Riordino delle tipologie contrattuali: il decreto attuativo punto per punto
29 Giugno 2015
Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato
Nel proprio incipit, il Decreto rimarca che il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro. Questa dichiarazione di principio - che recepisce un concetto previsto, tra l'altro, nella vecchia disciplina del contratto a termine (D.Lgs. n. 368/2001) - è coerente con il rilievo conferito dal Legislatore a tale tipologia contrattuale, da un lato, (i) con la Legge 23 dicembre 2014, n. 190 («Legge di Stabilità 2015»), che, entro specifici limiti e condizioni, ha istituito l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico dei datori di lavoro, per un periodo massimo di 36 mesi, in relazione alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato effettuate tra il 1° gennaio 2015 ed il 31 dicembre 2015; dall'altro lato, (ii) con il D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23, che ha profondamente innovato il regime di tutela del licenziamento illegittimo nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, riducendo drasticamente l'area di applicazione della reintegrazione a favore dell'introduzione di un generale rimedio economico a tutele crescenti ancorato all'anzianità di servizio, con riferimento alle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal 7 marzo 2015. Le collaborazioni coordinate e continuative
Il Decreto apporta sostanziali innovazioni nell'area del lavoro parasubordinato, operando tre distinti interventi. Il primo intervento elimina la disciplina relativa alle collaborazione coordinate e continuative a progetto, tramite l'espressa abrogazione delle relative disposizioni, contenute negli articoli da 61 a 69-bis del D.Lgs. n. 276/2003 (fatti salvi i contratti già in atto alla data di entrata in vigore del Decreto, che continuano ad applicarsi fino alla naturale scadenza). Per quanto concerne il secondo intervento, il Decreto prevede che, a partire dal 1° gennaio 2016, la disciplina del rapporto di lavoro subordinato dovrà trovare applicazione alle collaborazioni che abbiano le seguenti caratteristiche: (i) esclusiva personalità della prestazione; (ii) continuatività della prestazione; (iii) modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. A tale proposito viene previsto che le parti possano richiedere alle commissioni di certificazione di confermare l'assenza di tali elementi presuntivi, allo scopo di corroborare la effettiva natura parasubordinata dei relativi contratti di collaborazione. Inoltre, il meccanismo di riqualificazione non opera nelle specifiche ipotesi previste dal Decreto (ad esempio, per le collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali), nonché negli ulteriori casi previsti dalla contrattazione collettiva. Il terzo intervento del Decreto si compie attraverso l'introduzione di una procedura di stabilizzazione dei rapporti intercorrenti con soggetti parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, nonché con persone titolari di partita IVA, di cui possa essere contestata la effettiva natura subordinata. Ai sensi di tale procedura, a decorrere dal 1° gennaio 2016, i datori di lavoro che assumano con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato i soggetti appartenenti alle predette categorie (i) fruiscono del beneficio dell'estinzione degli eventuali illeciti amministrativi, contributivi e fiscali relativi all'erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso (ad eccezione degli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi effettuati in data anteriore all'assunzione), a condizione che (ii) sottoscrivano con il lavoratore “stabilizzato” un verbale di conciliazione in sede protetta, obbligandosi a non recedere dal rapporto di lavoro subordinato stabilizzato per un periodo di 12 mesi successivi alla assunzione, ad eccezione dell'ipotesi di giusta causa e giustificato motivo soggettivo. La disciplina delle mansioni
Il Decreto ha introdotto profonde modificazioni al testo dell'art. 2103 c.c. relativo alle mansioni del lavoratore ed ai termini e condizioni di variazione delle medesime. Nella disciplina sino ad oggi vigente, il diritto del datore di lavoro di unilateralmente variare le mansioni del prestatore di lavoro era contenuto dalla norma civilistica entro il limite dell'equivalenza, che la giurisprudenza ha interpretato nel senso della necessaria coincidenza sostanziale (quantitativa e qualitativa) tra vecchie e nuove mansioni, senza che l'eventuale coincidenza formale dell'inquadramento contrattuale e del livello delle une e delle altre potesse assumere rilievo dirimente. La giurisprudenza, inoltre, ha elaborato un indirizzo nel cui ambito sono stati consentiti accordi, tra datore di lavoro e lavoratore, aventi ad oggetto l'attribuzione di mansioni inferiori, solo laddove il sacrificio fosse diretto a scongiurare un licenziamento altrimenti inevitabile. Ogni patto eventualmente contrario a tali limiti era colpito, ai sensi della norma civilistica, da radicale nullità. Il Decreto allarga sensibilmente il perimetro di esercizio dello ius variandi. Da un lato, viene consentito al datore di lavoro di unilateralmente attribuire al lavoratore mansioni riconducibili al medesimo livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte, senza che in tale ambito sia più richiesto un giudizio di equivalenza sostanziale tra le precedenti e le nuove funzioni assegnate ai lavoratori. Pertanto, la nuova disciplina attribuisce esclusivo rilievo alla riconducibilità delle nuove mansioni allo stesso livello e categoria legale di inquadramento, a prescindere da ulteriori indagini sul contenuto sostanziale delle mansioni di destinazione, come invece avveniva in passato. Dall'altro lato, il Decreto istituisce due fattispecie di valida attribuzione di mansioni inferiori:
Nella nuova formulazione della norma civilistica, viene prevista la radicale nullità di patti eccedenti le limitazioni sopra descritte. Sotto altro profilo, il Decreto introduce modifiche al meccanismo della promozione automatica che, rispetto al passato, (i) opera nel caso in cui il lavoratore svolga di fatto mansioni superiori, salva diversa previsione della contrattazione collettiva, per un periodo di 6 mesi continuativi (anziché per il minore periodo di 3 mesi previsto in precedenza); (ii) non opera in caso di diniego del lavoratore (tale facoltà non era precedentemente prevista); (iii) non opera nell'ipotesi in cui le mansioni superiori siano svolte in sostituzione di altro lavoratore in servizio (non è richiesto, come in passato, che si tratti di lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto). Il contratto di lavoro a tempo parziale
Il Decreto introduce novità in materia di (i) lavoro supplementare, (ii) clausole flessibili e clausole elastiche, (iii) trasformazione del rapporto.
