Dirigenza pubblica e responsabilità

10 Maggio 2017

La responsabilità dirigenziale di cui all'art. 21, D.Lgs. n. 165/2001, ricollegata ad una valutazione negativa dei risultati complessivi raggiunti dall'ufficio al quale il dirigente è preposto e finalizzata alla sua rimozione per inidoneità rispetto alla funzione, non coincide con la responsabilità disciplinare, che presuppone un inadempimento colpevole di obblighi gravanti sul dirigente.
Massima

La responsabilità dirigenziale di cui all'art. 21, D.Lgs. n. 165/2001, ricollegata ad una valutazione negativa dei risultati complessivi raggiunti dall'ufficio al quale il dirigente è preposto e finalizzata alla sua rimozione per inidoneità rispetto alla funzione, non coincide con la responsabilità disciplinare, che presuppone un inadempimento colpevole di obblighi gravanti sul dirigente.

Il caso

Un dirigente pubblico, licenziato all'esito di un procedimento disciplinare durante il quale gli erano stati contestati numerosi addebiti (condotte biasimevoli nei confronti dei collaboratori, atteggiamenti contrari alla lealtà e alla collaborazione nei rapporti con la Presidenza, inadempimenti e irregolarità relative alla gestione tecnico-amministrativa), impugna l'atto di recesso prima davanti al Tribunale di Modena e successivamente ricorrendo alla Corte d'Appello di Bologna. Infine, ricorre per la cassazione della sentenza d'appello, chiedendo la reintegrazione e il risarcimento del danno.

Nove sono i motivi attorno ai quali è imperniato il ricorso del dirigente licenziato, ma il primo e più importante riguarda un punto molto dibattuto in dottrina e in giurisprudenza: la distinzione tra responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare. In particolare, il dirigente sostiene che la condotta a lui contestata rilevi non solo ai fini disciplinari ma rispecchi anche la previsione di cui all'art. 21, D.Lgs. n. 165/2001 – concernente la responsabilità dirigenziale – in quanto è riconducibile al mancato raggiungimento degli obiettivi e all'inosservanza delle direttive.

Considerato che nei suoi confronti è stata esperita la procedura disciplinare contenuta nell'art. 55-bis, D.Lgs. n. 165/2001, ma non quella prevista dall'art. 22 dello stesso decreto (cioè, la richiesta del previo parere al Comitato dei garanti, prevista per le ipotesi di responsabilità dirigenziale), il ricorrente ritiene che il licenziamento sia viziato da tale carenza procedurale e chiede l'accertamento dell'illegittimità del licenziamento intimato nei suoi confronti.

La Corte di Cassazione ritiene infondato tale motivo e ne rigetta anche altri sette: conferma la legittimità del licenziamento, ma, accogliendo l'ultimo motivo rilievo proposto, condanna la P.A. datrice di lavoro alla corresponsione dell'indennità di mancato preavviso – trattandosi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo – nella misura della retribuzione globale lorda, oltre al rateo del TFR, per il periodo interessato.

La questione

Il thema decidendum della sentenza de qua concerne la distinzione tra responsabilità dirigenziale, disciplinata dall'art. 21, D.Lgs. n. 165/2001, e responsabilità disciplinare, prevista dagli artt. 55 e ss. dello stesso decreto.

A seconda che la condotta dirigenziale rientri nell'una o nell'altra ipotesi diversa è la procedura da attivare (previo parere del Comitato dei garanti nel primo caso, procedimento disciplinare nel secondo).

Le soluzioni giuridiche

La responsabilità dirigenziale, a norma dell'art. 21, D.Lgs. n. 165/2001, riguarda il mancato raggiungimento degli obiettivi (attualmente valutato attraverso il sistema introdotto con il D.Lgs. n. 150/2009; nel caso di specie, secondo il principio tempus regit actum, in base alle garanzie previste dal D.Lgs. n. 286/1999) e l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente; mentre la responsabilità disciplinare concerne la violazione di singoli doveri, come disciplinato dagli artt. 55 e ss. D.Lgs. n. 165/2001.

La linea di demarcazione non è così netta ed evidente, visto che alcuni autori definiscono la responsabilità dirigenziale una species del genus responsabilità disciplinare (cfr. Tullini 2000, 610; Mezzacapo 2010, 224) e un orientamento giurisprudenziale considera i due tipi di responsabilità in parte sovrapponibili (v. Cass. sez. lav., 20 febbraio 2007, n. 3929, in Giust. civ., 2008, n. 7-8, I, 1802).

La difficoltà nella distinzione tra le due tipologie di responsabilità ha spinto parte della dottrina a sostenere che non ci sia una “separazione concettuale” tra responsabilità dirigenziale e disciplinare (v. Borgogelli 2010, 656) e che l'unica differenza possibile sia “riconducibile – in pratica – alla separata tipizzazione delle procedure: la verifica della colpa disciplinare è affidata alle regole del contratto collettivo; l'apprezzamento dell'attività manageriale è presidiata dalla fonte eteronoma e richiede l'attivazione del sistema di valutazione […] il che rappresenta un esito ridicolmente modesto rispetto all'impegno teorico-ricostruttivo profuso dagli interpreti” (Tullini 2014, 21; in tal senso anche Nicosia, 2011, 146).

