L’indagine sulla mala gestio dell’INAIL nella transazione dell’azione di rivalsa
17 Febbraio 2016
Massima
Nella valutazione di mala gestio dell'INAIL nell'azione diretta di regresso, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 11, art. 1916 c.c. D.Lgs. n. 38 del 2000 Il caso
L'11 settembre 1996, quando ancora l'INAIL non indennizzava il danno biologico, un lavoratore, a seguito di un sinistro stradale determinato da responsabilità civile altrui, subiva un danno alla persona temporaneo e permanente, poi ammesso alla tutela sociale. Esperita l'azione di surrogazione nei confronti del danneggiante e dell'impresa di assicurazione per la r.c.a., l'INAIL definiva bonariamente la causa, accettando la somma di £. 7.000.000 a titolo transattivo; successivamente l'assicuratore sociale procedeva all'aumento del tasso di premio dovuto dal datore di lavoro, che chiedeva al Tribunale l'accertamento dell'inesistenza dei presupposti per il suddetto incremento, ravvisando una mala gestio dell'Istituto, che si sarebbe accontentato della cifra di £ 7.000.000, a fronte dell'avvenuta erogazione a favore dell'infortunato del maggior importo di £ 49.825.467, nonostante la lesione all'integrità psico – fisica riportata dalla vittima.
Il Tribunale respingeva la domanda in quanto il lavoratore aveva riportato delle micro permanenti non incidenti sulla capacità lavorativa specifica, ma determinanti solo un danno biologico nell'ambito del quale l'azione di surrogazione non trovava capienza.
La Corte di Appello, al contrario, accoglieva la domanda, condannando l'Istituto a restituire quanto versato dal datore di lavoro per l'aumento del premio, giacché la micro permanente incideva sulla capacità lavorativa generica e, pertanto, l'Istituto avrebbe dovuto pretendere una maggior somma dal responsabile civile.
Con ricorso per cassazione l'INAIL ha chiesto l'annullamento della sentenza di merito, escludendo la sua mala gestio in quanto il lavoratore aveva subito un danno biologico puro - notoriamente non scindibile nei singoli risarcimenti - il quale, unitamente al danno morale, non era comprimibile dall'azione di rivalsa dell'assicuratore sociale, contenuta nei limiti del danno patrimoniale in concreto subito dalla vittima.
La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di merito. La questione
Le questioni in esame sono le seguenti: è ravvisabile la mala gestio dell'INAIL che nel transigere un'azione di surrogazione esperita a seguito dell'avvenuta indennizzabilità di un infortunio in itinere, accaduto prima della socializzazione del danno biologico, ha accettato una somma esigua rispetto a quanto erogato complessivamente in favore del lavoratore infortunato, proprio perché in ambito civilistico era stato accertato e liquidato unicamente un danno biologico ed un danno morale?
È possibile scindere il risarcimento del danno biologico nelle sue varie componenti e relativi risarcimenti per consentire l'accoglimento dell'azione di rivalsa dell'INAIL che notoriamente indennizza la perdita o riduzione dell'attitudine al lavoro? La soluzione giuridica
La Suprema Corte, partendo dal presupposto corretto che la valutazione di mala gestio dell'INAIL nell'esercizio dell'azione di surrogazione debba essere operata sulla base del danno indennizzato in ambito previdenziale, la esclude poiché, all'epoca del sinistro stradale, l'Istituto non compensava il danno biologico e la rivalsa poteva trovare capienza nei limiti di quanto liquidato in ambito civilistico per il danno patrimoniale riportato in concreto dalla vittima.
In effetti, ricorda la Suprema Corte, la copertura assicurativa ante D.Lgs. n. 38/2000prevista dal sistema di assicurazione sociale contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, pur non avendo ad oggetto il danno patrimoniale in senso stretto, non era riferibile né al danno biologico né a quello morale, essendo le indennità previste collegate e commisurate esclusivamente ai riflessi che la menomazione psicofisica ha sull'attitudine al lavoro dell'assicurato e non assumendo alcun rilievo gli svantaggi, le privazioni e gli ostacoli che la menomazione stessa comporta con riferimento agli altri ambiti ed alle altre modalità di espressione della personalità del danneggiato nella vita di relazione, tra cui la stessa capacità di lavoro generico.
Peraltro, la non perfetta sovrapposizione sistematica fra i criteri di liquidazione dell'indennizzo previsti dalle assicurazioni sociali e quelli stabiliti dal codice civile in tema di risarcimento dei danni non consente di forzare un sistema per adeguarlo all'altro, non potendosi in particolare scindere, nell'ambito della somma liquidata in risarcimento del danno alla persona, le varie componenti ed i relativi risarcimenti.