Per quanto concerne il lavoro supplementare - si intendono le ore di lavoro in più rispetto al ridotto regime orario a tempo parziale, entro il limite dell'orario normale - il Decreto ne regolamenta l'utilizzo nelle ipotesi in cui la contrattazione collettiva non contempli una apposita disciplina, a tale scopo (i) limitando l'utilizzo del lavoro supplementare entro il 25% del ridotto orario di lavoro settimanale concordato e (iii) prevedendo una maggiorazione pari al 15% della retribuzione oraria globale di fatto, comprensiva dell'incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istitutivi retributivi indiretti e differiti. Il Decreto regolamenta l'utilizzo delle clausole flessibili (che consentono al datore di lavoro di variare la collocazione temporale della prestazione lavorativa) e delle clausole elastiche (che consentono al datore di lavoro di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa, nel solo caso di part-time verticale o misto) nelle situazioni in cui la contrattazione collettiva non contenga una apposita disciplina. A tale riguardo, il Decreto dispone che tali clausole prevedano, a pena di nullità, le condizioni e le modalità del relativo esercizio (in caso di clausola elastica, la variazione in aumento non può superare il 15% della normale prestazione annua a tempo parziale), incluso l'obbligo per il datore di lavoro di osservare un preavviso non inferiore a due giorni lavorativi e di corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione oraria globale di fatto pari al 15%, comprensiva dell'incidenza della retribuzione sugli istituti retributivi indiretti e differiti. Il Decreto prevede, inoltre, che il lavoratore possa rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove il diniego sia giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale. Il Decreto elimina la distinzione tra clausole flessibili e clausole elastiche e, al loro posto, introduce una nuova nozione estesa di “clausole elastiche”, per tali intendendosi le pattuizioni relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa)ovvero relative alle variazioni in aumento della sua durata. Il Decreto regolamenta l'utilizzo delle clausole elastiche nelle situazioni in cui la contrattazione collettiva non contenga una apposita disciplina. Il Decreto, infine, amplia le ipotesi in cui ai lavoratori è attribuito il diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da full-time a part-time (ad esempio, estendendolo ai lavoratori affetti da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti) ed introduce il diritto per il lavoratore di richiedere per una sola volta, in luogo del congedo parentale, una riduzione di orario di lavoro non superiore al 50% per il periodo relativo al congedo residuo, al quale il datore di lavoro deve dar corso entro quindici giorni dalla richiesta. Il lavoro intermittente
Il Decreto riproduce sostanzialmente la previgente disciplina in materia di lavoro intermittente (cd. job on call), confermando che, mediante tale contratto (a tempo indeterminato oppure a termine), un lavoratore si pone a disposizione del datore di lavoro per lo svolgimento di mansioni di carattere discontinuo. Il Decreto conferma, altresì, che il contratto di lavoro intermittente può essere stipulato in due differenti tipologie: job on call senza obbligo del lavoratore di rispondere alla chiamata del datore di lavoro e job on call con obbligo del lavoratore di rispondere alla chiamata del datore di lavoro. Limitatamente a questa seconda ipotesi, il Decreto conferma che (i) il datore di lavoro deve rispettare un periodo di preavviso non inferiore ad un giorno lavorativo, (ii) al lavoratore deve essere corrisposta una indennità disponibilità e (iii) il rifiuto ingiustificato del lavoratore di rispondere alla chiamata comporta la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto. Il contratto di lavoro a tempo determinato
Il Decreto riproduce sostanzialmente l'ultima formulazione del D.Lgs. n. 368/2001 (oggetto in questi anni di plurimi interventi modificativi che hanno progressivamente liberalizzato, tra l'altro, l'apposizione di un termine al contratto di lavoro in assenza di causale) ed introduce novità nel regime sanzionatorio applicabile:
