GMO e libertà d’impresa: parola alla Cassazione
16 Dicembre 2016
La scelta dei criteri di gestione dell'impresa è espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall'art. 41 Cost. ed è, pertanto, rimessa alla valutazione del datore di lavoro non sindacabile dal giudice, al quale spetta il controllo della reale sussistenza del motivo addotto dall'imprenditore. Costante giurisprudenza, infatti, identifica il limite a tale potere datoriale nella non pretestuosità della scelta organizzativa.
Di conseguenza, tra i licenziamenti per GMO rientra anche quello dettato da una mera scelta di più economica gestione dell'impresa.
Questo, infatti, il principio di diritto affermato dalla sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza 7 dicembre 2016, n. 25201:
“Ai fini della legittimità del licenziamento individuale intimato per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'art. 3 della L. n. 604 del 1966, l'andamento economico negativo dell'azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare ed il giudice accertare, essendo sufficiente che le ragioni inerenti all'attività produttiva ed all'organizzazione del lavoro, tra le quali non è possibile escludere quelle dirette ad una migliore efficienza gestionale ovvero ad un incremento della redditività dell'impresa, determinino un effettivo mutamento dell'assetto organizzativo attraverso la soppressione di una individuata posizione lavorativa”.
Qualora, però, il licenziamento “sia stato motivato richiamando l'esigenza di fare fronte a situazioni economiche sfavorevoli ovvero a spese notevoli di carattere straordinario ed in giudizio si accerti che la ragione indicata non sussiste, il recesso può risultare ingiustificato per una valutazione in concreto sulla mancanza di veridicità e sulla pretestuosità della causale addotta dall'imprenditore”. |