Nel caso di trasformazione, in unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, di più contratti a termine succedutisi fra le stesse parti, per effetto dell'illegittimità dell'apposizione del termine, l'indennità risarcitoria, dovuta ai sensi della L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5, ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprendendo tutti i danni - retributivi e contributivi - causati dalla perdita del lavoro a causa dell'illegittima apposizione del termine, con riferimento agli "intervalli non lavorati" fra l'uno e l'altro rapporto a termine.
Massima
“Nel caso di trasformazione, in unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, di più contratti a termine succedutisi fra le stesse parti, per effetto dell'illegittimità dell'apposizione del termine, l'indennità risarcitoria, dovuta ai sensi della L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5, ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprendendo tutti i danni - retributivi e contributivi - causati dalla perdita del lavoro a causa dell'illegittima apposizione del termine, con riferimento agli "intervalli non lavorati" fra l'uno e l'altro rapporto a termine; al contrario, i "periodi lavorati", non solo nel primo, ma anche nei successivi contratti del periodo intermedio, una volta inseriti nell'unico rapporto a tempo indeterminato, fanno parte della anzianità lavorativa e retributiva e devono essere considerati ai fini della quantificazione degli aumenti periodici di anzianità".
Il caso
Il caso deciso dalla sentenza in commento attiene ad un giudizio introdotto da una lavoratrice “precaria”, già posta alle dipendenze di una compagnia aerea, deducente, in primo grado, l'asserito proprio diritto alla “stabilizzazione” nel posto di lavoro occupato presso l'impresa in parola, sulla scorta di piu' contratti di lavoro con costei instaurati ed intrattenuti e sindacati per illegittimi. Il giudice di prime cure accoglieva la domanda proposta ad opera dell'interessata, disponendo la trasformazione a tempo indeterminato della serie di contratti di lavoro a termine in argomento, omettendo purtuttavia di pronunciarsi sulla domanda, proposta ad opera della lavoratrice in parola, tesa all'ottenimento della ricostruzione della corrispondente carriera, come indotta dal decorso del tempo impegnato nello svolgimento dell'attività lavorativa spiegata per conto di detta compagnia aerea (in ragione dei contratti di lavoro a termine con costei intrattenuti). La lavoratrice in questione proponeva appello sul punto, ma il giudice del secondo grado lo respingeva, sulla base dell'assunto per cui l'indennità di cui all' art. 32, comma 5, legge n. 183/2010, dovrebbe intendersi per comprensiva d'ogni pregiudizio sopportato ad opera del lavoratore che deduca l'illegittimità di uno o piu' contratti a termine (e che ottenga, in dipendenza di ciò, la “stabilizzazione” nel posto di lavoro) ivi compreso il danno da compressione degli scatti di anzianità (indennità, quella in argomento, nella fattispecie riconosciuta all'interessata, ad opera del giudice di primo grado, nella corrispondenza di sette mensilità dell'ultima retribuzione in dotazione all'interessata stessa). La lavoratrice impugnava avanti la Suprema Corte di Cassazione la statuizione del giudice d'appello, “in parte qua”. La Corte di Cassazione definiva indi il gravame di cui trattasi, accogliendo il motivo in proposito proposto ad opera dell'interessata, affermando il principio di cui alla massima come sopra rassegnata.
La questione
La questione, affrontata e risolta dalla Suprema Corte di Cassazione attiene alla definizione degli ambiti coperti dalla statuizione giurisdizionale involtane, per quanto afferente al “quantum” del risarcimento del danno che spetta al lavoratore “avventizio”, a termini dell'art. 32, co. 5, della legge n. 183/2010, che ottenga pronuncia di declaratoria dell'illegittimità d'uno o piu' contratti di lavoro a termine, da esso denunciato/i per illegittimo/i e che consegua, per l'effetto, la riammissione nel posto di lavoro, a tempo indeterminato. Piu' in particolare concerne il tema della “assorbibilità” o meno nell'indennità risarcitoria di cui alla testè menzionata disposizione dell'art. 32, co. 5, della legge 183/2010, del pregiudizio sopportato dal lavoratore in parola, quale conseguenza del frazionamento della corrispondente carriera, per l'effetto della stipula di uno, o piu' contratti di lavoro, a tempo determinato, bollato/i per invalido/i.
Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte di Cassazione è pervenuta all'affermazione del principio come sopra massimato, sulla scorta del “recupero” mirato della giurisprudenza sua propria, formatasi, sul tema in predicato, in epoca antecedente l'entrata in vigore della menzionata legge n. 183/2010; giurisprudenza per la quale “l'unificazione del rapporto di lavoro "comporta, a prescindere dalle eventuali spettanze, nei limiti anzidetti, per gli intervalli non lavorati, un ricalcolo delle spettanze per i periodi lavorati una volta considerati inseriti nell'unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato, con conseguente applicazione degli istituti propri di questo quali, ad esempio, gli aumenti di anzianità, la misura del periodo di comporto, la misura del periodo di preavviso…” (Cass. civ., Sez. Un., 5 marzo 1991, n. 2334). La medesima Suprema Corte, inoltre, è pervenuta alla decisione che ci occupa, agganciando al principio come testè testualmente riproposto una lettura “critica” del testo dell'art. 32, co. 5, della legge 183/2010, in proposito pervenendo alla conclusione per cui l'indennizzo in predicato attiene esclusivamente alla riparazione del pregiudizio sopportato dal lavoratore di cui trattisi, in dipendenza dei periodi non lavorati, quale conseguenza dell' estinzione del rapporto (ovvero dei rapporti) di lavoro in argomento, effetto dell'esaurimento del termine illegittimamente ad esso(i) apposto. A conforto di tale ultima conclusione, la Suprema Corte di Cassazione ha altresì passato in rassegna le proprie piu' recenti pronunce in materia (assunte nella vigenza del già menzionato art. 32, co. 5, della legge n. 183/2010) sostanzialmente allineate al senso fatto proprio dalla massima come sopra compendiata.
Osservazioni
La decisione della Suprema Corte di Cassazione qui in commento appare conforme all'orientamento giurisprudenziale inaugurato dalla medesima Corte, alla volta del varo della disposizione di cui all'art. 32, co. 5, della legge n. 183/2010 (ancorchè, per il vero, la massima estratta da Cass. n. 14996, del 7 settembre 2012, sembri sottendere principio opposto a quello affermato ad opera della sentenza di cui si tratta: “L'indennizzo forfettario previsto dal collegato lavoro ristora per intero il danno patito dal lavoratore. Quindi sono coperti dall'indennità anche gli scatti di anzianità maturati fino alla sentenza che dichiara la sussistenza di un contratto a tempo indeterminato fin dall'origine, e tale indennità non a caso è definita omnicomprensiva. La somma è destinata a coprire anche l'eventuale danno contributivo nel periodo intermedio, e ciò in virtù del fatto che l'indennità scatta per la sola apposizione del termine nullo, anche senza la prova di un danno effettivamente subìto dal lavoratore. L'indennizzo, infine, scatta anche senza costituzione in mora del datore.”). Non solo, la pronuncia che ci occupa risulta altresì coerente con il principio in tempi recenti, in più riprese, affermato ad opera della Corte di Giustizia dell'Unione Europea in ordine alla necessaria valorizzazione, a fini di carriera, anche dei periodi lavorati, da parte dei prestatori d'opera interessatine, in qualità di lavoratori a tempo determinato, una volta ottenuta la “stabilizzazione” nei posti di lavoro dei quali si tratti (e ciò, indipendentemente dalla censurabilità o meno dei patti appositivi di termine ai contratti di lavoro precario in discussione). Principio, quello testè richiamato, nello specifico, in piu' occasioni affermato dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (Sez. VIII, 7 marzo 2013, n. 393/11, sez. VIII, 18 ottobre 2012, n. 305/11, Sez. VI, 18 ottobre 2012, n. 302/11) con riguardo al tema della valorizzabilità (o meno), a fini di carriera, dei periodi di servizio “pre-ruolo”, trascorsi alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, ad opera del personale poi assuntone a tempo indeterminato, in forza d'apposite previsioni di legge (per tutte, menzionasi la previsione di cui all'art.1, co. 519, della legge n. 296/2006): “Il principio di non discriminazione osta ad una normativa nazionale che escluda dal computo dell'anzianità i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un'autorità pubblica, assunto a tempo indeterminato, come dipendente di ruolo, a seguito di una procedura specifica di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro” (Corte Giust. Un. Europea, sez. VIII, 7 marzo 2012, n. 393/11).
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