Decorrenza dei termini decadenziali e tempestività dell'azione

Pasquale Staropoli
11 Luglio 2014

Il differimento “in sede di prima applicazione” del termine iniziale per la decadenza della impugnativa del licenziamento individuale, opera in tutti i casi in cui si applica la disciplina regolata dall'art. 6 l.n. 604/66, indifferentemente dalla fattispecie concreta che la riguarda.Sia che si tratti della contestazione della legittimità del licenziamento o di una delle ipotesi introdotte dall'art. 32 l.n. 183/2010, l'azione è tempestiva se promossa considerando come momento iniziale il 31 dicembre 2011. A dirlo è la Corte di cassazione, con la sentenza del 7 luglio 2014, n. 15434.

Il caso concreto

Un lavoratore, licenziato il 18 maggio 2011, ha impugnato in via stragiudiziale il licenziamento il successivo 24 giugno ed ha depositato il ricorso nella cancelleria del giudice del lavoro soltanto il 22 settembre 2012. Il datore di lavoro ha eccepito la decadenza dell'azione, perché il ricorso al giudice del lavoro è avvenuto abbondantemente oltre il termine di 270 giorni (ridotto a 180 dalla l. n. 92/2012) introdotto a pena di decadenza dalla l. n. 183/2010. La Corte d'Appello ha riconosciuto tale decadenza, che invece il Tribunale aveva respinto, sulla base della considerazione che l'art. 32, co. 1 bis, l.n. 183/2010, disponendo il differimento al 31 dicembre 2011 “in sede di prima applicazione” delle disposizioni di cui all'art. 6, co. 1, l.n. 604/66, non ha comportato alcun effetto in materia di impugnazione dei licenziamenti e non ha perciò disposto alcun rinvio per l'avvio della fase giudiziale rispetto al termine decadenziale introdotto dalla stessa legge.

La Corte di cassazione, con la sentenza 7 luglio 2014, n. 15434, riformando integralmente la pronuncia del collegio di merito, ha ritenuto l'applicazione del differimento del termine iniziale di decadenza al 31 dicembre 2011 estesa indistintamente ad ogni tipo di applicazione dell'

art. 6, co. 1, l.n. 604/66

e quindi anche per l'impugnativa dei licenziamenti.

Il quadro normativo

La problematica è nota: l'art. 6, co. 1, l.n. 604/66, così come modificato dalla legge n. 183/2010, ha aggiunto all'originario termine di sessanta giorni per la impugnativa stragiudiziale del licenziamento, quello successivo ulteriore di 270 giorni (oggi ridotto a 180 dalla l. n. 92/2012), entro i quali deve essere depositato il ricorso al giudice del lavoro o attivata una delle soluzioni alternative per la risoluzione della controversia (procedimento di conciliazione o arbitrato).

Termini ed adempimenti che sono stati estesi con l'occasione a tutta una serie di fattispecie (trasferimento, qualificazione del rapporto, legittimità del contratto a termine, etc.) tra di loro anche eterogenee, che hanno visto ad esse introdotti tali meccanismi per la prima volta.

L'art. 2, co. 54, D.L.. n. 225/2010, convertito con modificazioni nella l. n. 10/2011, ha poi inserito il comma 1bis all'art. 32 l. n. 183/2010, per il quale “in sede di prima applicazione, le disposizioni di cui al'art. 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966 n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l'impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011”.

Le criticità interpretative ed applicative

Il problema, ormai cronico, del quale è stata investita la Corte di cassazione nel procedimento scaturito nella sentenza n. 15434/14, è rappresentato dalla corretta interpretazione della norma e conseguente individuazione del suo effettivo ambito di incidenza: se, cioè, l'individuazione del momento iniziale del decorso del termine decadenziale – ed in particolare il suo differimento al 31 dicembre 2011 – debba riguardare indistintamente l'applicazione dell'art. 6 l. n. 604/66, oppure si possano ritenere esclusi i licenziamenti.

Con l'occasione in esame la Corte di cassazione afferma la prima opzione, ritenendo che il differimento del decorso del termine decadenziale al 31 dicembre 2011 opera indistintamente anche in materia di licenziamenti. Il percorso per giungere a questa soluzione è però piuttosto tortuoso, a causa di una formulazione della norma, il comma 1bis dell'art. 32 l. n. 183/2010, non esemplare in termini di tecnica legislativa e certezza del diritto. Il parere è diffuso: la previsione che vuole che “in sede di prima applicazione, le disposizioni di cui al'art. 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966 n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l'impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011” è di non agevole comprensione (CdA Perugia, sent. n. 198/2013) ed il testo legislativo di eccezionale ambiguità (Trib. Milano, sent. n. 4404/2011). Ambiguità confermata dalla sentenza in commento, per la quale le difficoltà ermeneutiche discendono dal fatto che, nella sostanza, il primo comma (dell'art. 6 l. n. 604/66) novellato, non fa che accorpare le previsioni di cui ai primi due commi originali, mentre nuova è l'introduzione dell'ulteriore termine di decadenza di cui al secondo comma dello stesso articolo.

