La responsabilità solidale del committente (art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003). Le sanzioni civili per omesso versamento dei contributi previdenziali

18 Febbraio 2015

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (come modificato dall'art. 1, comma 911, della legge n. 296 del 2006), impugnato, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede che la responsabilità solidale dell'appaltante, in caso di omesso versamento da parte dell'appaltatore dei contributi previdenziali, comprenda anche il debito per le sanzioni civili e le somme aggiuntive. L'evocato parametro non può infatti ritenersi leso dalla circostanza che la nuova disciplina in tema di responsabilità solidale del committente e dell'appaltatore dettata dall'art. 21 del d.l. n. 5 del 2012 - che ha espressamente escluso l'estensione della responsabilità del primo alle sanzioni civili e alle somme aggiuntive - si applichi agli inadempimenti contributivi avvenuti dopo la sua entrata in vigore, essendo conseguenza dei principi generali in tema di successione di leggi nel tempo. L'applicazione di un trattamento differenziato alle medesime fattispecie, ma in momenti diversi, non contrasta di per sé con il principio di uguaglianza poiché il fluire del tempo può costituire un valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche.
Massima

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, comma 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 (come modificato dall'art. 1, comma 911, della legge n. 296 del 2006), impugnato, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede che la responsabilità solidale dell'appaltante, in caso di omesso versamento da parte dell'appaltatore dei contributi previdenziali, comprenda anche il debito per le sanzioni civili e le somme aggiuntive. L'evocato parametro non può infatti ritenersi leso dalla circostanza che la nuova disciplina in tema di responsabilità solidale del committente e dell'appaltatore dettata dall'art. 21 del d.l. n. 5 del 2012 - che ha espressamente escluso l'estensione della responsabilità del primo alle sanzioni civili e alle somme aggiuntive - si applichi agli inadempimenti contributivi avvenuti dopo la sua entrata in vigore, essendo conseguenza dei principi generali in tema di successione di leggi nel tempo. L'applicazione di un trattamento differenziato alle medesime fattispecie, ma in momenti diversi, non contrasta di per sé con il principio di uguaglianza poiché il fluire del tempo può costituire un valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche.

Il caso

L'Inps e l'Inail hanno chiesto ad una società, in qualità di committente di un appalto di servizi, il pagamento di contributi previdenziali e sanzioni civili relativi a numerosi lavoratori dipendenti della società appaltatrice che erano stati impiegati da quest'ultima nell'appalto in assenza di un regolare contratto di assunzione e per i quali era stato omesso il versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi. Dall'accertamento compiuto dagli uffici ispettivi degli enti erano emerse per l'Inps omissioni contributive per euro 2.253,00 per l'impiego di personale non in regola aumentati di euro 45.000,00 a titolo di sanzioni civili e per l'Inail il mancato versamento di premi assicurativi per i lavoratori impiegati in nero per euro 460,52 aumentati di euro 45.000,00 a titolo di sanzioni civili.

Sullo stesso caso vedi

Giovanni Mimmo, La c.d. maxisanzione per il lavoro nero (art.36 bis, comma 7, lett.a) D.l. 223/2006. Le sanzioni civili per omesso versamento dei contributi previdenziali

La questione

La questione affrontata dalla Corte Costituzionale in materia di sanzioni civili conseguenti ad omesso versamento di contributi previdenziali ed assicurativi ha riguardato la responsabilità solidale del committente per i crediti retributivi e contributivi gravanti sull'appaltatore datore di lavoro di cui all'art. 29, secondo comma, del d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276.

La garanzia della responsabilità solidale, infatti, non riguarda solo i trattamenti retributivi, ma si estende anche ai contributi previdenziali maturati durante l'espletamento dell'attività lavorativa in esecuzione dell'appalto.

Nella formulazione anteriore al D.l. 9 febbraio 2012 n. 5, nel silenzio della norma, era dubbio se il riferimento ai contributi previdenziali dovesse essere esteso anche alle sanzioni civili, ovvero dovesse essere limitato ai soli contributi. Da un lato si è osservato che il committente sia del tutto estraneo all'inadempimento contributivo, per cui non sarebbe equo includere nella responsabilità solidale anche le sanzioni dovute per un inadempimento altrui, dall'altro dal punto di vista dell'istituto previdenziale che deve recuperare i versamenti omessi le sanzioni fanno parte del credito, per cui in assenza di una norma ad hoc sarebbe difficile affermare (anche in virtù del fatto che il committente in realtà risponde di un debito altrui in relazione al quale non ha alcuna responsabilità, per cui sotto questo profilo non vi sarebbe alcuna differenza rispetto agli altri crediti) che la solidarietà non debba includere l'intero credito comprensivo di sanzioni. Il Ministero del Lavoro con circolare del 2 aprile 2010 n. 25/l/0006201 aveva ritenuto incluse nella responsabilità solidale del committente le somme dovute a titolo di interessi sui debiti previdenziali e le somme dovute a titolo di sanzioni civili.

