Sulla sostituzione dei lavoratori scioperanti con quelli in servizio aventi mansioni superiori

15 Gennaio 2016

Nel caso di proclamazione di uno sciopero da parte delle organizzazioni sindacali di categoria, il datore di lavoro può disporre l'utilizzazione del personale rimasto in servizio, con l'assegnazione a mansioni inferiori, solo ove tali mansioni siano marginali e funzionalmente accessorie e complementari rispetto a quelle proprie dei lavoratori assegnati. Ove tale limite venga disatteso in violazione dell'art. 2103 c.c., la condotta è antisindacale anche se sussiste compatibilità tra le mansioni inferiori e la pregressa professionalità dei sostituti, assicurando detta norma il mantenimento del livello di professionalità acquisito.
Massima

Nel caso di proclamazione di uno sciopero da parte delle organizzazioni sindacali di categoria, il datore di lavoro può disporre l'utilizzazione del personale rimasto in servizio, con l'assegnazione a mansioni inferiori, solo ove tali mansioni siano marginali e funzionalmente accessorie e complementari rispetto a quelle proprie dei lavoratori assegnati. Ove tale limite venga disatteso in violazione dell'art. 2103 c.c., la condotta è antisindacale anche se sussiste compatibilità tra le mansioni inferiori e la pregressa professionalità dei sostituti, assicurando detta norma il mantenimento del livello di professionalità acquisito.

Il caso

La Corte di Appello di Venezia aveva confermato la sentenza del giudice di primo grado di accoglimento del ricorso di una sigla sindacale provinciale di Venezia che aveva chiesto l'accertamento della antisindacalità del comportamento del datore di lavoro, gestore di un ipermercato, in occasione di due scioperi, attuati a distanza di poche settimane, consistito nella sostituzione di lavoratori scioperanti con altri rimasti in servizio, anche di qualifica superiore. Nella specie, era stata disposta dal datore di lavoro la sostituzione del personale aderente allo sciopero con lavoratori con qualifica di capo-reparto o capo-settore che avevano svolto mansioni inferiori a quelle del livello rivestito.

La questione

È ammissibile - in quanto rientrante nelle prerogative imprenditoriali garantite dall'art. 41 Cost. - ovvero costituisce condotta antisindacale, rilevante ai sensi dell'art. 28 St. lav., la circostanza che il datore di lavoro, al fine di limitare gli effetti dannosi dello sciopero proclamato dalle organizzazioni sindacali, sostituisca i lavoratori aderenti allo sciopero con altri lavoratori rimasti in servizio anche mediante la assegnazione a mansioni inferiori, e integra violazione dell'art. 2103 c.c. l'adibizione dei lavoratori rimasti in servizio a mansioni inferiori tuttavia compatibili con la professionalità acquisita nello svolgimento della fase pregressa del rapporto.

Le soluzioni giuridiche

La questione del c.d. “crumiraggio” è stata da tempo affrontata dalla giurisprudenza, consapevole della necessità di contemperare i due opposti interessi, del diritto di sciopero e della libertà di iniziativa economica, entrambi costituzionalmente protetti. Il contemperamento è avvenuto tenendo presente, da un lato, che, per Corte Cost. n. 125/80, non può contestarsi la legittimità di misure che, non coartando in alcun modo la libertà del lavoratore che abbia inteso scioperare, tendano a contenere gli effetti dannosi dello sciopero stesso. Dall'altro, si è da tempo affermato il principio secondo cui gli interventi reattivi del datore di lavoro incontrano un doppio limite nella necessità che gli stessi non costituiscano violazione di norme di legge e dei contratti collettivi, e che non siano "nelle circostanze concrete oggettivamente idonei nei risultati a limitare la libertà sindacale" (Cass. S.U. n. 5295/97) o ad ostacolare il diritto di sciopero.

I giudici di legittimità hanno più volte riconosciuto la legittimità della utilizzazione da parte del datore di lavoro di ogni mezzo legale che, senza impedire od ostacolare l'esercizio del diritto di sciopero, sia diretto a contenerne gli effetti negativi della sospensione dell'attività (Cass. 16 novembre 1987 n. 8401, Cass. 29 novembre 1991 n. 12822, Cass. 4 luglio 2002 n. 9709).

