La produzione in giudizio di documentazione aziendale riservata

12 Agosto 2016

La Cassazione, con sentenza n. 16629 del 8 agosto 2016, si è pronunciata in merito ad un licenziamento intimato per giusta causa sulla base di due distinti rilievi: aver registrato durante l'orario di lavoro una conversazioni tra colleghi e aver trasferito al proprio indirizzo mail personale un documento riservato di cui non era destinatario contenente valutazioni sulle potenzialità di progressione di carriera di alcuni dipendenti e di averli prodotti in giudizio.

La Cassazione, con sentenza n. 16629 del 8 agosto 2016, si è pronunciata in merito ad un licenziamento intimato per giusta causa sulla base di due distinti rilievi: aver registrato durante l'orario di lavoro una conversazioni tra colleghi e aver trasferito al proprio indirizzo mail personale un documento riservato di cui non era destinatario contenente valutazioni sulle potenzialità di progressione di carriera di alcuni dipendenti e di averli prodotti in giudizio.

Il ricorrente sostiene che l'aver registrato e fonotrascritto le conversazioni prodotte nel giudizio cautelare di impugnazione del trasferimento e l'aver prodotto in giudizio la documentazione aziendale non costituirebbero eventi di rilevanza disciplinare tali da minare il rapporto fiduciario.

Produzione documenti riservati in giudizio

Richiamando la precedente giurisprudenza di legittimità, la Cassazione sottolinea che il lavoratore che produca, in una controversia di lavoro intenta nei confronti del lavoro, copia di atti aziendali che riguardino direttamente la sua posizione lavorativa, non viene meno ai suoi doveri di fedeltà, tenuto conto che l'applicazione corretta della normativa processuale in materia è idonea a impedire una vera e propria divulgazione della documentazione aziendale e che, in ogni caso, al diritto di difesa in giudizio deve riconoscersi prevalenza rispetto alle eventuali esigenze di segretezza dell'azienda.

Nonostante questa premessa il licenziamento è da considerarsi lecito poiché la sanzione espulsiva non si basava sulla produzione in giudizio della documentazione, ma sulle sue modalità di appropriazione, consistenti nella registrazione della conversazione tra presenti all'insaputa dei conversanti e nell'impossessamento di un'e-mail non destinata alla visione da parte del dipendente.

Le circostanze richiamate dalla corte sono in contrasto con gli standards di comportamento imposti dall'obbligo di fedeltà verso il datore di lavoro e da una condotta improntata sulla buona fede e correttezza, legittimando quindi il licenziamento per giusta causa.

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