Apprendistato duale: accordo interconfederale 18 maggio 2016 e prime esperienze sul campo

Vittoria Chianese
21 Giugno 2017

L'accordo interconfederale del 18 maggio 2016 costituisce un tassello fondamentale alla piena operatività e accessibilità al sistema duale di apprendistato come modalità di ingresso nel mondo del lavoro. Il commento di seguito riportato traccia la storia sottesa al rilancio di questa forma antica e insieme innovativa di apprendistato che contiene ingredienti capaci di venire incontro alle esigenze di tutte le Parti coinvolte in una logica “win win” e ha in sé interessanti prospettive anche su altre delicate tematiche quali quelle dell'invecchiamento e dell'utilizzo del personale senior.
Introduzione

L'accordo interconfederale di Confindustria e CGIL, CISL e UIL del 18 maggio 2016 costituisce un tassello fondamentale alla piena operatività e accessibilità al sistema duale di apprendistato come modalità di ingresso nel mondo del lavoro.

La nuova cornice normativa, composta dal D.Lgs. n. 81/2015, dal D.M. 12 ottobre 2015 e dall'accordo interconfederale, (unitamente alle previsioni dell'art. 32 del D.Lgs. n. 150/2015 sulle misure incentivanti), rappresenta un insieme armonico finalmente fruibile “chiavi in mano” per le aziende che intendano avviare da subito il sistema duale di inserimento, senza più necessità di attendere il completamento di altre tessere mancanti del mosaico. Resta comunque sempre aperta la possibilità di ulteriori interventi normativi regionali e di specifiche discipline dei contratti collettivi nazionali rispetto alle quali l'accordo interconfederale è cedevole.

Tale rilevante risultato, sancito da un patto tra le Parti sociali, non nasce da operazioni di tecnicismo astratto, ma è il frutto di un'evoluzione complessa ed è un importante tentativo di dare una risposta concreta e condivisa ad esigenze che partono dalla società civile, dagli effetti della crisi economica, dal livello di disoccupazione giovanile inaccettabile, dal ruolo della scuola, dall'interesse delle aziende e del Paese a investire nelle risorse umane come leva principale della loro competitività. Dietro il nuovo quadro normativo c'è tutto questo e c'è anche lo sforzo di aprirsi a ciò che succede fuori dei nostri confini nazionali e di recepire e mettere a sistema i primi frutti delle aziende “incubatrici” e anticipatrici di nuove soluzioni. Il percorso è finalmente tracciato ma la strada è ancora lunga. Ogni legge, ogni accordo sindacale richiede di misurarsi con la realtà, con l'applicazione concreta, deve superare la prova della sua utilità e quindi diffusione, altrimenti il rischio è di aggiungere pagine sterili anche se intrise di buone intenzioni. È di estrema importanza curare la conoscenza dell'accordo interconfederale e diffondere i primi risultati delle sperimentazioni già in atto nelle imprese industriali aderenti al sistema affinché tale modalità di inserimento possa costituire per le aziende una possibile strada da percorrere e consolidare.

Il commento di seguito riportato traccia la storia sottesa al rilancio di questa forma antica e insieme innovativa di apprendistato che contiene ingredienti capaci di venire incontro alle esigenze di tutte le Parti coinvolte in una logica “win win” e ha in sé interessanti prospettive anche su altre delicate tematiche quali quelle dell'invecchiamento e dell'utilizzo del personale senior.

Nelle nostre radici, anche in quelle più antiche, è presente la dimensione dell'apprendimento e della formazione sul campo; a partire dalle “botteghe” in cui è nato il nostro Rinascimento fino alla pagine più recenti del dopo guerra. L'art. 35, co. 2, della Costituzione stabilisce che la Repubblica “cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori” e la disciplina dell'apprendistato, ad iniziare dalla Legge n. 25/1955, mette in risalto la causa “mista” di tale tipologia contrattuale in cui la formazione, in qualunque sede effettuata ed in qualunque modalità riconosciuta, resta l'elemento caratterizzante che ne giustifica una disciplina speciale destinata ad avere rilievo anche nella successiva evoluzione normativa .

“Tutto ciò che non si rigenera degenera”, ed è proprio lo sforzo di dare un rinnovato impulso all'inserimento formativo che costituisce il tratto comune degli interventi normativi, contrattuali e delle esperienze messe in campo per aprire nuove strade ad un'occupazione di livello e contrastare disoccupazione e precarietà.

Il nuovo apprendistato duale in Italia: scenario di riferimento e influenza del modello tedesco

Il nuovo apprendistato duale, come regolato dal D.L. 15 giugno 2015, n. 81 (Capo V, artt. 41-47) nasce dopo un periodo di gestazione nel biennio 2013 e 2014 particolarmente intenso in cui la drammaticità della crisi economica ha generato la ricerca di nuove soluzioni e correttivi ai modelli di inserimento al lavoro. La profonda crisi economica e i dati allarmanti sull'occupazione giovanile e sui NEET (“Not engaged in Education, Employment or Training”) hanno posto l'Italia in una situazione di estrema gravità anche nel confronto con gli altri Paesi europei. Le Raccomandazioni del Consiglio europeo (Raccomandazione sul programma nazionale di riforma 2014 dell'Italia 2 giugno 2014, COM(2014) 413 final, punto 5) contengono l'invito a concentrarsi sulla riforma dell'istruzione e della formazione professionale per inserirvi una più forte componente di apprendimento basato sul lavoro.