Sull'argomento è espressamente intervenuto il legislatore che con l'art. 21 del D.l. n. 5 del 2012, convertito in legge 4 aprile 2012 n. 35, fornendo un opportuno chiarimento, ha precisato che sono escluse dalla solidarietà le sanzioni di cui risponde solo il datore di lavoro inadempiente.

La norma, infatti, prevede che resta «escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento». Pertanto, l'istituto previdenziale o assicurativo potrà rivalersi nei confronti del committente per contributi o premi omessi dal datore di lavoro, ma unicamente per la somma corrispondete ai contributi e ai premi, senza includervi anche le sanzioni, le quali potranno essere richieste al solo datore di lavoro inadempiente.

Il Tribunale di Bologna, con ordinanza del 28 maggio 2012, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 29, secondo comma, citato nella formulazione precedente alle modifiche apportate dall'art. 21 del d.l. n. 5 del 2012 per contrasto con l'art. 3 Cost. «nella parte in cui prevede che la responsabilità solidale dell'appaltante, in caso di omesso versamento da parte dell'appaltatore dei contributi previdenziali, comprenda anche il debito per le sanzioni civili o somme aggiuntive».

Le soluzioni giuridiche

La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità dell'art. 29, secondo comma, del d.lgs. n. 276 del 2003 nella formulazione precedente al d.l. n. 5 del 2012 rilevando che per giurisprudenza costante della stessa Corte «non contrasta, di per sé, con il principio di eguaglianza un trattamento differenziato applicato alle stesse fattispecie, ma in momenti diversi nel tempo, poiché il fluire del tempo può costituire un valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche».

Osservazioni

La pronuncia sull'art. 29, secondo comma, desta qualche perplessità nella parte in cui sia il giudice remittente sia la Corte Costituzionale sembrano avere dato per scontato che prima della modifica introdotta dal D.l. n. 5 del 2012, convertito in legge n. 35 del 2012, che ha escluso che la responsabilità solidale del committente per il pagamento dei contributi previdenziali gravanti sull'appaltatore, si estenda anche alle sanzioni civili, tali sanzioni civili rientrassero nella obbligazione solidale a carico del committente.

Tale soluzione, invero, non sembra obbligata, come del resto affermato dalla giurisprudenza in una analoga vicenda: infatti una questione analoga a quella dell'estensione delle sanzioni civili al committente solidalmente responsabile del pagamento dei contributi previdenziali omessi dal datore di lavoro per i dipendenti addetti all'appalto si è posta nell'ipotesi di applicazione dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970, prima della modifica apportata dalla legge 28 giugno 2012 n. 92.

L'art. 18, infatti, prevedeva che in caso di licenziamento illegittimo il datore di lavoro dovesse, oltre a reintegrare il lavoratore e a corrispondergli il risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate dal licenziamento fino all'effettiva reintegra, versare per lo stesso periodo i contributi previdenziali. Nel silenzio del legislatore si era posto il dubbio se oltre al versamento dei contributi previdenziali fossero dovute le sanzioni civili.

La legge n. 92 del 2012 ha espressamente previsto, per la sola ipotesi di applicazione della disposizione di cui al quarto comma dell'art. 18, che «Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione».

Prima della norma del 2012 la giurisprudenza si era divisa sulla circostanza se l'obbligo di versare i contributi dovesse estendersi anche al versamento delle sanzioni.

Da un lato si è sostenuto che l'omissione contributiva del datore di lavoro nel periodo compreso tra il licenziamento, dichiarato illegittimo, e la reintegrazione non rientra in alcuna delle fattispecie di evasione o omissione, né alcuna sanzione può essere irrogata per il ritardato versamento adducendo l'efficacia retroattiva che esplica la reintegrazione in caso di licenziamento illegittimo, atteso che il rapporto assicurativo non è assistito dalla medesima fictio iuris che caratterizza il rapporto di lavoro (che si considera, de iure, come mai interrotto). Ne consegue che l'efficacia del licenziamento, costitutiva della cessazione del rapporto di lavoro, determina, nei rapporti tra datore obbligato ed ente previdenziale, l'impossibilità dei versamenti secondo le scadenze prefissate, e l'obbligazione contributiva non può, quindi, rivivere, retroattivamente, al momento della reintegra, sì da determinare la mora del debitore nei confronti dell'ente previdenziale e l'irrogazione della sanzione per la relativa omissione contributiva (Cass. Sez. L, Sentenza n. 7934 del 01/04/2009).

