La «stabilizzazione» delle Collaborazioni dopo la Circolare n. 3/2016 del Ministero

Vincenzo Fabrizio Giglio
19 Maggio 2016

Le collaborazioni coordinate e continuative, anche nella modalità a progetto, sono state oggetto di grande attenzione da parte delle riforme che, nel loro complesso, sono comunemente indicate con il nome di «Jobs act». L'ordinamento si propone infatti di «superare» il precedente assetto delle collaborazioni mettendo in campo, contestualmente, strumenti volti ad incentivare uno spontaneo adeguamento e strumenti repressivi volti a sanzionare perduranti abusi. Sul primo fronte, viene schierato un innovativo strumento di conciliazione denominato «stabilizzazione», che consente di prevenire possibili liti tra le parti e di estinguere contestualmente gli eventuali illeciti amministrativi, contributivi e fiscali, conservando il diritto all'incentivo per le nuove assunzioni a tempo indeterminato; sul secondo fronte, si prevede una campagna ispettiva volta all'accertamento e alla repressione degli abusi, annunciata dal Ministero del Lavoro attraverso la recente circolare 1° febbraio 2106, n. 3, con particolare attenzione al settore dei call center.
Abstract

Per ulteriori approfondimenti leggi anche Le Collaborazioni personali e continuative dopo il «Jobs act» e la circolare n. 3 del Ministero

Le collaborazioni coordinate e continuative, anche nella modalità a progetto, sono state oggetto di grande attenzione da parte delle riforme che, nel loro complesso, sono comunemente indicate con il nome di «Jobs act». L'ordinamento si propone infatti di «superare» il precedente assetto delle collaborazioni mettendo in campo, contestualmente, strumenti volti ad incentivare uno spontaneo adeguamento e strumenti repressivi volti a sanzionare perduranti abusi. Sul primo fronte, viene schierato un innovativo strumento di conciliazione denominato «stabilizzazione», che consente di prevenire possibili liti tra le parti e di estinguere contestualmente gli eventuali illeciti amministrativi, contributivi e fiscali, conservando il diritto all'incentivo per le nuove assunzioni a tempo indeterminato; sul secondo fronte, si prevede una campagna ispettiva volta all'accertamento e alla repressione degli abusi, annunciata dal Ministero del Lavoro attraverso la recente circolare 1° febbraio 2106, n. 3, con particolare attenzione al settore dei call center.

L'odierno panorama delle collaborazioni personali e continuative

Giova ricordare brevemente i tratti essenziali dell'attuale disciplina delle collaborazioni personali e continuative. Sono «personali e continuative» le collaborazioni rese senza vincolo di subordinazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, ossia, rese senza alcun ausilio di collaboratori o di strumenti di rilievo tecnico/economico significativo; e che si svolgano in modo non occasionale ma reiterato (Cass. 19 dicembre 1995, n. 12962; cfr. anche

Cass., SS.UU., 14 dicembre 1994, n. 10680

), lungo un determinato arco temporale al fine di conseguire una reale utilità (Ministero del Lavoro, circolare n. 3/2106).

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Tali contratti sono tutt'oggi validi a condizione che diano luogo a rapporti:

  • genuinamente autonomi (e, quindi, che non presentino il carattere dell'etero-direzione);
  • e che non presentino i requisiti della cd. «etero-organizzazione».

L'etero-direzione consiste nell'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, secondo il tradizionale schema dell'

art. 2094 cod. civ

.

; l'«etero-organizzazione» consiste, in estrema sintesi, in una sorta di vincolo più blando dell'etero-direzione, ossia nella circostanza che le modalità della prestazione siano organizzate dal committente,

  • anche con riferimento ai tempi di lavoro
  • e al luogo di lavoro.

Secondo il Ministero, l'«etero-organizzazione» ricorre ogniqualvolta il collaboratore operi all'interno di un'organizzazione datoriale rispetto alla quale sia tenuto ad osservare determinati orari di lavoro e sia tenuto a prestare la propria attività presso luoghi di lavoro individuati dal committente. Le citate condizioni (ingerenza su tempi e luoghi) devono ricorrere congiuntamente.

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Possono in ogni caso essere stipulate in forma di collaborazione alcune fattispecie specificamente individuate dalla norma, fermo restando il limite della subordinazione vera e propria (

art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015

;

art. 2094 cod. civ

.

).

La «Stabilizzazione» delle collaborazioni

L'ordinamento si propone di ridefinire lo spazio concesso alle collaborazioni autonome. Tale azione può essere così sintetizzata:

  • si ripristina l'antica libertà negoziale per tutte le collaborazioni ritenute prive di ragioni di specifica tutela (ossia quelle non «etero-organizzate» o quelle specificamente escluse);
  • si riconducono al lavoro subordinato tutte le collaborazioni che presentino i caratteri dell'«etero-organizzazione»;
  • si offre ai privati la possibilità di sanare il passato senza incorrere in sanzioni, attraverso la cd. «stabilizzazione»;
  • si programma un'azione di controllo e repressione di eventuali trasgressori.