La riforma dell'apprendistato duale ha come scenario un fortissimo dibattito sulla scuola, il suo ruolo, i saperi, le conoscenze e le competenze e il loro effettivo intrecciarsi con il mondo del lavoro.

La crisi economica ha, infatti, messo in luce le debolezze strutturali che frenano lo sviluppo del Paese tra le quali ci sono proprio le carenze del capitale umano. Uno studio di Confindustria ha evidenziato come la flessione sull'occupazione abbia inciso anche sulle competenze che si acquisiscono e si sviluppano con il lavoro ed abbia demotivato le persone, con impatto sull'investimento delle famiglie in istruzione. Il circolo vizioso tra recessione e minori competenze genera bassa crescita. In tale contesto, la collaborazione tra imprese e mondo del lavoro viene vista come risposta valida al ritardo nell'istruzione e nello sviluppo di competenze adeguate.

Anche la ricerca McKinsey “Studio ergo lavoro” evidenzia che il fenomeno strutturale della disoccupazione giovanile sia solo in parte riconducibile alla crisi economica ma abbia radice più profonde. Molteplici sono le cause: disallineamento tra domanda delle imprese e scelte formative dei giovani, carenza di competenze adeguate a quelle richieste dal mondo del lavoro, inadeguatezza dei canali di supporto alla ricerca di lavoro. Le risposte non possono che essere molteplici e sono da individuare in più ambiti che vanno dall'orientamento professionale, ad una formazione adeguata alla domanda, alla valorizzazione dell'istruzione tecnica e alla stretta collaborazione tra scuola e lavoro (favorendo un'osmosi tra i due ambienti; studenti e docenti in azienda e impresa a scuola) e alla diffusione delle migliori pratiche.

In tale contesto sono da analizzare anche i dati riguardanti l'istruzione tecnica. Gli studenti iscritti al primo anno degli istituti tecnici sono passati dal 43,6% agli inizi degli anni ‘90 al 31,5% nell'anno scolastico 2015/2016. Si conferma, pertanto, un declino degli istituti tecnici che hanno formato in passato la classe di lavoratori e dirigenti svolgendo un ruolo di forte impulso al nostro sistema industriale.

Converge sostanzialmente con il quadro sopra delineato anche l'analisi contenuta nel documento della Commissione permanente lavoro della Camera dei Deputati approvato ad ottobre 2013 a conclusione di una indagine conoscitiva sulle misure per fronteggiare l'emergenza occupazionale, con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, dal quale emerge una stima di soggetti in disagio occupazionale nel nostro Paese di circa 7 milioni. Per far fronte ai fenomeni di skill mismatch ossia della mancata rispondenza della forza lavoro alle professionalità richieste dal mercato e di skill gap, cioè l'obsolescenza professionale della forza lavoro, nonché di over education, svolgimento di attività non in linea con le competenze acquisite, l'indagine individua una serie di misure tra le quali la necessità di favorire la transizione scuola lavoro, il potenziamento dell'istruzione tecnica e professionale e la necessità di rimuovere l'autoreferenzialità del sistema scolastico e di investire sui servizi di orientamento.

Comincia a farsi strada la consapevolezza che il lavoro abbia in sé un valore educativo e che sia essenziale per acquisire le c.d. “soft skill” che costituiscono le competenze chiave per le aziende; tali competenze riguardano “l'etica del lavoro”, la “capacità di lavorare in team”, di “risolvere problemi”, di “saper comunicare” e si collocano fuori dal campo strettamente cognitivo sono trascurate dalla didattica tradizionale ma sono fondamentali in Azienda.

L'attenzione del legislatore inizia a focalizzarsi su due strumenti che possono svolgere un ruolo cruciale: i tirocini in azienda durante lo svolgimento dell'iter scolastico e il contratto di apprendistato nella modalità “duale” cioè in concomitanza con il percorso formativo-scolastico e professionale-universitario.

La forma del contratto di apprendistato, già scarsamente utilizzata anche nella tipologia professionalizzante con formazione in azienda, risulta nella modalità “duale” ancora di più avulsa dal sistema scolastico e formativo del Paese; ciò, a differenza di quanto accade in altre realtà europee dove tali percorsi scolastici e aziendali si svolgono contestualmente con pari dignità e l'apprendistato svolge un ruolo determinante di canale di accesso al lavoro.

L'interesse al modello tedesco - che sul piano dell'occupazione giovanile risulta vincente a livello europeo - (Centro Studi Confindustria elaborazione dati eurostat 2012 – NEET – 7,1% Germania; 13,1% UE ; 21,1% Italia) ha generato una riflessione di ampio respiro sulle sue caratteristiche e sulla sua “portabilità” in un contesto profondamente diverso come il nostro.

