Procedura di stabilizzazione e accesso privilegiato: discriminazione tra precari
16 Giugno 2015
Massima
Nel regime precedente la riforma dell'ente Croce Rossa Italiana di cui al D.Lgs. 28 settembre 2012, n. 178 e la conseguente nuova disciplina del personale, i dipendenti dell'ente con contratto di lavoro a tempo determinato avevano diritto ad accedere, a domanda, alla procedura di stabilizzazione dei lavoratori precari di cui alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 519 (legge finanziaria per il 2007) e quindi avevano diritto ad essere assunti a tempo indeterminato ricorrendo le condizioni contemplate da tale disposizione - che prevedeva che la domanda diretta ad ottenere la stabilizzazione poteva essere proposta dal personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che aveva conseguito tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che era stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2007, purché fosse stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge (in mancanza delle quali la stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse da quelle concorsuali era condizionato al previo espletamento di prove selettive), e che altresì prescriveva che tali assunzioni fossero autorizzate secondo le modalità di cui alla L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 39, comma 1-ter - senza che alcuna priorità fosse possibile in favore del personale con contratto di lavoro temporaneo che avesse prestato servizio presso l'ente stesso rispetto al personale, parimenti con contratto di lavoro temporaneo, ma che avesse prestato servizio presso altri enti e segnatamente in posizione di distacco presso le Aziende Sanitarie Locali, essendo tale differenziazione, presente nel bando dell'ente del 15 novembre 2007 (avviso in Gazzetta Ufficiale, Concorsi ed esami, n. 95 del 30 novembre 2007), contraria al principio di eguaglianza (art. 3 Cost., comma 1) e di non discriminazione nel rapporto di lavoro (ex D.Lgs. n. 216 del 2003). Il caso
La controversia trae origine da una domanda proposta da due dipendenti della Croce Rossa Italiana, assunti con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, tesa all'accertamento del loro diritto alla stabilizzazione del rapporto, a seguito di domanda in tal senso rimasta senza riscontro, con conseguente condanna della Croce Rossa ad assumerli nell'organico del personale di ruolo a tempo indeterminato ed a pagare le correlate differenze retributive. La questione
La questione da esaminare è se sia conforme ai principi di uguaglianza e di non discriminazione nel rapporto di lavoro la clausola del bando di ammissione alle procedure di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato, che riconosca un accesso privilegiato a dette procedure al personale precario impiegato presso l'ente stesso rispetto al personale precario distaccato presso altri enti, ed in particolare presso le ASL. Le soluzioni giuridiche
Nella sentenza in commento, la Suprema Corte dà preliminarmente conto dell'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato in punto di giurisdizione nelle controversie in materia di stabilizzazione del rapporto di lavoro ex art. 1, commi 519-520, L. n. 296/2006. È infatti pressoché costante in giurisprudenza, di legittimità e di merito, l'affermazione secondo cui “competono alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale di cui all'art. 1, comma 520, della legge n. 296/2006, già in servizio a tempo determinato per aver sostenuto procedure selettive di tipo concorsuale, dovendo intendersi per controversie ‘relative all'assunzione' del personale ai sensi dell'art. 63 del D.Lgs. n. 165/2001 anche quelle, non concorsuali, volte alla costituzione di un rapporto stabile con la P.A.” (v. Cass. S.U. 7.7.2010 n. 16041, nella cui motivazione si precisa che “le amministrazioni, con riguardo al personale da stabilizzare che ha già sostenuto procedure selettive di tipo concorsuale … non bandiscono concorsi, ma devono limitarsi a dare avviso della procedura di stabilizzazione e della possibilità degli interessati di presentare la domanda; la legge, quindi, non attribuisce all'amministrazione il potere di selezionare il personale mediante prove di esame o valutazione di titoli professionali, dovendosi procedere, ove le domande siano superiori al numero di assunzioni a tempo indeterminato decise, esclusivamente alla formazione di una graduatoria secondo l'ordine di priorità desumibile dalle stesse disposizioni normative … e sulla base dell'anzianità di servizio, potendosi ammettere soltanto la previsione di ulteriori titoli, anche riferiti all'esperienza professionale, per il caso di pari anzianità; la regolamentazione legislativa, pertanto, sottraendo le procedure di stabilizzazione all'ambito di quelle concorsuali di cui al D.Lgs. n. 165/2001, art. 63, comma 4, nonché alle ipotesi nominate di poteri autoritativi nell'ambito del lavoro pubblico di cui al D.Lgs. n. 165/2001, art. 2, comma 1, colloca le controversie inerenti a tali procedure nell'area del diritto all'assunzione di cui all'art. 63, comma 1”; negli stessi termini, v. Cass. S.U. 15.9.2010 n. 19552). Nessun dubbio sussiste quindi sulla giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie in tema di stabilizzazione del personale non dirigenziale già in servizio a tempo determinato presso la C.R.I. per avere sostenuto procedure selettive di tipo concorsuale.
