Trattamenti economici e normativi derivanti da un uso aziendale: costituzione ed estinzione
10 Settembre 2014
Per la formazione di un uso aziendale, è necessaria la sussistenza di una prassi generalizzata - costituita dalla mera reiterazione di comportamenti posti in essere spontaneamente e non già in esecuzione di un obbligo - che riguardi i dipendenti anche di una sola azienda e che comporti per essi un trattamento più favorevole rispetto a quello previsto dalla legge o dalla contrattazione collettiva. Le condizioni di miglior favore derivanti dai suddetti usi aziendali non possono essere derogate in pejus dalla contrattazione collettiva, dato che i diritti derivanti dagli usi aziendali si inseriscono nei singoli contratti individuali e non già nei contratti collettivi nazionali o aziendali. Pertanto, l'estinzione di un trattamento economico o normativo la cui fonte origini da uso aziendale può avvenire soltanto in base alla concorde volontà delle parti. Così ha deciso la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la pronunzia del 5 settembre 2014, n. 18780.
La fattispecie
La Corte di Appello di Genova ha confermato la decisione del Giudice di primo grado che, in accoglimento dei ricorsi avanzati da alcuni lavoratori (nella specie, addetti al cd. reparto “cassetti”), (i) aveva dichiarato la sussistenza del diritto, da costoro rivendicato, all'uscita anticipata dieci minuti prima del turno, trovando il medesimo la propria fonte in un uso aziendale consolidatosi per un periodo di oltre vent'anni, e, conseguentemente, (ii) aveva accertato l'invalidità dei provvedimenti disciplinari applicati a tali dipendenti per avere loro effettuato tale anticipata uscita. Fra i motivi del ricorso per la cassazione di tale sentenza la società ha argomentato, fra l'altro, che, anche ammessa e non concessa l'esistenza di un uso aziendale che autorizzasse i lavoratori del reparto cassetti a lasciare il posto di lavoro con dieci minuti di anticipo, doveva comunque ritenersi ammissibile e lecita la unilaterale revocabilità, da parte del datore di lavoro, di tale uso aziendale. A supporto di tale tesi la società ha sostenuto che, (i) il datore di lavoro può recedere unilateralmente dal vincolo derivante da un uso aziendale allo stesso modo in cui è consentito l'unilaterale recesso, previa disdetta, da un contratto collettivo aziendale e che (ii), nel caso di specie, un precedente provvedimento della società – con il quale era stata revocata l'autorizzazione aziendale concessa ai lavoratori del reparto “cassetti” di lasciare il posto di lavoro con dieci minuti di anticipo - doveva pacificamente considerarsi un atto idoneo ad estinguere tale uso aziendale.
I principi di diritto
La Corte di Cassazione affronta i motivi di impugnazione articolati dalla società ricorrente enfatizzando, in contrapposizione alla tesi di quest'ultima, le marcate differenze tra l'istituto del contratto collettivo aziendale, da un lato, e dell'uso aziendale, dall'altro lato. In base ad un consolidato orientamento della Suprema Corte richiamato dalla sentenza in commento, i contratti collettivi aziendali sono ascrivibili alla categoria dei contratti collettivi di diritto comune, e, come tali, in caso di durata a tempo indeterminato, deve riconoscersi alle parti (datore di lavoro e associazioni sindacali aziendali) la facoltà di unilaterale recesso, previa disdetta, «essendo ciò rispondente all'esigenza di evitare la perpetuità del vincolo» (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 18 ottobre 2002, n. 14827; Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 16 aprile 1993, n. 4507). A tal proposito va rammentato che il recesso, come noto, è un diritto potestativo che ha l'effetto di provocare l'estinzione del vincolo contrattuale (che era sorto su concorde volontà delle parti) su iniziativa della sola parte recedente, subendo la controparte tale unilaterale volontà.
Ben diverso è il caso dell'uso aziendale e delle modalità della sua estinzione. Innanzitutto, va rilevato che, come confermato da un consolidato orientamento della Suprema Corte, un uso aziendale si integra - non già, come nel caso del contratto collettivo aziendale, a seguito dell'incontro delle volontà delle parti contraenti, bensì – in presenza di una prassi generalizzata, costituita dalla mera reiterazione di comportamenti posti in essere spontaneamente - e non nell'esecuzione di un obbligo – che riguardi i dipendenti di una determinata azienda e che comporti per essi un trattamento, economico o normativo, più favorevole rispetto a quello previsto dalla legge o dalla contrattazione collettiva (ex multis, Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 2 settembre 2013, n. 20085; Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 13 dicembre 2012, n. 22927; Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 8 aprile 2010, n. 8342). Alle particolari modalità di genesi dell'uso aziendale appena delineate si affianca una specifica disciplina relativa alla sua estinzione, il cui fondamento può essere pienamente compreso alla luce del livello gerarchico dell'uso aziendale nell'ambito delle fonti che regolano il rapporto del lavoro (legge; contratto collettivo nazionale di lavoro; contratto collettivo di secondo livello o aziendale; contratto individuale).
