Le "tutele crescenti" in caso di accertamento della natura subordinata di un rapporto di lavoro
Luigi Di Paola
15 Aprile 2015
La nuova normativa sul contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti - introdotta dal D.Lgs. n. 23/2015 - concernente il regime di tutela in caso di licenziamento illegittimo, si applica ai lavoratori assunti a decorrere dalla data di entrata in vigore (i.e.: 7 marzo 2015) del D.Lgs. in questione.Diventa, pertanto, fondamentale, ai fini dell'applicabilità, o meno, del nuovo regime (o, invece, dell'art. 18 Stat. lav., per come modificato dalla cd. legge “Fornero” ), individuare la esatta data di assunzione del lavoratore.Si tratta, però, di considerare, accanto all'ipotesi di assunzione “formale”, quella connessa alla pronuncia giudiziale in esito alla quale è riconosciuta la sussistenza del requisito della subordinazione, conformemente all'istanza del lavoratore che faccia valere o la sussistenza di un rapporto di lavoro non regolarizzato o contesti la genuinità della collaborazione formalmente autonoma. L'Autore, dopo aver illustrato la disposizione di interesse introdotta dalla recente normativa, si sofferma sulle varie questioni problematiche correlate all'incidenza della pronuncia giudiziale sul momento di inizio del rapporto di lavoro, nonché sulla portata ed eventuale applicabilità dell'art. 1, comma 2, del testo normativo al contratto a progetto dichiarato illegittimo.
Il quadro normativo e il valore del termine “assunzione”
Secondo la nuova disciplina, è, in via generale, la data di assunzione del lavoratore - a seconda che essa si collochi in data antecedente o successiva a quella di entrata in vigore del citato D.Lgs. - a fungere da spartiacque tra i due regimi (è da considerarsi eccezionale, pertanto, la previsione di cui all'art. 1, comma 3, ove si legge che “Nel caso in cui il datore di lavoro, in conseguenza di nuove assunzioni a tempo indeterminato avvenute successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, integri il requisito occupazionale di cui all'art. 18, ottavo e nono comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, il licenziamento dei lavoratori, anche se assunti precedentemente a tale data, è disciplinato dalle disposizioni del presente decreto”).
Con l'espressione “assunzione”, del resto, il legislatore ha evidentemente inteso riferirsi al momento di inizio del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, individuato anche a seguito di accertamento giudiziale.
In buona sostanza, l'individuazione della data di assunzione è rimessa ad una pronuncia del giudice nei casi in cui il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato non sia stato regolarizzato o sia sorto, formalmente - ma non sostanzialmente, per quanto successivamente accertato –, come autonomo in senso lato.
A tali specifiche evenienze sono dedicati i prossimi paragrafi.
L'individuazione della data di assunzione in caso di accertamento della natura subordinata di un rapporto di lavoro non regolarizzato ed aspetti problematici
Qualora il lavoratore “a nero” deduca in giudizio, a supporto di alcune rivendicazioni monetarie, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato (ancora in corso al momento di proposizione dell'azione), la pronuncia di accoglimento del giudice, in funzione di accertamento e di condanna, costituirà il punto di riferimento oggettivo per l'individuazione della data - coincidente con quella di inizio del rapporto - di assunzione (essendo di norma esplicitato, in sentenza, quanto meno in motivazione, il momento in cui il rapporto è sortonel segno della subordinazione).
Analoga è la situazione in cui il lavoratore sia stato formalmente assunto a tempo indeterminato ma abbia agito in giudizio per far valere una data di inizio del rapporto anteriore alla predetta data.
In tali casi, qualora la sentenza di accoglimento accerti – conformemente all'istanza del lavoratore - una data di inizio del rapporto anteriore al 7 marzo 2015 e, successivamente, sia intervenuto il licenziamento, ad esempio per giustificato motivo oggettivo, si tratta di stabilire quale linea di condotta debba essere osservata dal lavoratore medesimo che intenda impugnare giudizialmente l'atto espulsivo.
Certamente, in presenza di una sentenza di primo grado favorevole, egli potrà agire avvalendosi del regime riservato alle vecchie assunzioni, sia da un punto di vista sostanziale (chiedendo, per esempio, l'applicazione dell'art. 18, dello Statuto dei lavoratori) che processuale (avvalendosi del cosiddetto rito “Fornero”).
Tuttavia, qualora la predetta sentenza, impugnata, fosse riformata in appello, in adesione, questa volta, alle ragioni del datore, diverrebbe applicabile la nuova normativa per i neo-assunti, con la conseguenza che il secondo giudizio (sull'ammissibilità della cui sospensione anche solo facoltativa è lecito dubitare) intentato dal lavoratore conterrebbe una domanda (rectius: la parte finale concernente la richiesta di reintegra, ad esempio, per manifesta insussistenza del fatto) non più ammissibile, proposta peraltro con un rito inappropriato.
