Vietato l’uso del cellulare: ammesso il finto profilo facebook dell’azienda se il controllo è difensivo

La Redazione
10 Giugno 2015

La Cassazione, con sentenza n. 10955 del 27 maggio 2015, afferma il principio della tendenziale ammissibilità dei controlli difensivi “occulti” se diretti all'accertamento di comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa e se esplicati con modalità non eccessivamente invasive e rispettose della correttezza e buona fede contrattuale.

Cass. sez. lav., 27 maggio 2015, n. 10955

Previa autorizzazione dei vertici aziendali, il responsabile delle risorse umane creava un falso profilo di donna su facebook con richiesta di "amicizia" al dipendente che era stato sorpreso al telefono lontano dalla pressa cui era addetto (la quale, rimasta incustodita per oltre dieci minuti, si era bloccata) e che deteneva nel suo armadietto aziendale un dispositivo utile alle conversazioni via internet, acceso e collegato alla rete.

Il lavoratore aveva poi "chattato in più occasioni" con il responsabile in orario di lavoro da posizione, accertata sempre tramite facebook, coincidente con la zona industriale in cui ha sede lo stabilimento della società. Gli veniva intimato licenziamento per giusta causa.

La Cassazione, adita dal lavoratore, ricostruisce il panorama giurisprudenziale in materia (si veda, da ultimo, Cass., 4 marzo 2014, n. 4984) per trarne il principio della tendenziale ammissibilità dei controlli difensivi “occulti” se diretti all'accertamento di comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento della prestazione lavorativa. Resta, però, ferma la necessità che le modalità di accertamento siano:

  • non eccessivamente invasive: l'interesse del datore di lavoro al controllo ed alla difesa della organizzazione produttiva aziendale deve contemperarsi con le garanzie di libertà e dignità dei dipendenti;
  • rispettose dei canoni generali della correttezza e buona fede contrattuale.

Il caso di specie, ad avviso del Collegio, “rispetta questi limiti e si pone al di fuori del campo di applicazione dell'art. 4 dello statuto dei lavoratori. Infatti, il datore di lavoro ha posto in essere una attività di controllo che non ha avuto ad oggetto l'attività lavorativa più propriamente detta ed il suo esatto adempimento, ma l'eventuale perpetrazione di comportamenti illeciti da parte del dipendente, poi effettivamente riscontrati, e già manifestatisi nei giorni precedenti”.

Inoltre, a parere della Corte, la creazione del falso profilo facebook non viola, di per sé, i principi di buona fede e correttezza nell'esecuzione del rapporto di lavoro poiché attiene ad una “mera modalità di accertamento dell'illecito commesso dal lavoratore, non invasiva né induttiva all'infrazione, avendo funzionato come mera occasione o sollecitazione cui il lavoratore ha prontamente e consapevolmente aderito. Altrettanto deve dirsi con riguardo alla localizzazione del dipendente, la quale, peraltro, è avvenuta in conseguenza dell'accesso a facebook da cellulare e, quindi, nella presumibile consapevolezza del lavoratore di poter essere localizzato, attraverso il sistema di rilevazione satellitare del suo cellulare”.

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