Requisiti di liceità del distacco del lavoratore presso altra impresa del gruppo

Ilario Alvino
16 Giugno 2016

Nell'ipotesi di distacco del lavoratore presso un'impresa facente parte dello stesso gruppo del datore di lavoro, sussiste il requisito dell'interesse del distaccante se il distacco medesimo sia finalizzato a contribuire alla realizzazione di una struttura organizzativa comune, in coerenza con gli obiettivi di maggiore funzionalità del raggruppamento, sicché, pur in un contesto di diversa soggettività giuridica, va esclusa la violazione del divieto di interposizione di manodopera di cui all'art. 1 della l. n. 1369 del 1960, "ratione temporis" applicabile, in linea con l'evoluzione normativa dell'istituto di cui al comma 4-ter dell'art. 30 del d.lgs. n. 276 del 2003.
Massime

Nell'ipotesi di distacco del lavoratore presso un'impresa facente parte dello stesso gruppo del datore di lavoro, sussiste il requisito dell'interesse del distaccante se il distacco medesimo sia finalizzato a contribuire alla realizzazione di una struttura organizzativa comune, in coerenza con gli obiettivi di maggiore funzionalità del raggruppamento, sicché, pur in un contesto di diversa soggettività giuridica, va esclusa la violazione del divieto di interposizione di manodopera di cui all'art. 1 della

l. n. 1369 del 1960

, ratione temporis applicabile, in linea con l'evoluzione normativa dell'istituto di cui al comma 4-ter dell'

art. 30 del d.lgs. n. 276 del 2003

, introdotto dal

d.l. n. 76 del 2013

, conv. con modif. dalla

l. n. 99 del 2013

(fattispecie nella quale le imprese del gruppo avevano costituito un ufficio unico deputato all'amministrazione del personale di tutte le società partecipanti ed al cui funzionamento concorrevano attraverso il distacco di propri dipendenti).

La temporaneità del distacco non richiede che la destinazione del lavoratore a prestare la propria opera in favore di un soggetto diverso abbia una durata predeterminata fin dall'inizio, ma solo che la durata del distacco coincida con quella dell'interesse del datore di lavoro a che il proprio dipendente presti la sua opera in favore di un terzo.

Il caso

La lavoratrice B.M. era stata assunta con contratto di lavoro a tempo determinato dalla C. S.p.A. in data 28 gennaio 2002, per sostituire un'altra dipendente assente in congedo di maternità.

C. S.p.A. faceva parte di un gruppo di società al quale apparteneva altresì la S.p.A. A., presso la quale era stato costituito un ufficio deputato all'attività di amministrazione del personale di tutte le imprese partecipanti al gruppo e nel quale la lavoratrice era stata da subito impiegata.

B.M. presentava ricorso al Tribunale di Roma chiedendo la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze di A. S.p.A., argomentando che nella fattispecie in esame si fosse configurata così un'interposizione illecita di manodopera in violazione della

l. 1369/1960

(applicabile ratione temporis), per essere stata la lavoratrice impiegata presso un soggetto diverso dal suo datore di lavoro formale.

Alla domanda della lavoratrice resisteva C. S.p.A., sostenendone l'infondatezza in ragione del fatto che B.M. aveva reso la propria prestazione presso l'ufficio di A. S.p.A. in regime di distacco, motivato dall'interesse della distaccante a partecipare con proprio personale all'attività dell'ufficio (costituito presso la distaccataria) incaricato dell'amministrazione per tutte le società del gruppo.

La domanda della lavoratrice è stata ritenuta infondata dalla Cassazione, così come nei gradi precedenti di giudizio.

La questione

La sentenza in commento è di grande interesse per almeno tre motivi che possiamo sintetizzare come segue, prima di passare ad esaminarli singolarmente.

Il primo e più evidente motivo è costituito dall'approfondimento che viene svolto sui requisiti di legittimità del distacco, enunciati, com'è noto, dall'

art. 30 d.lgs.

n.