Come più volte affermato dalla Suprema Corte, i diritti derivanti da un uso aziendale (salvo espressa contraria volontà delle parti) si aggiungono non già ai diritti sanciti nell'ambito del contratto collettivo nazionale e/o del contratto collettivo aziendale, bensì, a livello inferiore, si aggiungono ai diritti regolati nel contratto individuale, integrandone il contenuto. Deriva da questa premessa che la modifica o l'estinzione dei trattamenti economici o normativi derivanti dall'uso aziendale non può prescindere dal consenso dei lavoratori, alla stessa stregua della modifica o dell'estinzione di un qualsiasi altro trattamento economico o normativo sancito nel contratto individuale, che presuppone, ai sensi dell'art. 1372 cod. civ., il consenso di ambedue la parti del rapporto di lavoro (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 8 aprile 2010, n. 8342; Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 12 agosto 2000, n. 10783; Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 25 luglio 1996, n. 6690). La Suprema Corte, sul punto, richiamando anche una risalente pronunzia delle Sezioni Unite, è stata lapidaria nell'affermare che l'estinzione dell'uso aziendale «può pertanto avvenire soltanto in base alla concorde volontà delle parti» (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 5 settembre 2014, n. 18780; Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 17 marzo 1995, n. 3101). Questo, in linea di principio.
L'eccezione al predetto principio – in punto di non necessità dell'accordo di ambedue le parti al fine di modificare o estinguere il vincolo derivante dall'uso aziendale – è strettamente collegata alla genesi dell'uso aziendale medesimo. Se è la prassi generalizzata di un determinato comportamento l'elemento idoneo a costituire, in un determinato contesto produttivo, un uso aziendale, ad avviso della Cassazione in commento, una modificazione di tale contesto produttivo è idonea ad incidere sulla sopravvivenza di quell'uso aziendale, istituendo in capo al datore di lavoro, questa volta sì, il valido diritto di recesso dal medesimo uso aziendale. In virtù di tali considerazioni, con la sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, 21 agosto 2009, n. 18593, era stato ritenuto che il diritto di lavoratori postali addetti a macchine smistatrici ad una pausa giornaliera di sessanta minuti complessivi fosse venuto meno a seguito dell'adozione di nuove modalità di organizzazione del lavoro, le quali prevedevano, oltre all'utilizzazione di nuovi macchinari che rendevano meno scomoda la postura dell'operatore, un minor tempo di adibizione dei lavoratori alle medesime.
Le conclusioni
In applicazione dei predetti principi, la Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, confermando la tesi del Giudice di merito, ha accertato l'intervenuta sussistenza, nella fattispecie esaminata, di un uso aziendale e, allo stesso tempo, ha negato che si fossero concretizzati i presupposti idonei ad istituire il diritto di recesso unilaterale del datore di lavoro, posto che i mutamenti dell'organizzazione aziendale, pur dedotti dalla società datrice di lavoro, non avevano determinato alcuna ripercussione sull'uso medesimo a favore dei dipendenti addetti al reparto cassetti.
Fonti giurisprudenziali
Precedenti giurisprudenziali in tema di uso aziendale e relativi rapporti gerarchici con altre fonte collettive Corte di Cassazione, Sez. Lav., 2 settembre 2013, n. 20085; Corte di Cassazione, Sez. Lav., 13 dicembre 2012, n. 22927; Corte di Cassazione, Sez. Lav., 8 aprile 2010, n. 8342; Corte di Cassazione, Sez. Lav., 7 aprile 2010, n. 8240; Corte di Cassazione, Sez. Lav., 17 marzo 2010, n. 6453; Corte di Cassazione, Sez. Lav., 11 marzo 2010, n. 5882; Corte di Cassazione, Sez. Lav., 21 agosto 2009, n. 18593; Corte di Cassazione, Sez. Lav., 12 agosto 2009, n. 18263; Corte di Cassazione, Sez. Lav., 28 luglio 2009, n. 17481; Corte di Cassazione, Sez. Lav., 14 maggio 2009, n. 11213; Corte di Cassazione, Sez. Lav., 12 agosto 2000, n. 10783; Corte di Cassazione, Sez. Lav., 25 luglio 1996, n. 6690; Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 17 marzo 1995, n. 3101.
Precedenti giurisprudenziali in tema di recesso del datore di lavoro dal contratto collettivo aziendale Corte di Cassazione, Sez. Lav., 18 ottobre 2002, n. 14827; Corte di Cassazione, Sez. Lav., 16 aprile 1993, n. 4507.
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