Il potere di accertamento dello svolgimento della professione da parte della Cassa Previdenza dei Dottori Commercialisti
19 Aprile 2017
Massime
La Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti è titolare del potere di accertare, sia all'atto dell'iscrizione ad essa, sia periodicamente, e comunque prima dell'erogazione di qualsiasi trattamento previdenziale, ed a tale limitato fine, che l'esercizio della corrispondente professione non sia stato svolto nelle situazioni di incompatibilità di cui all'art. 3, D.P.R. n. 1067/1953 (ora art. 4, D.Lgs. n. 139/2005), ancorché quest'ultima non sia stata accertata dal Consiglio dell'Ordine competente. In particolare, detto autonomo potere di accertamento sussiste nel momento della verifica dei presupposti per lerogazione del trattamento previdenziale, al quale si associa naturalmente la cessazione delliscrizione allOrdine, non potendosi ravvisare ostacolo alcuno nella carenza di una procedura specifica per lesercizio di esso, risultando le garanzie procedimentali suscettibili di essere in ogni caso assicurate dallosservanza delle norme generali di cui alla L. n. 241/1990. Il caso
Un dottore commercialista ha chiesto alla Cassa di Previdenza e Assistenza della sua categoria professionale il riconoscimento del diritto a pensione.
La Giunta esecutiva dell'indicato Ente previdenziale ha respinto la domanda in conseguenza dell'annullamento delle annualità di iscrizione dal 1986 al 2001 e del 2008. Il descritto annullamento era fondato sul presupposto che negli stessi indicati anni il commercialista in questione aveva svolto la professione in situazione di incompatibilità.
Avverso la decisione della Giunta Esecutiva della Cassa Previdenza dei Commercialisti, il professionista ha proposto ricorso davanti al Tribunale di Bolzano, sostenendo che il provvedimento di diniego era illegittimo in quanto l'Ente previdenziale non aveva il potere di sindacare la legittimità dell'esercizio della professione ma solo quello di accertare la continuità dell'esercizio della professione medesima.
Il Tribunale di Bolzano ha accolto la domanda.
Avverso la decisione di primo grado ha proposto appello davanti alla Corte d'Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano; la Cassa Previdenza ed i Giudici di secondo grado, accogliendo il gravame, dichiaravano la legittimità dell'operato dell'Ente previdenziale. La questione
L'oggetto della decisione che si commenta riguarda l'individuazione e la delimitazione dei poteri riconosciuti alla Cassa Previdenza dei Dottori Commercialisti in materia di verifica dello svolgimento della professione in condizioni di incompatibilità.
In altri termini, è necessario accertare se l'indicata Cassa Previdenza, oltre al potere di verifica della continuità dell'esercizio della professione, ha competenza anche in materia di sindacato di legittimità dell'esercizio della professione o se, quest'ultima attribuzione, debba essere accordata e riconosciuta solo agli Ordini professionali. Le soluzioni giuridiche
L'individuazione dei poteri della Cassa Previdenza dei Commercialisti (CNPADC) circa l'accertamento della legittimità dello svolgimento dell'attività professionale è stata oggetto di differenti soluzioni giuridiche.
Secondo un primo orientamento la questione riguardante la verifica dell'esistenza di cause di incompatibilità allo svolgimento della professione di commercialista è rimessa solo ed esclusivamente al Consiglio dell'Ordine di appartenenza del professionista.
Tale arresto interpretativo prende le mosse dall'esame della norma che si occupa dell'iscrizione del commercialista nel relativo Albo Professionale. A tale proposito si è evidenziato che le norme riguardanti il procedimento di cancellazione dall'albo dei commercialisti (nelle sentenze si fa riferimento all'art. 34, D.P.R. n. 1067/1953, oggi abrogato, ma la regolamentazione è rimasta sostanzialmente uguale per come risulta dagli artt. 12 e 37, D.Lgs. n. 139/2005), nel disciplinare il potere ed il procedimento di cancellazione dall'Albo, prevedono particolari istituti di garanzia a favore dell'interessato quali il diritto di essere sentito e la possibilità di proporre ricorso al Consiglio Nazionale di categoria.