Fatta tale premessa, va preliminarmente evidenziato che la decisione in commento si riferisce al regime antecedente alla complessiva riorganizzazione dell'ente, per effetto della sua "privatizzazione" (con trasformazione in Associazione italiana della Croce Rossa) prevista dalla delega di cui alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 2, comma 1, ed alla conseguente nuova disciplina del personale di cui al D.Lgs. 28 settembre 2012, n. 178, in cui l'eccedenza di personale precario è stata specificamente regolamentata (la cui entrata in vigore è stata peraltro recentemente procrastinata).
Ebbene, il punto nodale della questione in disamina è rappresentato dalla necessità di accertare se la stabilizzazione del personale precario della Croce Rossa Italiana riguardi innanzitutto (e prioritariamente) il personale operante ed in servizio presso l'ente stesso e solo dopo (quindi nei limiti delle disponibilità residue) quei dipendenti non in servizio presso l'ente, quali quelli assunti a tempo determinato per l'attività di pronto soccorso a mezzo di autoambulanze, attività svolta per le Aziende Sanitarie del Servizio Sanitario Nazionale a seguito di convenzioni con esse. Ci si chiede, cioè, se sia conforme al principio di eguaglianza un trattamento differenziato tra precari, a seconda che siano stati assunti ed impiegati per esigenze permanenti ovvero temporanee dell'ente pubblico e se sia giustificabile una distinzione interna tra i dipendenti precari, in ragione del presupposto che aveva legittimato la costituzione del rapporto a tempo determinato e dell'attività che tale personale precario è stato chiamato a svolgere.
È quindi oggetto di contestazione la clausola, che ha operato la suddetta distinzione, contenuta nel bando in data 15.11.2007 per la stabilizzazione del personale di cui all'avviso pubblicato nella G.U. IV Serie Speciale Concorsi ed Esami n. 95 del 30.11.2007, al cui esito sono state stabilizzate sedici unità della C.R.I. (cioè il contingente stabilito dal D.P.R. autorizzativo del 29.12.2007). Il bando di cui sopra è stato pubblicato in forza dell'art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la cui ratio è quella di fronteggiare il fenomeno del cd. ”precariato storico”, a mente del quale “per l'anno 2007 una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al comma 513 è destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. […] Le assunzioni di cui al presente comma sono autorizzate secondo le modalità di cui all'articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni”. Dal richiamato art. 1 comma 519 della legge finanziaria per l'anno 2007 sopra trascritto emerge che i soggetti che possono accedere alla stabilizzazione devono avere i seguenti requisiti: presentazione della domanda di stabilizzazione; maturazione di un triennio di servizio nei termini suddetti; assunzione mediante procedure di natura selettiva o previste da norme di legge.
Con Direttiva numero 7 del 30.4.2007, il Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione ha chiarito le finalità perseguite dal legislatore con la suddetta generalizzata operazione di stabilizzazione, che è volta a “sanare situazioni che si protraggono da lungo tempo e che hanno disatteso le norme che regolano il sistema di provvista di personale nelle pubbliche amministrazioni e creato diffuse aspettative nei dipendenti così assunti, anche in violazione dell'articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001”. Da ciò discende che il diritto alla stabilizzazione può essere esercitato, dal personale che ne abbia i requisiti, anche in deroga al divieto posto dall'art. 36, secondo comma, D.Lgs. n. 165/2001. Il vincolo posto dall'art. 97, terzo comma, Cost. – di cui la norma del testo unico è espressione – non è del resto assoluto, ma ammette eccezioni per legge nel caso in cui siano riconosciuti interessi di pari portata rispetto a quelli di buon andamento ed imparzialità dell'Amministrazione. Non è irrazionale ritenere dunque che la posizione di lavoratori, ripetutamente impiegati nella P.A. e che già abbiano positivamente superato un vaglio di professionalità tanto in fase di accesso quanto in fase di esecuzione del contratto di lavoro, venga ritenuta meritevole di tutela in (parziale) deroga ai principi anzidetti.