276/2003

. Se la Cassazione conferma, da un lato, il significato che già in precedenti occasioni aveva attribuito al requisito della temporaneità, dall'altro fornisce un'interpretazione sicuramente innovativa del requisito dell'interesse del distaccante. Interpretazione che può essere considerata in linea con la giurisprudenza precedente, ma rispetto alla quale costituisce un chiaro passo in avanti.

Il secondo motivo è strettamente connesso a quello precedente e riguarda la prospettiva, anche questa sicuramente innovativa, a partire dalla quale la Cassazione guarda al fenomeno del gruppo di società e più in generale alle modalità di gestione dei rapporti di lavoro all'interno di forme produttive articolate e complesse in quanto realizzate tramite il coinvolgimento di più imprese.

Il terzo ed ultimo motivo è costituito dalle importanti affermazioni contenute nella sentenza in commento, sia pur espresse in obiter dictum, con riferimento alle regole introdotte nel 2013 in materia di gestione dei rapporto di lavoro fra le imprese che abbiano stipulato un contratto di rete.

Le soluzioni giuridiche

Il profilo di maggior interesse della sentenza in commento è costituito, come anticipato, dal significato che la Suprema Corte attribuisce al requisito dell'interesse del distaccante, quale condizione richiesta dall'

art. 30 d.lgs. n. 276/2003

per la legittimità del distacco.

Com'è noto, nella precedente giurisprudenza di legittimità, è stato chiarito che affinché il distacco possa essere ritenuto legittimo è necessario che continui ad operare sul piano funzionale la causa del contratto di lavoro, nel senso che l'esecuzione della prestazione di lavoro presso il distaccatario deve costituire un atto organizzativo dell'impresa distaccante. Il distacco è regolare, quindi, in quanto realizzi una mera modifica delle modalità di esecuzione della prestazione medesima, che viene resa a favore del distaccatario anziché del distaccante (cfr. in particolare:

Cass. 22 marzo

2007, n. 7049

;

Cass. 23 aprile 2009, n. 9694

;

Cass. 15 maggio 2012, n. 7517

;

Cass. 21 novembre 2013, n. 26138

;

Cass. 22 gennaio 2015, n. 1168

). Modifica che, come viene confermato nella sentenza in commento, deve essere temporanea, intendendo quest'ultimo requisito come permanenza per tutta la durata del distacco dell'interesse del distaccante, anche laddove la durata dello stesso non sia predeterminabile sin dall'inizio (cfr. per tutte

Cass. 25 novembre 2010, n. 23933

).

Nell'ipotesi del distacco fra le imprese di un gruppo, la sola presenza di un collegamento fra le società che ne fanno parte non è però sufficiente, affermava ancora la Suprema Corte, ad assicurare la presenza dell'interesse del distaccante, dovendone invece esserne specificamente accertata l'esistenza secondo i parametri poc'anzi ricordati (cfr.

Cass. 16 febbraio 2000, n. 1733

).

La sentenza in commento, pur ponendosi in continuità con tali principi, realizza un passo in avanti nel momento in cui chiarisce che lo specifico interesse imprenditoriale che deve essere alla base del distacco può consistere “nel collegamento funzionale tra le imprese e nella comune adozione di un sistema di gestione integrata dei servizi”.

Detto altrimenti, al fine di riscontrare la sussistenza dell'interesse del distaccante, non ci si può limitare a considerare le esigenze organizzative di quest'ultimo ignorando il raggruppamento di imprese alle quali il distaccante è legato. L'interesse del distaccante va considerato invece in maniera coerente con l'interesse del raggruppamento del quale lo stesso distaccante “è parte economicamente integrata”, poiché l'interesse della singola impresa deve essere considerato direttamente connesso e funzionale all'attuazione dell'interesse del gruppo.

La Cassazione non ci dice, dunque, espressamente che l'appartenenza al gruppo del distaccante sia di per sé sufficiente a provare l'esistenza di un interesse di quest'ultimo nel caso di distacco infra-gruppo.