L'apprendistato in Germania si colloca dopo il periodo obbligatorio di istruzione a tempo pieno, come filiera formativa (aperta a tutti gli studenti) che consente la qualificazione professionale mediante un percorso scuola (1-2 giorni alla settimana) e azienda (i restanti 3- 4 giorni alla settimana). Il sistema duale offre circa 345 qualifiche riconosciute e disciplinate a livello nazionale e al termine dell'apprendistato, dopo il superamento di un esame, si consegue una qualifica, a cui nella cultura tedesca è attribuito un ampio riconoscimento sociale. L'apprendistato si inserisce in un contesto istituzionale “ordinato” con attribuzioni di compiti e ruoli chiari e ben definiti, in un sistema fortemente regolato in ogni fase. Tutti gli attori (istituzioni, aziende, parti sociali) dialogano e cooperano in modo efficace e gli strumenti di politica attiva funzionano; le “agenzie del lavoro” costituiscono il prevalente canale di incontro tra domanda e offerta di apprendistato.

Il sistema tedesco di apprendistato duale è profondamente radicato nella mentalità e nella cultura tedesca e necessita di infrastrutture articolate per un funzionamento adeguato che non sono replicabili in contesti strutturalmente diversi come quello italiano.

L'evoluzione normativa in Italia in quest'ultimo biennio risente dell'influenza germanica ma nello stesso tempo individua soluzioni diverse e originali.

L'integrazione tra il mondo della scuola e il mondo del lavoro diventa finalmente un obiettivo condiviso sia a livello politico che sociale superando in gran parte le incrostazioni di tipo ideologico sulla loro inconciliabilità.

L'approccio per la realizzazione è pragmatico e si punta su due diversi modelli di integrazione, già presenti nell'ordinamento anche se scarsamente impiegati, che vengono “rivitalizzati” con interventi normativi “ad hoc” che rilanciano da una parte i tirocini formativi durante il periodo scolastico, già disciplinati dal decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77, rendendoli obbligatori e dall'altra il sistema duale di apprendistato.

Il modello di integrazione rappresentato dal sistema di “alternanza scuola lavoro” è previsto dalla Legge 13 luglio 2015, n. 107 (c.d. “Buona Scuola”), sulla Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti, che ha rafforzato lo strumento dell'alternanza scuola-lavoro. Tale sistema è caratterizzato dall'assenza di un rapporto di lavoro tra lo studente e l'azienda ospitante. Si tratta di un percorso di orientamento utile ai ragazzi nella scelta che dovranno fare una volta terminato il ciclo di studi. I percorsi formativi di alternanza scuola lavoro si fondano su apposite convezioni stipulate tra scuola e soggetti (imprese, camere di commercio, terzo settore, ecc.) disposti a ospitare con stage lo studente per il periodo dell'apprendimento. La Legge n. 107/2015 (art. 1, comma 33), al fine di incrementare le future opportunità di lavoro e le capacità di orientamento degli studenti, prevede obbligatoriamente percorsidi alternanza scuola-lavoro per una durata complessiva - nel secondo biennio e nell'ultimo anno del percorso di studi - di almeno 400 ore negli istituti tecnici e professionali, e di almeno 200 ore nel triennio, nei licei.

L'altro modello è quello del sistema duale di apprendistato che è una modalità di ingresso in azienda che permette di integrare organicamente la formazione scolastica e il lavoro.

La disciplina legislativa dalla fase sperimentale al rilancio dell'apprendistato duale in Italia con il Jobs Act

Sul piano legislativo, le pressioni che provenivano dall'Europa e dal dibattito interno e dall'esigenza di trovare nuove risposte alla disoccupazione giovanile hanno dato il via ad un intervento normativo che si è sviluppato in due fasi. Dapprima il legislatore è intervenuto con una disciplina sperimentale valida per un triennio, successivamente ha consolidato e sistematizzato il nuovo modello nell'ambito della riforma del lavoro con il Jobs Act.

Il D.L. 12 settembre 2013, n. 104 convertito con modifiche, dalla Legge 8 novembre 2013, n. 128, recante “misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca” (c.d. “decreto Carrozza”) ha avviato un programma sperimentale per il triennio 2014 – 2016 per lo svolgimento di periodi di formazione in azienda per gli studenti degli ultimi due anni delle scuole secondarie di secondo grado con la stipulazione di contratti di apprendistato. Prima di tale intervento normativo agli studenti della scuola secondaria superiore era di fatto preclusa la possibilità di attivare l'apprendistato per il conseguimento del diploma di istruzione, in quanto l'art. 5 del D.Lgs. n. 167/2011 richiedeva un'età minima di 18 anni e quindi non allineata all'età in cui gli studenti frequentano il quarto anno. Il successivo Decreto Interministeriale attuativo n. 473 del 17 giugno 2014 ha disciplinato la tipologia delle imprese che possono partecipare al programma, i loro requisiti, il contenuto delle convenzioni che devono essere concluse tra le istituzioni scolastiche e le imprese, i diritti degli studenti coinvolti, il numero minimo delle ore di didattica curriculare e i criteri per il riconoscimento dei crediti formativi ed ha inoltre precisato che il rapporto di lavoro rientri nell'apprendistato di alta formazione c.d. “apprendistato di terzo livello” .