Come opportunamente rilevato dalla Cassazione, ciò che è risolutivo è individuare l'esatta portata dell'inciso “in sede di prima applicazione”, recato dall'art. 32, co. 1bis l.n. 183/2010, e dalla circoscrizione dell'ambito di novità inteso dal legislatore e che si è voluto tradurre nella norma.

Come premesso, la questione non è nuova e poter disporre di una prima espressione da parte dei giudici di legittimità rappresenta sicuramente un traguardo apprezzabile in termini di certezza, verificato il contrasto diffuso nelle pronunce dei giudici di merito. Sono note infatti le posizioni, spesso contrastanti, dei giudici di prime cure, che hanno talvolta ritenuto riferibile il differimento del comma 1bis a tutte le fattispecie cui si applica il nuovo art. 6 l.n. 604/66 (Trib. Milano, n. 3914/2011; Trib. Roma, 96505/2011), in altre occasioni ai soli licenziamenti (Trib. Milano, n. 4404/2011; Trib. Roma, 16469/2012).

Il percorso verso la soluzione è particolarmente insidioso a causa dell'incertezza del significato concreto che può essere assegnato alla premessa “sede di prima applicazione”. Questa appare riferita, almeno formalmente, al solo primo comma dell'art. 6 della l.n. 604/66, sostanzialmente riproduttivo della disciplina non interessata dagli interventi di riforma in esame.

Dunque per la soluzione diviene decisivo comprendere le ragioni che hanno condotto i giudici, con la sentenza in discorso, a ritenere che il legislatore non ha testualmente limitato la proroga dell'efficacia del comma 1 novellato alle ipotesi in precedenza non contemplate, ma ha disposto il differimento dell'entrata in vigore del primo comma dando per presupposto che la disposizione novellata abbia, in linea generale, una sua prima applicazione. Perciò, differimento di tutti i termini: sia quelli relativi alle nuove fattispecie prima estranee che quelli da rispettare nella impugnativa del licenziamento.

Pertanto, ritornando al nostro lavoratore che ha depositato il ricorso oltre i 270 giorni dalla impugnativa stragiudiziale, ma nei termini se si tiene in considerazione il 31 dicembre 2011 come dies a quo, può considerarsi tempestiva l'azione giudiziale di contestazione della legittimità del licenziamento?

La soluzione della Suprema Corte

Secondo la Corte di cassazione, perlomeno con la soluzione offerta con la sentenza n. 15434/14, la risposta è affermativa, e dunque, anche il deposito del ricorso per impugnare del licenziamento è tempestivo se avvenuto nei termini di legge decorrenti dal 31 dicembre 2011.

Secondo i Giudici, infatti, <<l'art. 32, comma 1bis, l. n. 183/2010, introdotto dal d.l. n. 225/2010, così come convertito nella l. n. 10/2011, nel prevedere “in sede di prima applicazione” il differimento al 31 dicembre 2011 dell'entrata in vigore delle disposizioni relative al termine di sessanta giorni per l'impugnazione del licenziamento, riguarda tutti gli ambiti di novità di cui al novellato art. 6 l. n. 604/66, e dunque non solo l'estensione dell'onere di impugnativa stragiudiziale ad ipotesi in precedenza non contemplate, ma anche l'inefficacia di tale impugnativa, prevista dal secondo comma del medesimo art. 6, anche per le ipotesi già in precedenza soggette al relativo onere, per l'omesso deposito, nel termine di decadenza stabilito, del ricorso giudiziale o della richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato>>.

Ciò, secondo il giudizio espresso, in virtù della corretta valorizzazione del dato testuale che vuole il differimento “in sede di prima applicazione”. L'espressione deve essere riferita al diretto contestuale collegamento tra impugnazione stragiudiziale e decorrenza del termine per il deposito del ricorso giudiziale, sicchè il primo ed il secondo comma del novellato art. 6 l. n. 604/66 vengono a costituire, integrandosi fra loro, una disciplina unitaria, articolata, individuando, la Corte con la sentenza in esame “l'elemento generalizzato di novità” nella previsione di due successivi e tra loro connessi termini di decadenza.

Cassazione Lavoro, sentenza 7 luglio 2014, n. 15434

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