Tali garanzie vengono meno nelle ipotesi in cui è la Cassa Previdenza a verificare la legittimità dell'esercizio della professione ed a vagliare l'esistenza di una causa di incompatibilità con lo svolgimento della professione e, sulla base di detto accertamento, provveda ad annullare i corrispondenti periodi contributivi.
Si è specificato ancora che i descritti poteri non trovano fondamento neppure nel regolamento emanato dalla Cassa medesima nel 1994, in quanto il potere regolamentare delegato riguarda soltanto “l'accertamento della sussistenza del requisito dell'esercizio della professione” (arg. ex art. 22, L. n. 21/1986), rimanendo estraneo ogni potere di indagine e decisione circa l'esistenza di cause di incompatibilità, potere, questo, attribuito in via esclusiva al Consiglio dell'Ordine.
Si è, infine, rilevato che l'ordinamento della Cassa dei Commercialisti manca di una disposizione analoga a quelle previste per la Cassa Forense (art. 2, comma 3, L. n. 319/1975) e per la Cassa Geometri (art. 22, comma 4, L. n. 733/1982) in forza delle quali a questi ultimi Enti previdenziali è espressamente riconosciuto il potere di accertare eventuali situazioni di incompatibilità ai fini del trattamento pensionistico. (Cass. sez. lav., 15 giugno 2009, n. 13853; Cass. sez. lav., 13 aprile 1996, n. 3493; Cass. sez. lav., 12 luglio 1988, n. 4572).
L'indirizzo giurisprudenziale contrario a quello appena esposto ritiene che la potestà esclusiva del Consiglio dell'ordine in merito alla cancellazione per incompatibilità riguarda solo l'aspetto afferente l'esercizio della professione, mentre quella attribuita alla Cassa previdenza è finalizzata a verificare uno dei presupposti per il riconoscimento di un trattamento pensionistico e, segnatamente, quello riguardante l'avvenuto esercizio legittimo della professione.
Si è ancora osservato che, ove si ritenesse che il potere di cancellazione fosse di esclusiva attribuzione dei Consigli dell'Ordine, nei casi in cui sia già venuta meno l'iscrizione all'Ordine medesimo (come avviene nelle ipotesi in cui il professionista chiede il trattamento pensionistico di anzianità), sarebbe preclusa la possibilità di verificare il legittimo e continuativo esercizio della professione, requisito, questo che costituisce titolo non solo per l'iscrizione all'Albo ma anche alla Cassa previdenza.
Inoltre, il potere della Cassa di verifica dell'”esercizio della professione” di cui all'art. 22, comma 3, L. n. 21/1986 deve necessariamente ritenersi esteso anche al potere di verifica del legittimo esercizio della professione medesima anche sotto l'aspetto della valutazione dell'esistenza o meno di cause di incompatibilità.
Diversamente opinando si snaturerebbe la portata del precedente art. 20, L. n. 21/1986. Tale norma, infatti, dispone che “La Cassa ha facoltà di esigere dall'iscritto e dagli aventi diritto a pensione indiretta, all'atto della domanda di pensione o delle revisioni, la documentazione necessaria a comprovare la corrispondenza tra le comunicazioni inviate alla Cassa medesima e le dichiarazioni annuali dei redditi e del volume d'affari, limitatamente agli ultimi quindici anni. La Cassa può altresì inviare questionari con richiesta di conoscere elementi rilevanti quanto all'iscrizione e alla contribuzione. In caso di mancata risposta nel termine di novanta giorni, viene sospesa la corresponsione della pensione fino alla comunicazione della risposta”.
Il descritto potere di richiedere notizie e documenti quali “elementi rilevanti” quanto all'iscrizione non può essere limitato al solo fatto storico dell'iscrizione all'Albo (fatto, questo, peraltro, facilmente accertabile dalla mera consultazione dell'elenco degli iscritti) ma deve essere inteso come ampio potere di verifica della legittimità dell'iscrizione alla Cassa, compresa l'assenza di cause di incompatibilità.
