La valutazione negativa del periodo di prova giustifica il recesso del datore

La Redazione
06 Febbraio 2014

Nell'ipotesi di patto di prova, legittimamente stipulato con uno dei soggetti protetti assunti in base alla l. n. 482/1968, il recesso dell'imprenditore durante il periodo di prova è sottratto alla disciplina limitativa del licenziamento individuale per quanto riguarda l'onere dell'adozione della forma scritta e non richiede, pertanto, una formale comunicazione delle ragioni del recesso. Infatti, la manifestazione di volontà del datore di lavoro riferita all'esperimento in corso, si qualifica come valutazione negativa dello stesso e comporta l'identificazione della ragione che giustifica l'esercizio del potere di recesso

Cass.civ., sez. lavoro, 14 gennaio 2015, n. 469, sent.

Nell'ipotesi di patto di prova, legittimamente stipulato con uno dei soggetti protetti assunti in base alla l. n. 482/1968, il recesso dell'imprenditore durante il periodo di prova è sottratto alla disciplina limitativa del licenziamento individuale per quanto riguarda l'onere dell'adozione della forma scritta e non richiede, pertanto, una formale comunicazione delle ragioni del recesso. Infatti, la manifestazione di volontà del datore di lavoro riferita all'esperimento in corso, si qualifica come valutazione negativa dello stesso e comporta l'identificazione della ragione che giustifica l'esercizio del potere di recesso. Questo il principio giurisprudenziale confermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 469, depositata il 14 gennaio 2015.

Il caso. La Corte d'appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Roma, con la quale era stato rigettato il ricorso proposto da una donna per sentir accertare l'illegittimità del licenziamento. La stessa era stata selezionata come appartenente a categoria protetta per un corso di tirocinio di sei mesi, all'esito del quale era stata assunta con contratto a tempo indeterminato con patto di prova di sei mesi. Durante lo svolgimento del periodo di prova, il datore di lavoro recedeva dal rapporto di lavoro per mancato superamento della prova.
La donna ha proposto ricorso per cassazione contro tale decisione.

Patto di prova con soggetti protetti. L'assunto con cui la ricorrente denuncia la necessità di una esplicita motivazione nel caso di mancato superamento del periodo di prova, non trova fondamento. Infatti, osserva il Collegio, il Giudice di merito nel decidere si è correttamente attenuto ai principi giurisprudenziali in base ai quali «nell'ipotesi di patto di prova, legittimamente stipulato con uno dei soggetti protetti assunti in base alla l. n. 482/1968, il recesso dell'imprenditore durante il periodo di prova è sottratto alla disciplina limitativa del licenziamento individuale per quanto riguarda l'onere dell'adozione della forma scritta e non richiede pertanto una formale comunicazione delle ragioni del recesso».

Valutazione negativa del periodo di prova. Questo perché la manifestazione di volontà del datore di lavoro riferita all'esperimento in corso, si qualifica come valutazione negativa dello stesso e comporta, senza necessità di ulteriori indicazioni, la definitiva e vincolante identificazione della ragione che giustifica l'esercizio del potere di recesso. Tale valutazione può essere contestata dal lavoratore con la deduzione dell'illegittimità dell'atto, che attribuisce al giudice il potere – dovere di accertare la nullità o meno del recesso, in esito alla prova che risulti determinata o influenzata dalle condizioni cui la l. n. 482/1968 collega l'obbligo di assunzione.
Alla luce di tali principi, afferma il Collegio, la sentenza impugnata risulta essere conforme agli stessi e fondata su un iter argomentativo congruo, privo di salti logici e, pertanto, merita piena conferma.
Per tali ragioni, la S.C. ha rigettato il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

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