Nel rinnovato quadro normativo definito con il “Jobs Act”, la disciplina dell'apprendistato è stata rivisitata dal D.L. 15 giugno 2015, n. 81. La principale novità è stata la valorizzazione e il consolidamento del modello duale anche per il conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore. Tale fattispecie non è più “sperimentale” ed è ricondotta alla tipologia dell'apprendistato di primo livello (non più quindi quello di alta formazione). Il successivo Decreto Interministeriale del 12 ottobre 2015 ha completato la cornice di riferimento, precisando anche il numero di ore di formazione da sviluppare in azienda (370 ore, per il 3°,4°,5° anno dei percorsi di istruzione secondaria superiore). L'apprendistato di 1° livello riguarda i giovani dai 15 ai 25 anni. Gli studenti apprendisti sono a tutti gli effetti lavoratori subordinati dell'azienda che alternano la formazione scolastica con l'esperienza sul lavoro. L'Azienda deve sottoscrivere un Protocollo con l'Istituto scolastico.

Alcuni punti della nuova disciplina sono finalizzati a rendere più appetibile lo strumento dell'apprendistato duale come modello di inserimento al lavoro rendendolo più competitivo rispetto alla precedente disciplina anche sui costi. Dall'esame dell'intero quadro normativo si delineano i seguenti punti di forza di tale forma di apprendistato.

  • Sistema completo di regole immediatamente fruibili. Le norme del Jobs Act sono state accompagnate dal Decreto Interministeriale che ha definito gli aspetti operativi, fornendo anche i format delle convenzioni con gli istituti scolastici.
    Pur nell'immutato assetto delle competenze tra Stato e Regioni – che non ha finora giovato alla diffusione dell'istituto - la relazione tra le diverse fonti normative appare maggiormente ordinata anche grazie a meccanismi automaticamente volti a colmare eventuali lacune, pur nel rispetto dell'autonomia regionale. Al riguardo, il Decreto Interministeriale del 12 ottobre 2015 prevede un meccanismo (art. 10) che consente di dare certezza di regolamentazione stabilendo che entro 6 mesi dall'entrata in vigore del decreto le Regioni e le Province autonome recepiscono con propri atti le disposizioni del decreto e che trascorso tale termine, in assenza di regolamentazione regionale, l'attivazione dei percorsi di apprendistato “è disciplinata attraverso l'applicazione diretta delle disposizioni del decreto“. Si tratta di un aspetto importante soprattutto per le realtà imprenditoriali presenti in più Regioni, per le quali l'esigenza di uniformità e di certezza di regole applicabili è imprescindibile per applicare tale nuovo modello di inserimento. In tal senso assume un rilievo fondamentale anche l'accordo interconfederale che completa il quadro di regole con quelle della disciplina collettiva con un ruolo di supplenza in mancanza di accordi sindacali specifici rispetto ai quali resta comunque “cedevole”.
    L'Azienda che intende applicare l'apprendistato di primo livello per il conseguimento del diploma di scuola secondaria ha oggi a disposizione un set completo di regole “chiavi in mano” senza necessità di attendere ulteriori atti normativi.
  • Benefici normativi e retributivi. Le imprese che assumono con il contratto di apprendistato di primo livello oltre ad applicare i benefici tipici dell'apprendistato (sotto inquadramento o retribuzione in misura percentuale e proporzionata all'anzianità di servizio, ecc.) sono esonerate da ogni obbligo retributivo per le ore di formazione svolte a scuola e, salve diverse previsioni di contratti collettivi, per le ore di formazione in azienda è prevista una retribuzione pari al 10%.
  • Benefici contributivi. Per l'apprendistato per il conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore, il Legislatore (art. 32, D.Lgs. n. 150/2015) ha inoltre previsto, in via sperimentale per il 2016 ed ulteriormente prorogati (art. 1 co. 240, legge 11 dicembre 2016, n. 232) fino al 31 dicembre 2017 alcuni specifici benefici quali: la riduzione dell'aliquota di contribuzione del 10% portandola al 5% per le imprese con più di nove dipendenti (v. Ministero del Lavoro, Interpello n. 22/2016); lo sgravio totale dei contributi a carico del datore di lavoro dal pagamento della NASPI (1,61%); l'abolizione del contributo previsto a carico dei datori di lavoro in caso di licenziamento dell'apprendista.
    Resta inoltre confermato il trattamento contributivo agevolato previsto per l'apprendistato fino all'anno successivo alla prosecuzione dell'apprendistato come ordinario rapporto subordinato a tempo indeterminato e rimane l'esenzione contributiva per le PMI fino a 9 dipendenti per tre anni per i contratti stipulati tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre 2016.
    È stata inoltre prorogata per il 2017 anche la destinazione in via sperimentale al Fondo per l'occupazione di risorse aggiuntive (€ 27 milioni), rivolte all'apprendistato scuola lavoro e all'alternanza, destinate prioritariamente ai percorsi regionali di istruzione e formazione

Altro aspetto di interesse per le aziende è l'ulteriore possibilità che riconosce il legislatore (art. 43, co. 9, D.Lgs. n. 151/2015) di modulare l'iter di ingresso dell'apprendista in azienda utilizzando in sequenza due tipologie di apprendistato: il primo livello e il professionalizzante. Il mix tra le due tipologie permette quindi di costruire un sentiero formativo che inizia già in fase scolastica e prosegue dopo il conseguimento del diploma con una seconda fase di formazione aziendale, ciò allo scopo di far conseguire anche la qualificazione professionale ai fini contrattuali, fermo restando che la durata complessiva non può eccedere quella individuata dalla contrattazione collettiva.

