La c.d. maxisanzione per il lavoro nero (art. 36 bis, comma 7, lett. a) D.l. n. 223/2006)

18 Febbraio 2015

È costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 36 bis , comma 7, lett. a), del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 4 agosto 2006, n. 248), nella parte in cui, modificando l'art. 3, comma 3, del d.l. n. 12 del 2002 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 73 del 2002), stabilisce che l'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata.
Massima

È costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 3 Cost., l'art. 36 bis , comma 7, lett. a), del d.l. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 4 agosto 2006, n. 248), nella parte in cui, modificando l'art. 3, comma 3, del d.l. n. 12 del 2002 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 73 del 2002), stabilisce che l'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata.

Il caso

L'Inps e l'Inail hanno chiesto ad una società, in qualità di committente di un appalto di servizi, il pagamento di contributi previdenziali e sanzioni civili relativi a numerosi lavoratori dipendenti della società appaltatrice che erano stati impiegati da quest'ultima nell'appalto in assenza di un regolare contratto di assunzione e per i quali era stato omesso il versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi. Dall'accertamento compiuto dagli uffici ispettivi degli enti erano emerse per l'Inps omissioni contributive per euro 2.253,00 per l'impiego di personale non in regola aumentati di euro 45.000,00 a titolo di sanzioni civili e per l'Inail il mancato versamento di premi assicurativi per i lavoratori impiegati in nero per euro 460,52 aumentati di euro 45.000,00 a titolo di sanzioni civili.

Sullo stesso caso vedi anche:

La responsabilità solidale del committente (art. 29, comma 2, d. lgs. n. 276/2003). Le sanzioni civili per omesso versamento dei contributi previdenziali

La questione

La questione trattata dalla Corte Costituzionale ha riguardato la maxi sanzione per lavoro nero introdotta dall'art. 36 bis, comma 7, lett. a), del decreto legge 4 luglio 2006 n. 223 convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248 che, modificando l'art. 3, comma 3, del decreto legge 22 febbraio 2002 n. 12 convertito in legge 23 aprile 2002, n. 73 ha disposto che «l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria è altresì punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'omesso versamento dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo precedente non può essere inferiore a euro 3.000, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa accertata».

Il legislatore del 2006, per rendere più rigorosa la disciplina sanzionatoria del lavoro non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, ha così introdotto, per le sanzioni civili di cui all'art. 116, comma 8, della legge n. 388 del 2000, una soglia minima di 3.000 euro per ogni lavoratore, nell'ipotesi in cui la loro quantificazione risulti inferiore.

L'art. 116, comma 8, lett. b) della legge n. 388 del 2000 prevede che le sanzioni civili siano calcolate nella misura del 30 per cento in ragione d'anno della contribuzione evasa, fino ad un massimo del 60 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge, come previsto dall'art. 116, comma 8, lettera b).

La norma del 2006 non ha modificato il criterio di calcolo delle sanzioni civili, che rimane pur sempre quello di cui all'art. 116, comma 8, lett. b) della legge citata, ma ha introdotto una sanzione minima nell'ipotesi di omesso versamento dei contributi previdenziali che, a prescindere dalla durata del rapporto, non può essere inferiore ad € 3.000,00 per ciascun lavoratore.

La norma ha avuto una breve durata in quanto è stata sostituita dall'art. 4 della legge 4 novembre 2010 n. 183 (in vigore dal 24 novembre 2010) che nel modificare l'art. 2 del d.l. n. 12 del 2002 ha previsto, in tema di sanzioni civili, che «L'importo delle sanzioni civili connesse all'evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore irregolare di cui ai periodi precedenti è aumentato del 50 per cento», eliminando così il tetto minimo della sanzione pari ad € 3.000,00.

Il Tribunale di Bologna, con ordinanza del 28 maggio 2012, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 36 bis del d.l. n. 223 del 2006 in riferimento all'art. 3 Cost. per il periodo di vigenza della norma (dunque, per le omissioni contributive relative al periodo dal 12 agosto 2006-24 novembre 2010) rilevando l'irragionevolezza di una sanzione particolarmente afflittiva che sganciata dalla durata temporale del rapporto di lavoro in nero può risultare del tutto sproporzionata alla gravità dell'inadempimento.

Le soluzioni giuridiche

L'art. 36 bis, comma 7, lettera a), del d.l. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge n. 248 del 2006 (in vigore dal 12 agosto 2006), ha introdotto una sanzione minima per l'ipotesi di omesso versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi nel caso in cui il rapporto di lavoro non sia regolarizzato, riferita a ciascun lavoratore e indipendente dalla durata della prestazione lavorativa accertata: così il criterio della quantificazione della sanzione civile è rimasto quello di cui all'art. 116, comma 8, lett. b) della legge n. 388 del 2000, ma viene introdotto un importo minimo di euro 3.000 che, prescindendo dalla durata effettiva del rapporto di lavoro, è ancorato unicamente al numero di «lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria».