Viene precisato però l'interesse del distaccante può coincidere con l'interesse del gruppo, nel senso che il comando del lavoratore presso altra impresa va considerato legittimo se la prestazione così resa dal lavoratore presso il terzo può contribuire alla realizzazione dei fini del gruppo al cui successo è in ultima battuta interessato lo stesso distaccante (in questo senso si è recentemente espresso anche il Ministero del lavoro nella risposta ad interpello n. 1 del 20.1.2016).

In questa prospettiva risulta particolarmente interessante la fattispecie rispetto alla quale vengono affermati tali principi. Nel caso di specie le imprese del gruppo avevano infatti accentrato la gestione amministrativa del personale presso una delle società partecipanti, incaricandola di erogare il relativo servizio a favore delle altre. Tale accentramento risultava funzionale ad una gestione amministrativa del personale più efficiente, meno costosa ed in ultima analisi più vantaggiosa per tutte le società del gruppo.

La Cassazione ritiene dunque pienamente legittima la scelta delle imprese di impostare un sistema di coordinamento delle rispettive attività che dia luogo alla concentrazione di una specifica funzione in una delle società del gruppo, incaricata poi di assolvere la stessa a vantaggio di tutte le partecipanti avvalendosi eventualmente di lavoratori forniti da queste ultime.

Il sistema di gestione integrata dei servizi così realizzato appare dunque coerente con le finalità proprie della struttura del gruppo, senza che possano da ciò inferirsi effetti circa l'imputazione del rapporto di lavoro e senza che da tale modalità di gestione possa desumersi una configurazione del gruppo come soggetto unitario.

Osservazioni

La Cassazione argomenta le proprie conclusioni svolgendo alcuni interessanti parallelismi con la disciplina introdotta nel 2013 in materia di contratto di rete.

Com'è noto, allo scopo di incentivare la diffusione del contratto di rete (disciplinato dall'

art. 3, d.l. 10.2.2009, n. 5

, convertito in

l. 9.4.

2009, n. 33

), nel 2013 il legislatore ha varato alcune disposizioni destinate ad offrire alle “imprese retiste” strumenti per realizzare una gestione flessibile ed eventualmente “condivisa” della prestazione dei lavoratori impiegati nella rete. Ed infatti, i nuovi

artt. 30,

comma 4-ter, e art.

31, commi 3-bis e seguenti,

d

.lgs. n. 276/2003

(come modificati dal

d.l. 28 giugno 2013, n. 76

, convertito in

l. 9 agosto 2013, n. 99

) disciplinano due possibili forme di gestione del personale impiegato nella rete: il distacco e la codatorialità (o l'assunzione congiunta) dei lavoratori.

Nella sentenza qui in commento, la Cassazione utilizza tali novità a dimostrazione della particolare prospettiva che l'interprete deve assumere nella considerazione di fenomeni come quelli della rete di imprese o del gruppo. Ossia che nelle forme produttive articolate e complesse, deve essere considerato un dato strutturale e fisiologico quello dell'agire coordinato delle componenti che ne fanno parte, in vista della realizzazione dell'obiettivo comune che quelle stesse componenti si sono date.

Ne consegue che la particolare modalità di organizzazione nell'esercizio dell'attività produttiva che viene instaurata nelle ipotesi del gruppo o della rete di imprese non può essere ignorata nel momento in cui l'interprete deve valutare la liceità delle modalità di organizzazione e di impiego del personale in funzione della realizzazione del programma di rete o dell'interesse del gruppo.

La Cassazione fa così propria una prospettiva più moderna di quella spesso adottata in passato, evidenziando la necessità di guardare ai fenomeni organizzativi complessi come quelli in discorso non esclusivamente con le lenti della frode alla legge. La Suprema Corte prende atto, in altri termini, che nell'economia contemporanea l'articolazione dell'attività imprenditoriale in più soggetti destinati ad agire in modo coordinato costituisce un tratto fisiologico, che non necessariamente è destinato a celare la volontà di frammentare una struttura unitaria in soggetti giuridici distinti (su tale prospettiva, mi sia consentito il rinvio a I. Alvino, Il lavoro nelle reti di imprese: profili giuridici, Milano, 2014).

