Licenziamento per condotta extralavorativa nelle imprese di servizio pubblico in regime privatistico

17 Marzo 2015

La condotta illecita estranea al rapporto di lavoro può avere rilievo disciplinare perchè il lavoratore è obbligato, anche in ambito extralavorativo, a preservare il rapporto fiduciario tenendo comportamenti idonei ad assicurare affidabilità nei confronti del datore di lavoro e dell'utenza.
Massime

“La condotta illecita estranea al rapporto di lavoro può avere rilievo disciplinare perchè il lavoratore è obbligato, anche in ambito extralavorativo, a preservare il rapporto fiduciario tenendo comportamenti idonei ad assicurare affidabilità nei confronti del datore di lavoro e dell'utenza”.

“La condotta illecita estranea al rapporto di lavoro può essere sanzionata con il licenziamento soltanto se connotata da gravità, da apprezzarsi in relazione alla natura dell'attività svolta dal datore di lavoro”.

“Il servizio postale, in ragione dell'impegno di capitale pubblico e della pubblicità del servizio, ha rilievo nella ricostruzione dei doveri dei lavoratori dipendenti addetti al servizio, i quali devono garantire affidabilità, anche nella condotta extralavorativa”.

Il caso

La Corte di Appello di Napoli, riformando la sentenza di primo grado, aveva dichiarato la illegittimità del licenziamento intimato dalla società Poste Italiane s.p.a. al suo dipendente, in relazione alla sentenza penale definitiva, con la quale il lavoratore era stato condannato per usura ed estorsione.

Aveva ritenuto che il vincolo fiduciario non poteva ritenersi vulnerato in quanto la disponibilità di posta pregiata in capo al lavoratore era stata solo genericamente affermata dalla datrice di lavoro, la quale, altrettanto genericamente, aveva allegato il discredito sofferto da essa società in conseguenza della sentenza penale di condanna del proprio dipendente e della incidenza negativa della presenza del lavoratore sui luoghi di lavoro.

La durata ultraventennale del rapporto di lavoro, la assenza di precedenti disciplinari, l'ambito ben delimitato in cui erano stati commessi i reati, erano stati considerati dalla Corte territoriale per escludere la rilevanza della condotta extralavorativa nell'ambito del rapporto di lavoro.

La società datrice di lavoro aveva proposto ricorso per cassazione per violazione degli artt. 1362, 1364, 2106, 2119 c.c., dell'art. 7, L. 20 maggio 1970 n. 300, degli artt. 1 e 2 L. 15 luglio 1966 n. 604, degli artt. 81, 629, 644 c.p. e per difetto di motivazione.

Aveva lamentato che la Corte di Appello aveva ignorato l'idoneità dei fatti, accertati in via definitiva dal giudice penale, a ledere il vincolo fiduciario; non aveva considerato che essa società ricorrente svolgeva attività di gestione, deposito ed affidamento del credito, oltre all'attività, preponderante, di intermediazione bancaria e quella di trasporto e consegna di posta, posta pregiata, assegni, carte di credito, etc.); aveva trascurato la potenziale destabilizzazione dell'ambiente lavorativo.

Le questioni

Le questioni in esame sono le seguenti: a) la condotta illecita extralavorativa può avere rilievo disciplinare ed essere sanzionata con il licenziamento? b) nella valutazione della gravità della condotta extralavorativa del lavoratore può tenersi conto del fatto che l'attività lavorativa è prestata alle dipendenze di un'impresa che espleta un servizio pubblico, seppur gestito in regime giuridico privatistico?

Le soluzioni giuridiche

Nella sentenza in commento risulta ribadito il principio secondo il quale anche la condotta illecita estranea alle mansioni del lavoratore subordinato può avere rilievo disciplinare perchè il lavoratore è obbligato non solo a rendere la prestazione lavorativa ma anche a tenere una condotta extralavorativa tale da non ledere gli interessi morali e patrimoniali del datore di lavoro e da non minare il vincolo fiduciario.

Viene confermato anche il principio secondo il quale la condotta illecita estranea al rapporto di lavoro può essere sanzionata con il licenziamento soltanto se è connotata da gravità, con la precisazione che la gravità deve essere valutata anche in considerazione della natura dell'attività svolta dall'impresa datrice di lavoro.

Nella sentenza in esame la Corte di Cassazione, dopo avere puntualizzato che comportamenti estranei al rapporto di lavoro, apprezzabili come non particolarmente gravi nell'ambito di imprese che svolgano attività di tipo privatistico, possono, di contro, minare irrimediabilmente il vincolo fiduciario nell'ipotesi in cui l'attività si compendi nell'espletamento di un servizio pubblico, pur se reso in regime giuridico privatistico, richiama i principi di imparzialità e di buon andamento di cui agli artt. 3 e 97 Cost., che ispirano lo svolgimento di attività imprenditoriali di rilievo pubblico.

E ciò per statuire che l'impegno di capitale pubblico e la pubblicità del fine perseguito dal datore di lavoro che espleti un servizio pubblico hanno riflessi sui doveri dei lavoratori subordinati, ai quali è richiesto di assicurare, anche nella condotta extralavorativa, affidabilità sia al datore di lavoro che alla utenza.