Ritiene la Corte che la sanzione può risultare del tutto sproporzionata rispetto alla gravità dell'inadempimento del datore di lavoro ed è incoerente con la sua natura, se si considera che, secondo la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, l'obbligo relativo alle somme aggiuntive che il datore di lavoro è tenuto a versare in caso di omesso o ritardato pagamento dei contributi assicurativi ha natura di sanzione civile e non amministrativa, costituendo una conseguenza automatica dell'inadempimento o del ritardo, che è posta allo scopo di rafforzare l'obbligazione contributiva e risarcire, in misura predeterminata dalla legge, con una presunzione iuris et de iure, il danno cagionato all'istituto assicuratore.

Poiché le sanzioni civili connesse all'omesso versamento di contributi e premi hanno una funzione essenzialmente risarcitoria, essendo volte a quantificare, in via preventiva e forfettaria, il danno subito dall'ente previdenziale, la previsione di una soglia minima disancorata dalla durata della prestazione lavorativa accertata, dalla quale dipende l'entità dell'inadempimento contributivo e del relativo danno, è irragionevole.

Il legislatore infatti, con la norma impugnata, ha predeterminato in via presuntiva il danno subito dall'ente previdenziale a causa dell'omissione contributiva, ma nel far ciò ha escluso la rilevanza di uno degli elementi che concorrono a cagionare quel danno, costituito dalla durata dei rapporti di lavoro non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria e dal correlativo inadempimento dell'obbligo contributivo.

In tal modo, però, la sanzione risulta arbitraria e irragionevole, perché, pur avendo la funzione di risarcire, in misura predeterminata dalla legge, con una presunzione iuris et de iure, il danno cagionato all'Istituto assicuratore è stabilita con un criterio privo di riferimento all'entità di tale danno, dipendente dalla durata del periodo in cui i rapporti di lavoro in questione si sono protratti.

La Corte, pertanto, ha affermato il contrasto, per irragionevolezza della norma e per sproporzione della sanzione rispetto alla gravità dell'inadempimento, tra l'art. 36 bis, comma 7, del d.l. n. 223 del 2006 convertito in legge n. 248 del 2006 con l'art. 3 della Costituzion

e.

Osservazioni

La dichiarazione di illegittimità dell'art. 36 bis, comma 7, lett. a), del d.l. n. 223 del 2006 appare pienamente condivisibile. La Corte Costituzionale, infatti, ha evidenziato l'irragionevolezza di una sanzione civile del tutto sganciata dalla gravità dell'inadempimento e del danno arrecato: proprio il caso esaminato dal giudice delle leggi appare emblematico di tale irragionevolezza, considerato che il datore di lavoro aveva omesso il versamento di contributi previdenziali e assicurativi per lavoratori assunti in nero per pochi giorni, determinando così un effetto perverso in base al quale a fronte di una omissione contributiva e assicurativa pari ad euro 2.253,00 per l'Inps e a euro 450,62 per l'Inail si è determinata una sanzione civile di euro 45.000,00 in favore di ciascun ente.

La ratio della norma che ha introdotto una maxi sanzione minima di euro 3.000,00 per ogni lavoratore in nero a prescindere dalla effettiva durata del rapporto è incentrata sul fatto che spesso l'effettiva durata del rapporto di lavoro in nero sfugge al controllo ispettivo, nel senso che una volta individuato un lavoratore in nero non è agevole verificarne la data di effettiva assunzione. Tuttavia, tale esigenza non può portare ad applicare una sanzione che prescinda dalla durata del rapporto in nero, dunque dalla gravità dell'omissione contributiva, in quanto così facendo si equipara, a livello sanzionatorio, un rapporto irregolare della durata di pochi giorni ad un rapporto irregolare che della durata di anni, situazione che effettivamente non può ritenersi ragionevole.

Del resto è stato lo stesso legislatore, con la legge n. 183 del 2010, a rendersi conto dell'irragionevolezza della sanzione e a modificarla introducendo un meccanismo del tutto diverso, collegato ad una maggiorazione nella misura del 50% delle sanzioni nelle ipotesi in cui l'inadempimento contributivo riguardi lavoratori non regolarizzati.

La dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 36 bis del d.l. n. 223 del 2006 incide su tutte le sanzioni applicate dagli istituti previdenziali, salve situazioni già definite, per cui per tutte le omissioni contributive relative a lavoratori in nero anteriori al 24 novembre 2010 la quantificazione delle sanzioni civili deve essere fatta nella misura prevista dall'art. 116, comma 8, lett. b) della legge n. 388 del 2000 (30 per cento in ragione d'anno della contribuzione evasa, fino ad un massimo del 60 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti). Dal 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore della legge n. 183 del 2010) si applica la stessa sanzione nella misura prevista dall'art. 116, comma 8, lett. b) della legge citata maggiorata del 50%.

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