In questa linea, Cass. 9 maggio 2006 n. 10624 ha affermato che, nella logica del bilanciamento del diritto di sciopero e del diritto di libera iniziativa economica, il primo non può dirsi leso quando il secondo sia esercitato, per limitare gli effetti negativi dell'astensione dal lavoro sull'attività economica dell'azienda, affidando ad altri dipendenti i compiti degli addetti aderenti all'agitazione, senza che risultino violate norme poste a tutela di situazioni soggettive dei lavoratori.

L'indirizzo è stato confermato da Cass. 19 luglio 2011 n. 15782 secondo cui è compito del giudice di merito accertare, ove la sostituzione avvenga con lavoratori di qualifica superiore, se l'adibizione dei primi a mansioni inferiori avvenga eccezionalmente, marginalmente e per specifiche ed obiettive esigenze aziendali. Tale sentenza opera una ricostruzione delle tappe che hanno portato all'affermazione dell'orientamento oggi consolidatosi, e ribadisce l'orientamento già espresso con le sentenze Cass. 4 luglio 2002 n. 9709, Cass. 2 settembre 2007 n. 20164, Cass. 3 giugno 2009 n. 12811 e Cass. 16 dicembre 2009 n. 26368. L'orientamento risale, dunque, alla sentenza n. 9709/2002, in un caso in cui era stata esclusa la natura antisindacale del comportamento della RAI, che, in occasione della proclamazione di uno sciopero inteso a bloccare la messa in onda delle trasmissioni, aveva adibito a tale attività personale non scioperante, anche appartenente a categorie superiore. È stato confermato anche al di fuori dei casi riguardanti servizi pubblici, con la sentenza n. 20164/2007, per cui “nel bilanciamento del diritto di libera iniziativa economica dell'imprenditore e del diritto di sciopero, quest'ultimo non può dirsi leso quando il primo sia esercitato senza violare norme poste a tutela dei lavoratori.” Nello stesso senso Cass. n. 26368/2009 e

Cass.

n. 12811/2009 secondo la quale “può escludersi il carattere antisindacale della condotta del datore di lavoro che, nell'intento di limitarne le conseguenze dannose, disponga la utilizzazione del personale rimasto in servizio mediante l'assegnazione a mansioni inferiori, solo ove tali mansioni siano marginali e funzionalmente accessorie e complementari a quelle proprie della posizione dei lavoratori così assegnati, dovendosi ritenere, diversamente, che la condotta del datore di lavoro sia lesiva dell'interesse collettivo del sindacato per aver fatto ricadere sui lavoratori non scioperanti le conseguenze negative dello sciopero attraverso il compimento di atti illegittimi perché posti in essere in violazione dell'art. 2103 cod. civ.”. Nelle suddette pronunzie si è osservato che il diritto di iniziativa economica dell'imprenditore (art. 2082 c.c.) è costituzionalmente garantito (art. 41 Cost.) e persiste anche in presenza di uno sciopero indetto dai lavoratori e dalle organizzazioni sindacali, trovando, nondimeno, in tale iniziativa – anch'essa costituzionalmente garantita (art. 4 e 40 Cost.) – il suo limite; ed anzi, avendo entrambi i diritti – quello dell'iniziativa economica e quello di scioperare – un'uguale dignità essendo l'uno condizione di esistenza dell'altro (l'impresa consente il lavoro e il lavoro consente l'impresa), la Corte considera anche pur non potendosi “negare che la sostituzione del personale scioperante renda meno efficace l'astensione, riducendo il disagio che con essa si vuole indurre e rendendo meno efficaci iniziative sindacali future. Tuttavia non si può far carico al datore di accettare supinamente tutte le conseguenze lesive derivanti dalla astensione, ma, purché non la impedisca, non gli si può negare di fare uso del potere organizzativo attribuito per neutralizzare almeno parte del pregiudizio che ne deriva” (Cass n. 15782/2011).