In un simile contesto normativo, appare evidente che l'art. 1, c. 519, L. n. 296/2006 riconosce discrezionalità all'ente datore di lavoro quanto alla scelta di procedere o meno alla stabilizzazione; ma, una volta che questa sia stata compiuta e che siano state individuate le posizioni da ricoprire nella pianta organica, l'operato dell'ente risulta vincolato nella verifica dei titoli vantati dagli aspiranti e non residuano spazi di autonomia nella scelta dei soggetti che vi debbano essere ammessi in presenza dei requisiti anzidetti, qualora essi li abbiano già maturati attraverso un'originaria procedura selettiva.
Si è tuttavia sostenuto – muovendo dal presupposto che la C.R.I. concorre alla realizzazione dei compiti del SSN mediante la stipula di apposite convenzioni con le ASL, le Prefetture, il Ministero della Salute, e che la maggior parte del personale assunto a tempo determinato è addetta proprio allo svolgimento dei servizi in convenzione – che a norma della Direttiva del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 7 del 30.4.2007, la stabilizzazione prevista dalla L. n. 296/2006 sarebbe consentita esclusivamente con riferimento ai fabbisogni permanenti dell'Amministrazione, con la conseguenza che la C.R.I. non potrebbe stabilizzare il personale assunto per far fronte allo svolgimento dei servizi in convenzione, perché relativi a funzioni riferite ad esigenze mutevoli ed imprevedibili.
Tale indirizzo interpretativo, oggetto di un esteso contenzioso, è stato censurato dalla Suprema Corte nella sentenza in disamina, in cui si sostiene invece che la distinzione tra personale precario in servizio presso la Croce Rossa e personale precario della Croce Rossa distaccato altrove, che assegni una posizione di vantaggio al primo rispetto a quello in servizio convenzionato presso le ASL, è priva di fondamento legale e viola il principio di eguaglianza (art. 3 Cost., comma 1) e di non discriminazione nel rapporto di lavoro (D.Lgs. n. 216 del 2003). Secondo la la Cassazione, in particolare, tale distinzione non trova fondamento nella Direttiva del Ministro per le riforme e le innovazioni nella P.A., n. 7/2007, del 30 aprile 2007, “che - dopo aver ricordato che i processi di stabilizzazione avrebbero potuto essere effettuati nei limiti della disponibilità finanziaria stabilita nella medesima legge citata - ha previsto che le amministrazioni, nell'ambito della propria autonomia regolamentare e nel rispetto delle relazioni sindacali, avrebbero dovuto definire in dettaglio le proprie procedure di stabilizzazione con l'indicazione dei requisiti e dei criteri necessari per poter presentare le relative domande di stabilizzazione”. Secondo la decisione in esame, infatti, la predetta Direttiva si è limitata a prescrivere che le pubbliche amministrazioni coinvolte nel processo di stabilizzazione del personale precario, nell'ambito della loro autonomia organizzativa e regolamentare, avrebbero potuto predisporre graduatorie distinte per categoria e profili sulla base dell'anzianità di servizio e dell'esperienza professionale in possesso, ma non certo privilegiare lo svolgimento dell'attività lavorativa prestata direttamente presso l'ente stesso rispetto a quella svolta in posizione di distacco presso altre amministrazioni convenzionate. Non ignora la Corte che il D.P.R. del 29.12.2007 ha autorizzato per la C.R.I. la stabilizzazione di sole sedici unità (e quindi un contingente estremamente esiguo) e che, pertanto, deve escludersi che l'ente fosse tenuto a stabilizzare tutto il suo personale precario sol che ricorressero i requisiti di cui alla predetta L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519. Tuttavia, prosegue la Corte, non poteva la C.R.I. riservare l'accesso alle procedure di stabilizzazione ad una categoria di dipendenti a tempo determinato (a scapito di altri), assegnando, in violazione dei principi di eguaglianza e di non discriminazione nel rapporto di lavoro, una posizione di vantaggio al personale precario in servizio presso la stessa Croce rossa rispetto a quello distaccato presso le ASL.
