Dagli uffici di collocamento all'Anpal e dalle politiche del lavoro passive a quelle attive

13 Ottobre 2016

Quello della disoccupazione in Italia è, da sempre, uno dei principali problemi da risolvere, soprattutto nei periodi di crisi economica e produttiva, italiana ed internazionale, qual è quello che stiamo attraversando. È proprio ciò che tenta di fare il D.Lgs. 150/2015 riorganizzando l'intero sistema degli uffici del lavoro, istituendo l'ANPAL e prevedendo il passaggio da un sistema di politiche passive del lavoro ad uno di politiche attive.
Il “problema” della disoccupazione in Italia

Uno dei punti fondamentali e uno dei principali obiettivi della riforma del mercato del lavoro e della legislazione sociale voluti dalla

legge delega n. 183 del 10 dicembre 2014

e dagli 8 decreti legislativi che compongono il Jobs act è quello di cercare di ridurre in misura rilevante l'attuale tasso di disoccupazione, almeno nei suoi aspetti più gravi (disoccupazione giovanile, disoccupazione meridionale e disoccupazione femminile), e di elevare nel contempo il nostro tasso di occupazione (che per molti rappresenta l'indice più significativo dello stato di salute di un mercato del lavoro), tasso di occupazione che è, da sempre, molto al di sotto di quello medio dell'Unione Europea e che oscilla tra il 56 e il 57%, contro il 74% della Germania e il 68-70% della Francia. Una decontribuzione che dovrebbe subire un ulteriore taglio nel prossimo anno.

Dei vari indici di disoccupazione sopra indicati, quello che colpisce di più è quello della disoccupazione giovanile che, in questi ultimi anni, nonostante le variazioni stagionali e quelle strettamente connesse alla decontribuzione, è rimasto sempre vicino o superiore al 40%.

Proprio al fine di ridurre in modo significativo la disoccupazione, la

legge 183/2014, all'art. 1

comma 3, ha delegato il Governo, "allo scopo di garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro su tutto il territorio nazionale, nonché di assicurare l'esercizio unitario delle relative funzioni amministrative... ad adottare entro 6 mesi dall'entrata in vigore della presente legge uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive". Per attuare questa delega il Governo ha emanato in particolare il decreto legislativo

150

(entrato in vigore il 24 settembre 2015) dal titolo appunto "Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive".

Ed in effetti l'intero decreto 150 dispone, tra l'altro, una radicale riforma di tutte le previgenti norme di legge e regolamentari che disciplinavano compiti e funzioni dei vari uffici cui è stato affidato nel tempo il compito di ridurre il numero dei senza lavoro, favorendone l'inserimento o il reinserimento lavorativo e la formazione e la riqualificazione professionale. In realtà questi compiti, affidati da ultimo alle Regioni, alle Province e ai Centri per l'impiego, sono stati perseguiti ricorrendo quasi nel 100% dei casi alla concessione di trattamenti di cassa integrazione e di disoccupazione, più volte prorogati nel tempo ed estesi via via a nuovi settori o sottosettori produttivi. Una politica per l'occupazione che si è limitata come detto, tranne rare eccezioni, a far leva solo su strumenti di politica del lavoro passiva, quale è appunto la concessione di queste indennità che hanno svolto nel tempo funzioni sostanzialmente assistenziali e di tamponamento, a fronte delle quali il tasso di disoccupazione, nelle sue varie componenti, non è mai diminuito in modo veramente significativo. La riduzione del tasso complessivo di disoccupazione verificatasi comunque in questi ultimi anni è infatti dovuta – oltre che all'aumento dei requisiti pensionistici introdotti dalla Riforma Fornero – non tanto agli "strumenti" approntati dal Governo, quanto all'aumento, questo sì costante e significativo, dei NEET, e cioè di tutti coloro, giovani e meno giovani, che hanno via via rinunciato sia a cercare un'occupazione sia a migliorare il proprio bagaglio professionale.

