Perequazione pensioni, rimesso alla Corte Costituzionale il nuovo blocco

Il ricorrente, titolare di pensione di importo superiore a sei volte il minimo, con decorrenza 1 luglio 2012, chiedeva di sollevare questione di legittimità costituzionale in merito all'art. 24, commi 25 e 25 bis, L. n. 201/2011, così come disciplinati dal D.L. n. 65/2015, attuativo della sentenza n. 70/2015 della Corte Costituzionale.

La rivalutazione del trattamento, infatti, era stata bloccata per il 2013 dall'art. 24, poi dichiarato incostituzionale dalla citata sentenza n. 70/2015, ed è ora nuovamente esclusa dalla normativa introdotta per dare attuazione a tale pronuncia.

Accertata la rilevanza per l'evidente interesse economico del ricorrente, il giudice conclude per la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità del comma 25 bis, proposta con riferimento al contrasto con l'art. 136 Cost. La norma, infatti, che prevede per gli anni 2014 e seguenti l'applicazione del meccanismo ex art. 34, co. 1, L. n. 448/1998, relativa agli anni 2012 e 2013 come determinata dal comma 25, con successivi decrementi percentuali prima del 20% e poi del 50%, “non fa altro che bloccare la rivalutazione delle pensioni il cui importo sia oltre sei volte il minimo previsto dall'INPS, con ciò contravvenendo al monito della Corte Costituzionale, secondo il quale il blocco perequativo deve essere necessariamente contenuto nel tempo”.

Il giudice, pertanto, sospende il giudizio e rimette gli atti alla Corte Costituzionale affinché si pronunci in merito alla legittimità dell'art. 24, co. 25 bis, D.L. n. 201/2011, introdotto dal D.L. n. 65/2015, per contrasto con l'art. 136 Cost.