Ulteriore riscontro dell'esistenza del potere della Cassa di verificare la legittimità dell'esercizio della professione di commercialista è stato anche individuato nel comma 3 dell'art. 22 della più volte citata Legge n. 21/1986.
Secondo questa disposizione, l'Ente Previdenziale può procedere all'accertamento sullo svolgimento della professione sulla base dei criteri stabiliti dal Comitato della Cassa medesima “periodicamente e comunque prima dell'erogazione dei trattamenti previdenziali ed assistenziali”. Detto potere deve essere effettivo e non limitato al mero controllo formale delle risultanze dell'Albo professionale, altrimenti non avrebbero alcun senso né le verifiche periodiche né i relativi criteri stabiliti dagli Organi della Cassa medesima. L'assenza, poi, di garanzie difensive per il procedimento in seno alla Cassa, a differenza di quanto avviene per il procedimento davanti al Consiglio dell'ordine, non ha alcuna rilevanza in quanto le due procedure sono differenti e finalizzate all'ottenimento di diversi effetti.
Alcuna rilevanza è stata riconosciuta, ancora, alla possibilità che la medesima situazione (accertamento dell'incompatibilità all'esercizio della professione) possa essere effettuata da due Organi diversi con la conseguenziale possibilità di esiti tra loro contraddittori. Si è ritenuto che tale “evenienza è nel sistema” per come avviene per gli avvocati ed i geometri.
Per completezza espositiva è ancora da dire che la questione inerente la mancanza di una specifica norma analoga a quella che consente esplicitamente l'accertamento in argomento, prevista, invece, per la Cassa Forense e la Cassa Geometri, non è da considerarsi decisiva non potendo basare neppure sul brocardo ubi lex voluit dixit, ubi colui tacuit, assunti di completezza dell'ordinamento giuridico.
Da ultimo si è ritenuto che la soluzione interpretativa appena riferita risponde anche ad una interpretazione costituzionalmente orientata. A tale proposito si è rilevato che, per come affermato dalla Corte Costituzionale (Sentenza n. 420/1988), l'art. 38, comma 2 della Carta Fondamentale non può estendere la propria funzione di garanzia anche nei confronti di attività svolte in violazione di legge e, specificamente, delle norme poste a tutela dell'interesse generale alla continuità ed all'obiettività di una professione. (Cass. sez. lav., 25 gennaio 1988, n. 618; Cass. sez. lav., 4 aprile 2003, n. 5344; Cass. sez. lav., 13 novembre 2013, n. 25526; Cass. sez. lav., 12 novembre 2014, n. 24140).
La soluzione interpretativa da ultimo descritta è stata fatta propria dalla Sentenza delle Sezione Unite 1 febbraio 2017, n. 2612.
Il percorso motivazionale seguito in quest'ultimo arresto giurisprudenziale, ricalca, con alcune precisazioni, quello già espresso dalle precedenti citate sentenze del 2013 e del 2014. Le Sezioni Unite ribadiscono, in primo luogo, che le norme poste a base dell'individuazione dei poteri dei due soggetti (Ordine Professionale e Cassa Previdenza) disciplinano il potere di accertamento con distinte e differenti finalità: il Consiglio dell'Ordine valuta situazioni di incompatibilità con incidenza sull'iscrizione all'Albo, mentre la Cassa Previdenza esercita il suo potere in relazione alla funzione di previdenza ed assistenza senza effetto sull'iscrizione all'Albo Professionale.
Si è precisato sul punto che, secondo quanto dispone l'art. 22, Legge n. 21/1986, oltre l'iscrizione obbligatoria, l'adesione alla Cassa Previdenza è facoltativa per i commercialisti “iscritti a forme di previdenza obbligatoria o beneficiari di altra pensione”.