Dal lato sostanziale, il giudice della causa del licenziamento dovrebbe poter sempre, in caso di ritenuta fondatezza delle ragioni del lavoratore, accogliere la domanda per quella parte che rimane possibile, ad esempio dichiarando illegittimo il licenziamento ed applicare d'ufficio (ammissibilmente) la sola tutela economica (che, nel nuovo regime, ha oramai soppiantato quella ripristinatoria quasi integralmente).
D'altra parte l'utilizzo di un rito improprio non dovrebbe rappresentare un problema, non essendovi alcun profilo di nullità.
Non è comunque escluso che la pronuncia di appello di riforma possa essere cassata, onde i profili di interferenza si riespanderebbero (se non altro perché la sentenza che ha statuito sull'illegittimità del licenziamento risulterebbe viziata nella parte in cui ha rigettato la domanda di reintegra)
Qualora il lavoratore abbia, invece, direttamente impugnato un (dedotto) licenziamento orale chiedendo l'applicazione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori (contenente disciplina di norma più favorevole di quella introdotta dal legislatore del Jobs act sul versante della tutela risarcitoria, dovendo la posta essere commisurata alla retribuzione globale di fatto), ed agendo secondo il rito “Fornero” sul presupposto della nascita del rapporto prima del 7 marzo del 2015 (giacché vale, a tal fine, la prospettazione della domanda), il giudice, qualora accerti che il predetto rapporto sia sorto successivamente a tale data, dovrà, in caso di accoglimento della pretesa, concedere la tutela delineata nella riforma per i nuovi assunti, senza che ciò sia precluso dall'utilizzo di rito errato, che dovrebbe, anche per linearità di gestione del processo, poter essere mantenuto fino all'esito della controversia. Non sembra, infatti, ragionevole ipotizzare un mutamento del rito all'esito dell'istruttoria e appena prima della pronuncia giudiziale; l'utilizzo del rito ordinario, del resto, potrebbe, nel prosieguo, risultare (a posteriori) altresì scorretto qualora il giudice del gravame riconosca che il rapporto era, effettivamente, sorto prima del 7 marzo 2015.
L'individuazione della data di assunzione in caso di accertamento della natura subordinata di un rapporto formalmente sorto da contratto a progetto (o autonomo in senso lato)
La disciplina di riferimento del contratto a progetto, dal lato sanzionatorio, è nel senso che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto (o che abbiano fatto registrare lo svolgimento dell'attività del collaboratore con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell'impresa committente) sono considerati (o si trasformano in) rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla costituzione del rapporto.
Il che significa che la data di assunzione del lavoratore, in presenza di declaratoria di sussistenza della subordinazione, viene a coincidere, in ogni caso, con quella di costituzione del rapporto formalmente a progetto.
Il discorso non cambia se si ha riguardo ad un rapporto sorto come formalmente autonomo in senso lato.
Qualora, pertanto, sia accertata la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato - a seguito, ad esempio, di declaratoria di nullità del progetto - in data antecedente al 7 marzo 2015, si applicherà la normativa per i vecchi assunti in caso di successivo licenziamento; se, invece, la subordinazione è riconosciuta con decorrenza successiva al 7 marzo, dovrebbe applicarsi, in presenza di successivo atto espulsivo, la disciplina per i nuovi assunti.
Potrebbe però sostenersi che, anche ai contratti a progetto dichiarati illegittimi, possa applicarsi la disposizione contenuta all'art. 1, comma 2, del citato D.Lgs., dettata esplicitamente per i contratti formalmente a tempo determinato o di apprendistato, secondo cui “le disposizioni di cui al presente decreto si applicano anche nei casi di conversione, successiva all'entrata in vigore del presente decreto, di contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato o stabilizzazione del rapporto a seguito di apprendistato”.
Va preliminarmente precisato che il riferimento della norma è, evidentemente, alla “conversione” giudiziale, poiché la trasformazione, intervenuta tra le parti negozialmente, di contratti a termine, o a progetto (o autonomi in senso lato), in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato equivale inevitabilmente - non essendo necessario che sia il legislatore a puntualizzarlo - a nuova assunzione; infatti, anche l'eventuale riconoscimento di una anzianità pregressa o convenzionale non può costituire polo di attrazione del vecchio regime.
Si tratta quindi solo di verificare se la conversione (giudiziale) di cui parla la predetta norma possa riferirsi, o meno, ai contratti a progetto illegittimi.
L'art. 1, comma 2, del D.lgs. n. 23/2015 si applica ai contratti a progetto dichiarati illegittimi?
Per dare seguito alla tesi incentrata sulla riconducibilità della declaratoria di illegittimità dei contratti a progetto (o autonomi in senso lato) all'area di operatività della norma da ultimo menzionata occorre ammettere che il legislatore abbia inteso utilizzare, anche per tali contratti, diversamente dal passato: a) la atecnica dicitura (riservata, comunemente, al lavoro subordinato) di “contratto a tempo determinato”; b) l'espressione “conversione”, rinvenibile nella disciplina del contratto a tempo determinato in senso tecnico, che la giurisprudenza della Cassazione ha esteso, sino ad ora, solo al contratto di somministrazione di manodopera (che potrebbe considerarsi, in senso lato, un derivato del modello standard di contratto a termine).
