Dirigenti e licenziamenti collettivi: alcuni profili di criticità

17 Novembre 2014

La Legge europea 2013-bis, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 10 novembre 2014, ha adeguato la disciplina nazionale italiana sui licenziamenti collettivi alla sentenza della Corte di Giustizia che aveva dichiarato inadempiente il nostro Paese, avendo escluso i dirigenti dagli obblighi di consultazione e informazione sindacale in caso di procedure di licenziamenti collettivi. Quali le criticità nell'interpretazione del testo legislativo ed anche nella concreta attuazione delle procedure?

La Legge n. 161/2014 interviene da un lato modificando l'articolo 24 della legge 223/1991, dall'altro estendendo le procedure previste dalla stessa legge anche al caso in cui il datore di lavoro intenda procedere al licenziamento di uno o più dirigenti.

Già i primi commentatori del testo legislativo hanno evidenziato alcune criticità interpretative anche per quanto riguarda gli effetti della violazione delle procedure previste nella legge 223/1991 all'articolo 4. Sarà poi la giurisprudenza a chiarire la corretta portata delle nuove disposizioni.

Ma c'è un altro aspetto della novella che, a mio avviso, presenta delle criticità ed è quello strettamente procedurale sulle modalità delle consultazioni sindacali.

È notorio infatti che la pluralità di sindacati dei lavoratori, in alcuni casi non in sintonia, per usare un eufemismo, tra di loro, ha spesso comportato la necessità di organizzare tavoli separati di consultazione sindacale imponendo la reiterazione degli incontri, la ripetizione dell'illustrazione delle ragioni della procedura, ecc.

L'estensione dell'obbligo di consultazione ed informazione anche all'ipotesi di licenziamento di dirigenti aggraverà ulteriormente gli aspetti formali della procedura poiché è presumibile che i sindacati dei dirigenti non intenderanno accomunarsi agli altri sindacati ma chiederanno, nell'ambito della procedura, appositi incontri per analizzare la situazione dei loro rappresentati.

Ancora, stante la particolarità del ruolo dei dirigenti, anche le motivazioni a sostegno della necessità di inserirli in una procedura di licenziamento dovranno avere delle loro specificità per cui, probabilmente, si renderà necessario predisporre un'apposita lettera di attivazione della procedura così come, nella comunicazione di conclusione della procedura stessa, ove vanno indicati i criteri di scelta, dovranno essere predisposte specifiche, e diverse da quelle relative a tutti gli altri dipendenti, lettere di chiusura.

Un'altra criticità si potrà, a mio avviso, manifestare in corso di procedura o all'esito della stessa nel caso in cui venga operata una comparazione tra le ragioni di apertura della procedura per il personale non dirigente e le motivazioni dell'intenzione di dar corso al recesso anche per figure dirigenziali.

Infatti non sempre i presupposti che inducono un'azienda ad intervenire riducendo il personale possono essere gli stessi che consentono di incidere anche sulle figure di vertice. Queste ultime hanno intanto, loro funzioni e specificità che le rendono non comparabili e poi la componente strettamente fiduciaria del loro rapporto è meno riconducibile in un contesto di valutazioni oggettive o strettamente tecniche.

Per altro verso saranno gli stessi dirigenti a non gradire, innanzitutto, di essere accomunati ad altre figure professionali con la conseguenza che, sia in termini procedurali, sia in termini di enunciazione delle motivazioni dei recessi nei loro confronti, sarà necessario porre particolare attenzione a evidenziare le peculiarità attinenti la loro figura professionale.

Inoltre non va dimenticato che il dirigente è l'alter ego dell'imprenditore per cui appare quantomeno singolare che chi, sostanzialmente, dovrebbe essere il soggetto che ha quantomeno condiviso l'iniziativa di dar corso ad una riduzione del personale diventi poi oggetto e, in un certo senso, vittima di una decisione che ha contribuito ad assumere.

Sinora, anche in caso di necessità di operare riduzioni del personale anche nei confronti dei dirigenti, questi venivano trattati singolarmente e il loro sindacato interveniva, al più, per supportarli e formalizzare intese raggiunte in sede aziendale senza particolari formalità.

Con la nuova Legge europea il licenziamento del dirigente viene, in un certo senso, collettivizzato e conseguentemente il loro sindacato rappresentativo assurge ad un ruolo più incisivo.

Né da ultimo si dimentichi l'arco temporale di 120 giorni all'interno dei quali più di cinque licenziamenti richiedono l'adozione della procedura di cui alla legge 223/1991.

Con la nuova disciplina anche il licenziamento di un dirigente, motivato da ragioni soggettive od economiche, ancorché del tutto slegato da una con temporanea procedura di licenziamento collettivo, non potrà essere operato ove ricadente non solo nell'arco temporale di 120 giorni entro i quali i licenziamenti si intendono come collettivi, ma nel più esteso periodo di tempo che usualmente gli accordi sindacali di chiusura delle procedure di mobilità prevedono per dar corso all'intimazione dei licenziamenti collettivi.

La nuova disciplina, se da un lato può avere una sua ragione di equità e di estensione di specifiche protezioni anche per i dirigenti, dall'altro lato mostra evidenti criticità non solo nell'interpretazione del testo legislativo ma anche nella concreta attuazione delle procedure, con buona pace della semplificazione.

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