Inoltre, l'art. 32 della stessa Legge n. 21/1986, nelle ipotesi in cui un iscritto alla Cassa dei Commercialisti sia iscritto anche in altri albi professionali, deve optare per una delle Casse di previdenza delle professioni esercitate. La mancata opzione determina la cancellazione d'ufficio dalla Cassa previdenza Commercialisti.
Ne consegue che la mancanza di coincidenza tra le condizioni che determinano l'iscrizione all'Albo e quelle che comportano l'iscrizione all'Ente di previdenza, consentono di riconoscere a quest'ultimo un potere proprio di accertamento dell'esercizio della professione.
Detto potere, individuato dalla legge come quello di accertare l'esercizio della libera professione (in via continuativa), “non è dissociabile dalla verifica che detto esercizio sia anche legittimo e dunque non esercitato in situazione di incompatibilità”.
Si è ancora rilevato che lo svolgimento di una professione in situazione di incompatibilità costituisce una situazione che per l'ordinamento non è meritevole di tutela e comporta conseguenze sullo status del professionista tali da determinare la sua estromissione dall'esercizio della professione, il cui esercizio illecito non può sicuramente arrecargli indebiti vantaggi. “In tal senso l'esercizio legittimo dell'attività professionale costituisce un prius logico e giuridico, un presupposto di fatto, necessario anche per valutare e riconoscere il periodo di attività svolta ai fini previdenziali”.
In merito all'assenza di una procedura che regolamenti l'esercizio del potere di accertamento dello svolgimento della professione, procedura, invece, prevista, per il procedimento di cancellazione dall'Albo, le Sezioni Unite hanno precisato che le garanzie di difesa “risultano adeguatamente tutelate dall'osservanza delle norme generali di cui alla Legge n. 241/1990”.
Il principio di diritto espresso risulta così formulato: “La Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti è titolare del potere di accertare, sia all'atto dell'iscrizione alla Cassa, sia periodicamente e comunque prima dell'erogazione di qualsiasi trattamento previdenziale, che l'esercizio della professione non sia stato svolto nelle situazioni di incompatibilità di cui all'art. 3, D.P.R. n. 1067/1953, ora art. 4, D.Lgs. n. 139/2005, ancorché tale incompatibilità non sia stata accertata dal Consiglio dell'Ordine competente”. Osservazioni
Le argomentazioni poste a base dell'arresto giurisprudenziale che si commenta sono pienamente condivisibili. In effetti, il potere attribuito alla Cassa Previdenza dei Dottori Commercialisti di valutare il legittimo esercizio della professione svolto da un suo iscritto non può trovare alcuna limitazione in ordine alla funzione che la Cassa medesima esercita.
Come, in maniera ineccepibile, hanno spiegato le Sezioni Unite del Supremo Consesso, la valutazione dell'effettivo esercizio della professione da parte dell'Ente previdenziale è indirizzata solo ed esclusivamente all'accertamento dell'esistenza dei requisiti per il riconoscimento del diritto ad una prestazione previdenziale e non può avere effetti in ordine alla legittima (o meno) iscrizione all'Ordine Professionale.
Si è ben evidenziata la differenza esistente tra le finalità valutative riconosciute agli Ordini professionali e quelle attribuite alla Cassa di previdenza.
L'unica perplessità che avrebbe potuto ingenerare un'interpretazione siffatta, poteva essere riferita ad un eventuale contrasto con l'art. 38, comma 2 della Costituzione. Questa norma prevede, infatti, che i lavoratori hanno diritto a che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di, per quel che qui interessa, invalidità o vecchiaia.
Ciononostante, detto precetto costituzionale, oltre a consentire che il diritto alle prestazioni possa venire subordinato a determinate condizioni e requisiti (Corte Cost., 1 luglio 1986, n. 169), non può neppure essere interpretato fino ad estendere la funzione di garanzia nei confronti di attività svolte in violazione di precise norme intese a tutelare, per contro, l'interesse generale alla continuità e alla obiettività di una professione (Corte Cost., 7 aprile 1988, n. 420). |