Regolamento di competenza tra giudizio cautelare e giudizio sommario

20 Aprile 2015

E' ammissibile il regolamento di competenza in relazione ad una ordinanza (che ha dichiarato – nel caso de quo – l'incompetenza) emessa nella fase sommaria del Rito Fornero.
Massime

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E' ammissibile il regolamento di competenza in relazione ad una ordinanza (che ha dichiarato – nel caso de quo – l'incompetenza) emessa nella fase sommaria del Rito Fornero”

“L'omessa rilevazione dell'incompetenza (derogabile ed inderogabile) da parte del giudice o l'omessa proposizione della relativa eccezione, ad opera delle parti nel procedimento cautelare “ante causam” non determina il definitivo consolidamento della competenza in capo all'ufficio adito anche ai fini del successivo giudizio di merito, non operando nel giudizio cautelare il regime delle preclusioni relativo alle eccezioni e al rilievo d'ufficio dell'incompetenza, stabilito dall'art. 38 c.p.c. , in quanto applicabile esclusivamente al giudizio a cognizione piena"

“Il giudizio proposto ai sensi degli artt. 669 octies e nonies c.p.c. , all'esito della fase cautelare ante causam, può essere validamente instaurato davanti al giudice competente, ancorchè diverso da quello della cautela”

Il caso

Due lavoratori licenziati agivano in giudizio, con ricorso ante causam ai sensi dell' art. 700 c.p.c. proposto al Tribunale di Milano, chiedendo la reintegra nel posto di lavoro deducendo la illegittimità dei licenziamenti intimati. Il giudice adito rigettava la domanda con provvedimento non reclamato.
Con successivo ricorso proposto nelle forme del c.d. rito Fornero, i predetti lavoratori instauravano il giudizio di merito innanzi al Tribunale di Treviso esperendo le medesime domande già preannunciate in sede cautelare. Il Tribunale adito dichiarava con ordinanza la propria incompetenza in favore del Tribunale di Milano, sul rilievo che la parte ricorrente non avrebbe potuto disconoscere la competenza del giudice da essa stessa (liberamente) evocato nella fase d'urgenza. Avverso tale provvedimento i lavoratori proponevano regolamento di competenza chiedendo che fosse riconosciuta la competenza del Tribunale adito.

Le questioni

Le questioni in esame sono le seguenti:

a) se sia ammissibile, nella fase sommaria del procedimento previsto dalla l. n. 92/2012 art. 1 co. 48 e segg., una pronuncia sulla competenza e, di conseguenza, se sia ammissibile il regolamento di competenza in relazione ad una ordinanza declinatoria della competenza emessa in tale fase;

b) se l'omessa rilevazione dell'incompetenza da parte del giudice o l'omessa proposizione della relativa eccezione ad opera delle parti nel procedimento cautelare “ante causam”, determini o meno il definitivo consolidamento della competenza in capo all'ufficio adito anche ai fini del successivo giudizio di merito.

Le soluzioni giuridiche

Le questioni dell'ammissibilità, nella fase sommaria del rito Fornero, della pronuncia sulla competenza e del regolamento di competenza sono state affrontate dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione - nel primo caso che ha portato all'esame del massimo consesso del giudice di legittimità il c.d. Rito Fornero, quello collegato al licenziamento per giusta causa del comandante Schettino – con la ordinanza 31 luglio 2014, n. 17443 (commento di Luigi Di Paola), nella quale si afferma che “ È ammissibile il regolamento di competenza con riguardo ad una pronuncia sulla litispendenza emessa nella fase sommaria del rito cosiddetto Fornero ex art. 1, commi 47 e ss, l. 28 giugno 2012, n. 92, atteso il carattere solo eventuale della fase a cognizione piena e l'idoneità al passaggio in giudicato dell'ordinanza conclusiva della fase sommaria in caso di omessa opposizione, sicché è necessario che il giudice ammetta ed esamini la questione di rito”.
A tale orientamento ha dato continuità la pronuncia qui in esame, nell'affrontare la questione preliminare di competenza, affermando che il giudice della fase sommaria di cui al comma 47 dell' art. 1 della l. n. 92/2012 deve ammettere ed esaminare le questioni di rito (nella specie, la competenza) e deciderle, onde evitare un possibile conflitto di giudicati sulla medesima questione, nel rispetto dei principi di unitarietà della giurisdizione e di economia processuale (art. 39 c.p.c.). Conseguentemente, la Corte ammette il regolamento di competenza nella fase sommaria del rito Fornero, rimarcando la differenza tra procedimento cautelare e rito sommario, con il richiamo ad altre pronunce delle S.U. - 9 luglio 2009 n. 16091 e 29 luglio 2013 n. 18189 - in cui si è ritenuto inammissibile il regolamento di competenza in materia di procedimenti cautelari, in ragione della natura giuridica di un provvedimento declinatorio della competenza nel giudizio cautelare che, in quanto caratterizzato dalla provvisorietà e riproponibilità illimitata, non può essere oggetto di una pronuncia di regolamento che sarebbe priva del requisito della definitività.