Con la legge 183 e poi con il decreto 150 Governo e Parlamento hanno dato finalmente il via – a ciò spinti sia dalla migliore dottrina sia da quello che da tempo avviene in altre nazioni europee – ad una serie di iniziative e di strumenti operativi classificabili come interventi di politica attiva del lavoro, procedendo, nel contempo, ad un riordino degli Uffici del lavoro sul territorio e ad un ridimensionamento dei vari trattamenti in favore delle persone inoccupate, disoccupate o sospese dal lavoro, limitandoli nel tempo e nella loro applicabilità o, addirittura, abolendoli del tutto, come dovrebbe avvenire, dal 1° gennaio 2017, per l'indennità di mobilità, per quasi tutti i trattamenti speciali di disoccupazione (con l'eccezione di quelli del settore agricolo) e per le varie prestazioni “in deroga”. A questo proposito si sta però parlando, proprio in questi giorni, della possibilità – anzi della necessità – di disporre una proroga sia pur breve di queste prestazioni almeno per le aree di maggiore crisi.

Dagli Uffici di collocamento ai Centri per l'impiego

A (parziale) attuazione dei principi programmatici enunciati nella

Costituzione all'art. 1

("L'Italia è una repubblica ... fondata sul lavoro"), all'art. 4 e all'art. 35 è stata a suo tempo promulgata la

legge 29 aprile 1949, n. 264

(firmatari tra l'altro Einaudi, De Gasperi, Fanfani, Segni), "Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati", che - al fine di fronteggiare gli altissimi tassi di disoccupazione conseguenti alla 2ª Guerra Mondiale e al massiccio ingresso nel mercato del lavoro della manodopera femminile - disciplinava, tra l'altro, gli Uffici di collocamento, le liste di collocamento e l'assistenza economica e formativa ai lavoratori disoccupati, di cui doveva favorire l'addestramento e la riqualificazione professionale. La stessa legge ha inoltre stabilito l'obbligo di iscrizione nelle liste di disoccupazione e quello di accettazione, da parte dei disoccupati iscritti, dell'eventuale lavoro proposto dagli uffici e/o della frequenza a corsi professionali ed aziendali finalizzati "ad accrescere o mutare rapidamente le loro capacità tecniche, adattandole alla necessità dell'efficienza produttiva, alle esigenze del mercato interno del lavoro e alla possibilità di emigrazione" (artt. 46 e 53). L'inosservanza di questi obblighi avrebbe comportato, sempre secondo quanto stabilito espressamente dalla

legge 264/49

, la decadenza o la sospensione del diritto a fruire delle indennità e dei sussidi di disoccupazione allora previsti.

Una legge, come si vede, molto avanzata per quegli anni e per quella realtà economica e produttiva, una legge che ci è stata copiata da molti Paesi e che contiene principi ancora oggi attuali e validi. In linea con questa legge - che proclamava all'art. 7 che "il collocamento è una funzione pubblica" e, all'art. 8, che "chiunque aspira ad essere avviato al lavoro alle dipendenze altrui deve iscriversi nelle liste di collocamento" - il Legislatore ha dato poi il via ad una serie di iniziative (lavori pubblici, finanziamento di iniziative private, disciplina del lavoro agricolo) che hanno consentito un concreto ridimensionamento del numero dei disoccupati e facilitato l'avvio del boom economico degli anni '50 e '60.

Per raggiungere questo risultato il ruolo allora svolto dagli Uffici di collocamento (da quelli provinciali ai Collocatori comunali) è stato importante e a volte assolutamente determinante. Un ruolo però che nel tempo, tranne rare eccezioni, è andato via via diminuendo in modo rilevante.

Nell'arco dei successivi 50/60 anni gli Uffici di collocamento hanno più volte cambiato il nome (diventato da ultimo Centri per l'impiego) e la loro dipendenza funzionale. Al momento dell'entrata in vigore del decreto 150 i Centri per l'impiego (e cioè gli ex Uffici di collocamento) erano quasi 600 e i dipendenti quasi 10.000 (per un costo complessivo annuo di circa 500 milioni di euro), con risultati, in termini di concreto avviamento al lavoro, assolutamente modesti.

Due altre riforme particolarmente importanti ci sono state in questo lungo periodo di tempo. La prima è stata quella dell'abolizione, nel 2003, delle liste di collocamento, rimaste solo per alcuni limitati sottomercati del lavoro (lavoratori dello spettacolo, lavoratori in mobilità, categorie protette, gente di mare), dell'istituzione al loro posto degli elenchi anagrafici delle persone alla ricerca di un primo, di un nuovo o di un diverso lavoro e dell'avvio di nuove e più articolate classificazioni delle persone senza lavoro, sostitutive di quelle ormai superate sotto tanti aspetti (la legge del '49 prevedeva un'apposita lista per le “casalinghe in cerca di lavoro”).

