Rapporto autonomo o subordinato? La cartina di tornasole è il comportamento delle parti
16 Ottobre 2014
Così si è espressa la Cassazione nella pronuncia n. 21824, depositata il 15 ottobre 2014.
Il fatto: rapporto subordinato affiancato ad uno autonomo
La Corte di Appello di Firenze, andando di contrario avviso rispetto al Tribunale, condannava un'assicurazione a corrispondere a una lavoratrice una somma a titolo di compenso per il lavoro subordinato nonché un'altra cifra a titolo di indennità sostitutiva della reintegrazione per l'ingiustificato licenziamento ex art. 18, co. 5, Statuto dei Lavoratori. Accanto all'incontestato incarico professionale in qualità di produttore libero, si rilevava di fatto un distinto rapporto di natura subordinata avente ad oggetto l'attività di sportello ed altri compiti amministrativi.
Attribuire valore prevalente al comportamento tenuto dalle parti
La Suprema, rigettando il ricorso, richiama l'orientamento (Cass. n. 9264/2007 e n. 19568/2013) secondo il quale laddove le parti – pur volendo attuare un rapporto subordinato – abbiano dichiarato simulatamente di volere un diverso rapporto a fini elusivi, il giudice di merito, competente alla qualificazione del rapporto, deve attribuire valore preponderante al comportamento tenuto dalle parti nell'attuazione del rapporto stesso.
Anche la Consulta si era espressa in questa direzione
La Corte Costituzionale (sentenze nn. 121/1993 e 115/1994) ha evidenziato il principio dell'”indisponibilità del tipo contrattuale”, in ragione del quale non è consentito al legislatore negare la qualificazione di rapporti di lavoro subordinato a rapporti oggettivamente dotati di tale natura. Nel caso di specie hanno quindi avuto la corretta valenza gli elementi, quali la presenza quotidiana in ufficio, lo svolgimento dell'attività di sportello, l'inserimento nella struttura stabile aziendale, denotanti l'assoggettamento della lavoratrice al potere organizzativo e decisionale del datore. |