La sentenza della Corte di Appello viene cassata sul rilievo che siffatta circostanza era stata trascurata ed erano state, invece, valorizzate circostanze estrinseche, di limitato rilievo attenuante ma non escludenti la gravità della condotta addebitata in sede disciplinare.

Osservazioni

La sentenza in commento si pone, pur senza esplicite citazioni, nel solco dell'indirizzo giurisprudenziale, ormai consolidato, secondo il quale il carattere extralavorativo di un comportamento non ne preclude la sanzionabilità in sede disciplinare, quando la natura della prestazione dovuta dal lavoratore subordinato richieda un ampio margine di fiducia esteso ai comportamenti privati (Cass. 9 gennaio 2015, n. 3452; 26 novembre 2014, n. 25161; 16 febbraio 2011, n. 3822; 18 giugno 2009, n. 14176; 1 febbraio 2008, n. 2474; 26 agosto 2003, n. 12489; 1 giugno 1988, n. 3719).

Questo orientamento giurisprudenziale muove dalla considerazione che l'obbligo di fedeltà a carico del lavoratore subordinato ha un contenuto più ampio di quello risultante dall'art. 2105 cod. civ., integrandosi detta norma con gli artt. 1175 e 1375 cod. civ., che impongono correttezza e buona fede anche nei comportamenti extralavorativi, per affermare che il lavoratore subordinato è tenuto ad astenersi da qualsiasi condotta che risulti in contrasto con i doveri connessi al suo inserimento nella struttura e nell'organizzazione dell'impresa o crei situazioni di conflitto con le finalità e gli interessi della medesima o sia comunque idonea a ledere irrimediabilmente il presupposto fiduciario del rapporto.

La sentenza in commento risulta particolarmente interessante perché completa la ricostruzione della posizione dei lavoratori alle dipendenze di imprenditori che svolgono, in regime privatistico, attività di rilievo ed interesse pubblico.

La valorizzazione della natura dell'attività svolta dal datore di lavoro e del suo rilievo pubblicistico costituisce, infatti, sviluppo dei principi affermati nella sentenza Cass. 18 ottobre 2013 n. 23702, nella quale, con riferimento a fattispecie relativa all'organizzazione del servizio comunale di gestione di una farmacia in regime privatistico, è stato affermato che i principi di imparzialità e di economicità di cui agli artt. 3 e 97 Cost. non consentono esenzione alcuna dalle garanzie legislative poste a presidio dei diritti dei lavoratori.

Un ulteriore tassello in punto di rilevanza della condotta extralavorativa in ambito disciplinare può rinvenirsi nella sentenza 16 febbraio 2011, n. 3822 nella quale la Corte di Cassazione afferma il principio della recessività dei diritti-doveri che discendono dal rapporto di lavoro rispetto ai valori della Costituzione.

Esigenze di completezza della ricostruzione dell'orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte in tema di condotta disciplinarmente rilevante dei lavoratori dipendenti della società Poste Italiane s.p.a. inducono a richiamare la sentenza 22 febbraio 2013, n. 4546, nella quale è stato affermato che l'art. 34 del C.C.N.L. di categoria del 26 novembre 1994 consente il licenziamento del lavoratore in caso di sentenza penale di condanna irrevocabile, con onere per il datore di lavoro di provare la gravità delle condotte e la irrimediabile lesione del rapporto fiduciario, ma non si estende all'ipotesi in cui la sentenza di condanna non sia definitiva, atteso che, in questa ipotesi, il licenziamento per giusta causa può essere irrogato in forza dell'art. 74 del medesimo accordo collettivo, che prevede la possibilità del licenziamento per giusta causa ai sensi dell'art. 2119 cod. civ. per le ipotesi non specificamente regolate, fermo, in tal caso, l'onere del datore di lavoro di provare i fatti - costituenti reato ma non accertati in via definitiva dal giudice penale - e la loro gravità, dovendosi ritenere che una diversa interpretazione, privando l'art. 34 citato della sua efficacia precettiva, sia in contrasto con l'art. 1367 cod.civ.

Infine, va osservato che nella sentenza in commento non è stata affrontata, perché non posta, la questione dei rapporti tra illecito penale ed illecito disciplinare, risolta da Cass. 19 giugno 2014, n. 13955, che ribadisce che il principio di non colpevolezza fino alla condanna definitiva, sancito dall'art. 27, comma 2, Cost., concerne le garanzie relative all'attuazione della pretesa punitiva dello Stato, e non può applicarsi, in via analogica o estensiva, all'esercizio da parte del datore di lavoro della facoltà di recesso per giusta causa per comportamenti del lavoratore che possano altresì integrare gli estremi del reato qualora i fatti commessi siano di tale gravità da determinare una situazione di improseguibilità, anche provvisoria, del rapporto, senza che sia necessario, in tale evenienza, attendere la sentenza definitiva di condanna, restando privo di rilievo che il contratto collettivo di lavoro preveda la più grave sanzione disciplinare solo in siffatta ipotesi (conformi Cass. 3 gennaio 2011, n. 37; 9 dicembre 2008, n. 29825; in quest'ultima riaffiora la questione della rilevanza della condotta extralavorativa in ambito disciplinare).

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