L'altra riforma, sempre del 2003, rivelatasi utile e significativa, è stata quella dell'abolizione, anche per adeguarsi a specifiche direttive comunitarie, del monopolio pubblico del collocamento e la conseguente apertura alla collaborazione tra uffici pubblici, Agenzie per il lavoro e altri soggetti privati autorizzati all'attività di intermediazione (v, in proposito, la

legge delega 14 febbraio 2003, n. 30

e il

d.lgs. attuativo del 10 settembre 2003, n. 276

).

Dalle politiche passive a quelle attive

Dunque il sistema del collocamento in atto alla fine del 2014 aveva la necessità di essere totalmente rinnovato ed adeguato. È quello che tenta di fare il D.Lgs.

150, insieme al D.Lgs.

148 di riforma degli ammortizzatori sociali, ricorrendo come detto ad una vera e propria “rivoluzione copernicana” di progressivo abbandono delle politiche del lavoro passive (=concessione di trattamenti assistenziali e previdenziali) e di avvio di un sistema di concrete politiche attive.

Fulcro di questo nuovo sistema è l'istituzione

(art. 4 del decreto 150) della Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL), a far tempo dal 1° gennaio 2016.

Questo nuovo ente, dotato di personalità giuridica pubblica, autonomia organizzativa, regolamentare, amministrativa, contabile e di bilancio (art. 4, comma 2), non deve determinare “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” (

art. 4

,

comma 1), è “posto sotto la vigilanza del Ministero del Lavoro e “il controllo della Corte dei Conti” (art. 4 commi 2 e 3) ed ha una propria “dotazione organica non superiore a 395 unità” (

art. 4

, comma 4), formata da dirigenti ed impiegati già in forza allo stesso Ministero del Lavoro (che cede all'ANPAL l'intera Direzione Generale per le politiche attive – art. 4 comma 5) e all'ISFOL.

L'art. 1 del decreto 150 istituisce formalmente la “Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro” coordinata dall'ANPAL e composta, oltre che dalla stessa ANPAL, dagli Uffici per il lavoro e le politiche attive delle Regioni e delle Province autonome (art. 11), dall'Inps, dall'Inail, dalle Agenzie private per il lavoro e dagli altri soggetti privati che svolgono attività di intermediazione, dai Fondi Professionali per la formazione continua di cui alla

legge 388/2000

, dai Fondi bilaterali di cui alla legge 276/2003, dall'ISFOL (che cambierà il proprio nome in INAPP) da Italia Lavoro, dalle Camere di Commercio, dalle Università e dagli Istituti di scuola secondaria di 2° grado (art. 1, comma 2).

All'istituzione di questa complessa “Rete di servizi” devono però essere aggiunti due altri fatti di grande rilievo: quello di cui all'art. 2 - che prevede che “le linee di indirizzo triennali e gli obiettivi annuali dell'azione in materia di politiche attive … e la specificazione dei livelli nazionali delle prestazioni” in favore di disoccupati e inoccupati devono essere fissati con decreto del Ministro del Lavoro, “previa intesa … fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome” (art. 2, comma 2) – e quello previsto dall'art. 3, comma 1, a termini del quale “al Ministero del Lavoro spettano … il potere di indirizzo e vigilanza sull'Anpal”, cui si somma il fatto, ancor più rilevante, stabilito dal comma 2 dello stesso art. 3, che “il Ministero del Lavoro esprime parere preventivo su … circolari e altri atti interpretativi dell'Anpal”, nonché sulle “modalità operative e sull'ammontare dell'assegno individuale di ricollocazione e sugli atti di programmazione e di riprogrammazione dei programmi comunitari…”. Al Ministero del Lavoro, infine, spettano (art. 3, comma 3, lettere a e b) “la definizione del concetto di offerta di lavoro congrua … e la definizione delle linee di indirizzo per l'attuazione della normativa nazionale in materia di politiche attive del lavoro e servizi pubblici per il lavoro…”, competenze queste ultime di rilievo assoluto.

L'art. 9, comma 1 attribuisce all'ANPAL una serie di “funzioni e compiti” per la cui minuta articolazione si rinvia al testo dello stesso comma. Sottolineo tuttavia, come particolarmente rilevanti, quelli (lettera g) di “sviluppo e gestione integrata del sistema informativo unitario delle politiche dal lavoro”, di “assistenza e consulenza nella gestione delle crisi di aziende con unità produttive in più province … e delle crisi aziendali complesse” (lettera o) e di istituzione e gestione del Repertorio nazionale degli incentivi all'occupazione” (lettera q).

