Il mancato computo dell’indennità sostitutiva del preavviso e delle ferie non godute nella base di calcolo del TFR

30 Dicembre 2015

La Corte di Cassazione affronta il tema della riferibilità o meno al rapporto di lavoro dell'indennità sostitutiva del preavviso e delle ferie non godute ai fini del loro computo nella base di calcolo del TFR in ragione del principio di omnicomprensività della retribuzione espresso dalla norma istitutiva del trattamento in questione.
Massima

Né l'indennità di mancato preavviso, né l'indennità di mancato godimento delle ferie rientrano nella base di computo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) del personale delle Ferrovie dello Stato. Ciò, in quanto l'indennità di mancato preavviso ha natura obbligatoria e si riferisce ad un periodo non lavorato, successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro. L'indennità di mancato godimento delle ferie, invece, non si computa ai fini del TFR poiché esclusa in modo chiaro ed univoco dagli accordi collettivi nazionali del settore ferroviario sul TFR siglati in data 1 febbraio 1996 e il successivo 24 settembre 1996.

Il caso

La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso da cinque dipendenti collocati in quiescenza da Ferrovie dello Stato Società di Trasporti e Servizi per Azioni (oggi, Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.). Questi, ricevute le spettanze connesse alla cessazione del loro rapporto di lavoro, avevano convenuto la società innanzi al Tribunale di Brescia per ottenere il pagamento delle differenze economiche derivanti dal mancato conteggio dell'indennità sostitutiva del preavviso e di ferie non godute nella base di computo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR). La fase di merito – giunta in secondo giudizio per appello della datrice di lavoro – si era conclusa con accoglimento delle pretese attoree in ragione della necessaria computabilità delle suddette indennità nel montante TFR, in quanto emolumenti aventi la loro causa, e non la mera occasione, nel rapporto di lavoro.

Avverso la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Brescia, la società ha proposto ricorso in cassazione denunciando la violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 c.c. e seguenti in relazione all'interpretazione dell'art. 117 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dei Ferrovieri del 6 febbraio 1998 e dell'art. 2120 c.c., nonché dei Contratti Collettivi Nazionali sul TFR del 1° febbraio 1996 e 24 settembre 1996.

La questione

Con riferimento al caso sopra rappresentato, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della riferibilità o meno al rapporto di lavoro dell'indennità sostitutiva del preavviso e delle ferie non godute ai fini del loro computo nella base di calcolo del TFR in ragione del principio di omnicomprensività della retribuzione espresso dalla norma istitutiva del trattamento in questione.

Trattasi dell'art. 2120 c.c. il quale stabilisce che “salvo diversa previsione dei contratti collettivi, la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese”.

Per quanto attiene alla prima delle due indennità, il giudice delle leggi ha affrontato il tema partendo dall'efficacia del preavviso mentre, con riguardo all'indennità per ferie non godute, da quello della specificità delle deroghe contrattuali in merito alla voci da includere o meno nel conteggio del TFR.

La soluzione giuridica

Nell'escludere l'indennità di mancato preavviso dalla base di computo del TFR, la Suprema Corte ha osservato che la stessa, essendo connessa ad un periodo di servizio non prestato, non sia corrisposta in dipendenza del rapporto di lavoro e, in quanto tale, esclusa dalla previsione di carattere generale di cui all'art. 2120 c.c.

Il suddetto ragionamento è basato sul principio dell'efficacia obbligatoria del preavviso per il quale gli atti di recesso delle parti del rapporto di lavoro comportano la risoluzione immediata del medesimo con la cessazione di tutte le obbligazioni normative ed economiche ad esso connesse, eccetto l'obbligo per la parte recedente di corrispondere l'indennità sostitutiva. Indennità, appunto, non occasionata dal rapporto di lavoro strettamente inteso e, pertanto, escluso dalla base di computo TFR.

Con riguardo all'indennità per mancato godimento delle ferie, la Corte di Cassazione ha chiarito che, pur essendo la stessa riferibile al rapporto di lavoro – e, dunque, in astratto rientrante tra le somme indicate nell'art. 2120 c.c. – la stessa avrebbe dovuto escludersi nella fattispecie concreta in virtù delle previsioni in deroga contenute negli accordi collettivi applicati al rapporto di lavoro dei cinque dipendenti ferroviari. A tale riguardo, è stato dunque rievocato il principio della legittimità della deroga anche peggiorativa - purché chiara ed univocamente interpretabile - da parte degli accordi collettivi rispetto al metodo di calcolo del TFR ex lege previsto.

Osservazioni

Le questioni giuridiche sopra analizzate sono entrambe connesse all'incidenza delle somme corrisposte per preavviso non lavorato e ferie non godute sulla base di computo del TFR.

Sul tema occorre avere riguardo all'art. 2120 c.c. che, nell'istituire il diritto del prestatore di lavoro a percepire in qualsiasi caso di cessazione del rapporto di lavoro il relativo trattamento, ne ha stabilito il suo metodo di calcolo.

Infatti, la norma citata prevede che il TFR “si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all'importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5”. E' la medesima previsione, al capoverso successivo, a chiarire che la retribuzione annua - laddove per la stessa s'intende la cd. retribuzione utile ai fini del TFR - “comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese”.

In altri termini, ai fini della computabilità delle somme percepite dal lavoratore nel montante utile per il TFR, è richiesto il verificarsi di due condizioni. La prima, che la corresponsione di dette somme avvenga in dipendenza del rapporto di lavoro, la seconda, che tale corresponsione non abbia carattere temporaneo.