In senso opposto si è affermato che la pronuncia d'illegittimità del licenziamento ha effetti retroattivi, che comportano la non interruzione del rapporto di lavoro, assicurativo e previdenziale; ne consegue che il datore di lavoro ha, pertanto, l'obbligo di versare all'ente previdenziale i contributi assicurativi per tutta la durata del periodo e l'eventuale ritardo, che, dipendendo da un atto illegittimo dello stesso datore di lavoro, non può reputarsi giustificato, comporta l'applicazione delle sanzioni civili previste dall'ottavo e dal nono comma dell'art. 116 della legge 2000 n. 388 (Cass. Sez. L, Sentenza n. 23181 del 11/10/2013 e n. 402 del 13/01/2012).

Sull'argomento sono intervenute di recente le Sezioni Unite proprio per comporre il contrasto affermando che in tema di reintegrazione del lavoratore per illegittimità del licenziamento, ai sensi dell'art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, anche prima delle modifiche introdotte dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, occorre distinguere, ai fini delle sanzioni previdenziali, tra la nullità o inefficacia del licenziamento, che è oggetto di una sentenza dichiarativa, e l'annullabilità del licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo, che è oggetto di una sentenza costitutiva: nel primo caso, il datore di lavoro, oltre che ricostruire la posizione contributiva del lavoratore "ora per allora", deve pagare le sanzioni civili per omissione ex art. 116, comma 8, lett. a, della legge 23 dicembre 2000, n. 388; nel secondo caso, il datore di lavoro non è soggetto a tali sanzioni, trovando applicazione la comune disciplina della mora debendi nelle obbligazioni pecuniarie, fermo che, per il periodo successivo all'ordine di reintegra, sussiste l'obbligo di versare i contributi periodici, oltre al montante degli arretrati, sicché riprende vigore la disciplina ordinaria dell'omissione e dell'evasione contributiva (Cass. Sez. U, Sentenza n. 19665 del 18/09/2014).

Tornando all'applicabilità delle sanzioni civili a carico del committente solidalmente responsabile per il pagamento di contributi previdenziali omessi dall'appaltatore in favore di lavoratori addetti all'appalto prima delle modifiche apportate dal d.l. n. 5 del 2012, alla luce di principi sopra riportati affermati dalle Sezioni Unite e considerato che l'obbligo relativo alle somme aggiuntive che il datore di lavoro è tenuto a versare in caso di omesso o ritardato pagamento dei contributi assicurativi ha natura di sanzione civile e non amministrativa, costituendo una conseguenza automatica dell'inadempimento o del ritardo, che è posta allo scopo di rafforzare l'obbligazione contributiva e risarcire, in misura predeterminata dalla legge, con una presunzione iuris et de iure, il danno cagionato all'istituto assicuratore, si può agevolmente dubitare che anche prima delle modifiche apportate dal d.l. n. 5 del 2012 le sanzioni civili fossero imputabili al committente solidalmente responsabile per l'inadempimento contributivo dell'appaltatore.

Il committente, infatti, è del tutto estraneo al rapporto previdenziale, per cui non si vede perché, in assenza di una espressa disposizione normativa in tal senso, debbano essere poste a suo carico sanzioni civili per un omesso pagamento da parte di terzi. Il soggetto inadempiente è unicamente il datore di lavoro, mentre il committente è chiamato a rispondere per un debito altrui. I contributi previdenziali, infatti, possono essere posti a carico del committente non già perché questi sia tenuto in solido al pagamento delle retribuzioni, ma solo perché vi è una espressa disposizione di legge in tal senso: nel silenzio del legislatore (fino al d.l. n. 5 del 2012) sembra iniquo imputare al committente, del tutto estraneo all'inadempimento, le sanzioni civili.

Dunque, anche per il periodo precedente all'entrata in vigore del d.l. n. 5 del 2012 la questione poteva essere risolta in via interpretativa, escludendo che le sanzioni civili potessero essere chieste al committente responsabile in solido: l'art. 21 del d.l. n. 5 del 2012 nella parte in cui ha stabilito che il committente è responsabile in solido del pagamento dei «contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell'inadempimento» non ha introdotto una disciplina diversa rispetto alla precedente, ma ha inteso chiarire un punto che era rimasto oggettivamente incerto.

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