La Legge di Bilancio 2017 ha inoltre previsto per le nuove assunzioni decorrenti dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018 (a quella data è prevista una verifica dei risultati per un'eventuale prosecuzione del beneficio) un esonero contributivo annui di € 3.250 (esclusa INAIL) per massimo tre anni per nuove assunzioni a tempo indeterminato compreso apprendistato entro sei mesi dal conseguimento del titolo di studio di studenti che hanno svolto presso il datore di lavoro attività di alternanza per un determinato limite di tempo (30%) o periodi di apprendistato duale. Il beneficio è riconosciuto dall'INPS su domanda e nel rispetto della capienza dello stanziamento effettuato (7,4 ml per il 2017, e 40,8 ml per il 2018, 86,9 ml per il 2019, 84 ml. per il 2020, 50,7 ml per il 2021, 4,3 ml per il 2022).

Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale nella Nota 29 luglio 2016 prot. n. 14994 ha evidenziato che la funzione dell'apprendistato professionalizzante è quella di far acquisire all'apprendista le conoscenze e la capacità tecnica necessarie per diventare lavoratore qualificato e che, per raggiungere tale scopo, la formazione impartita dal datore di lavoro deve essere “necessaria”, nel senso che l'apprendista non deve essere già in possesso delle conoscenze e delle capacità previste per la qualifica professionale alla cui acquisizione l'apprendistato è finalizzato ed "effettiva", cioè non meramente figurativa ma realmente impartita.

L'accordo interconfederale 18 maggio 2016 sull'apprendistato di primo e terzo livello

Nella nuova cornice normativa, così come nella precedente disciplina, il legislatore continua a demandare agli accordi interconfederali o ai contratti collettivi nazionali di lavoro la disciplina dell'apprendistato nel rispetto dei principi indicati nella legge.

L'accordo interconfederale del 18 maggio 2016 tra Confindustria e le Confederazioni CGIL CISL e UIL interviene colmando per la tipologia “duale” (definita dall'art. 41, co. 2 del D.Lgs. n. 81/2016) il rinvio del legislatore all'autonomia collettiva, che era rimasto finora sostanzialmente disatteso durante la vigenza del Testo Unico del 2011 (D.Lgs. n. 167/2011) e ancor prima con la disciplina del D.Lgs. n. 276/2003 (articoli 47-53).

Nel precedente regime, infatti, la contrattazione collettiva nazionale ha regolamentato in moltissimi settori l'apprendistato professionalizzante, senza affrontare se non sporadicamente la disciplina dell'apprendistato duale. Anche tale aspetto unito all'incertezza di quadro sulla concorrenza delle fonti regionali e sui loro contenuti eterogenei ha influito notevolmente sulla scarsa diffusione del sistema duale (vedasi 14° Rapporto ISFOL, dicembre 2013, cap. 3: nel 2012 l'81,1% del numero medio di rapporti lavoro in apprendistato è di tipo professionalizzante).

L'accordo del 18 maggio 2016 assume quindi una rilevanza fondamentale in quanto finalmente esercita il rinvio del legislatore e definisce una disciplina che consente l'applicazione immediata del sistema duale anche in assenza di contrattazione di settore. Gli argomenti definiti sono sensibili per il sindacato sia perché riconoscono l'importanza di una integrazione scuola lavoro sulla quale in passato le posizioni non erano così convergenti sia perché segna il raggiungimento di un'intesa unitaria su argomenti sensibili per il sindacato quali il tema della retribuzione degli apprendisti. L'accordo ha una forte valenza politica: le Parti sociali superano le contrapposizioni e sono unite ad offrire soluzioni per incentivare la “buona occupazione” e dare risposte concrete al problema della disoccupazione giovanile e dei NEET.

È un segnale importante che trascende anche la tematica in essere e che anticipa un diverso approccio delle Parti sociali verso un confronto costruttivo e pragmatico che sembra essere ulteriormente avvalorato anche dal dialogo in corso sugli ammortizzatori sociali, sulle politiche attive, sull'anticipo pensionistico e sulla produttività.

La complessità degli scenari economici e sociali richiede l'individuazione di nuove soluzioni ed emerge la consapevolezza che i problemi reali sono ineludibili e la contrapposizione conflittuale e una logica meramente negoziale non sono sufficienti. La posta in gioco non è far prevalere un'impostazione rispetto ad un'altra, non è più arroccarsi su contrapposte ideologie ma è riuscire a creare un mosaico di soluzioni in cui le varie tessere siano in armonia e funzionali ad un disegno più complessivo ed integrato.

In questa chiave deve essere letto l'accordo interconfederale del 18 maggio che si caratterizza per la rigorosa impostazione tecnica. L'accordo infatti, con un taglio pragmatico, fornisce la chiave necessaria per poter applicare subito il sistema duale e nello stesso tempo non preclude a diverse soluzioni collettive. La disciplina dell'accordo interconfederale viene definita dalle Parti come “cedevole” rispetto a eventuali regolamentazioni di contrattazione collettiva nazionale sulla medesima materia. Inoltre la disciplina collettiva sull'apprendistato professionalizzante viene richiamata come suppletiva per tutti gli aspetti non disciplinati specificatamente dall'accordo interconfederale. In altre parole l'accordo interconfederale ha in sé la forza di colmare ogni lacuna normativa rimessa all'autonomia collettiva ma nello stesso tempo riconosce alla stessa contrattazione collettiva nazionale di poter individuare diverse e specifiche soluzioni.