La sentenza in commento, invece, evidenzia come “la non coincidenza fra responsabilità disciplinare e responsabilità dirigenziale si desuma già dal tenore letterale del D.Lgs. n. 165/2001, art. 21”, che fa “salva l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo”. Inoltre, sottolinea che “la responsabilità disciplinare presuppone il colpevole inadempimento di obblighi che gravano sul prestatore, rilevante in sè a prescindere dalla incidenza sui risultati della attività amministrativa e della gestione”, mentre “la responsabilità dirigenziale è sempre strettamente correlata al raggiungimento degli obiettivi e persegue la finalità di consentire la rimozione tempestiva del dirigente rivelatosi inidoneo alla funzione, in modo da garantire l'attuazione del principio di efficienza e di buon andamento degli uffici pubblici” (in tal senso, v. Cass. sez. lav., 7 dicembre 2015, n. 24801, in DeJure; App. Torino 13 ottobre 2016, in Riv. giur. lav., 2017, n. 2, II, in corso di pubblicazione).

Osservazioni

Nel caso di specie, in cui la condotta del dirigente pubblico potrebbe essere astrattamente ricondotta all'una o all'altra forma di responsabilità, “il discrimine va ravvisato nel collegamento con la verifica complessiva dei risultati, sicchè l'addebito assumerà valenza solo disciplinare nell'ipotesi in cui l'amministrazione ritenga che la violazione in sé dell'ordine e della direttiva, in quanto inadempimento contrattuale, debba essere sanzionata”.

Anche se in alcune ipotesi è ravvisabile un “indissolubile intreccio” tra i due tipi di responsabilità e, di conseguenza, “è necessario che all'espletamento delle procedure previste dall'art. 55-bis, D.Lgs. n. 165/2001 si affianchi il parere del Comitato dei garanti previsto dall'art. 22 dello stesso decreto” (Corte d'appello Torino 13 ottobre 2016, cit.; Cass. sez. lav., 8 aprile 2010, n. 8329, in DeJure), nel caso di specie il licenziamento è stato intimato “per buona parte su comportamenti di rilevanza disciplinare, per la cui contestazione non era necessario rispettare l'iter previsto in tema di responsabilità dirigenziale”, ma soltanto le procedure – effettivamente espletate – previste dall'art. 55-bis, D.Lgs. n. 165/2001. Alla luce di ciò il recesso risulta legittimo (in tal senso, v. anche Cass. sez. lav., n. 8329/2010; Cass. sez. lav., 27 gennaio 2015, n. 1478, in DeJure).

In conclusione, non si può non rilevare che l'affinità tra le due forme di responsabilità e la difficoltà di individuarne con chiarezza la linea di demarcazione, nonchè l'importanza dell'adozione dei corretti obblighi procedurali ai fini della legittimità del licenziamento (previo parere del Comitato dei garanti nel caso di responsabilità dirigenziale, procedimento ex artt. 55 e ss., D.Lgs. n. 151/2001 per la responsabilità disciplinare) sono senz'altro ottimi spunti di riflessione per l'attesa riforma della dirigenza pubblica (v. art. 11, comma 1, lett. m), L. 7 agosto 2015, n. 124).

Guida all'Approfondimento
  • F. Borgogelli, Responsabilità disciplinare e responsabilità dirigenziale. Una proposta di ricomposizione, in Lav. PA, 2010, n. 4, I, 655;
  • A. Boscati, Responsabilità disciplinare e responsabilità dirigenziale: alla ricerca della fattispecie, in Lav. PA, 2014, n. 3-4, 525;
  • G. D'Alessio, La nuova disciplina della dirigenza nel disegno di legge sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, in Lav. PA, 2015, n. 1, I, 1;
  • D. Mezzacapo, Dirigenza pubblica e tecniche di tutela, Napoli, 2010;
  • D. Mezzacapo, La dirigenza pubblica, in Santoro-Passarelli G. (a cura di), Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale. Privato e pubblico, Torino, 2017, 2953;
  • G. Nicosia, Dirigenze responsabili e responsabilità dirigenziali, Torino, 2011;
  • M. Russo, Distinzione tra responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare: presupposti e conseguenze, in Riv. giur. lav., 2017, n. 2, II, in corso di pubblicazione;
  • P. Tullini, La responsabilità del dirigente pubblico (una lettura in chiave giuslavoristica), in Arg. dir. lav., 2000, n. 3, 591;
  • P. Tullini, L'inadempimento e la responsabilità disciplinare del dipendente pubblico: tra obblighi giuridici e vincoli deontologici, in WP Csdle “Massimo D'Antona”, 2014, n. 229;
  • A. Viscomi, Lavoro pubblico: cose fatte, disfatte e da fare, in Lav. PA, 2015, n. 2, I, 195;
  • A. Zoppoli, Dirigenza, contratto di lavoro e organizzazione, Napoli, 2000.

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