Dai Fondi di solidarietà di settore al Fondo di integrazione salariale: l'estensione della cassa integrazione guadagni

17 Marzo 2016

Il D.Lgs. n. 148/2015 ha stabilito l'iscrizione obbligatoria al Fondo di integrazione salariale, a far tempo dal 1° gennaio 2016, di tutti i datori di lavoro con più di 5 dipendenti che non hanno titolo a fruire della cassa integrazione guadagni né in base alla legislazione ordinaria, né per effetto dell'iscrizione ad uno dei Fondi di solidarietà di settore.
Introduzione

Il D.Lgs. n. 148/2015 ha stabilito l'iscrizione obbligatoria al Fondo di integrazione salariale, a far tempo dal 1° gennaio 2016, di tutti i datori di lavoro con più di 5 dipendenti che non hanno titolo a fruire della cassa integrazione guadagni né in base alla legislazione ordinaria, né per effetto dell'iscrizione ad uno dei Fondi di solidarietà di settore.

L'istituzione dei Fondi di solidarietà di settore

Il

D.Lgs n. 148 del 14 settembre 2015

ha esteso anche a tutti i "datori di lavoro" con un minimo di 6 dipendenti la possibilità di fare ricorso, dal 1° gennaio 2016, ad alcune delle prestazioni da erogare a coloro che vengono temporaneamente sospesi dal lavoro.

La necessità di migliorare e di estendere al maggior numero possibile di aziende e di lavoratori dipendenti la possibilità di ottenere trattamenti sostitutivi della retribuzione

durante i periodi di crisi era stata avvertita dal Parlamento sin dagli anni '80; di qui le numerose deleghe ai Governi via via succedutisi di procedere ad una riforma generale degli ammortizzatori sociali che estendesse il campo di applicazione delle prestazioni in favore di coloro che vengono licenziati o sospesi dal lavoro. La possibilità di fruire di queste prestazioni era infatti limitata ad alcuni settori produttivi (principalmente industria, edilizia e commercio) e alle aziende che avevano un organico superiore a determinati limiti numerici.

Tali deleghe peraltro non sono state mai attuate soprattutto perché avrebbero dovuto essere realizzate "a costo zero" per il Bilancio dello Stato. Ne è derivata la necessità di ricorrere ad un nuovo e diverso sistema di finanziamento dei vari ammortizzatori sociali, sistema introdotto dalla

legge n. 662/1996

che, al termine di accese discussioni tra politici, sindacalisti e addetti ai lavori, ha previsto all'art. 2,

la possibilità per le parti sociali, datoriali e sindacali, di istituire - su base volontaria e previ specifici accordi di natura collettiva - appositi Fondi di solidarietà autofinanziati, di natura sperimentale e con una durata iniziale massima di 10 anni, che garantissero alle aziende e ai dipendenti di un determinato settore o sottosettore produttivo una serie di tutele aggiuntive o integrative di quelle assicurate dalla legislazione ordinaria, come prepensionamenti, indennità per i lavoratori licenziati o sospesi dal lavoro, interventi di formazione professionale.

In attuazione di quanto stabilito dal citato art. 2, comma 28 sono stati istituiti, nei primi anni 2000, i Fondi di solidarietà per le aziende del credito cooperativo, per le aziende del credito ordinario, per gli ex dipendenti dei Monopoli di Stato, per le imprese di assicurazione in l.c.a., per i dipendenti delle aziende esattoriali e per i dipendenti di Poste Italiane.

Successivamente si sono aggiunti il Fondo per il personale delle imprese assicuratrici e quelli delle Aziende del trasporto pubblico e del trasporto marittimo, più due Fondi bilaterali c.d. alternativi riguardanti il settore dell'Artigianato e quello della Somministrazione di lavoro.

La

legge n. 92/2012, all'art. 3,

aveva nel frattempo modificato radicalmente tutti i vari Fondi di solidarietà stabilendo nuove regole cui anche quelli già costituiti e funzionanti dovevano "adeguarsi".

Il Fondo di solidarietà residuale (F.R.)

La modifica più rilevante della legge n. 92 è stata quella (

art. 3,

comma 19) della istituzione del Fondo di solidarietà residuale al quale dovevano iscriversi obbligatoriamente e contribuire finanziariamente "i settori, tipologia di datori di lavoro e classi dimensionali comunque superiori ai 15 dipendenti, non coperte dalla normativa in materia di integrazione salariale".