Si rileva infine che il comma 2 dello stesso art. 9 prevede che “all'ANPAL possono essere attribuiti ulteriori compiti e funzioni mediante la stipula di apposite convenzioni con le regioni e le province autonome, in materia di gestione diretta dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro".

L'operatività dell'Anpal e il ruolo di Italia Lavoro

Dunque motore essenziale di questa riforma è la piena operatività e funzionalità dell'ANPAL.

Nei primi mesi di vigenza del decreto 150 si è arrivati alla nomina del Presidente e del Direttore Generale dell'ANPAL. Recentemente sono stati approvati e pubblicati sulla G.U. il D.P.C.M. del 13 aprile 2016 – che disciplina l'assegnazione all'ANPAL di una parte del personale (per ora 217 unità sulle 395 previste) proveniente dal Ministero del Lavoro e dall'ISFOL – mentre da tempo si lavora, parallelamente, alla messa a punto del nuovo Regolamento organizzativo del Ministero del Lavoro conseguente alla cessione allo stesso ANPAL di un'intera Direzione Generale – e il

D.P.R. 26 maggio 2016, n. 108

, pubblicato sulla G.U. del 21 giugno u.s., con cui è stato approvato ed emanato lo Statuto dell'ANPAL, composto di 16 articoli sostanzialmente ripetitivi delle disposizioni contenute nel decreto 150.

Per rendere concretamente operativa l'ANPAL mancano ancora due Regolamenti

: quello Organizzativo e quello di Contabilità. Il 13 settembre u.s., infine, secondo quanto previsto dall'art. 4, comma 13 del decreto 150, si è avuta comunicazione che l'ANPAL è subentrata “nella titolarità delle azioni di Italia Lavoro s.p.a.”, in precedenza Agenzia tecnica del Ministero del Lavoro e di proprietà al 100% del Ministero dell'Economia. Questo passaggio – oltre ad essere finalizzato ad assicurare “la funzione di struttura in house di Italia Lavoro” – determina l'inserimento formale della stessa Italia Lavoro nella Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro (art. 1, comma 2, lettera h decreto 150), la nomina del Presidente dell'ANPAL ad amministratore unico di questa agenzia e la contestuale decadenza del suo Consiglio di Amministrazione.

Questo inserimento di fatto di Italia Lavoro nella struttura e nell'organico (in senso lato) dell'ANPAL ha, a mio avviso, un'estrema rilevanza e positività per il concreto avvio di un sistema di politica attiva del lavoro.

Conclusioni e prospettive alla luce anche del D.Lgs correttivo del Jobs act

Quanto fin qui detto e commentato ha in parte già anticipato alcune conclusioni.

I propositi prima della

legge 92/2012

e poi, ancor di più, della

L. 183/2014

e del D.Lgs 150 sono pienamente condivisibili; oltre che necessari e da tanto tempo attesi ed indispensabili per facilitare una effettiva ripresa della produzione e del nostro mercato del lavoro, propositi già previsti, almeno per grandi linee, dalla stessa

legge 264/49

, già ricordata, che conteneva anche in prospettiva linee applicative e di sviluppo del mercato del lavoro e di quello della formazione per quel tempo veramente moderne e di prospettiva.

L'auspicio, necessario, è che si riesca ad accelerare e a snellire il più possibile i tempi per realizzare ciò che serve e che oggi ancora manca per la piena operatività dell'ANPAL.

Si aggiungono alcune brevi considerazioni sulla natura e le caratteristiche, in parte contraddittorie, dell'ANPAL.

Cominciamo da questo punto: il decreto 150 ne afferma e delinea in alcune norme una rilevante e necessaria autonomia e snellezza operativa, in altre invece ne “blocca” formalmente sia l'autonomia sia la snellezza stabilendo pesanti controlli, anche di merito, che “potrà” e “dovrà” svolgere il Ministero del Lavoro nei suoi confronti, controlli che rischiano di “ingessare” quegli snellimenti cui l'istituzione dell'ANPAL sembra finalizzata. Un'ANPAL che dovrebbe gestire anche un nuovo ed efficiente sistema informativo di controllo e di coordinamento delle decine di banche dati già esistenti.