Nel primo caso, il Decreto conferma che, salva diversa previsione della contrattazione collettiva e le specifiche ulteriori ipotesi previste dal Decreto, non possono essere effettuate assunzioni a tempo determinato in misura superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell'anno di assunzione, pena l'applicazione della sanzione amministrativa corrispondente al 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, ridotta (elevata al 50% ove il numero dei lavoratori in violazione del limite sia più di uno). Per quanto concerne la tutela risarcitoria in caso di trasformazione del rapporto, il Decreto conferma l'applicabilità dell'indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 mensilità ed un massimo di 12 mensilità (avuto riguardo al numero dei dipendenti occupati, alle dimensioni dell'impresa, all'anzianità di servizio del prestatore di lavoro, al comportamento e alle condizioni delle parti), ma, rispetto alla previgente disciplina, parametra la relativa base di calcolo all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto. Il Decreto, inoltre, sulla scorta di una norma di interpretazione autentica introdotta dalla Riforma Fornero - la quale, a sua volta, aveva fatto propri gli esiti di un orientamento giurisprudenziale - stabilisce espressamente che tale indennità ristora per intero il pregiudizio subìto dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la costituzione del rapporto di lavoro. La somministrazione di lavoro
Il Decreto conferma la disciplina del contratto commerciale di somministrazione di lavoro a tempo determinato, il cui ricorso da parte delle imprese utilizzatrici, svincolato da qualsivoglia causale oggettiva, deve essere contenuto nei limiti quantitativi fissati dalla contrattazione collettiva, salve specifiche fattispecie di inapplicabilità di tali limiti previste dalla previgente disciplina e ribadite dal Decreto (ad es., la somministrazione a tempo determinato di lavoratori dalle liste di mobilità). Il Decreto modifica sensibilmente, invece, la disciplina del contratto commerciale di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, eliminando tout court il riferimento a causali oggettive ed introducendo un limite quantitativo al suo utilizzo, pari al 20% del numero dei dipendenti a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipula del contratto di somministrazione (ovvero il diverso limite previsto dalla contrattazione collettiva). Viene previsto, peraltro, che la somministrazione a tempo indeterminato possa essere utilizzata solo con riferimento a lavoratori assunti dall'agenzia a tempo indeterminato. Con riferimento alle ipotesi di costituzione di un rapporto di lavoro subordinato con l'utilizzatore per effetto della declaratoria giudiziale di una somministrazione irregolare, il Decreto introduce, facendo proprio un indirizzo giurisprudenziale formatosi con riferimento alla somministrazione a tempo determinato, il rimedio risarcitorio costituito da un'indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai medesimi parametri previsti in caso di trasformazione a tempo indeterminato del contratto di lavoro a termine. Anche in questo caso, il Decreto prevede espressamente che tale indennità ristori per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l'utilizzatore e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro. Merita precisare che nelle ipotesi di somministrazione irregolare da cui deriva la costituzione di un rapporto di lavoro con l'utilizzatore è ricompresa quella del superamento dei limiti quantitativi. Il Decreto, infine, elimina la fattispecie della somministrazione fraudolenta. Il Decreto attua significativi interventi sulla disciplina del contratto di apprendistato, che viene ricondotto nel nuovo testo legislativo a tre diverse tipologie: (i) apprendistato per la qualifica ed il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore ed il certificato di specializzazione tecnica superiore, (ii) l'apprendistato professionalizzante e (iii) l'apprendistato di alta formazione e ricerca. Fra le novità, si segnalano:
Il lavoro accessorio
Rispetto alla previgente disciplina, che viene sostanzialmente confermata, il Decreto estende il perimetro del lavoro accessorio alle attività lavorative che, con riferimento alla totalità dei committenti, generino compensi non superiori ad Euro 7.000,00 in un anno civile (tale limite, nella precedente formulazione legislativa, era di Euro 5.000,00 con riferimento all'anno solare). Inoltre, il Decreto introduce il divieto di ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell'ambito dell'esecuzione di appalti di opere e di servizi, fatte salve eventuali eccezioni individuate a livello ministeriale entro sei mesi dall'entrata in vigore del Decreto. Norme abrogate
Il Decreto elimina definitivamente dall'ordinamento giuridico, tra l'altro, l'istituto del lavoro ripartito (c.d. job sharing), nonché la fattispecie dell'associazione in partecipazione con apporto di lavoro (il Decreto fa salvi sino alla loro cessazione i contratti di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa già in essere alla data di entrata in vigore del Decreto). In conclusione
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