-9135/2010), e, per tale ragione, non presta il fianco a particolari dubbi interpretativi in ordine alla irretroattività degli effetti dell'abrogazione della Legge Regionale (Lombardia) 7 luglio 1981, n. 38 e del trattamento integrativo di anzianità da essa previsto.
Tale conclusione appare coerente con la natura di retribuzione differita (sia pure con funzione latamente previdenziale) della suddetta indennità, la quale inerisce al rapporto lavorativo e viene erogata al momento della cessazione del servizio dal datore di lavoro (Regione Lombardia), e non da un ente previdenziale. L'accertamento della reale natura di tale indennità, a parere dello scrivente, ha una rilevanza dirimente, atteso che, come è noto, nel nostro ordinamento previdenziale non vige un principio di corrispettività tra contributi versati e trattamenti pensionistici, ma un dovere di solidarietà ex art. 38 Cost., con conseguente inesistenza di un principio di corrispettività tra i contributi legittimamente versati ed la maturazione del diritto ad una prestazione previdenziale, per la quale è comunque necessario che si verifichino i relativi presupposti. Diversamente, il trattamento integrativo di anzianità previsto dalla L.R. 7 luglio 1981, n. 38, avendo natura di credito di lavoro, pur se esigibile dopo la cessazione del rapporto di lavoro, è in nesso di corrispettività con la prestazione lavorativa. Detta natura retributiva risulta espressamente riconosciuta nella sentenza Cass. Civ., sez. lav., 04/07/2008 n°18501, secondo cui "è, proprio, il dato strutturale della erogazione a carico del datore di lavoro (quale, appunto, la regione Lombardia) e la inerenza al rapporto di lavoro - anziché la erogazione, da parte di un ente previdenziale (o da un Fondo di previdenza integrativa o complementare), in dipendenza di un rapporto parimenti previdenziale (del quale il rapporto di lavoro costituisce soltanto presupposto) - a sorreggere la proposta qualificazione - come retributivo - del trattamento in questione (vedi, con riferimento a casi analoghi rispetto a quello dedotto nel presente giudizio, Cass. n. 7434/91, 8020/2004, cit.; vedi, altresì, Cass., S.U., nn. 11329/2005, 2386/2001, 7965/1997 della sezione lavoro, nonché Corte Cost. nn. 91/2004, 434/97, 99 e 243/93)".
Dal riconoscimento della natura di retribuzione differita della predetta indennità integrativa, discende il logico corollario che la stessa matura nel corso del rapporto, tramite corrispondenti accantonamenti periodici, con la conseguenza che non è suscettibile di essere soppressa con effetto retroattivo, atteso che, così facendo, si verrebbe a produrre un'inevitabile lesione del principio di corrispettività e dei conseguenti diritti quesiti maturati dal lavoratore alla percezione di quel trattamento di anzianità integrativo in funzione del quale sono stati versati i suddetti accantonamenti in corso di rapporto, con conseguente frustrazione di quella ratio perequativa del trattamento di anzianità del personale regionale, assicurata proprio dall'indennità aggiuntiva prevista dalla L.R. 7 luglio 1981, n.38.
Appare quindi del tutto condivisibile, in quanto coerente con la natura retributiva dell'indennità in questione e con la predetta esigenza di omogeneizzazione, il richiamo operato dalla Suprema Corte al principio generale di irretroattività della legge, attraverso il quale la pronuncia in disamina perviene, anche con ulteriori argomentazioni di natura logico-sistematica, alla conclusione della irretroattività della normativa che ha disposto l'abrogazione della Legge Regionale (Lombardia) 7 luglio 1981, n. 38 e del trattamento integrativo di anzianità da essa previsto, che va dunque riconosciuto ai dipendenti della Regione Lombardia sino alla data di entrata in vigore del D.P.C.M. 20 dicembre 1999, e quindi fino al 30 maggio 2000. |