La prima condizione consente di imputare a TFR tutte le somme ricevute dal prestatore di lavoro per la prestazione svolta in favore del datore o per altre motivazioni comunque conseguenti all'instaurazione del vincolo di lavoro. Sul punto, nella nota del 3 ottobre 2008 (Protocollo 25/I/0013424), lo stesso Ministero del Lavoro ha affermato che “il concetto di retribuzione formulato nella norma rientra, per orientamento costante della giurisprudenza, nel criterio della onnicomprensività, da intendersi nel senso che nel relativo calcolo vanno inclusi tutti gli emolumenti che trovano la loro causa tipica nel rapporto di lavoro cui sono istituzionalmente connessi, ancorché non strettamente correlati con la effettiva prestazione lavorativa” escludendo, di converso, dal calcolo “quelle somme rispetto alle quali il rapporto di lavoro si pone come una mera occasione contingente per la relativa fruizione, quand'anche essa trovi la sua radice in un rapporto obbligatorio diverso ancorché collaterale e collegato al rapporto di lavoro stesso”.

Se, alla luce dei criteri sopra esposti, è risultato agevole valutare la computabilità dei trattamenti economici cd. ordinari, così non è stato per quelli aventi caratteristiche peculiari, quali, per citare alcuni esempi, i compensi per lavoro straordinario, le indennità di vacanza contrattuale, le somme accantonate dal datore di lavoro per la previdenza complementare.

La stessa indennità sostitutiva del preavviso di cui si è discusso nella sentenza in commento, vista la sua dubbia interpretabilità ai fini del TFR, è stata oggetto di molteplici decisioni di merito e di legittimità, che sono riconducibili ad un doppio filone interpretativo. Un primo (espresso, ad es., in Pret. Torino 7 giugno 1983, Pret. Milano 5 ottobre 1993, Trib. Milano 20 luglio 2009) per il quale le somme corrisposte in luogo del preavviso contrattuale debbano essere valutate ai fini calcolo del TFR in quanto rientranti nella categoria degli emolumenti di carattere retributivo erogati in dipendenza di un rapporto di lavoro. Un secondo (formulato, ad es., da Cass. 29 novembre 2012, n. 21270, Cass. 5 ottobre 2009 n. 21216), avallato anche dalla sentenza in commento (e che, a parere di chi scrive, deve essere preferito), per il quale, invece, la determinazione del TFR non debba tener conto delle suddette somme in quanto non corrisposte in virtù di un rapporto di lavoro in essere.

La diversità di conclusioni di cui agli orientamenti sopra richiamati dipende dalla differente interpretazione circa l'efficacia del preavviso contrattuale che i giudici e gli studiosi del diritto hanno contrapposto in reale ed obbligatoria.

La tesi dell'efficacia reale del preavviso è stata illustrata in dottrina dai giuslavoristi Giuseppe Federico Mancini ( “Il recesso unilaterale e i rapporti di lavoro, Il recesso ordinario”, Milano 1962) e Giorgio Ghezzi (“La mora del creditore nel rapporto di lavoro”, Milano 1965). Entrambi gli Autori hanno sostenuto che, nel caso di licenziamento intimato con esonero dalla prestazione lavorativa e con il contestuale riconoscimento dell'indennità sostitutiva, il rapporto di lavoro proseguirebbe virtualmente a tutti gli effetti per l'intera durata del preavviso, salvo il consenso della parte che subisce il recesso all'immediata o anticipata risoluzione dello stesso. Da una simile ricostruzione giuridica ne discenderebbe, ai fini della questione oggetto del presente elaborato, la riconducibilità dell'indennità del mancato preavviso al rapporto di lavoro e dunque la sua inclusione nella retribuzione utile per il TFR.

Diversamente la teoria dell'efficacia obbligatoria del preavviso, subentrata in un tempo successivo, parte dal presupposto che la facoltà di recesso, sotto il profilo formale, determina l'interruzione immediata del rapporto di lavoro (e di tutte le obbligazioni normative ed economiche ad esso connesse) e non già la sua protrazione fino al termine di scadenza previsto dagli accordi collettivi, o, se migliorativi, da quelli individuali.

Alla luce di un simile ragionamento, salvo il caso in cui sia la stessa parte recedente ad accordare la prosecuzione del rapporto in favore del cd. receduto, l'unica obbligazione vigente sarebbe quella della corresponsione dell'indennità in luogo del preavviso. La stessa, venendo a mancare la condizione di riferibilità al rapporto di lavoro (non più in essere per effetto del recesso con esonero), andrebbe pertanto esclusa dalla base di calcolo del TFR.

In relazione alla seconda questione giuridica esaminata nella sentenza de qua (i.e., la computabilità o meno dell'indennità di ferie non godute nel montante TFR) è stata analizzata la posizione delle previsioni dei contratti collettivi rispetto alla regola generale di computo di cui alla norma del codice civile sopra richiamata.

In particolare, si è rilevato che lo stesso incipit dell'art. 2120 c.c. (con la locuzione “salvo diversa previsione dei contratti collettivi”), derogando al principio generale della gerarchia delle fonti, concederebbe alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare le voci di retribuzione utili al calcolo del TFR, anche in senso peggiorativo per il dipendente purché si tratti di deroghe tassative o comunque espresse in maniera chiara ed univoca. Requisiti, questi, che la Corte di Cassazione ha ritenuto sussistenti, ai fini dell'esclusione dell'indennità per ferie non godute dalla base di calcolo del TFR spettante ai ferrovieri, nelle previsioni all'uopo citate dagli accordi collettivi allegate da Rete Ferroviaria Italiana.

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