La parte dedicata ai principi ispiratori dell'accordo è molto asciutta e si limita al riconoscimento dell'intento comune di favorire un maggiore ricorso all'apprendistato di primo e terzo livello, in virtù dell'integrazione tra sistema formativo e lavoro per consentire ai giovani “l'acquisizione di titoli di studio nell'ambito dell'istruzione e formazione professionale di competenza regionale, dell'istruzione tecnica e professionale di competenza statale, nonché di titoli dell'alta formazione e per la ricerca, utili all'inserimento nel mercato del lavoro e al contrasto della dispersione scolastica e universitaria”.

I contenuti dell'accordo sono prevalentemente dedicati al tema della retribuzione. Le Parti confermano la previsione legislativa (che, a sua volta, fa salve diverse previsioni collettive) sulla non retribuzione delle ore di formazione effettuate nell'istituzione scolastica/universitaria e sull'erogazione di un compenso nella misura del 10% della retribuzione per le ore di formazione svolte in azienda. Per quanto riguarda la retribuzione delle ore di lavoro, l'accordo attua il principio definito dall'art. 42, comma 5 lettera b), D.Lgs. n. 81/2016, che prevede, in alternativa, la possibilità del sotto inquadramento fino a due livelli inferiori o di stabilire la retribuzione in misura percentuale e proporzionata all'anzianità di servizio.

In relazione a ciò, per l'apprendistato di primo livello viene scelta la strada della retribuzione percentuale prendendo a riferimento quella prevista dal contratto nazionale per il livello di inquadramento, determinato convenzionalmente dalle parti, al momento della stipulazione del contratto di apprendistato. La percentuale di retribuzione (non inferiore a 45% della retribuzione di riferimento per il primo anno di apprendistato; 55% per il secondo anno; 65% per il terzo e 70% per il quarto anno di apprendistato) subisce una diversa modulazione a seconda non dell'anzianità di servizio in senso proprio ma dell'anno di percorso formativo frequentato in base ad una tabella allegata all'accordo.

Per l'apprendistato di terzo livello, il trattamento retributivo è quello derivante dal regime del sotto inquadramento fino a due livelli dell'apprendista, che l'accordo stabilisce in ragione della durata del percorso formativo, con una progressione nel corso del rapporto di apprendistato. Nello specifico, per i percorsi di durata superiore all'anno, per la prima metà del periodo di apprendistato: due livelli sotto quello di destinazione finale; per la seconda metà: un livello sotto quello di destinazione finale. Per i percorsi di durata non superiore all'anno, sarà previsto un solo livello sotto quello di destinazione finale.

Sebbene il legislatore per l'apprendistato duale non demandi alla contrattazione collettiva - a differenza del professionalizzante - il compito di definire le modalità di erogazione della formazione per l'acquisizione delle relative competenze tecnico professionali e specialistiche, l'accordo interconfederale comunque individua nella formazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e in quella relativa alla disciplina lavoristica di riferimento i contenuti formativi da includere nel piano formativo individuale da svolgere nelle ore di formazione a carico del datore di lavoro.


Primi segnali di cambiamento: avvio di esperienze concrete

L'apprendistato per il conseguimento di un diploma di scuola secondaria, contestualmente al delinearsi della nuova cornice normativa, ha iniziato a trovare le prime declinazioni applicative in Azienda.

Per certi versi, si può dire che la sperimentazione pratica ha in parte invertito il rapporto di causa ed effetto svolgendo un ruolo di stimolo e di orientamento alla produzione normativa.

È di estrema importanza quindi registrare le prime esperienze che si stanno maturando da parte di Aziende come Enel che hanno svolto il ruolo di “apri pista” di tale nuova modalità di inserimento al lavoro, anticipando con un accordo con le Organizzazioni sindacali molte soluzioni ora consolidate dall'attuale quadro di regole (in particolare per quanto riguarda la possibilità di recesso da parte del datore di lavoro in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi formativi e l'esonero da ogni obbligo retributivo per le ore di formazione svolte nell'istituzione formativa). Per un maggiore approfondimento, si rimanda al Verbale sindacale nazionale Enel e Filctem, Flaei, Uilctec: Accordo quadro di regolamentazione nel Gruppo Enel dell'apprendistato in alternanza scuola-lavoro e professionalizzante del 13 febbraio 2014. Il percorso è articolato in due fasi, la prima in apprendistato scuola lavoro per due anni, al termine della quale è previsto il conseguimento del diploma e la valutazione di merito del percorso effettuato; la seconda fase di apprendistato professionalizzante, finalizzata al conseguimento della qualifica di elettricista di base, da attivare nei successivi 12 mesi per i partecipanti che abbiano conseguito il titolo di studio e un livello di preparazione ritenuto adeguato dall'Azienda.

