Trasferimento servizi di assistenza a terra ex art. 25 del CCNL Trasporto Aereo e comportamento antisindacale
11 Settembre 2015
Massima
Nell'ambito del trasferimento di servizi di assistenza a terra, disciplinato dall'art. 25 del CCNL Trasporto Aereo, non costituisce comportamento antisindacale la condotta datoriale dell'azienda cedente che, in presenza di passaggio parziale di dipendenti in attuazione della cd. clausola sociale, sottoscriva contestualmente un accordo sindacale con sigle diverse da quelle ricorrenti, volto a definire la graduale stabilizzazione di un determinato numero di rapporti di lavoro a tempo determinato di personale già dipendente al momento del trasferimento. Il caso
La questione riguarda il passaggio di personale da una società aeroportuale ad un'altra all'esito di un trasferimento di attività di assistenza dei servizi a terra. La fattispecie è regolata dall'art. 25 del CCNL Trasporto Aereo, secondo cui ogni trasferimento delle sole attività concernenti una o più categorie di servizi di assistenza a terra comporta il passaggio del personale individuato, d'intesa con le OO.SS. firmatarie del CCNL, dall'azienda cedente il servizio stesso all'azienda subentrante mediante novazione oggettiva e soggettiva dei contratti di lavoro, in misura proporzionale alla quota di traffico trasferita. Nel caso in esame è accaduto che nelle more di una trattativa sindacale per l'applicazione della clausola sociale di cui al citato art. 25 del CCNL Trasporto Aereo, da un lato la società cedente abbia sottoscritto un accordo sindacale, con sigle diverse da quelle ricorrenti, volto alla stabilizzazione di personale a tempo determinato già dipendente della cedente al momento del passaggio con “contropartita” di un orario di lavoro flessibile e dall'altro che la cessionaria, a pochi giorni dal passaggio del personale oggetto di trasferimento, abbia dichiarato un esubero di personale, avviando per l'effetto una procedura di mobilità ex artt. 4 e 24 della legge n. 223/91. Le organizzazioni sindacali ricorrenti hanno pertanto proposto un ricorso ex art. 28 St. Lav. chiedendo al Tribunale di dichiarare antisindacale il comportamento della società cedente che, in asserito spregio della funzione propria della clausola sociale (per definizione volta al mantenimento dei livelli occupazionali) avrebbe leso le prerogative sindacali delle organizzazioni che non avevano aderito alla richieste della società relative all'orario flessibile. In particolare, si legge nel decreto in epigrafe “Le organizzazioni sindacali ricorrenti addebitano all'azienda di aver, da un lato, espulso alcuni lavoratori trasferendoli ad altra società in situazione di eccedenza occupazionale e, dall'altro, di aver contraddittoriamente assunto altri lavoratori con lo scopo di stabilizzarli. In particolare, le ricorrenti imputano alla società di aver colto l'occasione del trasferimento di servizi di assistenza a terra relativi ad un determinato vettore per liberarsi di lavoratori riconducibili ad organizzazioni sindacali “scomode” perché non disposte a recepire i desiderata dell'azienda in ordine all'orario di lavoro flessibile”. Le questioni
Il passaggio di personale adibito ai servizi di assistenza a terra è stato in prima battuta disciplinato dall'art. 13 del D. Lgs. n. 18/99, emanato in attuazione della Direttiva 96/97CE relativa all'accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della comunità europea. Detta norma, da ultimo modificata con la legge n. 13 del 6 dicembre 2007, originariamente prevedeva un sistema di particolare protezione per il personale oggetto di passaggio, stabilendo, oltre che la continuità dei rapporti di lavoro all'esito del passaggio medesimo, il mantenimento di livelli occupazionali per un periodo di trenta mesi successivi al passaggio medesimo. Tale disposizione non è stata ritenuta tuttavia conforme alla normativa comunitaria dalla Corte di Giustizia che, con sentenza C-460/02 del 9 dicembre 2004, ha ritenuto che detta norma costituisse una misura di politica sociale incompatibile con le finalità della direttiva citata, poiché impediva l'apertura dei mercati interessati e l'instaurazione di una corretta concorrenza intracomunitaria nel settore. Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Bari ha ritenuto insussistente il denunciato comportamento antisindacale, correttamente separando, ai fini del decisum, la vicenda circolatoria del personale adibito ai servizi di assistenza a terra dalla sottoscrizione dell'accordo sindacale di stabilizzazione di personale a tempo determinato già dipendente dell'azienda cedente all'atto del trasferimento. Partendo dal presupposto che lo scopo della clausola sociale contenuta nell'art. 25 del CCNL Trasporto Aereo non è soltanto quello di garantire i livelli occupazionali, ma anche quello di non alterare i meccanismi di accesso delle imprese nel mercato, il Tribunale ha evidenziato che la norma pattizia disciplina un passaggio “automatico” di personale, integrativo della disciplina in tema di trasferimento di azienda, causalmente ricollegato al mero trasferimento delle attività di assistenza dei servizi e dimensionato in relazione all'entità della quota di traffico trasferita. Quanto alle modalità di passaggio, la norma collettiva prevede che l'individuazione del personale da assumere alle dipendenze del nuovo gestore sia effettuata sulla base di criteri oggettivi e predeterminati (età, anzianità di servizio, ecc.). In ragione della natura automatica del passaggio, vincolato sia nel quantum dei lavoratori da trasferire (in misura proporzionale alla quota di traffico trasferita) che nel quomodo (mediante applicazione di criteri oggettivi e predeterminati) il Tribunale ha rigettato la domanda proposta dalle OO.SS. ricorrenti, ritenendo del tutto ininfluenti sia la situazione di eccedenza occupazionale della società cessionaria che altre scelte organizzative – incidenti sul personale – compiute più o meno contestualmente dalla società cedente, quale quella di stabilizzare personale a tempo determinato già da tempo alle proprie dipendenze.
