Successione di contratti a termine nel settore postale: le Sezioni Unite
20 Giugno 2016
La Cassazione, con sentenza a SS.UU. n. 11374/2016, ha sancito la liceità dei contratti a termine stipulati in successione nel settore postale, in quanto conformi al D.Lgs. n. 368/2001, disciplina non in contrasto con i principi fissati dalla normativa comunitaria in materia.
Il fatto Assunta da Poste italiane S.p.A. con un contratto a tempo pieno e determinato dal 23 gennaio 2007 al 31 marzo 2007 e poi riassunta per le stesse mansioni con un contratto a tempo parziale e determinato dal 17 aprile 2007 al 31 maggio 2007, la lavoratrice chiedeva venisse dichiarata l'illegittimità dell'apposizione del termine per mancanza di motivazione in ordine alle ragioni dell'assunzione a tempo determinato.
La causale del contratto Dopo aver ricostruito l'evoluzione normativa della disciplina applicabile ai contratti a termine, le Sezioni Unite affermano che le assunzioni a tempo determinato, effettuate da imprese concessionarie di servizi nel settore delle poste, che presentino i requisiti specificati dall'art. 2, co. 1-bis, D.Lgs. n. 368/2001 (assunzione per un periodo massimo di sei mesi o di quattro mesi, a seconda che detto periodo sia compreso tra aprile e ottobre o nel periodo residuo dell'anno, e nel limite quantitativo del 15% dell'organico aziendale), non necessitano anche dell'indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo ai sensi dell'art. 1, co. 1, D.Lgs. n. 368/2001: la valutazione è stata fatta ex ante dal legislatore.
Successione di contratti La lavoratrice, inoltre, denunciava l'illegittimità dei due contratti, separati da soli diciassette giorni l'uno dall'altro, per violazione della normativa sui contratti a tempo determinato “successivi”. La questione viene ritenuta di particolare importanza e rimessa alle Sezioni Unite della Corte per evitare il formarsi di contrasti giurisprudenziali in contenziosi già di natura seriale, cospicui e destinati verosimilmente ad ulteriore incremento. La Suprema Corte è, quindi, chiamata a stabilire:
Delineando gli assetti normativi del diritto dell'Unione europea e della legislazione italiana in materia, la Corte ritiene, con riferimento al primo punto, che nel caso in esame i contratti in successione siano conformi all'art. 5, co. 4-bis, D.Lgs. n. 368/2001, applicabile anche ai contratti stipulati prima della sua introduzione ad opera della L. n. 247/2007. Per quanto riguarda il rapporto tra la disciplina italiana e quella europea, ritiene che sia da escludere un contrasto tra i due ordinamenti, specie in considerazione del fatto che l'ordinamento italiano, in presenza di contratti in successione tra loro, quale che sia l'intervallo temporale tra i contratti, impone la durata massima e sanziona la violazione di tale misura con la trasformazione del rapporto. Qualora poi la successione sia senza soluzione di continuità o sia particolarmente ravvicinata, il quadro sanzionatorio è rafforzato.
La conclusione della Corte Rigettando il ricorso della lavoratrice, la Cassazione conclude che “i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato stipulati in successione tra loro tra le parti del presente giudizio sono conformi alla disciplina del lavoro a tempo determinato dettata dal D.Lgs. n. 368/2001 e successive integrazioni, applicabile ratione temporis. A sua volta, la disciplina italiana applicabile al rapporto, e cioè la normativa sulla successione di contratti a tempo determinato dettata dall'art. 5, D.Lgs. n. 368/2001, integrata dall'art. 1, co. n. 40 e n. 43, L. n. 247/2007, è conforme ai relativi principi fissati dall'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, stipulato tra le organizzazioni sindacali CES, UNICE e CEEP il 18 marzo 1999, recepito nella Direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE”. |