Ha pertanto concluso che “illegittimamente la C.R.I. ha posto nel bando di concorso in questione la priorità - a parità dei requisiti di cui alla predetta L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519, - del personale precario in servizio presso l'ente rispetto al personale, parimenti precario ma distaccato in servizio presso altri enti e segnatamente presso le ASL; priorità che di fatto ha significato l'esclusione di tale ultimo personale precario dalle procedure di stabilizzazione a cui invece esso aveva diritto di partecipare a parità di condizioni con il personale precario impiegato presso l'ente stesso”. Osservazioni
La sentenza in disamina muove dal presupposto, sostanzialmente condivisibile, che l'attività svolta dalla C.R.I. in regime di convenzione è pur sempre un'attività istituzionale della C.R.I., e non occasionale ed eventuale. Depone in tal senso lo Statuto della C.R.I., all'art. 2 lett. d), che annovera tra i compiti istituzionali della C.R.I. anche il “concorrere al raggiungimento delle finalità ed all'adempimento dei compiti del Servizio Sanitario Nazionale con il proprio personale sia volontario che di ruolo nonché con personale comandato o assegnato e svolgere altresì attività e servizi sanitari e socio assistenziali per conto dello Stato, delle regioni e degli altri enti pubblici e privati, attraverso la stipula di apposite convenzioni”. Non trova quindi fondamento giuridico alcuno una previsione che escluda dalle procedure di stabilizzazione il personale precario che abbia prestato servizio non direttamente presso l'ente, ma in distacco presso altri enti convenzionati (in particolare, le ASL). Né, per gli stessi motivi, può essere riconosciuto a detto requisito il valore di un titolo preferenziale, ai fini di un accesso privilegiato a dette procedure.
Come si è osservato, alla luce del quadro normativo sopra delineato, il diritto alla stabilizzazione può essere esercitato, dal personale che ne abbia i requisiti, anche in deroga al divieto posto dall'art. 36, secondo comma, D.Lgs. n. 165/2001. Il quadro normativo che regola l'istituto in esame è tale per cui la Pubblica Amministrazione ha facoltà di dare corso o meno alla procedura. Una volta però che questa sia stata avviata e che siano state individuate le posizioni da ricoprire nella pianta organica, l'operato dell'ente risulta vincolato nella verifica dei titoli vantati dagli aspiranti. Ne consegue che l'art. 1, comma 519, L. n. 296/2006 riconosce discrezionalità all'ente datore di lavoro quanto alla scelta di procedere alla stabilizzazione; ma, una volta che questa sia stata compiuta, non residuano spazi di autonomia nella scelta dei soggetti che vi debbano essere ammessi in presenza dei requisiti anzidetti, qualora essi li abbiano già maturati attraverso un'originaria procedura selettiva.
Del resto, il comma 519 individua, come avente diritto alla stabilizzazione, il “personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato”: la diversa terminologia qui usata, rispetto ad altre parti della stessa L. n. 296/2006 (legge finanziaria 2007) in tema di stabilizzazione, che fanno riferimento al “personale già assunto o utilizzato attraverso tipologie contrattuali non a tempo indeterminato” (co. 417) e a “forme di organizzazione precaria del lavoro” (co. 526), fa propendere per un'interpretazione restrittiva della norma in esame.
Ne consegue che il rispetto del principio di eguaglianza (ex art. 3 Cost., comma 1) e di non discriminazione in materia di lavoro (ex D.Lgs. n. 216 del 2003) impone una interpretazione rigorosa e testuale del comma 519 dell'art. 1 della L. n. 296 del 2006. Alla stregua di tali coordinate ermeneutiche, pertanto, se ricorrono i requisiti in tale disposizione previsti, non può essere negato il diritto a partecipare, a parità di condizioni, al procedimento di stabilizzazione, mediante una apodittica introduzione di non previsti “requisiti impliciti ed ulteriori”, tesi a riservare (illegittimamente) un accesso privilegiato a dette procedure al personale precario impiegato presso l'ente stesso rispetto al personale precario distaccato presso altri enti, ed in particolare presso le ASL.
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