Illegittimo il licenziamento per lo sfogo su FB contro il datore di lavoro

La Redazione
13 Luglio 2017

Una lavoratrice, a cui era stato intimato il licenziamento dopo aver criticato aspramente il proprio datore di lavoro su Facebook, ne chiedeva fosse dichiarata l'illegittimità. Con sentenza n. 13799 del 31 maggio 2017, la Corte di Cassazione si è espressa a favore della ricorrente, annullando il recesso.

Cass. sez. lav., 31 maggio 2017, n. 13799

Una lavoratrice, a cui era stato intimato il licenziamento dopo aver criticato aspramente il proprio datore di lavoro su Facebook, adiva il Tribunale, al fine di sentirne dichiarata la nullità, inefficacia o comunque l'illegittimità e, conseguentemente, ottenere la condanna al risarcimento del danno. Il giudice, a conclusione della fase sommaria, accoglieva la domanda dell'attrice, condannando l'azienda alla tempestiva reintegrazione della stessa. Seguiva l'opposizione del datore di lavoro, che sosteneva la piena legittimità del licenziamento, considerando il contenuto “oggettivamente diffamatorio” delle espressioni postate dalla lavoratrice sulla sua pagina Facebook. Il Tribunale accoglieva l'opposizione proposta, in quanto le frasi della lavoratrice sarebbero consistite in una “gratuita ed esorbitante denigrazione”, miranti a ledere la reputazione dell'azienda. Contro tale pronuncia, proponeva reclamo la lavoratrice. La causa veniva decisa dalla Corte di Appello che dichiarava l'illegittimità del licenziamento, con condanna della società al risarcimento del danno. Stante questa decisione, la società proponeva ricorso in Cassazione.

La ricorrente denunciava la violazione dell'art. 18, commi 4 e 5, della Legge n. 300/1970, sostenendo che tale norma accordi la tutela reintegratoria solo in caso di insussistenza del fatto materiale causa del licenziamento. Sottolinea, invece, la Suprema Corte che l'art. 18 St. Lav. riconosce la reintegra anche nell'ipotesi del fatto sussistente ma privo del carattere di illiceità, senza che rilevi la diversa questione della proporzionalità tra sanzione espulsiva e fatto di modesta illiceità. Pertanto, avendo la Corte di merito correttamente accertato l'insussistenza dell'antigiuridicità del comportamento, viene esclusa la correttezza del licenziamento e respinta la censura.

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