In primo luogo, il Tribunale ha escluso che nella fattispecie si sia realizzato un “uso distorto” della clausola sociale, per avere la società cedente operato un passaggio parziale di personale in favore di altra società versante in situazione di eccedenza. Sulla scorta di un consolidato orientamento della Suprema Corte, infatti, non vi è alcun onere, per il cedente, di verificare le capacità imprenditoriali del cessionario, sicché non è in frode alla legge, né concluso per motivo illecito, il contratto di cessione dell'azienda a soggetto che, per le sue caratteristiche imprenditoriali e in base alle circostanze del caso concreto, renda probabile la cessazione dell'attività produttiva e dei rapporti di lavoro (Cass. 2 maggio 2006, n. 10108; Cass. 20 marzo 2013, n. 6969).
In secondo luogo, il Tribunale ha escluso qualsivoglia intento antisindacale nella coeva sottoscrizione di un accordo sindacale volto alla stabilizzazione di personale già dipendente della società cedente, ponendosi il trasferimento del personale adibito ai servizi di assistenza a terra in maniera del tutto neutra rispetto ad ulteriori scelte gestionali compiute dalla società cedente, essendo tale passaggio “perimetrato” ex ante dalla disciplina collettiva.
Da ultimo, il Tribunale ha escluso che la società cedente avesse leso le prerogative delle OO.SS. ricorrenti nel trasferire alcuni lavoratori suoi iscritti alla società cessionaria, quest'ultima in situazione di eccedenza, una volta verificata la corretta applicazione dei criteri di passaggio previsti dalla contrattazione collettiva di settore con riferimento a tutti i lavoratori oggetto di trasferimento. Osservazioni
Nella decisione commentata si intrecciano due questioni di particolare interesse, attinenti la prima alla natura ed alla funzione della c.d. clausola sociale e la seconda ai limiti della tutela offerta dal procedimento cautelare tipico di cui all'art. 28 della legge n. 300/70, da valutarsi in relazione al bene protetto dalla norma statutaria. Per dottrina e giurisprudenza costante, infatti, il comportamento antisindacale non si basa su caratteristiche strutturali ma sull'idoneità della condotta a ledere i “beni” protetti dalla norma; conseguentemente, per integrare gli estremi della condotta antisindacale è sufficiente che tale comportamento leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro (Cass. 18 aprile 2007, n. 9250). Al fine di valutare la sussistenza del denunciato comportamento antisindacale, il Tribunale di Bari ha svolto un'approfondita indagine in ordine alle modalità con le quali le aziende interessate al passaggio di personale all'esito del trasferimento di attività di assistenza dei servizi a terra hanno applicato le disposizioni collettive di settore, avendo la norma collettiva procedimentalizzato i poteri datoriali in relazione al passaggio medesimo. Avendo verificato, con esito positivo, il rispetto dei criteri di passaggio del personale da parte dell'azienda cedente, il Tribunale ha correttamente ritenuto la condotta non lesiva delle prerogative sindacali, nonostante il passaggio in questione si sia realizzato in favore di una società che verteva in una situazione di eccedenza occupazionale. In ragione del carattere “automatico” del passaggio, il Tribunale ha escluso che nella fattispecie potesse ravvisarsi un comportamento antisindacale per avere l'azienda cedente deciso, nell'esercizio delle proprie prerogative imprenditoriali costituzionalmente garantite dall'art. 41 Cost., di stabilizzare altro personale dipendente, in precedenza assunto con contratto a tempo determinato, poiché la sottoscrizione di un accordo di stabilizzazione del personale a tempo determinato in ogni caso non avrebbe potuto produrre alcun effetto sul negozio traslativo del personale conseguente all'applicazione dell'art. 25 del CCNL Trasporto. Analogamente, il Tribunale ha ritenuto che la denunciata distorsione nell'utilizzo della clausola sociale potesse ricavarsi dalla circostanza che il trasferimento del personale fosse stato effettuato in favore di un'azienda versante in una situazione di eccedenza di personale, considerato che la norma collettiva non impone il mantenimento dei livelli occupazionali in capo alla società cessionaria. La decisione appare coerente con le finalità perseguite dal procedimento ex art. 28 St. Lav. non potendo la norma di tutela travalicare la funzione che le è propria. E. GHERA, Le c.d. clausole sociali: evoluzione di un modello di politica legislativa, Dir. Rel. Ind. 2001, 133 e ss.
M. PALLINI, Gli effetti positivi delle performances del mercato del lavoro quale condizione di compatibilità della norma nazionale con il diritto europeo, Riv. It. Dir. Lav., 2011, 449.
M.G. GAROFALO, Interessi collettivi e comportamento antisindacale dell'imprenditore, Napoli, 1979. |