Ciò ha voluto dire che tutti i datori di lavoro (e non più le sole imprese) non aventi titolo alla Cig, né in base alla legislazione ordinaria né a seguito dell'iscrizione ad un Fondo di solidarietà di settore, sono stati iscritti d'ufficio a questo nuovo Fondo, che ha quindi una natura non più volontaria ma obbligatoria e una durata indeterminata nel tempo e non più soltanto temporanea e/o sperimentale, come era invece stato previsto per i Fondi di settore.

Identiche invece sono rimaste le modalità di finanziamento: tutti i Fondi infatti, settoriali e residuale, sono autofinanziati e a totale carico delle parti beneficiarie (di regola 2/3 i datori di lavoro e 1/3 i lavoratori).

La decorrenza dell'iscrizione al Fondo residuale, dopo numerosi rinvii, è stata da ultimo fissata al 1° aprile 2014. Da tale data pertanto è scattato l'obbligo di versare la specifica contribuzione e la possibilità (come vedremo, di fatto nemmeno teorica) di beneficiare delle prestazioni a carico del Fondo stesso.

Il Fondo residuale è stato normativamente istituito con D.M. Lavoro-Economia n. 79141/2014 e avrebbe dovuto erogare "almeno un assegno ordinario di importo pari all'integrazione salariale" (art. 3, commi 20 e 31), finanziato da una specifica contribuzione, ordinaria e addizionale. L'

Inps, con circolari 99

e

100

dell'

8 agosto e del 2 settembre 2014

, ha precisato che i versamenti erano limitati per il momento alla sola contribuzione ordinaria, che era pari allo 0,50% della retribuzione, gravata in caso di ritardo di interessi ed eventuali sanzioni.

Le modalità di presentazione della domanda di concessione delle prestazioni sono state però diramate dall'Inps soltanto con il

messaggio n. 7637 del 28 dicembre 2015

in quanto il Comitato amministratore del Fondo è stato nominato con D.M. del 30 novembre 2015 ed insediato il successivo 18 dicembre. Di conseguenza le domande di prestazione avrebbero potuto essere presentate soltanto a partire dagli ultimi giorni dello stesso mese di dicembre 2015.

Aggiungo che - come vedremo - il

D.Lgs

.

n. 148/2015

ha fatto cessare dal 31 dicembre 2015 l'esistenza dello stesso Fondo residuale, che è stato sostituito dal 1° gennaio 2016 da un nuovo Fondo, quello di Integrazione Salariale (F.I.S.) al quale devono obbligatoriamente iscriversi, sempre a far tempo dal 1° gennaio 2016, non solo i datori di lavoro con più di 15 dipendenti ma anche quelli che ne hanno più di 5 (art. 29 del decreto 148/15).

Dunque una vicenda a dir poco kafkiana nella quale, a fronte di un obbligo contributivo certo, non è esistita nemmeno teoricamente la possibilità di avanzare le domande di prestazione, a ben poco servendo, a mio avviso, quelle autorizzate "in limine mortis" dal ricordato messaggio Inps di fine 2015. Ma torneremo su questo argomento.

Il Fondo di integrazione salariale (F.I.S.)

Come accennato, l'

art. 29 del D.Lgs

.

n. 148/2015

ha istituito il F.I.S., Fondo che, a far tempo dal 1° gennaio 2016, sostituisce il Fondo residuale e al quale devono essere iscritti obbligatoriamente tutti i soggetti, datori di lavoro e lavoratori, già iscritti al Fondo residuale nonché, ex art. 29 comma 2, i datori di lavoro che occupano mediamente da 6 a 15 lavoratori, con i relativi dipendenti.

Il finanziamento del nuovo Fondo - anch'esso a totale carico dei beneficiari - è assicurato dal versamento di una contribuzione ordinaria dello 0,65% da parte dei datori di lavoro con più di 15 dipendenti e dello 0,45% da parte di quelli che ne occupano da 6 a 15, ferma restando ovviamente la divisione degli oneri in 2/3 e 1/3.

I datori di lavoro che possono ricorrere alle prestazioni garantite da questo nuovo Fondo - assegno di solidarietà e assegno ordinario - devono inoltre versare un contributo addizionale "pari al 4% della retribuzione persa".