La possibilità di sanare errori o abusi tramite la «stabilizzazione» e l'annunciata campagna ispettiva volta a reprimere le perduranti violazioni, pertanto, rappresentano due aspetti complementari e di rilievo della riforma.

Per quanto di nostro interesse, in questa sede, esamineremo di seguito la disciplina della «stabilizzazione», alla luce delle recenti indicazioni ministeriali.

Le norme dedicate ad incentivare ed accompagnare il passaggio: la «stabilizzazione»

La «stabilizzazione» consiste nella sottoscrizione presso determinate sedi di un accordo tra committente e collaboratore tramite il quale, da un lato, le parti rinunzino ad ogni controversia che possa tra loro sorgere in relazione al rapporto di collaborazione; dall'altro, stipulino un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, tenendolo fermo per almeno 12 mesi.

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Il tratto innovativo della stabilizzazione prevista dall'art. 54, D.Lgs. n. 81/2015 risiede nel fatto che la sua rituale esecuzione determina non soltanto la transazione delle possibili pretese tra le parti private del rapporto di collaborazione ma anche l'estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali.

Si tratta dunque di uno strumento meritevole di grande interesse.

a) I requisiti soggettivi

I soggetti che possono avvalersi di tale strumento sono:

  • i datori di lavoro privati (quindi, con esclusione di ogni pubblica amministrazione);
  • tali datori possono attivare lo strumento della «stabilizzazione» solo nei confronti di lavoratori che:
    -siano già parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto;
    -siano titolari di partita IVA con cui abbiano intrattenuto rapporti di lavoro autonomo.

Occorre soffermarsi un attimo su questo secondo aspetto. Come si vede la norma identifica due distinte categorie di lavoratori legittimati a partecipare alla «stabilizzazione» ed utilizza per loro espressioni non coincidenti:

  • per i collaboratori si chiede infatti che siano già parti di contratti di collaborazione;
  • per i «titolari di partita IVA» si chiede che abbiano intrattenuto rapporti di lavoro autonomo.

Orbene. Il diverso riferimento ai contratti di collaborazione, da un lato, e ai contratti di lavoro autonomo, dall'altro, non sembra porre difficoltà interpretative: i primi sono i rapporti contemplati dall'art. 409, n. 3, cod. proc. civ.; i secondi sono i rapporti previsti dagli artt. 2222 e segg. cod. civ. purché il prestatore sia titolare di partita IVA. Il legislatore sembra operare una piana sovrapposizione tra la categoria civilistica del lavoratore autonomo e quella tributaria del titolare di partita IVA. A rigore, tuttavia, dovrà ritenersi escluso dall'accesso alla «stabilizzazione» un rapporto che, seppure regolato dagli artt. 2222 (o 2229) e segg. cod. civ., sia stato intrattenuto con un soggetto privo della partita IVA.

b) I requisiti oggettivi

Passiamo ora ad esaminare i requisiti oggettivi della fattispecie.

Come si è visto è necessario che i soggetti legittimati soddisfino alcuni adempimenti per poter fruire degli effetti della stabilizzazione. In particolare è necessario che:

  • sia stipulato tra le parti un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La norma non precisa se tale contratto debba essere a tempo pieno. Ciò induce a ritenere che anche un contratto a tempo parziale possa consentire l'accesso ai benefici della «stabilizzazione»;
  • i lavoratori devono sottoscrivere una rinunzia irrevocabile a tutte le possibili pretese riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro. Questo requisito sembra agevolmente soddisfabile attraverso la stipulazione di una transazione, meglio se generale e novativa, ai sensi degli artt. 1975 e 1976 cod. civ., nelle sedi privilegiate previste dall'art. 2113, comma 4, cod. civ.: ossia, presso gli organismi di conciliazione sindacale, innanzi alle commissioni di conciliazione istituite presso la Direzione Territoriale del Lavoro, innanzi al Giudice o alle commissioni di certificazione o, infine, innanzi a collegi di conciliazione e arbitrato;
  • il rapporto instaurato deve rimanere in corso per almeno 12 mesi successivi alla «stabilizzazione». Si tratta evidentemente di una norma rivolta a scongiurare abusi che, complice il nuovo regime dei licenziamenti introdotto dalle cd. «tutele crescenti», potrebbero verificarsi.

Sotto questi profili la circolare del Ministero non contiene novità. La circolare ribadisce che per poter accedere ai benefici previsti è necessario che la procedura sia avviata prima di un eventuale accesso ispettivo. Pertanto, qualora l'ispezione evidenzi degli illeciti, il datore responsabile non potrà fruire dell'estinzione anche se abbia concluso la procedura di «stabilizzazione» nelle more dell'ispezione.

Viceversa, qualora l'accesso ispettivo abbia luogo a procedura di stabilizzazione in corso, ossia tra la presentazione dell'istanza di conciliazione e lo spirare dei 12 mesi decorrenti dall'assunzione dei lavoratori interessati, i relativi illeciti rimarranno comunque estinti. Ragion per cui il Ministero suggerisce di svolgere eventuali accertamenti soltanto dopo il termine della procedura medesima.