Un'ANPAL che è chiamata, tra l'altro, a svolgere compiti in prospettiva davvero interessanti come quelli, ad esempio, previsti dall'art. 26 del decreto 150, relativo all'utilizzo diretto dei lavoratori titolari di trattamenti Cig e/o di indennità di mobilità chiamati a svolgere obbligatoriamente e a costo zero “attività di pubblica utilità a beneficio del comune ove siano residenti (comma 1)”. Per attuare questa disposizione il comma 2 stabilisce “che allo scopo di dar corso alle (suddette attività di pubblica utilità) le regioni e le province autonome stipulano (con l'Anpal) specifiche convenzioni sulla base della convenzione-quadro predisposta dall'Anpal” stesso.

Altrettanto importante, a mio avviso, è la previsione contenuta nel successivo comma 5: “le convenzioni di cui al comma 2, possono prevedere l'adibizione alle attività di pubblica utilità da parte dei lavoratori disoccupati, con più di 60 anni, che non abbiano ancora maturato il diritto al pensionamento di vecchiaia o anticipato”.

Questa potrebbe risultare concretamente una norma davvero utile per evitare il formarsi di nuovi esodati e per risolvere molti dei problemi di quelli che già lo sono. Consente infatti la maturazione del diritto a pensione a fronte di un lavoro socialmente utile che dà diritto ad un assegno mensile pari all'assegno sociale e all'accredito di una contribuzione figurativa utile (comma 11) “per l'acquisizione dei requisiti assicurativi per il diritto al pensionamento”.

Si tratta di una previsione normativa, al momento rimasta sulla carta, che comporta un costo particolarmente ridotto e che dovrebbe essere presa in considerazione, oltre che dai tecnici dei Ministeri, dalle associazioni datoriali e sindacali che, a breve, dovrebbero incontrare nuovamente il Governo (e in particolare il sottosegretario Nannicini e il ministro Poletti) per mettere definitivamente a punto e per cercare di concretizzare i tanti discorsi finora fatti intorno all'APE, a quell'anticipo pensionistico cioè che, al momento, appare, oltre che confuso e non ben delineato, estremamente costoso per il Bilancio pubblico e/o per coloro che avrebbero intenzione di andare in pensione in anticipo.

A questo proposito va ricordato che, a fronte dell'abolizione a far tempo dal 1° gennaio 2017 dell'indennità di mobilità, dei trattamenti speciali di disoccupazione e degli ammortizzatori sociali in deroga, Confindustria, CGIL CISL e UIL hanno sottoscritto e proposto al Governo, all'inizio di settembre, uno specifico accordo per una proroga di 1 o 2 anni di tutte queste indennità per cercare di ridurre le drastiche conseguenze che deriverebbero dalla loro abrogazione, soprattutto nelle aree di "crisi industriali complesse" (Trieste, Livorno e Piombino, Teramo, Ascoli Piceno, Rieti, Venafro-Campochiaro-Bojano, Taranto, Termini Imerese e Gela), cui dovrebbero aggiungersi, ritengo, almeno i comuni terremotati dell'Italia centrale.

Per completezza è necessario infine ricordare le modifiche che il decreto legislativo correttivo del Jobs act ha apportato alle competenze e alle iniziative che l'ANPAL dovrà attuare.

Queste modifiche sono contenute nell'art. 4 ("Disposizioni integrative e correttive del

D.Lgs. n. 150/2015

") e sono le seguenti:

a) integrazione dei soggetti che fanno parte della Rete dei servizi per le politiche del lavoro, Rete che ai sensi dell'art. 1, comma 4, deve essere coordinata dall'ANPAL: l'art. 1, comma 2, lettera e) viene abolito e così sostituito:

"e) le Agenzie per il lavoro di cui all'

art. 4 del D.Lgs 276/2003

, i soggetti autorizzati allo svolgimento delle attività di intermediazione ai sensi dell'art. 6 del medesimo D.Lgs e i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro ai sensi dell'art. 12,";

b) finanziamento di specifiche iniziative disposte dal Ministero del Lavoro: all'art. 5, dopo il comma 4, è aggiunto il comma 4bis, a termini del quale l'ANPAL è delegato ad effettuare il pagamento, per conto del Ministero del Lavoro, di somme "destinate al finanziamento di iniziative del Ministero del Lavoro (utilizzando le) risorse confluite nella gestione a stralcio separata... istituita nell'ambito delle disponibilità del Fondo di rotazione di cui all'