Ciò non vuol dire, ovviamente, che in tali fenomeni non possano annidarsi comportamenti volti ad aggirare le responsabilità poste dalla legge in capo al datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti, ma significa che quella prospettiva non può essere ignorata nell'applicazione di istituti come quello, ad esempio, del distacco.

Infine, degne di nota sono anche le considerazioni svolte dalla Cassazione, in obiter dictum, sul significato da attribuire alle regole dettate dal novellato

art. 30 d.lgs. n. 276/2003

in materia di distacco e codatorialità nel contratto di rete. Affermazioni che trovano un precedente in

Cass. 22.1.2015, n. 1168

.

Si tratta di indicazioni importanti tenuto conto della evasività della formulazione normativa, che già diversi dubbi ha sollevato in dottrina e che in ultima analisi ha disincentivato le imprese che si sono avvalse del contratto di rete soprattutto ad utilizzare lo strumento della codatorialità.

Con riferimento alla disciplina del distacco, la Cassazione precisa che l'art. 30 cit. istituisce una presunzione iure et de iure con riferimento alla sussistenza dell'interesse del distaccante nel caso in cui il distacco del lavoratore avvenga fra imprese della rete.

Ciò non significa che la nuova disposizione elimini il requisito dell'interesse del distaccante nel caso in cui il distacco avvenga in un contesto di rete; piuttosto la nuova disposizione sancisce una presunzione assoluta circa la sua sussistenza, sollevando il distaccante dall'onere di fornirne la prova ed impedendo alla controparte di un eventuale giudizio o agli ispettori del Ministero del lavoro di fornire la prova contraria: ossia la prova che la realizzazione del programma della rete non rientri nella nozione di interesse del distaccante richiesto dall'

art. 30 d.lg

s

. n. 276/2003

quale condizione di legittimità del distacco.

Per quanto attiene alla regola che ammette la “codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete”, la Cassazione afferma che codatorialità deve essere interpretata come sinonimo di “assunzione congiunta”. Ciò significa che la disposizione in parola ammette la costituzione di un unitario rapporto di lavoro codatoriale, nel quale la posizione del datore di lavoro viene rivestita congiuntamente da tutte o soltanto alcune delle imprese che abbiano stipulato il contratto di rete. Si tratta di un'affermazione importante che, però, evidentemente non aiuta a risolvere i complessi problemi di disciplina di un simile rapporto di lavoro, la cui definizione rimane rimessa all'interprete, visto che l'

art. 30, comma 4-ter, d.lgs. n. 276/2003

si limita a rimettere al contratto di rete la disciplina del rapporto. Affermazione che sembrerebbe lasciare intendere, ad esempio, che il contratto di rete possa escludere la responsabilità solidale dei codatori nei confronti del lavoratore per le obbligazioni scaturenti dal contratto

(cfr. in tal senso la circolare del Ministero del lavoro n. 35 del 29.8.2013)

, se letta in rapporto alla disposizione che, nel prevedere la possibilità dell'assunzione congiunta fra imprese agricole stipulanti il contratto di rete, espressamente prevede invece l'operare del regime della responsabilità solidale (

art. 31, commi 3-bis. ss., d.lgs. n. 276/2003)

.

Guida all'approfondimento

- I. Alvino, Il lavoro nelle reti di imprese, Giuffrè, Milano, 2014.

- M. Esposito, La fattispecie del distacco e la sua disciplina, in M. Aimo – D. Izzi (a cura di), Esternalizzazioni e tutela dei lavoratori, Torino, 2014, p. 604

- M.T. Carinci, Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro: somministrazione e distacco, appalto e subappalto, trasferimento d'azienda e di ramo, Torino, 2013.

- M.T. Carinci (a cura di), Dall'impresa a rete alle reti d'impresa. Scelte organizzative e diritto del lavoro, Milano, 2015

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