Stando così le cose, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata perché la Corte di Appello, violando i principi appena enunciati, ha ravvisato la mala gestio, rimproverando all'Istituto di non aver reclamato il risarcimento liquidato per danno biologico, accertato in ambito civilistico, ritenendolo influente sulla “attitudine lavorativa generica” subita dal lavoratore ed anche se tale pregiudizio non era stato oggetto della prestazione assicurativa. Osservazioni
La sentenza in esame appare condivisibile, laddove circoscrive l'indagine sulla sussistenza di un'eventuale mala gestio nella definizione dell'azione di rivalsa esperita dall'assicuratore sociale, invitando il giudice di merito a tener conto solo di quanto liquidato in ambito civilistico per i pregiudizi indennizzati in precedenza in ambito previdenziale.
Perciò, con riferimento ad un infortunio in itinere avvenuto ante D.Lgs. n. 38/2000, la Suprema Corte ribadisce che l'azione di rivalsa non poteva comprimere il risarcimento della lesione all'integrità psico-fisica, né del danno morale, esclusi dalla tutela sociale, essendo ammessa solo nei limiti del danno patrimoniale liquidato in concreto in favore del danneggiato assicurato ( Cass . 14 agosto 2014 , n. 17978 ; Cass. 2 marzo 2010, n. 4941 ; Cass. 10 gennaio 2008, n. 255 ; Cass. 29 settembre 2005, n. 19150 ; Cass. 26 ottobre 2004, n. 20747 ; Cass. 14 febbraio 2004, n. 2889 ; Cass. 30 luglio 2003, n. 11704 ; Cass. 21 marzo 2002, n. 4080 ; Cass. 27 luglio 2001, n. 10289 ; Cass. 15 dicembre 2000, n. 15859 ; Cass. 27 agosto 1999, n. 8998 ; Cass. 3 dicembre 1998, n. 12247 ; Cass. 20 ottobre 1998, n. 10450 ; Cass. 22 gennaio 1998, n. 605 ; Cass. 30 dicembre 1997, n. 13126 ).
Essa appare, altresì, corretta nella parte in cui esclude che parte del danno biologico risulti coperto dalla rendita corrisposta dall'INAIL per la riduzione della capacità di lavoro generica, giacché «l'indennizzo a carico dell'INAIL previsto in caso di infortunio sul lavoro si riferisce esclusivamente alla riduzione della capacità lavorativa e, anche in base all'interpretazione della Corte costituzionale contenuta nelle sentenze n. 319 del 1989 e 356 e 485 del 1991, non comprende una quota volta a risarcire il danno biologico, atteso che la configurabilità concettuale della duplice conseguenza (patrimoniale e non patrimoniale) del danno alla persona non significa che il diritto positivo prevedesse un "danno biologico previdenziale patrimoniale"» (da ultimo, Cass. 30 dicembre 2015, n. 26165 ; Cass. 30 luglio 2003 , n. 11704 ).
La sentenza, inoltre, si colloca nel solco già tracciato dalla medesima giurisprudenza di legittimità, in base alla quale l'aumento del premio operato dall'Istituto non è sindacabile ove la transazione sia stata conclusa dall'Istituto agendo con la diligenza del buon padre di famiglia.
A tal proposito, la giurisprudenza di legittimità ha escluso l'illegittimità della norma di cui all' art. 22, D.M. 12 dicembre 2000 , nella parte in cui esclude dal computo del tasso specifico aziendale solo gli oneri effettivamente recuperati dall'INAIL in seguito ad azione di surroga o di regresso e non l'intero onere del sinistro, giacché la transazione conclusa in sede di surroga tra l'INAIL e il responsabile dell'infortunio per un ammontare inferiore rispetto alla misura del danno subito non può incidere riduttivamente sui tassi di premio per l'intero ammontare del danno ove risulti, con valutazione ex ante, la ragionevolezza e la convenienza della transazione in relazione al grado di incertezza circa il prevedibile esito della lite ( Cass. 10 dicembre 2013, n. 27522 ; Cass. 7 dicembre 2002, n. 17469 ; Cass. 27 settembre 1999, n. 10696 ).
Infine, ricorda la Suprema Corte, spetta al datore di lavoro dimostrare la manifesta sproporzione della transazione al fine di contestare l'inasprimento della pressione contributiva. Infatti, “l'INAIL che intenda aumentare il premio assicurativo ha l'onere di provare un proprio pregiudizio economico, il quale non sussiste qualora esso, rivoltosi in surroga contro il terzo responsabile dell'infortunio, abbia conseguito l'integrale rimborso dell'indennizzo. Pertanto l'Istituto, ricevuta dal terzo una somma minore a causa di transazione, ha diritto all'aumento del premio, mentre spetta all'assicurante, che neghi tale diritto, di provare la manifesta sproporzione fra le concessioni dei transigenti, sfavorevole all'istituto assicuratore, che debba così imputare a sé il suddetto pregiudizio economico” ( Cass. 13 giugno 2005, n. 12648 , in Giust. civ. Mass. 2005, 6; in Orient. giur. lav., 2005, 3, I, 700; in Riv. inf. mal. prof., 2005, 3, II, 91). |