art. 9, comma 5 del D.L. 148/1993

";

c) nuovi compiti dell'ANPAL: all'art. 9, comma 1, è aggiunta, dopo la lettera q, la lettera q.bis, in attuazione della quale l'ANPAL dovrà svolgere anche "le attività già in capo al Ministero del Lavoro in materia di promozione e coordinamento dei programmi formativi destinati alle persone disoccupate";

d) integrazione del Sistema informativo unitario delle politiche del lavoro che dovrà essere gestito dall'ANPAL: 1) agli enti che già devono collaborare alla realizzazione di questo Sistema informativo è stato aggiunto il MIUR (

art. 13,

comma 1); 2) a questo Sistema informativo dovranno affluire anche i dati riguardanti le schede anagrafico-professionali dei lavoratori, i dati contenuti nella banca dati reddituale, i dati catastali e di pubblicità immobiliare e i dati relativi all'Anagrafe nazionale degli studenti, compresi gli studenti universitari e i laureati (art. 13, comma 2bis);

e) vigilanza sui fondi di formazione interprofessionali: nell'

art. 118, comma 2 della legge n. 388/2000

, che istituisce e regola i Fondi di formazione interprofessionali, viene modificato il 2° periodo che, nella nuova versione, stabilisce che "all'ANPAL è affidata la vigilanza sulla gestione (di questi) Fondi... anche ai fini della revoca dell'autorizzazione e del commissariamento".

Nel quadro in esame è importante tener presente che il

D.Lgs

24 settembre 2016, n. 185

, c.d. correttivo del Jobs act di cui stiamo parlando ha modificato, tra l'altro, l'

art. 2 del D.Lgs 148/2015

, aggiungendo, dopo l'art. 44, comma 11, il comma 11bis, con il quale - in parziale accoglimento delle richieste che, come più sopra ricordato, avevano avanzato unitamente le parti sociali - si stabilisce che "previo accordo stipulato in sede governativa... può essere concesso un ulteriore intervento di CIGS, sino al limite massimo di 12 mesi, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale complessa", aree di crisi che, come già detto, riguardano ben 9 Regioni e per le quali il comma 11bis mette a disposizione complessivamente "216 milioni di euro per l'anno 2016".

Tutto quanto fin qui detto - compresi, da ultimo, gli ulteriori compiti affidati all'ANPAL dal D.Lgs correttivo - evidenzia il ruolo fondamentale e di assoluta centralità che questa Agenzia è chiamata a svolgere non solo nel campo del mercato del lavoro, e in particolare per ciò che riguarda l'attuazione concreta delle politiche attive, ma addirittura per una valida ed adeguata realizzazione dell'intera riforma introdotta con l'entrata in vigore del Jobs act. Una riforma che, pur in un contesto di discussioni e di contrasti sulla sua validità, è da considerarsi - anche se certamente migliorabile - assolutamente necessaria per una modernizzazione e una maggiore estensione ed omogeneità sia del mercato del lavoro nel suo complesso sia del sistema generale degli ammortizzatori sociali.

Dunque è sempre più necessario che l'ANPAL diventi al più presto pienamente operativa cominciando a dare attuazione ai tantissimi compiti che è chiamata a svolgere, compiti in parte già propri del Ministero del Lavoro e in parte assolutamente innovativi.

E su questi compiti si rifletteranno in modo assolutamente rilevante anche i problemi derivanti dalla concreta abolizione delle Province, dalla modifica delle competenze Stato-Regioni in materia di lavoro contenute nel provvedimento di riforma della Costituzione e dai maggiori e specifici problemi di occupabilità per tanti nostri giovani conseguenti all'effettiva uscita dell'Inghilterra dall'Unione Europea.

Guida all'Approfondimento

- M. Alberti, Senza lavoro: la disoccupazione in Italia dall'unità ad oggi, Bari, 2016.

- D. Garofalo, Le politiche del lavoro nel Jobs act, in F. Carinci (a cura di), La politica del lavoro del Governo Renzi, ADAPT University Press, 2014, ppg. 58 e ss.

- P. Righetti, I nuovi LSU e il nodo esodati, in Guida al lavoro n. 41/2015, ppg. 108/111.

- S. Spattini, La nuova governance del mercato del lavoro, in Le nuove regole del lavoro dopo il Jobs act, ppg. 391/407, Giuffrè Editore, 2016.

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