L'orientamento non è stato, però, da sempre pacifico, rinvenendosi precedenti decisioni secondo cui anche la adibizione a mansioni inferiori non costituiva condotta antisindacale (Cass. 9709/2002 ; Cass.n. 12822/1991; Cass. n. 20164/2007).

Occorre poi dare atto che la Corte, già con la pronuncia del 6 agosto 2012 n. 14157, aveva affrontato il tema dei limiti entro cui è ammesso il crumiraggio indiretto interno, nel bilanciamento costituzionale tra iniziativa imprenditoriale e diritto di sciopero (artt. 40, 41, Cost.), chiarendo come il discrimine stia nel rispetto dell'art. 2103 c.c., come interpretato dalla giurisprudenza, ed affermando che “né la valutazione può essere diversa per il fatto che si è all'interno di una procedura ex art. 28 della legge 300/1970. Lo statuto dei lavoratori garantisce lo svolgimento dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro (art. 14) e tutela contro comportamenti datoriali diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e dell'attività sindacale, nonché il diritto di sciopero (art. 28). Il comportamento del datore di lavoro che fa ricadere su altri lavoratori (non scioperanti o addetti a settori non interessati dallo sciopero) le conseguenze negative di uno sciopero mediante il compimento di atti illegittimi lede l'interesse collettivo del sindacato, tutelato dalla legge in modo distinto ed autonomo da quello dei singoli. Lo lede nella sua essenza: nella capacità di difendere i diritti di lavoratori mediante la coalizione solidale, perché fa derivare dallo sciopero conseguenze illegittime per altri dipendenti, dividendo gli interessi dei lavoratori e ponendoli in contrasto tra loro e con le organizzazioni sindacali”.

Osservazioni

La Corte conferma il proprio consolidato orientamento che distingue, ai fini della valutazione della antisindacalità della condotta datoriale, tra sostituzione legittima e illegittima dei lavoratori scioperanti. Sul punto erano, invero, state espresse riserve in dottrina

da chi, - considerando che

Corte Cost.

n. 28/1974

ritiene, ai fini del giudizio

ex art. 28 St. lav

., ininfluente l'accertamento della legittimità o meno del comportamento datoriale - ha argomentato che, se la sostituzione dei lavoratori in sciopero lede l'interesse del sindacato perché “impedisce o limita” oggettivamente l'attività di quest'ultimo, ciò deve essere riconosciuto indipendentemente dal demansionamento dei lavoratori utilizzati (cfr. Crumiraggio interno, demansionamento e condotta anti-sindacale. A proposito di una recente sentenza della Cassazione

di G. Orlandini in Coordinamentorsu.it 2009). La Corte, invece, già con la pronuncia n. 15782/2011 aveva considerato che “risulta irrilevante che, attraverso il ricorso ai rimedi, lo sciopero finisca per assumere una minor capacità di incidenza nel conflitto in corso. Peraltro, secondo le nozioni di comune esperienza, anche ricorrendo alla sostituzione di personale, lo sciopero mantiene una indubbia portata lesiva”.

Dunque, il crumiraggio interno non è illegittimo, e resta un atto di per sé non contestabile dal sindacato, con il limite del rispetto della previsione dell'art. 2103 c.c., nella interpretazione data dalla Corte fin dalla sentenza n. 2045 del 25 febbraio 1998 con cui si è aperto un varco nel rigore normativo, affermandosi che “l'attività prevalente ed assorbente svolta dal lavoratore deve rientrare tra quelle previste dalla categoria di appartenenza, tuttavia, per ragioni di efficienza ed economia del lavoro o di sicurezza possono essere richieste al lavoratore incidentalmente e marginalmente, attività corrispondenti a mansioni inferiori” (cfr. Cass. n. 7821/2001 e Cass. n. 12811/2009) e, ora, alla luce della modifica introdotta dal Jobs Act, che ha sostituito l'art. 2103 c.c. anche per il c.d. jus variandi orizzontale, ancorando il giudizio di equivalenza alle mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte, cioè alle astratte previsioni del sistema di classificazione adottato dal CCNL.

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