Tace l’inesistenza dei presupposti per godere dell’alloggio aziendale: è licenziabile?

La Redazione
09 Gennaio 2015

Pur possedendo due alloggi di proprietà, il dipendente occupava, quasi a titolo gratuito, un'abitazione di proprietà dell'azienda e, nonostante l'espressa richiesta di chiarimento, celava la sua reale situazione abitativa. Il licenziamento, però, è eccessivo: lo hanno stabilito i giudici della Cassazione, con sentenza n. 15/2015.

Il dipendente, praticamente a titolo gratuito, alloggiava in abitazioni di proprietà aziendale in virtù del rapporto di lavoro, benché possedesse due case di proprietà. La reale situazione abitativa, inoltre, era stata taciuta anche a seguito di espressa richiesta scritta del datore di lavoro.

Scoperto dall'azienda, questi veniva licenziato.

I giudici della Cassazione, con sentenza n. 15/2015, ritengono che sia da confermare il giudizio di sproporzione tra sanzione espulsiva e fatto commesso pronunciato della Corte d'Appello.

Gli Ermellini affermano, infatti, che se da una parte il comportamento del dipendente ha violato le norme di correttezza e buona fede e sicuramente poteva essere sanzionato, dall'altra non appare di tale gravità da giustificare il licenziamento: il lavoratore “non ha risposto il falso, ma ha reso solo informazioni elusive e la società è stata comunque in grado di fare prontamente delle verifiche sulla situazione”.

In conclusione, “una sanzione non espulsiva certamente era idonea a sanzionare adeguatamente il comportamento, scorretto ed elusivo, ma non mendace”: lavoratore reintegrato e risarcito dei danni.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.