In ordine ai rapporti tra competenza del giudice della cautela e quello del merito, oggetto di un contrasto giurisprudenziale che non appare risolto, la sentenza in commento aderisce al più recente orientamento - affermato con ordinanze n. 2505/2010, n. 24869/2010, e n. 9416/2012 - dissentendo da quello seguito, invece, dal giudice trevigiano – nel declinare la propria competenza in favore del Tribunale di Milano quale giudice che aveva deciso il ricorso ante causam – che ritiene, invece, definitivamente consolidata la competenza per il giudizio di merito in capo al giudice adito in sede cautelare, sulla base del principio di diritto affermato dalla Suprema Corte con ordinanza dell' 8 marzo 2007 n. 5335, secondo cui “ posto che, a norma del primo comma dell'art. 669 ter c.p.c.,prima dell'inizio della causa di merito, la domanda si propone al giudice competente, in base agli ordinari criteri, a conoscere del merito, deve rilevarsi che, in mancanza di proposizione, nel corso del procedimento cautelare, di eccezioni in ordine alla competenza del giudice adito, questa si radica in capo al detto giudice e vi permane anche con riferimento al giudizio di merito”. A tale conclusione la Corte giunge sulla base del carattere strumentale della tutela cautelare rispetto al giudizio di merito, poiché, “il richiamato carattere del primo deve essere inteso nella sua effettiva portata. Al riguardo, è pur vero che, come si argomenta dal disposto dell'art. 669 octies c.p.c., il procedimento cautelare non costituisce la prima fase di un unico procedimento che comprende il merito, bensì un procedimento distinto ed autonomo rispetto a quello(...).E, tuttavia (...) non può negarsi il carattere di strumentalità della domanda cautelare rispetto al giudizio di merito, carattere che dà ragione della permanenza in capo al giudice della cautela, della competenza anche per tale giudizio(...) il quale costituisce pur sempre la naturale, anche se non necessaria, prosecuzione della fase cautelare”(In senso conforme, nella giurisprudenza di merito Trib. Milano, 27 aprile 2005, Cass. Sez. Lav. Ord. 12 luglio 2004 n. 12895, Cass. 24 luglio 2007, n. 16328 , le quali hanno affermato che il ricorso ante causam, a cui abbia fatto seguito un provvedimento di accoglimento, è idoneo ad essere considerato come atto introduttivo del giudizio determinante la prevenzione della lite, ex art. 39 c.p.c. ribadendo, in particolare l'ultima citata, che la individuazione del giudice di merito non può essere condizionata dalla scelta della controparte mediante un successivo ricorso al giudice di un foro alternativo che condizionerebbe il diritto dell'istante, che abbia ottenuto la misura cautelare, a radicare la causa dinanzi lo stesso giudice, a scelte imponderabili rimesse alla controparte).

L'orientamento seguito, invece, nella sentenza in commento, promana da più recenti ordinanze della Corte di Cassazione (n. 2505/2010, e ord. n. 24869 del 9 dicembre 2010) le quali, in sintesi, escludono che, una volta adottata la misura cautelare, si determini un consolidamento della competenza nel giudizio di merito in capo al medesimo ufficio adito in sede cautelare, in ragione dell'autonomia dei due giudizi, già affermata con risalenti pronunce della Suprema Corte (n. 4204 del 24 giugno 1986 e n. 5760/1992), nonché in considerazione della non operatività nel giudizio cautelare del regime delle preclusioni relativo alle eccezioni ed al rilievo d'ufficio dell'incompetenza, stabilito dall'art. 38 c.p.c., applicabile al solo giudizio a cognizione piena, arrivando ad affermare che il giudizio di merito può essere validamente istaurato dinanzi al giudice competente, ancorchè diverso da quello della cautela (conformi anche Cass. Sez. 6, ord. n.10832 del 17 maggio 2011; Cass. ord. Sez. 6-Lav. 26 maggio 2014 n. 11778 e 28 febbraio 2014 n. 4888 in tema di giudizio ex art. 700 c.p.c. per la reintegrazione nel posto di lavoro).

Osservazioni

In ordine a tale contrasto giurisprudenziale, la sentenza in commento - che pure approda all'orientamento più garantista, per il rigore dogmatico e perché più rispettoso della diversa natura dei due procedimenti, quello cautelare e quello di merito - si limita, tuttavia, ad aderire alle precedenti pronunce che hanno proposto quella opzione ermeneutica.


E' bene allora ricordare che nella richiamata ord. n. 2505/2010 l'autonomia dei due giudizi si fonda sulle seguenti considerazioni:
a) precludere in sede di merito ogni eccezione sulla competenza a seguito dell'opzione esercitata in fase cautelare imporrebbe al convenuto di svolgere le sue difese sulla competenza, anche ai fini del giudizio di merito, nell'ambito della cognizione sommaria, donde un vulnus del principio del giusto processo;
b) tale interpretazione non trova fondamento in alcuna norma, non individuabile neppure con il ricorso all'analogia;
c) non legittima una tale interpretazione neppure la equiparazione della acquiescenza della parte e del giudice al tacito accordo derogativo della competenza, ostandovi il disposto dell' art. 29 c.p.c., che impone l'attribuzione espressa della competenza conseguente al'accordo tra le parti. Va, per converso, anche ricordata la tesi - pure sostenuta da autorevole dottrina (cfr. Verde, Appunti sul procedimento cautelare in Foro it.,1992, v, 433 in cui l'autore individua un nesso biunivoco tra giudice della cautela e giudice del merito) – che, ravvisando una ipotesi non codificata, ma tratta dal disposto degli artt. 669 octies e novies c.p.c., di competenza inderogabile in materia cautelare, giunge ad individuare il giudice del merito in funzione del giudice della cautela (in tal senso Trib. Milano 22 settembre 2009).
D'altro canto, le già citate Cass. n. 16328/2007 e n. 3119/2009, ritenendo anche la domanda cautelare atto idoneo a determinare la prevenzione della lite rispetto al successivo giudizio di merito, individuano, per tale via, il giudice del merito in capo a quello della cautela preventivamente adito. Si tratta di aspetti che forse avrebbero meritato un maggiore approfondimento, e che rendono auspicabile un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.

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