Con

circolare n. 22 del 4 febbraio 2016 l'Inps

ha emanato "le prime indicazioni sull'operatività del F.I.S." e le istruzioni per l'inoltro delle domande di concessione dei due assegni appena ricordati. È questa una circolare di particolare importanza in quanto, di intesa con l'Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro, contiene rilevanti anticipazioni di quelli che dovrebbero essere i contenuti del decreto che lo stesso Ministero, unitamente a quello dell'Economia, dovrà emanare, ai sensi dell'art. 28, comma 4 del decreto 148, per adeguare la disciplina del F.R. alle disposizioni dello stesso decreto 148, e cioè in pratica alla normativa, in parte diversa ed innovativa, del F.I.S.. Questo decreto avrebbe dovuto essere emanato entro la data, ordinatoria, del 24 ottobre 2015, data che come spesso succede non è stata però rispettata, ritengo, sia per l'obbiettiva complessità del suo contenuto, sia per l'eccessiva macchinosità del suo iter approvativo.

Al fine di garantire senza soluzione di continuità il passaggio dal F.R. al F.I.S. e, soprattutto, il versamento della relativa contribuzione, Ministero del Lavoro e Inps si sono visti costretti ad emanare quasi a getto continuo una serie di disposizioni, circolari, messaggi e note esplicative.

Di particolare importanza tra i contenuti della

cir

colare

22/2016

è il punto in cui si evidenzia che il Comitato amministratore del F.I.S., che è lo stesso che a suo tempo (non) ha amministrato il Fondo residuale, sempre dal 1° gennaio di quest'anno ha perduto, ai sensi dell'art. 28, comma 5, la competenza a "deliberare in ordine alla concessione degli interventi e dei trattamenti", competenza che, precisa la circolare, passa dall'inizio dell'anno a ciascuna delle Sedi Inps territorialmente competenti a ricevere le domande di assegno di solidarietà e di assegno ordinario.

L'accavallarsi delle varie modifiche normative e la mancanza di un'adeguata riflessione sulla portata delle innovazioni contenute nella

legge 92/2012

e nel

D.Lgs

.

148/2015

, unite alle frequenti contraddizioni tra le varie norme, hanno finito con il determinare questa

paradossale situazione giuridica: ad un Comitato amministratore che non ha mai potuto esercitare concretamente, per una serie difficilmente giustificabile di ritardi, una delle sue attribuzioni più importanti - quella appunto di accogliere o respingere le domande di prestazione – sono subentrate ora le sedi Inps, ognuna per il proprio ambito territoriale, con il pericolo che le loro decisioni possano essere assunte sulla base di criteri non sempre univoci o sovrapponibili e con il rischio, al limite, di disporre pagamenti anche non dovuti o duplicati.

È questa purtroppo, in attesa del decreto interministeriale, la situazione in cui sono costretti ad operare per il momento le aziende, i loro consulenti, i Patronati e i Caf.

Gli sviluppi amministrativi e normativi

La platea dei datori di lavoro e dei lavoratori che devono considerarsi iscritti al F.I.S. è dunque amplissima, nonostante la sua residualità rispetto ai Fondi bilaterali, ed è quindi indispensabile arrivare ad una rapida e il più possibile completa stesura di tutte le varie disposizioni attuative, sia di natura contributiva che prestazionale.

E prima di ogni altra cosa dovrà essere chiarito quali sono i soggetti che non rientrano tra i destinatari di questo nuovo Fondo per così dire "universalistico". E questo, a mio avviso, può essere l'elenco: a parte i destinatari diretti della disciplina ordinaria sulla cassa integrazione, devono considerarsi esclusi dal F.I.S. tutti i soggetti già iscritti o che si iscriveranno ai vari Fondi bilaterali, ordinari e alternativi; i datori di lavoro con un massimo di 5 lavoratori; i datori di lavoro domestico con un numero di dipendenti anche superiore alle 5 unità, data la "specialità" di questi rapporti di lavoro; i datori di lavoro e i lavoratori che si iscriveranno al Fondo territoriale intersettoriale di Trento e di Bolzano (di cui all'art. 40 del D.Lgs. 148) e, infine, sia pure da una certa data in poi, tutti coloro che si iscriveranno ad un Fondo bilaterale di nuova istituzione.