Risale al luglio 2014 il Protocollo tra Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, Regioni ed Enel per la prima sperimentazione di un percorso di apprendistato scuola lavoro per il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore. Al protocollo istituzionale che fissava la cornice di riferimento per l'attivazione dell'apprendistato hanno fatto seguito le convenzioni con gli istituti scolastici sedi della sperimentazione (“A. Avogadro” - Torino, “ G. Marconi”- Piacenza, “ A. Pacinotti”- Mestre, “A. Meucci”- Firenze, “G. Marconi” - Civitavecchia, “Fermi-Gadda”- Napoli, “Giorgi” - Brindisi).

È iniziata così l'8 settembre 2014 – una settimana prima dell'avvio dell'anno scolastico, con una settimana di formazione aziendale – la prima sperimentazione in Italia di apprendistato scuola lavoro rivolta complessivamente a 145 studenti del 4° anno degli istituti tecnici ad indirizzo elettronica ed elettrotecnica, articolazione elettrotecnica. In ciascuno Istituto è stata costituita una classe di apprendisti, previa selezione da parte dell'Azienda delle candidature pervenute dopo gli incontri organizzati presso le scuole con gli studenti e le famiglie in cui è stata illustrata l'iniziativa.

Durante l'anno scolastico gli apprendisti trascorrono un giorno a settimana in azienda, svolgendo un programma formativo incentrato prevalentemente sul laboratorio e sulle competenze specifiche richieste. Durante il periodo estivo gli apprendisti sono presenti in azienda full time per sperimentarsi direttamente sul lavoro con il Training on the job affiancando le squadre operative e applicando concretamente le nozioni apprese durante l'anno scolastico, nel rispetto delle competenze acquisite in materia di sicurezza del lavoro.

Il lavoro durante le vacanze estive si è rivelato un punto chiave dell'inserimento e della maturazione dei ragazzi, sia per aver avuto l'opportunità di sperimentare in concreto le conoscenze apprese, sia per aver condiviso reali situazioni di lavoro spesso anche in condizioni di emergenza operativa. Riscontri positivi sulla bontà del percorso intrapreso sono emersi dai lavori individuali e di gruppo con i quali gli apprendisti hanno espresso in sintesi, con modalità libera ed estremamente creativa (presentazione power point, filmati, musica, ec.) il senso dell'esperienza in corso, nonché la capacità di sistematizzare i contenuti con modalità originali e padronanza delle tecnologie digitali. Gli apprendisti hanno inoltre mostrato di avere “interiorizzato” i messaggi aziendali, in particolare quelli sulla sicurezza sul lavoro, e di aver già acquisito un senso di appartenenza all'azienda. Sul piano scolastico è stato riscontrato da parte della scuola un miglioramento dei comportamenti e una drastica riduzione dell'assenteismo rispetto alle altre classi.

Particolarmente importante ai fini del rafforzamento del dialogo tra scuola e azienda si è rivelato anche il modulo di formazione congiunta tra tutor scolastici e aziendali che ha consentito un utilissimo confronto sulle modalità di valutazione dei comportamenti e delle capacità.

La prima esperienza di apprendistato scuola lavoro 2014/2016 è stata oggetto di un'attività di monitoraggio svolta da un gruppo di lavoro composto dal Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in collaborazione con l'Istituto per lo Sviluppo della Formazione professionale dei Lavoratori (ISFOL), da cui sono emersi elementi di valutazione concordemente positivi da parte degli operatori scolastici, dei referenti aziendali e degli studenti-apprendisti.

Negli esami per il diploma svoltisi nel mese di luglio 2016 è stato possibile apprezzare la specificità del percorso mediante la terza prova tecnica (collegata all'esperienza svolta in azienda e predisposta con i tutor aziendali) e gli elaborati di approfondimento specialistico illustrati in sede di colloquio. Gli esiti degli esami di maturità hanno superato le aspettative (il 65% degli apprendisti ha avuto una valutazione superiore agli 80/100 e il 9% ha preso la votazione massima 100/100). I 138 apprendisti ammessi all'esame di Stato hanno tutti conseguito il diploma e ben 136 sono stati valutati idonei dall'Azienda a proseguire il rapporto di lavoro in Enel.

Sulla base dell'esperienza, valutata positivamente sia dalla Scuola che dall'Azienda è partito a settembre 2016 un nuovo programma con l'assunzione di altri 140 apprendisti studenti del quarto anno di altri sette Istituti tecnici industriali ad indirizzo tecnologico (“Buccari-Marconi” di Cagliari, “E.Scalfaro” di Catanzaro, “Galilei Sani” di Latina, “G. Giorgi” di Milano, “Vittorio Emanuele III” di Palermo, “J. F. Kennedy” di Pordenone, “B. Focaccia” di Salerno). A giugno 2017, al termine dell'anno scolastico, comincia durante le vacanze scolastiche l'esperienza “full immersion” in azienda. Nella riunione di allineamento nazionale con i presidi coinvolti nel programma Enel 2016/2017 tenutasi a maggio 2017 sono emersi alcuni spunti interessanti derivanti dall'osservazione delle classi di apprendistato scuola lavoro. In particolare, si evidenzia la programmazione delle discipline scolastiche “curvata” sul mondo del lavoro, l'orgoglio sia della scuola che degli studenti di essere coinvolti in questa esperienza, il miglioramento nel rendimento e nella motivazione rispetto alle altre classi. Emerge inoltre la spontanea diffusione di un modello cooperativo tra studenti/apprendisti in cui i più capaci sostengono e supportano coloro che hanno maggiori difficolta con effetti positivi sull'aggregazione e sui risultati finali.


