Morte sul lavoro e onere probatorio: chi deve provare cosa?
06 Giugno 2014
Questo il principio ribadito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12562 depositata il 4 giugno 2014, consolidando il proprio orientamento in tema di sicurezza sul lavoro.
Il caso La controversia nasce dalla tragica morte di un operaio, avvenuta durante le operazioni di sbloccaggio del macchinario a cui era addetto. Nel tentativo di sbloccare il macchinario, il lavoratore si era sporto verso la vasca dove si riversava il pietrame, vi cadeva all'interno e rimaneva incastrato nel macchinario. Le testimonianze raccolte confermavano che l'operazione di sbloccaggio era stata condotta come al solito, senza che si fosse verificato un comportamento spropositato od imprudente dell'operaio. Inoltre, lo stato dei luoghi mostrava un macchinario privo di parapetti necessari ad evitare la caduta degli operai al suo interno, sebbene l'installazione di tali strutture fosse esplicitamente imposta dalle norme di sicurezza applicabili. I giudici di primo e secondo grado avevano accertato la responsabilità della società datrice di lavoro nella causazione della morte del proprio dipendente e per questo l'avevano condannata al risarcimento, in favore degli eredi, del danno biologico jure hereditatis, del danno morale da morte nonché del danno patrimoniale per la mancata remunerazione del lavoro straordinario svolto mensilmente. La società datrice di lavoro ricorreva, quindi, in Cassazione.
Massima importanza alla salute La decisione della Suprema Corte prende le mosse dall'art. 2087 c.c., che, secondo la dottrina, ha natura polivalente. Esso, infatti, è fonte di obblighi contrattuali nell'ambito del rapporto di lavoro, ma è altresì fonte di un dovere di sicurezza che assume profili pubblicistici, in quanto volto a tutelare il diritto alla salute. Da questa doppiezza discende il necessario bilanciamento tra diritto alla salute ex art. 32 Cost. e libertà di iniziativa privata ex art. 41 Cost. Ebbene, nell'interpretare gli obblighi di sicurezza sul lavoro, il diritto alla salute del lavoratore subordinato deve prevalere sulla libera iniziativa privata, la quale non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana. Il datore di lavoro dovrà, quindi, anteporre al proprio interesse imprenditoriale, la sicurezza dei propri dipendenti.
Distribuzione dell'onere della prova La Corte consolida il suo orientamento, confermando che ai fini della sussistenza della responsabilità datoriale nella causazione di un infortunio subito dal dipendente, spetti a quest'ultimo dimostrare la sussistenza dell'infortunio nonché il nesso causale tra quest'ultimo e la nocività dell'ambiente di lavoro. Grava, invece, sul datore di lavoro l'onere di provare di aver adottato tutte le misure di sicurezza idonee a tutelare la salute dei propri dipendenti, siano esse esplicitamente previste ex lege, siano esse dovute alla comune prudenza, in considerazione del tipo di attività svolta e tenuto conto dello stato della tecnica.
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