L'eventuale riferimento della disposizione alla “conversione”, intesa quale effetto di una pronuncia giudiziale, porrebbe, peraltro, un problema non trascurabile nel caso in cui dovesse ritenersi che la conversione in questione possa riguardare anche i contratti sorti prima del 7 marzo 2015.
Ed in effetti, la lettera della legge (in cui domina l'espressione “si applicano anche nei casi di conversione, successiva all'entrata in vigore del presente decreto”) potrebbe supportare la validità di tale tesi, giacché una conversione giudiziale intervenuta, ad esempio, in data 8 marzo 2015, non potrebbe che riferirsi, ovviamente, ad un contratto a progetto sorto anteriormente al 7 marzo.
Tuttavia, se così fosse, verrebbe ad essere sovvertita la regola generale fondata sulla centralità dell'assunzione ai fini dell'applicabilità dell'uno o dell'altro regime, non potendo utilmente affermarsi, quanto al contratto a progetto (il quale, in una ipotesi, si “considera” quale contratto subordinato a tempo indeterminato e, nell'altra, si “trasforma” in esso), che il rapporto venga a costituirsi “ex nunc” al momento della conversione di matrice giudiziale.
Sicché, in buona sostanza, non avendo la sentenza valenza costitutiva del rapporto, il lavoratore licenziato a seguito di una declaratoria di illegittimità del contratto a progetto (contenente il conseguente ordine di riammissione al lavoro), vedrebbe illogicamente applicarsi la normativa per i nuovi assunti anche se il contratto in questione, illegittimo – con conseguente riconoscimento di un rapporto a tempo indeterminato -, fosse sorto prima del 7 marzo 2015.
In definitiva la disposizione in esame, quand'anche, per ipotesi, riferibile al contratto a progetto, dovrebbe essere interpretata, ragionevolmente, nel senso della sua operatività solo in relazione ai rapporti sostanzialmente sorti (in seguito ad accertamento giudiziale) con decorrenza 7 marzo 2015.
Potrebbe ribattersi che, così opinando, il valore precettivo della norma finisca per essere pressoché nullo, rispondendo - per effetto dell'art. 1, comma 1, del D.Lgs. in esame - ad un principio generale di sistema la regola secondo cui il riconoscimento della subordinazione in via giudiziale con decorrenza dal 7 marzo 2015 comporti l'applicabilità del nuovo regime.
Tuttavia – e senza poter qui indagare a fondo sul reale obiettivo perseguito dal legislatore mediante la norma in questione - l'accoglimento della tesi della conversione con efficacia “ex nunc” comporterebbe la intollerabile disparità di trattamento esistente tra i lavoratori subordinati a tempo indeterminato formalmente assunti (o riconosciuti come tali a seguito di accertamento giudiziale di un rapporto a nero) con decorrenza anteriore al 7 marzo 2015 e quelli che, pur avendo iniziato, nella sostanza (ma nella forma del contratto a progetto o autonomo illegittimo), un rapporto di lavoro subordinato con pari decorrenza, siano stati destinatari di una sentenza favorevole intervenuta dal 7 marzo 2015 in poi.
In conclusione
Il legislatore della Riforma, nel predisporre la regola di fondo sulla cui base applicare la disciplina riservata ai nuovi assunti, ha lasciato aperte non poche questioni (alcune - ma non tutte, per ragioni di spazio - sopra illustrate) che, inevitabilmente, saranno oggetto di acceso dibattito tra gli operatori; gli approdi interpretativi orienteranno, ovviamente, in qualche modo il quadro giurisprudenziale, che non tarderà molto, in materia, a delinearsi. Deve comunque prendersi atto del fatto che il legislatore - con disposizione inserita all'ultimo momento nell'ambito del testo normativo, e non perfettamente formulata (ed infatti l'espressione “si applicano anche nei casi di conversione” va letta come se dicesse “il presente decreto si applica anche a coloro il cui rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sia stato riconosciuto per effetto di conversione”) - non ha facilitato, su un aspetto di non trascurabile rilevanza, il lavoro dell'interprete. E non possono escludersi, per quanto sopra detto, in un contesto connotato da diversità di vedute, denunce di profili di illegittimità costituzionale volte a ricondurre a razionalità il quadro normativo.
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Sommario
Il quadro normativo e il valore del termine “assunzione”
L'individuazione della data di assunzione in caso di accertamento della natura subordinata di un rapporto di lavoro non regolarizzato ed aspetti problematici
L'individuazione della data di assunzione in caso di accertamento della natura subordinata di un rapporto formalmente sorto da contratto a progetto (o autonomo in senso lato)
L'art. 1, comma 2, del D.lgs. n. 23/2015 si applica ai contratti a progetto dichiarati illegittimi?