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La norma lasciava altresì aperta la questione sul tempo di conclusione del rapporto oggetto di «stabilizzazione». In altri termini, era lecito chiedersi se la stabilizzazione può essere esperita solo nei confronti di prestatori con i quali il rapporto di collaborazione/lavoro autonomo sia tuttora in corso, con esclusione dei rapporti già conclusi? O viceversa? E la medesima conclusione è applicabile sia ai collaboratori che ai titolari di partita IVA o va differenziata nei due casi?

La circolare in commento affronta e risolve il quesito affermando che la procedura può essere validamente utilizzata sia per rapporti in corso sia per rapporti già conclusi. Inoltre, il Ministero non pone distinzione, sotto questo riguardo, tra collaboratori e lavoratori autonomi muniti di partita IVA, entrambi, dunque, ammessi alla «stabilizzazione» per rapporti attivi o già esauriti.

c) Gli effetti della «stabilizzazione»

Infine, un cenno merita altresì il tema degli effetti della «stabilizzazione».

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L'estensione degli effetti sananti della «stabilizzazione» - Come abbiamo visto, la «stabilizzazione» comporta, da un lato, la sottoscrizione di un accordo di conciliazione tra le parti che estingua possibili ragioni di contenzioso tra loro; dall'altro, l'estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali.

Gli effetti che la conciliazione è destinata ad esplicare tra le parti non rivestono carattere di novità. L'aspetto innovativo concerne invece l'estinzione degli illeciti di natura pubblicistica.

Va tuttavia sottolineato che la norma fa riferimento agli «illeciti». Ciò autorizza dunque a ritenere che l'effetto estintivo abbia ad oggetto le sole sanzioni derivanti dalle trasgressioni commesse nell'attribuire al rapporto di lavoro una qualificazione errata. Complice la natura certamente eccezionale della disposizione, dunque, non sembra che si possa estendere la norma fino ai diritti sottostanti.

La circolare del Ministero sembra confermare questa impostazione, poiché vi si afferma che allorché siano svolti comunque accertamenti nei confronti del personale interessato dalla «stabilizzazione» e ne emergano delle violazioni, gli ispettori procederanno a notificare il verbale, pur evidenziando al suo interno che gli illeciti dovranno considerarsi estinti e pertanto le relative sanzioni non saranno dovute, ove la procedura sia esattamente soddisfatta.

Il punto è significativo soprattutto per gli aspetti contributivi. In altri termini, se da un lato la «stabilizzazione» consente di ritenere estinte le sanzioni connesse alla minore contribuzione previdenziale versata, non sembra invece potersi estendere fino a far ritenere estinto il debito avente ad oggetto le differenze contributive non ancora prescritte.

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Merita un cenno il tema degli illeciti assicurativi. Come evidenziato dalla Commissione del Senato che ha esaminato il disegno di legge in sede consultiva, l'art. 54, comma 2 D.Lgs. n. 81/2015, contiene una lacuna con riferimento agli aspetti assicurativi del rapporto di lavoro (tipicamente, i contributi INAIL) (cfr. parere espresso dall'11ª Commissione permanente del Senato in sede consultiva, Resoconto sommario del 13 maggio 2015, n. 155; a differenza di altre osservazioni, questa non è stata recepita nel testo finale del D.Lgs. n. 81/2015).

Ciò potrebbe condurre ad una interpretazione che escluda l'estensione del beneficio previsto dalla norma agli illeciti di questa natura, i quali resteranno dunque perseguibili dagli enti competenti, anche dopo una valida «stabilizzazione». Purtroppo il Ministero non ha offerto chiarimenti sul punto.

L'accesso all'esonero contributivo per le nuove assunzioni

L'ultimo punto sul quale la circolare del Ministero interviene concerne la possibilità di avvalersi dell'esonero contributivo previsto dalla Legge di Stabilità 2016, per le nuove assunzioni.

Secondo il Ministero del Lavoro la procedura di «stabilizzazione» non osta alla fruizione (anche) di questo beneficio, purché, si precisa, ricorrano i requisiti prescritti dalla relativa norma.

I limiti di questo lavoro non ci consentono un esame dettagliato di questo aspetto. Merita di essere rilevata, tuttavia, l'importanza dello strumento utilizzato. Sarà necessaria la stipulazione di un nuovo contratto e non una semplice modifica del precedente rapporto.

In conclusione

In conclusione, l'ordinamento mette oggi a disposizione di coloro che abbiano stipulato rapporti di collaborazione, uno strumento che consente loro di prevenire le liti e le possibili sanzioni che potrebbero scaturire dall'eventuale violazione dei requisiti di legge. D'altro canto, il Ministero annuncia una campagna ispettiva volta a reprimere gli abusi che, a dispetto delle opportunità di adeguamento offerte ai trasgressori, dovessero permanere.

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