Tutele crescenti e licenziamento per possesso dei requisiti pensionistici

La Redazione
10 Aprile 2015

L'approfondimento della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, diffuso ieri, propone una riflessione sull'ambito soggettivo dell'art. 24, D.L. n. 201/2011 in materia di prosecuzione dell'attività lavorativa anche oltre i requisiti per la pensione, alla luce della disciplina introdotta dal Jobs Act.

Con un approfondimento diffuso nella giornata di ieri, la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro propone una riflessione sul tema del licenziamento per raggiungimento dei limiti pensionistici e, in particolare, sull'ambito soggettivo dell'art. 24, D.L. n. 201/2011, alla luce della disciplina introdotta dal Jobs Act.

L'art. 24 citato, disponendo che “nei confronti dei lavoratori dipendenti, l'efficacia delle disposizioni di cui all'art. 18, L. n. 300/1970 e successive modificazioni opera fino al conseguimento del predetto limite massimo di flessibilità”, consente ai soggetti dipendenti da imprese in possesso dei requisiti per l'applicazione dell'art. 18 di proseguire l'attività lavorativa, con estensione della tutela prevista dallo Statuto dei Lavoratori, anche oltre i requisiti di età anagrafica previsti per la pensione di vecchiaia, fino al limite massimo di 70 anni.

A seguito dell'introduzione del regime giuridico delle tutele crescenti, applicabile sia ai giovani assunti a tempo indeterminato dal 7 marzo 2015, che a lavoratori prossimi alla pensione che cambino azienda dopo tale data, gli esperti della Fondazione Studi sollevano il problema dell'estensione dell'ambito soggettivo dell'art. 24.

Applicandosi questo ai soli lavoratori destinatari della disciplina dell'art. 18, St. Lav., “non appare possibile estenderne la disposizione normativa ai lavoratori assunti con il regime delle tutele crescenti”. Ne consegue che la platea dei soggetti esclusi dall'art. 24 si amplia: non più solo i dipendenti dalle piccole imprese e i dirigenti, ma anche i lavoratori ai quali si applica il regime delle tutele crescenti.

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