Conclusioni

Il mercato del lavoro in entrata si arricchisce di nuovi strumenti e fornisce alle Aziende la possibilità di scegliere, dosare e personalizzare percorsi di ingresso per i giovani secondo le diverse esigenze organizzative e in relazione alle professionalità richieste.

L'apprendistato di primo livello costituisce un'opportunità interessante ad esempio per “costruire” professionalità tecniche in grado di rispondere ad esigenze sempre più elevate di qualità e competenza, attraverso un investimento formativo aziendale che viene svolto contestualmente all'apprendimento scolastico.

Alcuni mestieri tecnici non si improvvisano, ma necessitano di una preparazione specifica di anni che grazie all'apprendistato di primo livello può essere anticipata già durante il percorso scolastico, creando una sinergia tra i programmi da svolgere e la preparazione al lavoro, sia in termini di competenze specifiche, sia per l'apprendimento delle soft skills. La teoria si coniuga con la pratica, il contatto con l'innovazione tecnologica in azienda e il prendere parte alla vita dell'impresa rende più vivace studiare, accelera la maturazione professionale, consente un effettivo orientamento al lavoro ed accresce il senso di responsabilità dei giovani.

La logica che è alla base di questa forma di inserimento è positiva per tutti gli attori coinvolti. Gli studenti hanno l'opportunità di arricchire il loro percorso di studi svolgendo attività formative di laboratorio più allineate all'innovazione tecnologica e alle esigenze del mondo del lavoro e contestualmente maturano una prima esperienza professionale, che potrà incidere sulle future scelte di lavoro e di studio e incominciano ad avviare un'anzianità contributiva estremamente importante per il loro domani. La scuola ha la possibilità di confrontarsi con il tessuto industriale. È un dialogo importante dal quale possono scaturire sinergie rilevanti pur nella distinzione dei rispettivi ruoli e compiti. Le Aziende possono investire sui giovani e sulla loro formazione puntando a crescere e sviluppare competenze in un contesto di occupazione stabile che preserva l'investimento effettuato.

I primi segnali di un cambiamento culturale si avvertono ma sono ancora timidi; gli obiettivi sono condivisibili ma il percorso è faticoso e richiede il coinvolgimento e la responsabilità condivisa di molti soggetti pubblici e privati. È necessario ancora seminare e rendere visibili i frutti dell'impegno e gli effetti positivi per tutti affinché le buone pratiche diventino diffuse e sempre più condivise.

Edgard Morin, nel suo libro “insegnare a vivere, manifesto per cambiare l'educazione” evidenzia che non esiste mai un consenso preliminare all'innovazione, “non si va avanti a partire da un'opinione media (…) si va avanti a partire da una passione creatrice”.

Guida all'approfondimento

E. Morin, Convegno dell'Unesco, luglio 2001

L. Paolazzi, Rapporti biennali del Centro Studi Confindustria: Il capitale umano la forza del Paese, Bari 28 -29 marzo 2014, www.confindustria.it

McKinsey&Company, Studio ergo lavoro - Come facilitare la transizione scuola-lavoro per ridurre in modo strutturale la disoccupazione giovanile in Italia, 22 gennaio 2014, www.mckinsey.it

Fondazione TRELLE, Accendere i fari sull'Istruzione e Formazione professionale, quaderno n. 12, giugno 2016, 106 e 107, www.treelle.org

R. Prodi, Promuovere l'istruzione tecnica applicata, o l'industria italiana è destinata a scomparire, Sole 24 ore del 24 gennaio 2016

Documento approvato il 16 ottobre 2013 dalla XI Commissione permanente lavoro della Camera dei Deputati a conclusione di un'indagine conoscitiva Sulle misure per fronteggiare l'emergenza occupazionale, con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile, Doc XVII, n.1, Atti Parlamentari, XVII legislatura, pag. 22-24

R. Abravanel e L. D'Agnese, La ricreazione è finita, Milano 2015, cap. 4 “Cosa vogliono le aziende”, 51-65; cap.10 “Le soft skills restano al palo”, 137-150

I libri del fondo sociale europeo, modello di apprendistato in Europa: Germania, Isfol 2011

M. Weiss, Formazione professionale in Germania: il sistema duale, in Diritto delle Relazioni Industriali, ADAPT, 2014

A. Balsamo, Apprendistato “duale”. Prime valutazioni sull'accordo interconfederale e i suoi effetti in materia di retribuzione, in bollettinoDAPT, 23 maggio 2016

S. Vaccaro, La sperimentazione Enel di apprendistato in alternanza scuola-lavoro, “Osservatorio Isfol”, V (2015), n. 3, pp. 27-39

I libri del fondo sociale europeo in collaborazione ISFOL e INPS, verso il sistema duale – XVI Monitoraggio sull'apprendistato, 2016, cap. V, 101.106

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