Il licenziamento del disabile per superamento del comporto non è annullabile
15 Aprile 2015
Cass. sez. lav., 26 febbraio 2015, n. 3931
Un lavoratore, collocato obbligatoriamente quale soggetto disabile, si era visto rigettare nei primi due gradi di giudizio la domanda volta ad accertare l'illegittimità del licenziamento comminatogli per aver superato il periodo massimo di assenza dal lavoro per malattia. Ricorreva, quindi, in Cassazione deducendo che il licenziamento per superamento del periodo di comporto è un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, seppur speciale, e come tale è annullabile ex art. 10, co. 4, L. n. 68/1999.
La Suprema Corte considera infondato il motivo denunciato e, ritenendo che le previsioni dell'art. 10 – che dispongono l'annullabilità del licenziamento collettivo o per giustificato motivo oggettivo del disabile, qualora il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva ex lege – sono tassative e non possono estendersi al licenziamento per superamento del periodo di comporto, rigetta il ricorso. Il giudice territoriale ha, quindi, correttamente applicato il seguente principio, già affermato dalla Cassazione con sentenza n. 15873/2012: “in tema di licenziamento del lavoratore disabile, l'art. 10, co. 4, L. n. 68/1999 – che prevede l'annullabilità del recesso esercitato nei confronti del lavoratore disabile (o di categoria equiparata) occupato obbligatoriamente «qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva» prevista dal precedente art. 3 della legge – riguarda soltanto il «recesso di cui all'art. 4, co. 9, L. n. 223/1991, ovvero il licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo» e non anche gli altri tipi di recesso datoriale.”
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