In conclusione

Quella dei Fondi di solidarietà appare una realtà suscettibile di ulteriori estensioni ed applicabilità sia, penso, in ordine ai settori produttivi, sia alle varie tipologie dei rapporti di lavoro, ad iniziare da quella del tutto nuova del lavoro agile.

Non è detto infatti che a quelle attuali - essenzialmente indennità sostitutiva o integrativa dei trattamenti in favore delle persone licenziate o sospese dal lavoro, pensionamenti anticipati e interventi formativi - non possano essere aggiunte, a seguito di accordi collettivi soprattutto di 2° livello o di nuovi interventi legislativi, altre prestazioni in favore, ad esempio, dei familiari dei lavoratori. E non è nemmeno da escludere che lo Statuto sul lavoro autonomo - di cui già da tempo si discute nei vari ambiti politici, datoriali e giuslavoristici - possa prevedere, anche se non da subito, specifici interventi a carico di Fondi di questo o di analogo tipo in favore di lavoratori diversi da quelli titolari di un rapporto di lavoro dipendente.

Ritengo utile infine richiamare l'attenzione sul particolare problema prima ricordato. Quello cioè di un Fondo (il Residuale) - esistito solo per un aspetto, quello contributivo, senza concrete e in alcuni casi nemmeno teoriche possibilità di ottenere una qualsiasi prestazione - che possa o meno considerarsi legittimamente autorizzato a chiedere il versamento di una contribuzione, riguardante un arco temporale di quasi 21 mesi e gravabile per di più di eventuali interessi e sanzioni, a fronte di zero prestazioni.

Questo venir meno di fatto del rapporto sinallagmatico contributi-prestazioni indurrebbe infatti a pensare di poter chiedere, al Ministero del Lavoro e all'Inps, se non la sospensione dell'obbligo contributivo per tutto il periodo di mancato funzionamento del Comitato amministratore e di impossibilità di avanzare le domande di prestazioni, almeno l'abolizione di interessi e sanzioni.

Si tratta di un aspetto su cui le parti sociali, sia datoriali sia sindacali, dovrebbero concretamente riflettere, soprattutto per quei casi (definitiva cessazione di attività del datore di lavoro e/o del lavoratore) in cui la mancata tempestiva costituzione del Comitato ha concretamente determinato la definitiva impossibilità di chiedere le prestazioni.

È questa una tematica che merita attenzione e necessita di approfondimento, ove si abbia riguardo non solo alle incertezze applicative delle disposizioni introdotte dalla

legge n. 92/2012

e dal

D.Lgs n. 148/2015

, ma anche al fatto che questo problema, afferente versamenti di importo tutt'altro che irrilevante (0,50% delle retribuzioni per un arco di quasi 2 anni) riguarda situazioni di crisi aziendali - e quindi prima di tutto di liquidità - verificatesi all'interno di una più vasta e generale crisi economica e finanziaria di quasi tutti i nostri settori e sottosettori produttivi.

In attesa di una eventuale sanatoria legislativa o regolamentare potrebbe pertanto essere utile avanzare all'Inps e al Ministero del Lavoro formali istanze in tal senso.

Guida all'Approfondimento
  • Cinelli M., Gli ammortizzatori sociali nel disegno di riforma del mercato del lavoro, a proposito degli artt. 2-4 della legge n. 92/2012, in Riv. dir. sic. soc., 2012.
  • Cinelli M., Il rapporto previdenziale, Bologna, 2010.
  • Cinelli M., Ferraro G., Mazzotta O., Il Nuovo Mercato del Lavoro dalla riforma Fornero alla legge di stabilità 2013, Torino, 2013.
  • Ghera E., Diritto del lavoro, Bari, 2012.
  • Liso F., I Fondi bilaterali alternativi, in Il Nuovo Mercato del Lavoro, Torino, 2013
  • Pessi R., Lezioni di diritto della previdenza sociale, Padova, 2012.
  • Righetti P., La riforma degli ammortizzatori sociali e i Fondi di solidarietà del credito e delle assicurazioni, in Riv. dir. sic. soc., 2003.
  • Righetti P., Jobs act, dal Fondo residuale al Fondo di integrazione salariale, in Guida al lavoro, n. 47/2015.
  • Treu T., Flessibilità e tutela nella riforma del lavoro, in Dir. Lav. 2013.
  • Vallebona A., La riforma del lavoro, Torino, 2012.

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